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L’integrazione tra interventi psicosociali, di competenza comunale e sociosanitari, gestiti dalle ASL, rimane un obiettivo fondamentale per poter garantire delle azioni efficaci quando si devono affrontare problematiche complesse. Questa priorità è stata oggetto di feconde sperimentazioni, realizzate con modalità differenti da alcune Regioni, che hanno permesso di creare “équipe specialistiche di secondo livello”, come le ha definite Bertotti60.

Esse in alcuni casi sono deputate all’erogazione diretta degli interventi, ad esempio valutazioni psicodiagnostiche o di trattamento del bambino e della famiglia, in altri, fungono da raccordo tra i diversi attori del processo di aiuto e protezione e possono offrire consulenza ad altri servizi del territorio, svolgere azioni di sistema relative ad indagini epidemiologiche del fenomeno dell’abuso e del maltrattamento, attività di sensibilizzazione e formazione, ecc.

Queste équipe solitamente sono composte da più professionisti appartenenti a servizi diversi (servizio sociale comunale, età evolutiva e neuropsichiatria dell’ASL, pediatria, servizi per gli adulti) in grado di valutare ed elaborare un progetto d’intervento in modo multiprofessionale a seguito di una richiesta d’intervento da parte degli operatori dei servizi che hanno segnalato una problematica di grave pregiudizio per un minore.

Dall’analisi effettuata da Bertotti sulle diverse forme di sperimentazioni di queste équipe di secondo livello, vi sono alcune loro caratteristiche fondamentali che dovrebbero essere salvaguardate affinché possano radicarsi all’interno del panorama dei servizi che si occupano di protezione e cura dei minori, in particolare:

- le équipe di secondo livello, per essere realmente a supporto dei servizi comunali, devono essere attivate da questi in modo autonomo e volontario e non necessariamente su mandato dell’autorità giudiziaria;

- essendo servizi ad alta specializzazione devono offrire interventi non dilatati nel tempo; - è necessaria una certa stabilità delle risorse per garantire affidabilità e per portare avanti azioni

di sistema utili al miglioramento della qualità degli interventi erogati;

- i servizi di secondo livello non devono sottrarre risorse a quelli del primo che devono invece disporre di risorse sufficienti per poter intervenire anche in termini di prevenzione nei contesti

60

T. Bertotti, Servizi per la tutela dei minori: evoluzione e mutamenti, in “Autonomie Locali e servizi sociali”, il Mulino n°2/2010, pp. 242-244.

non specialistici e devono saper ri-accogliere gli utenti che hanno terminato la presa in carico specialistica;

- deve sempre essere mantenuta una valutazione partecipata dei servizi rispetto agli esiti degli interventi e sulle relazioni tra le due tipologie di servizi al fine di permettere un confronto costante.

1.4.1. Un Progetto Pilota della Regione Veneto: i Centri Provinciali di contrasto e presa in carico delle situazioni di maltrattamento, abuso e sfruttamento sessuale.

A seguito di alcuni importanti provvedimenti normativi, emanati a livello nazionale61, molte regioni

hanno iniziato a sperimentare diverse tipologie di azioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno del maltrattamento, abuso e sfruttamento sessuale dei minori, per creare un sistema integrato di interventi sociali con un coordinamento di prestazioni e servizi alla persona e alla famiglia orientato ad evitare sovrapposizioni o assenze di interventi.

La Regione Veneto, a partire dal 2002, ha sentito fortemente l’esigenza di avviare un processo innovativo in tal senso attraverso un Piano d’Azione regionale, approvato con DGR n. 4031 del 2002, che intendeva perseguire i seguenti obiettivi62:

- quantificare il fenomeno del maltrattamento, abuso e sfruttamento sessuale di minori, sul territorio regionale;

- organizzare servizi competenti in tale ambito, anche attraverso la stipula di protocolli e di procedure condivise che possano diventare un punto di riferimento per il territorio;

- sviluppare capacità di ascolto e di riconoscimento dei segnali di disagio in tutti coloro che sono a diretto contatto con il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza (genitori, operatori, educatori, insegnanti).

