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Capitolo 3: La colonia di Sena Gallica

3.4 La fondazione della colonia

I dati raccolti grazie alle recenti indagini permettono a questo punto di delineare un quadro ricostruttivo delle prime fasi di deduzione della colonia di Sena. L'integrazione tra la ricostruzione dell'antico ambiente naturale e i dati relativi alle prime fasi di occupazione, documentate dai nuovi scavi, permettono infatti di comprendere le scelte e le modificazioni attuate dai triumviri coloniae

deducendae al momento di deduzione della colonia.

L'elemento di maggior peso nella scelta del sito sembra costituito dalla protezione acquea del quale gode. La platea infatti si configura circondata da acque praticamente su tutti i lati: a nord e a ovest dal corso del fiume Misa, a sud dalla presenza del fosso di S. Angelo/Canale Penna e a est dal mare, prima del quale molto probabilmente vi era una laguna costiera. Non è facile definire che peso abbia avuto nella scelta del sito da parte dei Romani la presenza di un insediamento precedente, per ora individuato nell'abitazione di via Cavallotti, riferibile al V-IV sec. a.C., ma che probabilmente si doveva estendere verso nord fino al fiume Misa, come sembra documentare uno dei carotaggi realizzati presso l'attuale Episcopio207. L'abitato preromano si colloca in uno dei punti più rilevati

204 Cfr. supra.

205 Cfr. supra, paragrafo 3.3.4. 206 In proposti si veda Villani 2008. 207 Cfr. vedi supra.

della platea ma in stretta connessione con il fiume e molto probabilmente con un facile guado. Qui dovevano inoltre giungere le piste protostoriche dalla valle del Misa e dalla valle del fiume Esino attraverso l'unico accesso via terra alla platea . Questo è infatti situato a sud-ovest nel punto di convergenza del Misa e del fosso di S. Angelo, proveniente dal versante collinare, dove i due corsi d'acqua si avvicinano per poi proseguire verso mare.

Non sembra dunque un caso che proprio in questo punto viene realizzato il santuario, sub divo, individuato in via Baroccio. Questa area sacra infatti costituisce la prima presenza puramente romana nel sito della nascitura colonia e con una marcata valenza ideologica sottolinea un'iniziale forma di presa di possesso dell'area. La sua collocazione si pone infatti alle porte di accesso della platea a controllo dei percorsi protostorici provenienti dall'entroterra ed evidentemente sfruttati dai Romani come vie preferenziali per i primi flussi migratori/commerciali e militari208. Non è un caso

che due dei possibili itinerari utilizzati per la conquista dell'ager Gallicus da Manio Curio Dentato, a cui viene legata la deduzione di Sena209, provenissero proprio dalla zona picena a sud o dal territorio umbro a est, e forse riconoscibili nel primo caso nella cosiddetta via Salaria Gallica, che nel suo ultimo tratto da Aesis giungeva a Sena Gallica210, o nel secondo caso nella strada che da

Sentinum giungeva a Sena lungo la valle Misa, a suo collegata con la via Amerina attraverso il

diverticolo Gubbio-Passo della Scheggia211.

Contestualmente a questa prima fase di frequentazione romana legata al santuario, che viene datata stratigraficamente tra la fine del IV e i primi anni del III sec. a.C., con ogni probabilità è realizzato uno stabile insediamento romano nell’area della futura colonia, forse a carattere deperibile e in forme di accampamento militare. Possibili labili tracce di questo stanziamento potrebbero essere costituite dalla prima frequentazione di via Gherardi e dalla notizia di possibili strutture in materiale deperibile in via Armellini, non a caso collocate nel settore nord della platea, in un'area vicina al mare e a un possibile approdo. La presenza di una prima occupazione romana permanente, quanto meno immediatamente successiva alla battaglia del 295 a.C., forse non è priva anche di un certo carattere repressivo come sembra testimoniare l'incendio e il crollo dell'abitazione preromana di via Cavallotti.

