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l’unità del reato a fronte di una fattispecie permanente Rinvio

Fino a qui, le soluzioni offerte dalla tesi che riteniamo essere più per- suasiva.

Non si può dimenticare, però, che la tesi della natura empirico-fattuale della permanenza mette immediatamente sotto i riflettori un ulteriore problema sollevato dal fenomeno del c.d. “reato permanente”, che si scor- ge con maggior chiarezza proprio nell’ottica della tesi qui favorita, sebbe- ne sia a rigore indipendente dalla nozione di permanenza accolta.

Infatti, affermare che la permanenza consiste in null’altro che la pro- trazione nel tempo di una fattispecie continuamente conforme al Tatbe- stand di parte speciale di riferimento o, più precisamente, nel perdurare

372 V. amplius supra §§ 5 e 8 e, mutatis mutandis, le critiche alla tesi di Giuliani: cfr.

nel tempo di tutti gli elementi costitutivi di un dato reato, significa al con- tempo lucidamente riconoscere che la permanenza consiste in una succes- sione di fatti storici, ciascuno dei quali, singolarmente considerato, è in sé tipico, antigiuridico e colpevole 373.

Se si ammette, insomma, che la legge non contiene in sé alcun elemento dal quale possa desumersi la necessaria durata del comportamento crimi- noso, è giocoforza ammettere che la permanenza, in realtà, è una realizza- zione reiterata e molteplice del Tatbestand e che il Sachverhalt permanente contiene una successione di dati di realtà, ciascuno dotato di quei contenuti minimi di Tatbestandsmäßigkeit che consentono di distinguerli, da un lato, da una successione di atti che potrebbero rilevare soltanto ai sensi dell’art. 56 c.p. e, dall’altro, da un comportamento penalmente atipico.

Questa conclusione è, inoltre, resa evidente dalla possibilità che la fat- tispecie possa presentarsi interrotta e non debba essere necessariamente continua, perché, nei casi di interruzione, è immediatamente visualizzabi- le la successione di fatti storici che compongono il reato 374; ma non deriva

necessariamente da questo dato 375, quanto piuttosto dalla necessaria indi-

viduazione di un momento nel tempo in cui, per la prima volta, una fatti- specie realizza integralmente tutti gli elementi descritti dalla norma in- criminatrice 376.

Infatti, rispetto a questo momento, comunemente indicato come con- sumazione o momento consumativo o perfezione 377, ogni dato di realtà

successivo non può che porsi nuovamente in contrasto, nella sua interezza,

373 Chiaramente in questo senso già A.MORO, Unità, cit., 228 ss. e A.R.FROSALI, Concor-

so, cit., 617 ss. Osservazioni simili sono state tratte, pur nell’ambito della concezione che ravvisa nella permanenza la mancata rimozione di uno stato antigiuridico da U.GIULIANI, Sulla struttura, cit., 3 ss. e 55 ss. e, nell’ambito della concezione c.d. bifasica, da B.PETRO- CELLI, Principi, cit., 267.

374 Similmente così S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 181. Cfr. anche R.BARTOLI, Sulla struttu-

ra, cit., 174-175.

375 «Nel reato permanente vi è appunto una distinzione, una successione di momenti di-

versi, prima che essi siano ricondotti ad unità. Il fatto che le violazioni non siano distanziate, che non vi sia una ragione temporale a tracciare i confini tra l’una e l’altra realizzazione delit- tuosa, non toglie affatto che abbiano un loro tempo. Benché si seguano senza intervallo, esse tuttavia innegabilmente si succedono»: così, A.MORO, Unità, cit., 229.

376 «Si rifletta del resto che, secondo quanto è comunemente riconosciuto, la consuma-

zione del reato, se pure si esaurisca al cessare della permanenza, è perfetta al primo suben- trare dell’evento, sicché già in quell’istante il reato esiste compiuto in tutti i suoi elementi. Si dirà poi subito dopo [...] che la consumazione non si esaurisce in un istante [...] Ciò non può togliere però che la violazione sia perfetta al primo istante. Non vi è ragione di ritenere che, nel seguito della violazione, avvenga altrimenti, che quel protrarsi [...] sia da interpre- tare in altro modo che come un susseguirsi senza intervallo delle molteplici violazioni giuridi- che che la situazione di fatto pone in evidenza»: così, ancora una volta, saggiamente, A.MO- RO, Unità, cit., 230.

con l’imperativo legislativo, o essere penalmente atipico; non vi sono al- ternative.

Del resto, neppure aderendo ad altre concezioni della permanenza si può sfuggire a questa osservazione, essendo indiscussa la possibilità di in- dividuare un istante nel tempo in cui, per la prima volta, il Sachverhalt corrisponde a tutti gli elementi descritti in astratto dalla norma incrimina- trice ed essendo incontrovertibile che, se si ritiene che il reato “prosegua”, i successivi contegni del reo non potranno che violare nuovamente la norma incriminatrice, comunque questa venga ricostruita.

