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La ricostruzione della platea alluvionale

Capitolo 3: La colonia di Sena Gallica

3.2 Le nuove ricerche: lo studio geomorfologico

3.2.3 La ricostruzione della platea alluvionale

Tutte le informazioni raccolte e inserite nel GIS dedicato al progetto sono state interpolate tra di loro per ottenere un modello della superficie sepolta corrispondente quindi al paleosuolo d'eta

romana45.

L'interpretazione geomorfologica del risultato ottenuto permette di comprendere le dinamiche alla base della formazione di tale superficie46. Senza scendere troppo nel dettaglio, anche una semplice

lettura preliminare della carta, mostra come l'aspetto originario della platea alluvionale dovesse configurarsi con una morfologia più “tormentata” rispetto alla percezione attuale, con una serie di alti e bassi morfologici. Sebbene fossero dislivelli molto contenuti, dell'ordine dei 2/3 metri, possiamo comunque immaginare una situazione abbastanza movimentata, che avrà richiesto opere di bonifica e livellamento al momento della deduzione coloniaria.

Sotto il profilo geomorfologico si tratta dei resti dell'ampia conoide costiera formatasi tra il Pleistocene superiore-inizio Olocene e che, come in altri fiumi nord-marchigiani, viene progressivamente smantellata dall'azione marina prima e dalle reincisioni fluviali poi47. A differenza delle conoidi alla foce dei fiumi Metauro, Cesano e Conca, caratterizzate da un’accentuata convessità che conferisce loro un rilievo prominente e ben riconoscibile, la conoide del Misa (come quella del Foglia) presenta un rilievo molto debole e ha scarsa evidenza morfologica48.

Le scarpate d'erosione marina formate dal progressivo smantellamento dell'apparato di conoide sono ancora riconoscibili nelle parti più esterne e hanno acquisito la loro posizione attuale, sensibilmente più interna rispetto all’attuale linea di riva, con la massima ingressione olocenica49. I resti di una di queste scarpate è probabilmente riconoscibile lungo la linea che corre indicativamente all'altezza dell'attuale corso II Giugno, successivamente ricoperta da materiale costiero (ghiaie e sabbie). Questa troncatura erosiva verso mare della conoide potrebbe identificare proprio la posizione della linea di riva al culmine dell’ingressione stessa50, sensibilmente più interna rispetto a quella d'età romana e attuale.

45 Tutte le informazioni raccolte sono state rappresentate attraverso geometrie puntuali nel caso dei carotaggi o di polilinee 3D nel caso di sezioni e sono state interpolate attraverso l'algoritmo Topo to Raster contenuto nella suite di

ArcGis. É un metodo di interpolazione studiato appositamente per modellare la morfometria. Si tratta di una tecnica di

interpolazione iterativa, alle differenze finite, che cerca di conciliare l’accuratezza dei metodi locali (IDW) e la continuità dei metodi più “globali” (Spline e Kriging). In proposito si vedano i riferimenti bibliografici contenuti nella guida in linea di ArcGiS alla voce Using Topo to Raster in 3D Analyst.

46 Si ringraziano i Proff. Daniele Savelli e Mauro De Donatis per le indicazioni e l'interpretazione di carattere puramente geomorfologico e per il confronto sulle ricadute dal punto di vista storico. Il presente lavoro sarà oggetto di un contributo specifico di imminente pubblicazione.

47 Nesci et alii 2008; Calderoni et alii 2010.

48 Nesci et alii 2008: 446.

49 Si tratta di un periodo non prima di 5,5 -6 Ka BP. Calderoni et alii 2010. 50 Nesci et alii, 2008, p. 446

Si possono così riconoscere due aree dell'antico apparato deposizionale, quella a ovest del corso cittadino (la porzione apicale della conoide del Misa) che, pur preservata dallo smantellamento marino, è stata reincisa da corsi d’acqua, e quella a est modellata sia dall'azione marina che fluviale. In seguito a queste attività erosive a testimonianza dell’antica conoide sono sopravvissute solo alcune aree blandamente rilevate sulle quali sorgerà poi l’abitato romano. La forma considerevolmente appiattita e lo stazionamento alto del livello marino hanno fatto sì che queste aree relitte della conoide venissero progressivamente annegate dai depositi dei diversi corsi d'acqua e degli ambienti litoranei di transizione51.