208 Una suggestiva conferma dell'importanza di questo punto quale principale area di accesso alla città viene anche dalla persistenza, in età medievale, di una “porta di S. Angelo”, riportata nella settecentesca pianta del Tiraboschi edita dal Tondini , proprio in questo punto. (Tondini 1795), cfr. anche Villani 2008: 43. Inoltre, come ricordato in precedenza, la presenza sempre in questo settore di una chiusa medievale, per la gestione delle acque del Misa ormai legato al Fosso di S. Angelo/Canale Penna, e della chiesa del Portone, collocata quindi in un punto strategico proprio alla confluenza tra due corsi d’acqua, potrebbe avvalorare una sorta di “continuità” nella sacralizzazione di un punto nodale nella gestione della viabilità e dell'idrografia della città: una prima storia della chiesa del Portone è in Mori 2010. 209 Sisani 2007; Hermon 2001.

210 Catani, Paci 2001: 176-177.

211 Sisani 2007; cfr. capitolo 2.8 relativa descrizione della viabilità Sentinum-Sena e l'ipotesi di un suo rapporto iniziale con la via Amerina piuttosto che la viabilità incentrata sulla valle sinclinale camerte.

Questa prima fase di frequentazione romana termina nel 284-283 a.C. con la fondazione della colonia di Sena in un'area appena pacificata. Lo scavo di via Baroccio documenta pienamente l'arrivo dei triumviri coloniae deducendae e l'atto fondativo della colonia con la realizzazione delle mura che tagliano la prima frequentazione dell'area sacra212. Segue subito la monumentalizzazione

del santuario che assume una forma più strutturata, con una serie di piccoli sacelli rettangolari (due sono certi), il cui confronto più significativo è rappresentato, non casualmente, dall’Heraion al Sele nella fase immediatamente successiva alla deduzione della colonia latina di Paestum nel 273 a.C. L'impianto della cinta urbica si adatta e sfrutta appieno le potenzialità naturali del sito e la valenza strategico-difensiva costituita dalle acque213. La platea naturalmente munita viene recinta da mura e

in tutta la sua estensione viene sfruttata per la deduzione della colonia.

La forma dell’ampia ansa del fiume Misa verso ovest determina l’orientamento delle mura della città romana e della viabilità intramuranea, come confermano i rinvenimenti di via Baroccio214.

Infatti, se prolungata verso nord-est in maniera rettilinea, la linea delle mura assume una direzione obliqua rispetto alla linea di costa, comprensibile solamente in presenza di un elemento condizionante quale l’ansa del fiume. Al meandreggiamento dell'ansa verso nord-ovest corrisponde una variazione dell'andamento delle mura nella stessa direzione, assumendo lungo il lato esposto verso l'entroterra una forma leggermente convessa.

A conferma di questa ricostruzione vi sono due ulteriori elementi. Il primo è costituito dal confronto con la colonia di Pisaurum del 184 a.C.: anche in questo caso i pianificatori romani si adattano alle condizioni naturali e le mura del lato nord, sempre con un andamento leggermente convesso, assecondano ancora il ciglio tattico della platea alluvionale, ponendosi in posizione sopraelevata, sebbene il fiume sia ormai più lontano e non direttamente a contatto delle mura215. Il secondo

elemento è desumibile da un'analisi urbanistica della cartografia storica e in particolare di una carta del 1732 che rappresentata la città di Senigallia prima dell'ampliamento settecentesco. Tale carta storica infatti mette in evidenza evidenza come la viabilità proveniente da sud-ovest segua il corso dell'ansa del Misa lungo la quale si dispongono gli unici edifici presenti nell'area dei “prati della Maddalena”. Nei pressi della chiesa omonima inoltre la strada cambia direzione e con essa gli

212 É noto come tra le prime opere realizzate al momento della fondazione di un nuovo centro urbano vi siano gli apprestamenti difensivi e gli assi viari, come ricordato dalle stesse fonti scritte, Sommella 1988: 240-242.

213 Il valore strategico-militare assunto dalle acque perimetrali in una prima fase di vita della colonia, inserito all’interno del modello programmatico dell’insediamento, verrà progressivamente sostituito da funzioni civili ed economico-sociali. Tra i confronti possibili con altri centri caratterizzati dalla presenza di un simile sistema funzionale nella gestione della risorsa idrica si ricorda Ariminum, per la sua vicinanza topografica e cronologica. Al riguardo si veda Ortalli 2005.