Non importa, insomma, che il precetto dei reati permanenti sia consi- derato sempre omissivo 378, o venga ricostruito attorno a due precetti, che

riguardino la mancata rimozione 379 oppure il divieto di mantenimento

dello stato antigiuridico 380; le condotte successive alla consumazione, se

sono penalmente rilevanti, non potranno che trovarsi nuovamente in con- trasto con questo precetto, assumendo così il significato di una violazione reiterata e molteplice della medesima norma incriminatrice 381.

Se è vero, però, che la permanenza rappresenta l’unificazione di fatti- specie che reiteratamente violano il precetto penale, non è a nostro avviso possibile eludere la questione del perché, di fronte ad un «susseguirsi» di «molteplici violazioni» della stessa norma incriminatrice 382, si configuri

un unico reato e non una pluralità di reati.

La questione, per vero, non è nuova, e la sua risoluzione è stata affron- tata da prospettive differenti.

Una parte degli Autori ha affermato che la fattispecie permanente sa- rebbe unitaria dal punto di vista «naturalistico» 383 o «ontologico» 384 e, per

378 V. amplius supra, § 6. 379 V. amplius supra, § 2. 380 V. amplius supra, § 4.

381 Non ci pare un caso, del resto, che, pur aderendo alla concezione c.d. bifasica della

permanenza, anche B.PETROCELLI, op. loc. cit. abbia ritenuto che, nel reato permanente, «non è la consumazione che [...] si protrae, bensì la condotta del reo, che in ogni momento riproduce e continua il reato. La permanenza sorge dal legame di ininterrotta continuità che, stringendo l’uno all’altro i singoli momenti di vita del bene aggredito, pone l’una accanto all’altra, in ordine di indissolubile frequenza, le singole e successive violazioni, di cui, in fon- do, il reato permanente è costituito».

382 A.MORO, op. loc. cit.

383 A.PECORARO-ALBANI, Del reato, cit., 428 ss.; G.GRISOLIA, Il reato, cit., 30-31; R.RAM-

PIONI, Contributo, cit., 67 ss. In questo senso, nostro avviso, anche L.ALIBRANDI, voce Reato, cit., 2, che fonda l’unità del reato permanente «sulla realtà stesse delle cose» a cagione della quale «la condotta stessa nel suo svolgersi temporale non è suscettibile di essere suddivisa in entità giuridicamente rilevanti in via autonoma», nonchéR.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 174, che afferma che «l’unità del reato permanente è data dalla protrazione senza soluzione di continuità del fatto tipico» e, cioè, da un elemento prettamente naturalistico. Sostan- zialmente in questo senso anche V.B.MUSCATIELLO, Pluralità, cit., 273, che ritiene che «più spesso» «il reato resta unitario [...] dal punto di vista naturalistico, ma qualora ciò non ac-

questa ragione, risulterebbe unitario il reato al quale la fattispecie perma- nente afferisce.

Tale prospettiva, tuttavia, non convince.

Innanzitutto, appare discutibile il riferimento ad una presunta unità naturalistica o ontologica, che mal si presta al mondo del diritto, ove ele- menti naturalistici o ontologici assumono rilevanza per il tramite di valu- tazioni normative e, in questo specifico ambito, delle valutazioni normati- ve consacrate negli artt. 71 ss. c.p., che indicano al di là di ogni ragionevo- le dubbio che ad un determinato Lebenssachverhalt – appaia o meno quest’ultimo unitario dal punto di vista “naturalistico” o “ontologico” – ben possano corrispondere, in linea di principio, una pluralità di reati, in concorso formale o materiale tra loro.

Ma non solo. L’indicata impostazione non convince anche perché ap- pare contraddetta proprio dal dato naturalistico, già ampiamente sottoli- neato, rappresentato dall’incontestabile presenza di interruzioni nelle fat- tispecie permanenti, che pure non spezzano l’unità del reato, la cui sussi- stenza è talvolta ammessa anche da coloro che rintracciano nella perma- nenza un’unità naturalistica o ontologica 385.

Secondo un’altra tesi, c.d. pluralistica, sviluppata da Giuliani e che as- sume oggi valore più che altro storiografico 386, il fattore unificante della

cada, a cagione di fenomeni diversi» il reato resterebbe in ogni caso unitario in ragione del- la «esistenza di un collante psicologico» (v. però la rinuncia all’idea di un «collante psicolo- gico» in V.B.MUSCATIELLO, Concorso di reati. Unità e pluralità di reati, in A.CADOPPI,S.CA- NESTRARI,A.MANNA,M.PAPA (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte generale. Il reato, II, Milano, 2013, 993).