La ricostruzione della paleosuperficie d'età romana ha confermato infatti che non fu solamente l'azione del Misa a modellare la conoide ma anche la presenza di un secondo corso d'acqua riconoscibile nei segni delle depressioni con andamento meandreggiante visibili a sud del centro storico.. Si tratta delle forme originarie del Fosso di S. Angelo di epoca storica il cui tratto terminale è noto come Canale della Penna/Canale Penna e non di un antico paleoalveo del Misa, come ipotizzato negli studi precedenti52. Tuttavia, è pur vero che per lo meno dall'età medievale in poi il Misa ricevette le acque del Fosso di S. Angelo, che divenne un suo affluente come mostrano le carte storiche. Venne infatti realizzato un collegamento tra il fiume Misa e il Fosso di S. Angelo, che nel suo tratto terminale era ormai già stato rettificato. Alla confluenza dei due corsi d'acqua fu costruito un “Portone”, una sorta di chiusa utilizzata nei momenti di piena del Misa, che veniva tuttavia serrata qualora tali piene avvenissero in concomitanza con quelle del Fosso di S. Angelo. Qui era collocata l'originaria chiesa del Portone53. Agli inizi del Novecento si assiste alla definitiva canalizzazione a mare del Fosso di S. Angelo, a sud del centro storico, e al successivo tombamento del canale Penna che diventa l’attuale Viale IV Novembre.

La platea originaria era dunque circondata e protetta dalle acque con un unico accesso via terra, decisamente adatta all'insediamento della prima colonia romana sulla costa adriatica.

Sulla base dei dati attualmente disponibili non è possibile ricostruire quando venne realizzato il collegamento tra il Misa e il Penna, la cui forma rettilinea tuttavia è forse già presente in età romana54. É plausibile infatti che i Romani arginarono e rettificarono parzialmente il corso

51 Nesci et alii, 2012.

52 Coltorti 1991a: 73-86; Coltorti 1991b: 91-95; Mucciarelli, Tiberi 2007. 53 Villani 2008.

54 L'esistenza o meno, già in età romana, di arginature artificiali per il contenimento delle acque fluviali, soprattutto nei momenti di piena, è stata a lungo oggetto di discussione fra gli studiosi del secolo scorso, cfr. Calzolari 1986 e bibliografia. Del resto per quanto riguarda l'età romana riferimenti seppure generici, ad opere di arginatura dei fiumi si ritrovano in alcune fonti letterarie, come Plinio (Plin., Nat. Hist., XXXV, 169) o Stazio (Stat., Theb., I, 358-360), e in maniera più specifica in alcuni testi tecnici (Varr., De r.r., I, 14) e giuridici (Digest., XLIII, 15, ed. Mommsen). Nei gromatici (Hyg., De gen. Contr., 124, 5-7, Lach.) si trova la notizia dell'obbligo di non arrecare danno a terzi durante tali lavori. Cfr. Campagnoli 1999: 89 e note 49-53.

terminale del Fosso di S Angelo per sfruttare al meglio il suo naturale carattere difensivo, di cui forse un indizio è conservato nello stesso toponimo “Penna”55.

Anche il Fosso di S. Angelo/Canale Penna ha quindi contribuito al modellamento della conoide originaria e alla graduale costruzione della piana costiera, allontanando definitivamente la linea di riva e portandola all’attuale posizione56, nonostante le oscillazioni minori certamente verificatesi tra l’epoca Romana e il Medioevo57.

Questa è la realtà sulla quale, come vedremo, tra V e IV sec. a.C. si stabilì un aggregato preromano e agli inizi del III sec. a.C. venne dedotta la colonia romana di Sena, che oltre ad adattarsi al contesto naturale ne modificò le forme, a testimonianza del rapporto diretto tra uomo e ambiente alla basa delle modificazioni e dell'evoluzione del paesaggio urbano.