214 Si ricorda che il tratto della fossa di fondazione delle mura urbane è stato messo in luce per una lunghezza di circa 13 m.

edifici che sembrano proprio costruiti sfruttando un condizionamento precedente che potrebbe essere quindi rappresentato da ciò che rimaneva delle mura romane e dalla viabilità intramuranea, in questo periodo ormai rappresentate probabilmente da pochissimi corsi di fondazione216. Infatti,

come dimostrano i numerosi reimpieghi di blocchi di arenaria gialla sparsi nelle murature moderne e come attestano le fonti medievali, a partire dal 1299 le mura romane vengono progressivamente demolite217.

Se dunque le mura romane si adattano alla situazione naturale al tempo stesso la modificano costituendo un argine al corso del fiume. La prova viene direttamente dallo scavo di via Baroccio: la progressiva spoliazione della mura porta alla mancanza di un blocco ai grandi eventi alluvionali che, probabilmente nel 1472218, ricoprono interamente le mura parzialmente demolite, il terrapieno e

buona parte delle antiche strutture romane ormai in decadenza.

Se la costruzione della cinta muraria al momento della fondazione della colonia seguiva il ciglio tattico della platea alluvionale, costituito dalla scarpata del fiume, con lo stesso orientamento, lungo il lato ovest, è dunque lecito ipotizzare una logica costruttiva simile per quanto concerne il lato meridionale219.

Anche in questo caso infatti le mura vengono realizzate seguendo l'andamento del secondo corso d'acqua che proteggeva naturalmente la platea, il Fosso di S. Angelo, probabilmente non più ampiamente meandreggiante, come nelle sue prime fasi naturali, ma al tempo stesso forse regolarizzato proprio dall'intervento di costruzione delle mura da parte dei Romani al fine di sfruttarlo come fossato. Anche in questo caso l'analisi urbanistica della cartografia storica ma anche della situazione attuale conferma questa possibilità220.

216 La persistenza è ancora visibile all'interno del tessuto urbano odierno e secondo la presente ricostruzione è rappresentata da via delle Caserme.

217 E’ del 1299 un documento firmato dal Vicario Provinciale della Marca di Ancona, David di Ferentino, in cui si decreta l’inizio della distruzione delle antiche mura romane che, per la loro robustezza, potevano diventare facile rifugio per i ribelli: Villani 2008: 72 con rimandi bibliografici. E’ probabile che in questa prima fase, tra XIII e XIV secolo, si spogliasse solo l’alzato delle mura, mentre la sistematica e capillare asportazione dei blocchi (anche quelli delle fondazioni, come ci dimostra lo scavo di Via Baroccio) dovette avvenire solo alla metà del XVI secolo, in corrispondenza dei grandi lavori di edificazione delle mura roveresche (Bonvini Mazzanti 1994: in part. 83-86). E infatti proprio la parte interna delle mura roveresche, visibile all’interno dell’area archeologica la Fenice, contiene numerosissimi blocchi di arenaria gialla recuperati dalle vicine mura romane (Salvini 2003).

218 Come già anticipato l’alluvione del 1472 è riportata nel Codice Vaticano Latino n. 8109 della Biblioteca Apostolica Vaticana, della metà del XVI sec., dove si legge “...L'ANNO MILLE QUATRO CENTO SETTANTA DUE ALLI VINTI

SETTE DE NOVEMBRE (LA CITTA') FU DA UNA GRANDISSIMA INONDATIONE D'ACQUA MOLESTATA PERCHE' TANTO FU LA ACQUA CHE DA MONTE SPORTONE A SENOGAGLIA NON CE NE CONOSCEVA NE CASE NE ARBORI ET LA TERRA VECCHIA TUTTO FU ALAGATA DA L'ACQUE ET APENA SI POTE' GLI HABITATORI SALVARE IN SANTA MARIA MADALENA SOPRA GLI ULTIMI SOLARI DEL DORMITORIO...ET IL PONTE CH'ERA FORA DE LA CITTADE...FU DA L'ACQUA MENATO IN MARE...”, Marti 1976: 150-151.

219 Con un netta coerenza tra morfologia del luogo e circuito murario, situazione abbastanza comune per le città sorte in prossimità di corsi fluviali, Sommella 1988: 228-229, Bonetto 1998: 124.

220 Senza entrare nel dettaglio dell’evoluzione del tessuto urbano in quest’area nei secoli successivi all’età romana, a conferma di questa ipotesi di ricostruzione è tuttavia necessario richiamare brevemente due aspetti. Il primo, sempre

La medesima situazione avrà caratterizzato il lato settentrionale delle mura della colonia. Seguendo la stessa logica costruttiva il circuito murario asseconda il fiume Misa, come provano i blocchi di arenaria individuati nei vecchi scavi di Piazza Doria.

