Prima di analizzare gli otto centri dell'ager Gallicus oggetto di studio della presente ricerca è necessario illustrare le scelte alla base della seguente schedatura. Non si tratta infatti di semplici schede che riassumono tutti i dati in nostro possesso dal IV-III sec. a.C. fino all'abbandono o all'evoluzione in età medievale delle singole città, ma di sintesi il più esaustive possibile sul periodo che va dalla battaglia di Sentinum del 295 a.C. fino all'età augustea. Nella redazione di tali schede si è scelto di mettere in evidenza specialmente i nuovi dati inediti disponibili e le più recenti ricerche edite che hanno permesso di formulare nuove ipotesi rispetto a quelle finora accettate, con particolare attenzione al periodo di nostro interesse.
Esempio di questa scelta è la prima scheda sul centro di Senigallia, che risulta nettamente più corposa rispetto alle altre proprio perché le ricerche degli ultimi anni hanno permesso di approfondire decisamente il quadro di conoscenze sull'archeologia e la storia di questa città, rendendola senz'altro meritevole di un analitico e aggiornato stato dell'arte. Nei casi di centri non oggetto di recenti indagini, invece, si è fatto riferimento a quanto già noto da bibliografia, limitandosi a richiamare ed evidenziare solo gli aspetti più significativi e problematici relativi alle fasi formative delle realtà urbane.
Si tratta quindi di schede “interpretate”, dove a fianco della presentazione dei dati o del riferimento alla loro edizione vengono in parte esplicitate chiavi di lettura per l'interpretazione. Nell'ottica di una ricerca dedicata alla definizione urbana delle fasi più antiche della colonizzazione romana verranno analizzate tutte le possibili fonti di dati utili alla formulazione di ipotesi ricostruttive, prendendo in considerazione alcuni aspetti delle realtà insediative precedenti, genericamente definite preromane1, e nei casi di centri urbani a continuità di vita, tutte le fonti relative all'età
medievale che permettano di aggiungere elementi utili alla definizione della forma originaria attraverso la comprensione dello sviluppo urbano successivo2.
Si aggiunge inoltre per ogni centro “urbano” una breve sintesi sull'assetto agrario del territorio e sui dati disponibili indicanti frequentazioni romane legate alla colonizzazione che, pur senza la pretesa di delineare un quadro completo del popolamento d'età repubblicana per ogni vallata, risulta necessaria per evidenziare alcuni aspetti e formulare alcune ipotesi sulla formazione dei singoli centri. Infatti, pur condividendo in linea generale un'impostazione metodologica che prevede un cauto utilizzo dei dati da ricognizione in relazione al contesto geografico e geomorfologico e al
1 Senza la pretesa di definire un quadro insediativo completo e aggiornato di ogni periodo preistorico e protostorico. 2 Dall'utilizzo delle fonti letterarie, alla toponomastica, alla cartografia storica etc.
grado di visibilità delle evidenze nella definizione di una griglia cronologica stretta3, si ritiene che
senza un tentativo di costruire modelli dello sviluppo insediativo, seppur sulla base di dati incompleti e sempre aggiornabili, la ricerca non possa progredire. L'interpretazione critica e la destrutturazione dei modelli tradizionali, grazie ai dati di recente acquisizione, permette di verificarne o meno la validità e in qualche caso di formulare nuove ipotesi.
Un breve appunto metodologico riguarda, infine, la descrizione della ricostruzione degli impianti urbani e del piano programmatico, qualora presente, alla base degli stessi. Infatti, nella redazione delle schede si è cercato il più possibile di non utilizzare i termini decumanus e cardo per gli assi viari urbani, dal momento che, come è stato più volte ribadito, la definizione di cardini e decumani è in realtà metodologicamente scorretta e viene utilizzata solamente per analogia con la nomenclatura degli assi della centuriazione romana4. Soltanto in alcuni casi, per lo più legati alla
ricostruzione degli impianti già editi, accettati e sostanzialmente ripresi in questa sede, tale terminologia è stata comunque utilizzata, pur nella consapevolezza dell'imprecisione.
