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3. Dalla teoria alla prassi: un’esperienza di co-costruzione di uno strumento professionale per la gestione del servizio Tutela Minori interessati da provvedimenti dell’Autorità

3.1. Il fenomeno del ritiro delle deleghe nel territorio bresciano.

Il sistema di welfare locale, come già analizzato nel primo capitolo5, con la legge quadro dei servizi

sociali, legge 328/2000, affronta un processo di riorganizzazione in cui le amministrazioni locali iniziano gradualmente a riappropriarsi delle funzioni di programmazione, progettazione e coordinamento delle politiche sociali del proprio territorio, secondo una prospettiva di integrazione e valorizzazione delle risorse messe in campo dai diversi soggetti della comunità locale, rinunciando quindi a una delega di tali funzioni ad altri soggetti, come ad esempio le ASL.

La legge 328/2000, in particolare all’art. 19, prevede inoltre, attraverso il Piano di zona, una programmazione associata dei servizi sociali e, come evidenzia Battistella, «ha reso necessario per i Comuni la definizione di nuovi strumenti per la gestione integrata delle politiche e di forme organizzative in grado di unificare la gestione dei servizi all’interno di una pluralità di Comuni»6

. Tale orientamento è stato tradotto nei diversi territori italiani con modalità differenti, in base alle caratteristiche specifiche della zona, alle dimensioni demografiche, ai vincoli di bilancio, alle prassi consolidate relative alla gestione dei servizi, ai rapporti che nel tempo si sono instaurati tra i diversi

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L’espressione è tratta da U. De Ambrogio, T. Bertotti, F. Merlini, (2007), op. cit., pag. 111, in quanto sembra descrivere perfettamente la relazione tra il pensare e l’agire che, in questa prospettiva, si pongono, (come evidenzia S. Fargion in I linguaggi del Servizio Sociale, Carocci editore, Roma, 2002, pag. 26), lungo un continuum e non in un rapporto gerarchico.

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§ 1.1.3.

Comuni e tra questi e altre istituzioni pubbliche o altri soggetti del privato sociale. La valutazione di tutti questi elementi sarà alla base, come sostiene Battistella7, di una scelta politica, più che tecnica,

per l’individuazione delle modalità più appropriate per realizzare una gestione associata dei servizi sociali di un determinato territorio.

Questo processo di ridefinizione del welfare locale ha interessato anche il territorio bresciano, in particolare, per quanto riguarda l’ambito della Prevenzione e Tutela dei Minori, l’amministrazione comunale di Brescia, dopo l’emanazione della legge quadro nazionale, ha messo in atto un processo decisionale che ha visto la ri-acquisizione graduale delle competenze, precedentemente delegate all’ASL di Brescia.

Tale scelta politica, come si può desumere dalle parole dell’ex assessore ai servizi sociali del Comune di Brescia8, oltre a rispondere ad una normativa nazionale che riconosceva un ruolo

diverso all’Ente Locale, trae fondamento anche da una valutazione in merito all’evoluzione dei bisogni dei minori e delle famiglie del territorio. Nei primi anni del 2000 infatti sembrano emergere nel territorio bresciano nuove aree d’intervento, in particolare:

- il fenomeno migratorio (dal 1994 al 2004 le famiglie, sia italiane che straniere, residenti nel Comune di Brescia, sono passate da 80.296 a 91.177 e di queste, il 14% erano straniere) e i relativi problemi di integrazione tra diverse culture e di accesso al mercato del lavoro e della casa;

- nuove povertà e nuove fasce di popolazione investite dal disagio economico, in particolare abitativo;

- frammentazione familiare e nuclei monogenitoriali con conseguenti difficoltà psicologiche ed economiche;

- assenza di significative reti di appartenenza che rendono la famiglia sempre più sola nell’affrontare i compiti educativi, di cura e di assistenza;

- affievolimento, nel territorio, di reti di relazioni sociali e culturali significative e di supporto: - nuovi bisogni dei bambini e dei ragazzi che richiedono un adeguamento rispetto all’offerta

educativa disponibile nel territorio.

La complessità dei bisogni emergenti in quel periodo, ma, come si vedrà più avanti, tuttora presente, ha suscitato quindi negli amministratori locali l’esigenza di affrontare questo nuovo scenario sociale assumendo un ruolo di “regia” del sistema integrato di interventi e servizi sociali, coinvolgendo e valorizzando tutte le risorse presenti nel territorio (le diverse realtà istituzionali, la

7 Ivi, pp. 1-4. 8

S. Bonizzoni, D. Quaresmini, (a cura di), Atti Giornata di studio. Nuove sfide del sociale lavorare con le famiglie e per le famiglie. Punti di vista teorici e prassi del Servizio Minori Comune di Brescia, Brescia, 2005, pp. 7-8.

cooperazione sociale, il volontariato e le reti di solidarietà familiare), per costruire strategie d’intervento, rispetto alle nuove problematiche sociali, in modo condiviso e partecipato.

