2. La Progettazione e la valutazione nel sociale: aspetti teorico metodologici e dimensioni di processo.
2.5. La valutazione nel sociale: un bisogno endogeno o una necessità?
2.5.2. Il processo di valutazione: valutazione ex ante, in itinere, ex post.
La valutazione, sia che interessi i casi, i servizi o le politiche, non deve essere considerata la tappa conclusiva di un progetto, ma un processo che accompagna tutte le fasi del ciclo di progettazione, prima del momento decisionale (valutazione ex ante), durante l’implementazione di un servizio o progetto (valutazione in itinere) e al termine di un programma d’intervento (valutazione ex post).
Dai contributi di De Ambrogio e di Bezzi risulta che la valutazione ex ante ha lo scopo di supportare i decisori a far comprendere i pregi e le criticità delle diverse alternative in campo e quindi mette in evidenza gli impatti possibili, derivanti dall’azione che si intende promuovere. Questo tipo di valutazione inoltre permette di scegliere tra progetti alternativi o fra diverse modalità operative per la realizzazione di un progetto. In particolare, la valutazione ex ante, è importante
64 «con il termine frattale si fa riferimento ad una struttura, in natura, che si ripete con analoghe strutture dal grande al
piccolo come, ad esempio, il cavolfiore, il cui piccolo fiore ha l’identica struttura dell’intera pianta», in U. De Ambrogio, T. Bertotti, F. Merlini, L’assistente sociale e la valutazione, Carocci Faber, Roma, 2007, pag. 91 e 236.
quando, utilizzata ai fini selezionatori, il valutatore si trova innanzi ad un problema di allocazione ottimale delle risorse in presenza di più richieste rispetto ai fondi da distribuire. In questo caso è fondamentale garantire la trasparenza del processo decisionale e contenere la discrezionalità del valutatore.
Quando non esiste una reale possibilità di scelta è comunque possibile effettuare questa tipologia di valutazione, in quanto è in grado di mettere in luce i possibili effetti a medio e lungo termine, affinché si possano apportare correzioni al progetto operativo ancora da implementare.
Il processo valutativo continua anche quando il progetto è in corso d’opera e permette di evidenziare tutti quegli elementi che confermano o suggeriscono la necessità di modifiche alle scelte operative iniziali. La valutazione in itinere ha lo scopo di riorientare, se necessario, l’intervento mentre si realizza e facilita quindi, come osserva De Ambrogio, “l’espressione di giudizi per il cambiamento”65. E’ importante, a livello concettuale, non associare la valutazione in
itinere al solo monitoraggio, in quanto quest’ultimo rappresenta uno strumento della valutazione in itinere, utile ad accertare e descrivere lo stato di avanzamento dei progetti e dei programmi, fornisce informazioni utili per proseguire la valutazione in itinere e indica eventuali piste di approfondimento per rilevare le eventuali criticità e fattori di successo dell’intervento o della politica. Questo strumento tuttavia non può essere utilizzato per altre funzioni valutative, quali ad esempio quelle relative all’acquisizione di conoscenze sulla qualità, gli esiti, l’efficacia degli interventi o delle politiche66.
La valutazione ex post analizza il raggiungimento degli obiettivi previsti dal progetto appena concluso e di eventuali altri risultati, inoltre permette di prevedere per il futuro soluzioni adeguate per interventi simili. In particolare, la valutazione effettuata dopo la conclusione di un progetto, mira a verificare essenzialmente tre aspetti:
- se gli interventi sono stati realizzati, quindi si parlerà di valutazione di output (esito). La valutazione qui giudicherà l’efficacia e l’efficienza “interna”, ovvero, secondo Bezzi67, la
verifica della correttezza delle procedure realizzate e la rispondenza dei prodotti agli obiettivi. Lo strumento adatto per una valutazione di output è il monitoraggio;
- come sono stati implementati, ovvero si giudica la performance realizzata (valutazione di
outcome o di risultato) attraverso le tecniche di analisi di performance, rilevazioni della
soddisfazione degli utenti. In questo caso l’attività verterà sulle dimensioni di efficacia (quella che Bezzi68 definisce “esterna”, intendendo la rispondenza tra quanto realizzato e i bisogni
65 Ivi, pag. 35. 66 Ivi, pag. 195. 67
C. Bezzi, Cos’è la valutazione, Franco Angeli, Milano, 2007, pag. 41.
espressi dai soggetti che, inizialmente, hanno posto una domanda di intervento), efficienza e qualità;
- se effettivamente è servita, (valutazione di impatto), si va ad analizzare l’effetto “netto”69
,
ovvero la capacità del progetto di produrre effetti in termini di trattamento del problema. In questo caso l’effetto dovrà essere unicamente attribuibile all’intervento messo in atto. La valutazione d’impatto è utile perché evidenzia anche gli effetti inattesi, sia positivi che negativi. Altre definizioni tipologiche di valutazione che, come afferma De Ambrogio70, sono non alternative
ma connesse con la valutazione ex ante, in itinere ed ex post, sono la valutazione di processo, la valutazione della qualità e la valutazione partecipata.