384 F.COPPI, voce Reato, cit., 320; G.DE FRANCESCO, Profili, cit., 587.

385 Cfr. R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 169; V.B.MUSCATIELLO, Pluralità, cit., 273; A.PE-

CORARO-ALBANI, Del reato, cit., 434 ss.; S.PROSDOCIMI, Profili, cit., 179 ss.; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 51-52.

386 La tesi, a tacer d’altro, veniva abbandonata successivamente dallo stesso A., che quin-

dici anni dopo finiva per affermare che «l’azione permanente rimane un fatto naturalisti- camente unitario» (U.GIULIANI-BALESTRINO, Sul carattere, cit., 834), pur suscettibile di es- sere scisso in caso di «intervento di complici in una sola fase, mutamento dei motivi a de- linquere in modo che si abbiano circostanze incompatibili, intervento di giustificanti relati- ve a una sola fase della permanenza, amnistie o indulti [...], modifiche della legge incrimi- natrice, mutamenti dell’atteggiamento psicologico del reo, etc.» (U.GIULIANI-BALESTRINO, Sul carattere, cit., 831) o addirittura «pluralità di querele» (U.GIULIANI-BALESTRINO, Sul ca- rattere, cit., 836), dando così luogo ad un concorso formale di reati (U. GIULIANI- BALESTRINO, op. loc. cit.) (sic). L’A. si colloca così, seppur da “eretico”, nel filone ontologi- co-naturalistico poc’anzi segnalato. È appena il caso di segnalare come la seconda tesi di Giuliani, che peraltro non ha trovato sostenitori, né in dottrina, né, salvo risalenti eccezioni, in giurisprudenza, si ponga in contrasto con tutte le acquisizioni della scienza penalistica in tema di concorso di reati e, pertanto, non sia assolutamente accettabile. Per le critiche alla tesi c.d. pluralistica di Giuliani v. esaurientemente L.ALIBRANDI, op. loc. cit.; R.BARTOLI, Sulla struttura, cit., 148-149; F.COPPI, voce Reato, cit., 320-321; G.DE FRANCESCO, Profili, cit., 568 ss.; G.GRISOLIA, Il reato, cit., 29 ss.; R.RAMPIONI, Contributo, cit., 55 ss. Per una critica alla definizione di permanenza accolta da Giuliani, v. amplius supra § 12.

«serie di illeciti penali distinti» 387 che costituiscono il reato permanente

doveva rintracciarsi sul piano processuale, ed in particolare negli artt. 477 e 90 c.p.p. abr., che – a dire dell’Autore – esprimevano il «principio per cui alla medesima offesa di un determinato bene-interesse penalmente rile- vante non possa corrispondere [...] più di una condanna penale» 388, spie-

gando così, tra l’altro, «perché nei casi di sussidiarietà tacita la sanzione non segua l’infrazione del precetto» 389. In breve, argomentava Giuliani,

come il principio in parola operava nei casi di sussidiarietà tacita, «quan- do l’offesa si è realizzata attraverso diversi reati, a fortiori» il medesimo principio doveva venire in rilievo «quando il protrarsi della medesima condotta ai danni dello stesso soggetto passivo realizzi molteplici e identi- ci illeciti penali», che nel caso «della c.d. permanenza penale» dovevano essere così considerati «processualmente, come un reato solo» 390.

A nostro avviso, la ragione dell’unità del reato permanente, che consi- ste in una successione di fatti storici conformi alla medesima norma in- criminatrice, va semplicemente rintracciata tra le pieghe della teoria che, ormai da secoli, si occupa della determinazione della unicità o pluralità del reato a fronte di una pluralità di fattispecie tipiche: la teoria del con- corso di reati.

Affermiamo questo col conforto dell’opinione di illustri maestri 391, di

una parte della dottrina italiana contemporanea 392 e della quasi totalità

della dottrina di lingua tedesca, che unanimemente qualifica il Dauerdelikt come un caso, tra gli altri, di Handlungseinheit 393, istituto giuridico trami-

387 U.GIULIANI, Sulla struttura, cit., 59. 388 U.GIULIANI, Sulla struttura, cit., 63. 389 U.GIULIANI, Sulla struttura, cit., 71. 390 U.GIULIANI, Sulla struttura, cit., 72.

391 Così A.R.FROSALI, Concorso, cit., 617 ss. e in particolare 628; A.MORO, Unità, cit.,

228 ss. e 246 ss.