Il passaggio al Comune di competenze e funzioni conferite all’ASL, attraverso una normativa regionale del 19869

, in realtà avviene già a partire dalla metà degli anni ’90, quando gli amministratori locali di quel momento, decidono di avviare una graduale riassunzione delle funzioni socio assistenziali di primo livello a favore dei nuclei familiari con minori, istituendo, nel 1994, il Servizio Minori del Comune di Brescia.

L’anno successivo, per effetto di un primo protocollo operativo sperimentale, siglato tra il Comune e l’ASL, ha inizio il passaggio delle situazioni sociali dall’ASL al Comune, ma, i casi di famiglie multiproblematiche con minori, le situazioni con minori portatori di handicap e quelle con un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, rimangono ancora in capo all’ASL.

Dalla ricostruzione storica della nascita del servizio10, emerge tuttavia che la gestione di tale

protocollo operativo risultava alquanto complessa a causa della coesistenza di tempi e modalità diverse di risposta fornite agli utenti, in base al problema da essi presentato. Per questo motivo l’amministrazione comunale, a partire dal 2000, sceglie di ritirare le deleghe conferite all’ASL anche per le situazioni multiproblematiche.

Sarà necessario attendere fino al 2003, affinché si realizzi del tutto il processo di ritiro delle deleghe, quando, in attuazione di quanto previsto dalla legge 328/2000, il Comune di Brescia ha deciso di gestire direttamente anche la parte sociale delle situazioni riguardanti minori con provvedimento della Magistratura, precedentemente delegate all’ASL.

La divisione di competenze tra i due enti, per quanto attiene alle funzioni sociali, in capo ai Comuni e quelle inerenti la presa in carico degli aspetti psicologici e psicoterapeutici, afferenti all’ASL, è stata definita attraverso un nuovo protocollo operativo sottoscritto nel 2006 dai due enti.

L’integrazione tra l’unità di offerta sociale e quella socio sanitaria rappresenta, inoltre, un principio fondamentale a cui si ispira la legge della Regione Lombardia n. 3/2008 “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e socio sanitario”, in attuazione della legge quadro nazionale. La normativa infatti, per quanto riguarda l’ambito dei minori, all’art. 4, lett. a), b), c),d), e), h), i), definisce le unità di offerta sociali e, all’art. 13, precisa le competenze dei comuni, “titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale”11, centrate soprattutto su attività di prevenzione e di protezione, quali ad esempio la tutela

9 Legge Regionale n. 1 del 07 gennaio 1986 “Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della

Regione Lombardia”, abrogata ai sensi dell’art. 28, comma 1, lett. a), della Legge Regionale n. 3 del 12 marzo 2008. 10

S. Bonizzoni, D. Quaresmini, (a cura di), op. cit., pag. 15.

dei minori e della maternità, la promozione del benessere psicofisico della persona e la salvaguardia delle relazioni familiari e della solidarietà tra famiglie e gruppi sociali.

L’art. 5, lettere a) e b), e all’art. 14 della stessa legge invece, vengono indicate le unità di offerta sociosanitarie e le competenze dell’ASL, afferenti ai compiti di sostegno e cura della persona e della famiglia.

Lo spirito della normativa regionale è, quindi, quello di porre al centro l’integrazione tra sociale e sanitario, ovvero tra Comuni e ASL, nell’ottica di una presa in carico integrata e basata su progetti personalizzati, ritenendo questo un diritto fondamentale della persona e della famiglia12.

Per quanto riguarda la scelta della forma di gestione del servizio minori, coerentemente con le disposizioni normative nazionali a cui sopra si fa riferimento, ovvero l’art. 19 della 328/2000, gli amministratori del Comune di Brescia e del Comune di Collebeato, entrambi appartenenti all’ambito n. 1 dell’ASL di Brescia, hanno optato per una gestione associata di alcuni servizi13, tra

cui il Servizio di Prevenzione e il Servizio Tutela Minori.

A fronte di una valutazione positiva dei risultati del penultimo Piano di Zona (2006/2008), il Piano Sociale di Zona di Brescia relativo alla triennalità 2009/201114riconferma la volontà di gestire in

modo associato alcuni servizi, tra cui, per quanto riguarda l’area minori, il Servizio Tutela Minori e il Servizio di Assistenza Domiciliare Educativa. La gestione associata avviene dunque attraverso la delega del Comune di Collebeato al Comune di Brescia.

3.2. Il Servizio Minori del Comune di Brescia: i bisogni del territorio e le risposte dell’Ente

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