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2. La Progettazione e la valutazione nel sociale: aspetti teorico metodologici e dimensioni di processo.

2.4. I diversi approcci alla progettazione.

2.4.1. L’approccio sinottico-razionale.

L’approccio sinottico-razionale affonda le proprie radici metodologiche nel modello razionalista alla programmazione, proposto dall’economista John Maynard Keynes, secondo il quale la fase decisionale deve essere sorretta da conoscenze ed esperimenti ragionati e dove, invece, non trova spazio la mediazione tra interessi contrastanti di gruppi particolari e nemmeno l’incertezza o il pregiudizio politico.

La programmazione delle politiche pubbliche, negli anni ’70, rispecchiava questa tipologia di approccio il cui presupposto fondamentale, come evidenzia Leone33, consiste nell’idea che per poter

risolvere un problema il decisore deve necessariamente disporre di tutte le informazioni, esso deve inoltre possedere una perfetta capacità di analisi della situazione e di elaborazione cognitiva delle informazioni. Questa concezione di progettazione di tipo razionale, fa riferimento ad un’organizzazione scientifica del lavoro, che ha come principio cardine l’ottimizzazione dei risultati, sottintendendo una costante disponibilità di risorse che permette di individuare, attraverso metodi scientifici, una soluzione tecnicamente corretta per ogni problema.

L’approccio sinottico-razionale considera le problematiche sociali come deviazioni dalla norma e mira ad individuarne i nessi di causalità lineare, in base ai quali poter progettare il cambiamento auspicato.

L’azione progettuale si realizza in un ambiente predeterminato, dove il problema è chiaro, gli obiettivi vengono selezionati secondo scelte di valore, risultano trasparenti, condivisi e immutabili. La fase decisionale, centrale in questo approccio, è caratterizzata da un’analisi comparativa di tutte le alternative a disposizione e delle loro conseguenze, in termini di costi e benefici, in caso di applicazione. In questo modo la scelta finale dovrà garantire il raggiungimento degli obiettivi minimizzando i costi.

Come evidenzia Leone, il progettista che utilizza questo modello razionale è solitario, è l’unico decisore, colui che individua il problema, definisce gli obiettivi, vaglia le alternative e sceglie la soluzione, mentre gli altri soggetti del progetto o i destinatari dell’intervento sostanzialmente non vengono coinvolti.

Fig. 2. Le tappe del progetto nell’approccio sinottico-razionale

Nell’approccio sinottico-razionale, come si evince dalla figura 1, tratta da Leone34

, la terza tappa del progetto, ossia la progettazione, ha un peso rilevante in quanto corrisponde al prodotto da realizzare, già previsto a priori, in cui si impegnano maggiori risorse. L’attivazione invece è intesa come recupero delle risorse finanziarie e materiali funzionali alla realizzazione del progetto. La realizzazione in questo ambito diventa una conseguenza del progetto, non si considerano le dinamiche, i possibili effetti derivanti dal contratto con i destinatari dell’azione progettuale. La valutazione, infine, essendo rivolta ad azioni altamente standardizzate, viene intesa come ricerca dello scarto tra “output previsti e output ottenuti”35, non viene valorizzato il processo di

apprendimento spontaneo insito nella relazione tra gli attori del processo e nemmeno gli effetti imprevisti che possono emergere durante il progetto.

L’approccio sinottico-relazionale in letteratura è considerato il meno adeguato ad affrontare un problema di progettazione nell’ambito sociale proprio per le caratteristiche tipiche di questo ambito, ossia la complessità, la velocità di trasformazione degli scenari, la presenza di fattori imprevisti, ambivalenze e contraddizioni.

Tuttavia questo modello è entrato nella cultura dei servizi sociali e continua ad essere apprezzato in quanto fonte di sicurezza e protezione: definire a priori le procedure per raggiungere gli obiettivi prestabiliti, la previsione puntuale e meccanicistica delle azioni da mettere in atto, conferisce a dirigenti e operatori, una certa tranquillità, un distacco emotivo da certe situazioni particolarmente coinvolgenti, ma, come sottolineano Orsenigo e D’Angella36, può inibire le competenze e le

capacità operative di tali professionisti.

Le distorsioni più comuni nell’utilizzo dell’approccio sinottico-razionale, nella progettazione sociale, derivano dai presupposti metodologici del modello stesso, in particolare,

34 L. Leone, M. Prezza, (1999), op. cit., pag. 36. 35

Ivi, pag. 37.

36 F. D’Angella, A. Orsenigo, (1990) op. cit., pag. 57.

come si evince dall’analisi di Leone37

, riguardano il ruolo del decisore e la definizione

dell’obiettivo.

Nei servizi alla persona, infatti, non può esserci un unico decisore, come prevede questo modello, e gli interventi necessariamente si realizzano tramite processi di continua negoziazione rispetto agli obiettivi, di co-decisione e corresponsabilità con gli altri soggetti coinvolti (operatori di diversi servizi, destinatari dell’intervento, altri soggetti del territorio). La separazione prevista dall’approccio sinottico-razionale, tra chi progetta le azioni e chi le esegue, come per esempio tra procedure, mansioni prestabilite dal progetto e le azioni reali, secondo Orsenigo e D’Angella38, può

ingenerare negli attori coinvolti un atteggiamento di irresponsabilità e superficialità rispetto alla complessità del progetto in quanto si considera il proprio ruolo unicamente circoscritto all’interno di procedure standardizzate e di una divisione dei compiti di lavoro.

Un’altra distorsione di questo modello riguarda l’assunto secondo il quale è sempre possibile, per il decisore, disporre di tutte le conoscenze per vagliare le diverse opzioni e strategie, in considerazione di una massimizzazione dei benefici: in realtà, nell’ambito sociale spesso non si è in possesso di informazioni certe sui fenomeni sociali o sulle problematiche da affrontare e conseguentemente non si possono conoscere a priori le metodologie più corrette per affrontarle. La progettazione nel sociale infatti richiede una certa dose di flessibilità, di disponibilità alla sperimentazione di strade non ancora percorse da altri e che lungo il percorso potranno essere abbandonate per altre più promettenti.

La progettazione razionale, basata sui mezzi, gli strumenti, le procedure più idonee per raggiungere i risultati attesi, se applicata nel sociale, rischia inoltre, secondo Orsenigo e D’Angella39, di perdere

di vista la dimensione valoriale, il senso dei servizi offerti, dei progetti messi in campo, attraverso i quali si produce all’interno della comunità un determinato modo di intendere la salute, il benessere, l’integrazione delle persone, la qualità della vita e così via.

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