392 Pur a partire da concezioni della permanenza a volte diverse da quella qui accolta, in

questo senso D.BRUNELLI, Unità comportamentale, unità o pluralità dei reati, in Studium iuris, 2002, 895; G.COCCO, Unità, cit., 75-76; ID., Reato, cit., 377 ss.; G. DE VERO, Corso di diritto penale, II, Torino, 2017, 107; G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto, cit., 697; G.MARINUCCI, E.DOLCINI,G.L.GATTA, Manuale, cit., 559; L.MASERA, voce Concorso di norme e di reati, in Diz. dir. pubbl. Cassese, II, 2006, 1168; V.B.MUSCATIELLO, Concorso, cit., ivi; A.PAGLIARO, voce Concorso di reati, in Enc. dir., VIII, 1961, 670;S.PROSDOCIMI, voce Concorso di reati e di pene, in Dig. pen., II, 1988, 513; M.ROMANO, Pre-Art. 71, in ID., Commentario sistematico del codice penale3, I, Milano, 2004, 723. Tratta dei reati permanenti nell’ambito del capitolo

del suo manuale dedicato al problema della unità o pluralità di reati anche G.CONTENTO, Corso, cit.,II, 438 ss.

393 Così, nella manualistica: J.BAUMANN,U.WEBER,W.MITSCH, Strafrecht, cit., 810; H.

BLEI, Strafrecht, cit., 346; U.EBERT, Strafrecht, cit., 222; F.HAFT, Strafrecht, cit., 281; G.JA- KOBS, Strafrecht, cit., 895-896; H.-H.JESCHECK,T.WEIGEND, Lehrbuch, cit., 712; U.KIND- HÄUSER, Strafrecht, cit., 400; K.KÜHL, Strafrecht, cit., 906-907; R.MAURACH,K.H.GÖSSEL, H.ZIPF, Strafrecht, cit., 373; U.MURMANN, Grundkurs, cit., 492; H.OTTO, Grundkurs, cit.,

te il quale la Konkurrenzlehre risolve, tra l’altro, il problema dell’unità o pluralità di reati.

Raggiunta questa prima provvisoria conclusione, sulla quale avremo occasione di tornare successivamente 394, occorre ora esaminare l’altra fi-

gura di fattispecie di durata comunemente riconosciuta dalla dottrina ita- liana, e cioè il reato abituale.

346; I. PUPPE, Strafrecht. Allgemeiner Teil im Spiegel der Rechtsprechung2, Baden-Baden,

2011, 388 e 393 ss.; R.SCHMIDT, Strafrecht, cit., 454; C.ROXIN, Strafrecht, cit.,II, 802; J. WESSELS,W.BEULKE,H.SATZGER, Strafrecht, cit., 333. Nei commentari, nello stesso senso: C.JÄGER, Vorbemerkungen, cit., 203-204; R.RISSING VAN-SAAN, Vorbemerkungen, cit., 1261; D.STERNBERG-LIEBEN,N.BOSCH, Vorbemerkungen, cit., 867; B. VON HEINTSCHEL-HEINEGG, § 52, cit., 447. Nello stesso senso anche: N.BITZILEKIS, op. loc. cit.; V.BRÄHLER, Die rechtli- che Behandlung, cit., 48; S.CORDING, Der Strafklageverbrauch, cit., 55; F.GEERDS, op. loc. cit.; K.GEPPERT, Zur straf– und strafverfahrensrechtlichen Bewältigung von Serienstraftaten nach Wegfall der Rechtsfigur der „fortgesetzten Handlung“. 1. Teil, in NStV, 1996, 58; ID., Grundzüge, cit., I, 602; G.KLUMPE, Probleme der Serienstraftat, Frankfurt am Main, 1998, 148; K. KÜHL, Das leidige Thema der Konkurrenzen, in JA, 1978, 479; ID., Die Beendigung des vollendeten Delikts, cit., 676-677; H.HAU, Die Beendigung, cit., 69; G.HOCHMAYR, Das suk- zessive Delikt, cit., 765; C.-J.HSUEH, Abschied, cit., 52; H.-H.JESCHECK, Wesen, cit., 687; W. MITSCH, Konkurrenzen im Strafrecht, in JuS, 1993, 389; R.SCHMITT, Die Konkurrenz im gel- tenden und künftigen Strafrecht. Erster Teil, in ZStW, 1963, 46; R.SCHMITZ, Unrecht, cit., 45; J.SEIER, Die Handlungseinheit, cit., 131; T.WALTER, op. loc. cit.; G.WARDA, op. loc. cit., 84; G.WERLE, Die Konkurrenz, cit., 31 ss. Pur affrontando la questione dell’unità o pluralità del reato muovendo da impostazioni teoriche anche significativamente differenti da quella maggioritaria, riconoscono che l’unità del reato permanente si spiega innanzitutto in prospettiva concorsuale anche: W.GROPP, Strafrecht, 624; E.SCHMIDHÄUSER, Strafrecht, cit., 725.

394 Sui criteri che, a nostro avviso, consentono di compendiare più violazioni normative