Tra le aree d’intervento del Progetto Pilota, assume un forte carattere innovativo, nell’ambito dell’organizzazione dei servizi per la tutela dei minori, l’attivazione di cinque Centri specialistici di secondo livello, a carattere diurno, con finalità di:

- promozione di attività di sensibilizzazione e formazione nel territorio di riferimento; - consulenza agli operatori dei servizi territoriali;

61 Legge 269/98 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, Decreto n. 89/2002 “Regolamento concernente la disciplina del fondo di cui all'art. 17, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 269, in materia di interventi a favore dei minori vittime di abusi, a norma dell'art. 80, comma 15, della legge 23 dicembre 2000, n. 388”

62 Regione Veneto-Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, “Buone prassi per gli operatori che devono affrontare situazioni di abuso e maltrattamento. Linee guida per gli operatori dei Centri Regionali di cura e protezione dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie”, i Sassolini di Pollicino-Collana dell’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, n. 20/2006.

- predisposizione e realizzazione di interventi diagnostici e terapeutico - riabilitativi nei confronti dei bambini abusati e/o maltrattati e delle loro famiglie.

I Centri diventano operativi nel 2004 e sono di natura giuridica diversa, in alcuni casi è pubblica (L’Arca di Vicenza, nata dalla collaborazione tra il Comune, Az. ULSS 6 e delle IPAB; i Girasoli di Padova sorti da una convenzione tra Az. ULSS 16 di Padova e OPAI SEF di Padova; il Faro di Verona nato da un consorzio di tre Az. ULSS), in altri territori invece è privata (il Germoglio di Venezia e il Tetto Azzurro di Treviso).

Essi sono gestiti a livello provinciale/interprovinciale, attraverso un’équipe multiprofessionale composta da psicologi, pediatri, neuropsichiatri, assistenti sociali, educatori, avvocati e mediatori culturali, in quanto l’assetto organizzativo vigente dei servizi socio sanitari territoriali, estremamente diversificato nel territorio regionale, non sempre consente di realizzare interventi multidisciplinari e altamente specializzati, necessari per affrontare problematiche complesse come il maltrattamento e l’abuso infantile. L’organizzazione dei Centri, inoltre, prevede la presenza di un operatore per supportare il minore nell’eventuale percorso giudiziario, come previsto dalla Convenzione di Strasburgo (es. quando l’Autorità Giudiziaria attiva un’audizione protetta in sede di incidente probatorio secondo la legge n. 66/1996).

Le équipe di secondo livello possono essere attivate su richiesta dei servizi di base per situazioni di sospetto o conclamato grave maltrattamento o abuso di minori, secondo prassi concordate e regolate da protocolli condivisi, oppure su richiesta diretta dei soggetti interessati. L’aspetto qualificante di questi servizi specialistici risiede nella modalità di presa in carico dei casi, che avviene sempre in modo condiviso con la rete dei servizi territoriali i quali rimangono titolari del caso e responsabili del progetto complessivo, in cui verranno definiti gli obiettivi a medio e lungo termine, la metodologia utilizzata, i tempi, i momenti e i criteri di verifica a medio e lungo termine (follow up).

L’integrazione con la rete dei servizi territoriali si realizza attraverso uno degli obiettivi fondamentali dei Centri, ossia la costruzione di una rete protettiva secondo una logica di prevenzione. Sono svariati infatti i soggetti che vengono coinvolti, in collaborazione con istituzioni pubbliche e private, nella partecipazione ad attività di sensibilizzazione, informazione e formazione, tra cui prioritariamente la scuola e l’associazionismo. Nell’ambito della prevenzione, inoltre, le azioni si sviluppano attraverso la consulenza fornita ad operatori educativi e socio sanitari per la rilevazione precoce del disagio infantile. I Centri sono impegnati altresì nella creazione e potenziamento di connessioni tra servizi socio sanitari, amministrazioni locali, autorità giudiziaria minorile e le forze di polizia.

A partire dal 2007, attraverso diversi provvedimenti normativi regionali63, in particolare a

seguito della DGR 2416/08 “Linee di indirizzo regionali per lo sviluppo dei servizi di protezione e tutela del minore – Biennio 2009/2010”, è stato avviato il passaggio da una fase progettuale ad una fase di stabilizzazione dei Centri di secondo livello. La delibera citata infatti ha promosso la definizione di un sistema territoriale di servizi per la protezione e tutela dei minori sempre più ampio e integrato, all’interno del quale devono collocarsi tutte le attività di contrasto e cura delle situazioni di maltrattamento e abuso, prevedendo quindi anche la stabilizzazione dei Centri.

2. La Progettazione e la valutazione nel sociale: aspetti teorico metodologici e dimensioni di

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