La valutazione di processo è utile in quanto permette di formulare un giudizio valutativo a fronte di un’analisi relativa all’organizzazione, alle procedure adottate per conseguire gli esiti di un determinato intervento, le risorse e gli ostacoli incontrati durante la realizzazione, le strategie di coinvolgimento dei destinatari.
La valutazione della qualità di un intervento, nel campo sociale, è invece finalizzata ad evidenziare il livello di accettabilità in termini di efficienza ed efficacia raggiunto da un servizio o da un progetto. In questo caso la centratura è sull’utente e sui rapporti che si sono istaurati tra struttura, operatori e l’utente stesso, al fine di individuare gli eventuali elementi che hanno impedito ai destinatari di ricevere delle risposte adeguate ai loro bisogni.
La valutazione della qualità si può intrecciare al processo di valutazione ex ante, nel caso in cui, così come previsto dalla legge 328/2000, la gestione dei servizi venga realizzata attraverso le modalità del contracting out o dell’accreditamento. In entrambi i casi, quindi sia che si tratti di una scelta da parte dell’ente pubblico di esternalizzare dei servizi a soggetti privati, sia che la scelta dell’ente pubblico sia quella di far entrare nel mercato socio-sanitario dei soggetti in grado di erogare servizi per conto del sistema sanitario nazionale, per l’ente pubblico si pone la necessità di valutare ex ante i requisiti di qualità. Per fare questa operazione, garantendo la trasparenza delle scelte e l’autonomia decisionale, l’ente pubblico deve innanzitutto «comprendere cosa sia il meglio per un’amministrazione»71
, ovvero essere in grado di definire e descrivere, attraverso indicatori e criteri specifici, la propria idea di qualità, riuscendo a declinarne le caratteristiche, potendo mantenere, in particolare nel caso dell’accreditamento, analizzato da Battistella72, un monitoraggio
continuo sulla persistenza dei requisiti richiesti e degli standard strutturali e organizzativi previsti.
69 Ivi, pp. 209-210.
70 U. De Ambrogio, (2003), op. cit., pp. 35-38. 71 Ivi, pag. 136.
72
A. Battistella, L’accreditamento istituzionale: una sfida difficile, in “Prospettive Sociali e Sanitarie”, n. 21/2001, pag. 3.
L’approccio partecipato alla valutazione73 prevede invece il coinvolgimento degli
stakeholders implicati nel processo di progettazione per il raggiungimento di una maggiore efficacia dell’intervento. L’utilizzo di questa metodologia si è consolidato nel campo dei servizi sociali anche attraverso alcune norme fondamentali di settore, quali la 285/97 e la 328/00 che valorizzano un’idea di governance locale basata sulla concertazione, consultazione e sugli accordi e negoziazioni tra i diversi attori del sistema dei servizi sociali. La scelta di questo approccio tuttavia, come sottolinea Bezzi74, non può e non deve essere una scelta ideologica ma metodologica, ossia basata sulla
necessità di comprendere l’evaluando all’interno del suo contesto, (le persone, i loro bisogni, desideri, valori, ecc). Per valutare in modo partecipato è necessario che i diversi soggetti raggiungano un obiettivo di lavoro comune, un’area di convergenza rispetto ai diversi interessi in campo. Come si evince da un’analisi di un’esperienza di valutazione condotta da alcuni autori75,
questo presupposto richiede una specifica attenzione rispetto all’esplicitazione delle reciproche posizioni in merito alla valutazione.
La partecipazione di più soggetti al processo valutativo, secondo la definizione di Martini e Sequi, riportata da De Ambrogio76, non ha lo scopo di raccogliere dei dati, ma di trasformare i singoli attori
in soggetti collettivi capaci di produrre e interpretare i dati relativi al proprio contesto (organizzazione, comunità locale, servizio), comprenderne l’utilità e assumerne la responsabilità rispetto alle decisioni da intraprendere.
Infine è bene sottolineare la posizione di Stame e Leone77, circa la scelta degli approcci alla
valutazione, che rifiuta una visione della valutazione con pretese universalmente valide in quanto, considerata la complessità del sociale, risulta più efficace utilizzare metodi misti che permettono “contaminazioni” tra i diversi approcci, favorendo quindi lo sviluppo di una valutazione dialogica78
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