La ricostruzione della mura sin qui proposta vede dunque un diretto rapporto tra situazione naturale e pianificazione urbanistica.

Proprio per questo è possibile ipotizzare l'assenza delle mura verso il lato mare per lo meno al momento della deduzione della colonia: all'altezza dell'attuale corso cittadino i lati settentrionale e meridionale delle mura probabilmente si interrompono in corrispondenza di un abbassamento della platea alluvionale. In questo modo gli ingegneri romani, sfruttando un'area di per sé naturalmente difesa da una serie di lagune costiere/cordoni sabbiosi, evitano di doverla inglobare con particolari soluzioni tecniche per la presenza di terreni cedevoli. Tuttavia anche lungo questo lato sguarnito di mura il limite fisico dell'area urbana sembra materializzato. Il cippo in arenaria ritrovato sotto la Rocca Roveresca potrebbe rappresentarne la prova, sottolineando la valenza sacrale sottesa al concetto di limite e alla sua materializzazione con le mura, volte a dividere il dentro dal fuori, la città dalla campagna.

Una possibile conferma sembra provenire come visto da Ariminum, dove i recenti scavi hanno dimostrato essere priva di mura lungo il lato rivolto verso il mare ma il cui limite viene caratterizzato dalla presenza di cippi221.

Se è dunque possibile ipotizzare la forma del circuito murario della colonia di Sena al momento della sua deduzione più difficile risulta dire come le mura dovevano apparire fisicamente. Se lo scavo di via Baroccio indica chiaramente il materiale con cui erano costruite, blocchi di arenaria giallastra, e la loro larghezza (2,60 m, circa 9 piedi romani)222, nulla è possibile dire sulla loro

altezza complessiva, sebbene sia possibile ricostruire in 3 m l’altezza minima delle mura, considerando che almeno il primo filare di blocchi costituisse la fondazione e che tra il piano di

presente nelle cartografie storiche dal XVII secolo in poi, è costituito dall'esistenza, anche in questo caso, di edifici disposti in maniera allungata lungo l’attuale via Baroccio, in un’area libera dall’età altomedievale in poi, dunque priva di condizionamenti secondo la ricostruzione storica: è dunque plausibile che il condizionamento vi sia e sia favorevole, ovvero costituto dai resti delle mura romane che vengono sfruttate come fondazione delle nuove abitazioni. Il secondo aspetto riguarda una considerazione di carattere prettamente urbanistico, deducibile dalla stessa disposizione attuale delle vie, laddove la presenza di via Baroccio costituisce un’anomalia urbanistica all’interno di una porzione di città caratterizzata dalla presenza, subito a nord-est dell’area di ampliamento settecentesco, del centro urbano seicentesco: rappresenta un ulteriore indizio di qualcosa di precedente, nel nostro caso le mura della colonia romana e probabilmente della via intramuranea. Un ringraziamento sentito e doveroso va all’arch. Paola Raggi per questa preziosa indicazione e per la sua collaborazione al progetto di ricerca. Va sottolineato come queste considerazioni di carattere urbanistico siano avvenute prima dello scavo di via Baroccio, che dunque rafforza tale interpretazione e a sua volta viene arricchito da tali dati.

221 Cfr. capitolo 2.3;Tassinari, Faedi, Curina 2014: 13-26.

222 La larghezza del cavo di fondazione è perfettamente congruente con altri esempi della Cisalpina: Ariminum, Ravenna, Placentia (Guarnieri 2000: in part. 119).

fondazione e la sommità dei due terrapieni individuati intercorrono quasi 4 m223. Possibile invece

definire i due terrapieni sovrapposti, larghi nel complesso 9 metri (30 piedi romani) e alti 1 m ca. il primo e 2 m il secondo224. Risulta invece complesso allo stato attuale definire la tecnica edilizia,

anche se sembra molto verosimile la messa in opera, senza malta legante, di blocchi isodomi, le cui misure, allo stato attuale delle ricerche, potrebbero essere 90 x 60 x 30 cm (e dunque piedi 3 x 2 x 1)225.

Definiti dunque i limiti originari della colonia è possibile avanzare un'ipotesi ricostruttiva dell'impianto urbano.