Per la definizione della forma urbana delle prime fasi di occupazione si è cercato di utilizzare uno spettro di strumenti e dati più ampio possibile, anche con un approccio multidisciplinare che ormai da anni caratterizza l'archeologia5. Proprio per questo, per quanto possibile, si è deciso di porre 3 Dall'Aglio et alii 2014 c.s. In particolare in riferimento alle ricognizioni condotte nelle valli dei fiumi Cesano e Misa da parte del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna, si sottolinea come “le trasformazioni che si sono
avute nella geografia fisica sia per effetto dei depositi alluvionali e colluviali nei fondovalle, sia per la forte erosione lungo i crinali e i versanti, … abbiano consigliato di non assumere le cronologie indicate dai materiali raccolti in superficie come dati certi, dal momento che si è ritenuto possibile che i livelli più antichi si trovino a quote non raggiunte dalle arature, mentre quelli più recenti possono essere stati del tutto cancellati dall'erosione, sia antropica che naturale. Non sono stati quindi utilizzati tali dati con metodi statistici e modelli matematici, perché se da un lato tali strumenti derivano per lo più dalle analisi territoriali attualistiche di norma basate su dati certi e misurabili, dall'altro in ambito archeologico i dati tutt'altro che sicuri e comunque parziali, sono legati a una selezione del tutto, sia naturale che antropica”. Proprio per questo si giudica l'inserimento degli insediamenti “in una griglia cronologica stretta, definita analizzando nel dettaglio i materiali raccolti in superficie, sostanzialmente illusorio e metodologicamente discutibile e ancora più fuorviante pretendere di definire della classi di insediamenti con cui costruire delle gerarchie e dei rapporti di dipendenza tra un abitato e un altro tenendo conto dell'estensione dell'area interessata dalla dispersione dei materiali e/o dalla quantità dei frammenti raccolti”. L'unica possibilità viene quindi
ravvisata nella verifica di “come i dati archeologici, ma non solo quelli, anche i dati toponomastici, si inseriscono nel
quadro storico generale che è possibile delineare utilizzando tutte le altre fonti e procedendo a una corretta lettura geografica del territorio”. In quest'ottica gli insediamenti individuati nelle due valli vengono visti come “la conferma di un popolamento rurale estremamente diffuso che è ipotizzabile sulla base dell'alto numero di città di questo settore, delle indicazioni circa i prodotti provenienti genericamente dal Piceno, della ricchezza desumibile dai materiali recuperati negli scavi, delle persistenze dell'organizzazione territoriale, oltre che delle caratteristiche ambientali della regione. Tutto ciò significa però un cambiamento decisamente forte del paesaggio legato a questo diverso rapporto tra uomo e ambiente”.
Come detto, si condivide la cautela nell'utilizzo dei dati da ricognizione ma allo stesso tempo non la sfiducia nella creazione di modelli che possano definire delle tendenze e produrre nuove ipotesi volte a indirizzare la ricerca, pur da verificare con ulteriori scavi e analisi topografiche, dal momento che sono anche i dati archeologi che ci permettono di ricostruire il quadro storico generale. Inoltre rintracciare la conferma di un popolamento rurale diffuso nell'alto numero di città presenti, significa semplificare il problema del fenomeno urbano e del suo rapporto con gli insediamenti sul territorio senza tenere in considerazione l'evoluzione nel tempo delle forme del popolamento.
4 Sommella 1988: 234-235; Castagnoli 1963: 197, nota 84.
attenzione anche alla ricostruzione e alla descrizione paleoambientale, per la comprensione del rapporto tra insediamento e ambiente naturale, anche perché, ovviamente, la geografia fisica è un aspetto non secondario alla base delle scelte insediative.