Capitolo 3: La colonia di Sena Gallica
3.3 Le nuove ricerche: i dati archeologic
3.4.6 I vecchi scavi e le nuove domus
I dati acquisiti grazie alle recenti indagini hanno sicuramente contribuito in maniera fondamentale alla definizione della nuova ipotesi di ricostruzione dell'impianto urbano che verrà di seguito proposta. Tuttavia prima di procedere alla sua descrizione è necessario richiamare alcuni dati presenti nella prima carta archeologica dell'area urbana realizzata da N. Alfieri e successivamente aggiornata da S. Stefanini187.
Per prima cosa è interessante notare la distribuzione dei ritrovamenti riferibili all'eta romana all'interno della platea. La maggior concentrazione infatti si trova o ovest del Corso II Giugno ovvero nella parte più rilevata della platea originaria. Allo stesso tempo i ritrovamenti strutturali a est del corso cittadino, in numero decisamente inferiore - solamente due su un totale di 4 ritrovamenti databili all'età romana - si collocano comunque nei punti più alti di questa porzione di platea188. Gli scavi di Piazza del Duca189 infatti non hanno individuato resti di strutture come per 186 A Sena Gallica sono presenti altre attestazioni di pavimenti cementizi a base fittile: in Via Gherardi 33 è stato rinvenuto un pavimento molto simile a quelli in esame, datato su base stratigrafica alla fine del II sec. a.C., che non impiega alcuna tessera o scaglia, cfr. supra. In Via Cavour 20 un pavimento cementizio mostra l’inserzione di tessere bianche secondo quello che potremmo definire punteggiato regolare (cioè file di tessere bianche inserite regolarmente in file parallele e perpendicolari a intervalli regolari) associato a un tessellato di tessere bianche e nere confrontabile con Morricone Matini 1971: n. 35, pp. 11-12 tav. II, datato anche questo alla fine del II sec. a.C.
187 Ortolani, Alfieri 1978; Stefanini 1991: 144-149. La carta è stata successivamente informatizzata da R. Perna, cfr. Perna 2012a. La numerazione utilizzata è quella riportata in Stefanini 1991.
188 Si è avuto notizia nel corso della stesura della presenta ricerca del ritrovamento nell'area dell'ex Politeama Rossini di resti d'età romana, dei quali tuttavia non si è avuto modo di vedere la documentazione. In ogni caso la loro localizzazione è in uno dei punti più rilevati nell'area a est del corso.
altro i numeri 2 e 3 della carta archeologica. Di notevole interesse sono invece i saggi effettuati all'interno della Rocca Roveresca tra il 1969 e il 1973 di cui viene data una breve notizia in una pubblicazione di S. Stefanini del 1989 e in un pannello illustrativo all'interno della stessa Rocca Roveresca190. I saggi del 1969, oltre a verificare la mancata pertinenza all'età romana delle strutture
e della torre utilizzate da Alfieri per la ricostruzione dell'impianto urbano191, risultano di particolare
importanza per il rinvenimento, in un saggio nell'attuale cortile, di un “blocco sagomato in tufo
(alto m 0.55, largo 0.42 e lungo 0.45), in situ, su un livello di breccino”192. Allo stesso tempo viene indicata la profondità dello “strato archeologico d'età romana ... indagato fino alla quota limite di
-4.5”193. La fugace notizia non ha suscitato particolare interesse tuttavia la possibilità di visionare la
documentazione d'archivio194 mostra chiaramente la presenza di un cippo in arenaria, sagomato
nella parte superiore, infisso nel terren, alla quota di -4,5 dal piano del cortile della Rocca, come viene riportato nei diari di scavo, ovvero a 1,1 m s.l.m.
Allo stesso tempo anche i saggi del 1973 hanno restituito importanti indicazioni. I pannelli illustrativi contenuti nella Rocca riportano solamente la notizia che “Le risultanze dei saggi nella
zona hanno evidenziato che in alcuni tratti il primo strato di frequentazione romana è ben al di sotto delle fondazioni ed in altri (come nel caso della torre) ne è tagliato. Il materiale rinvenuto nella sequenza stratigrafica permette, peraltro, nonostante la sua estrema frammentarietà, di dedurre una continuità di insediamento che dalla età repubblicana (almeno dal II sec. a.C.), come testimoniano alcuni frammenti di coppette e piattelli a vernice nera, prosegue attraverso tutta l'epoca imperiale, attestata dalla presenza di terra sigillata (si nota un bel frammento di parete di brocchetta forse fabbricata ad Arezzo) e di vasellame di uso comune, sino al medioevo ed all'età rinascimentale con le varie fasi edilizie della Rocca”. Tuttavia negli stessi pannelli sono presenti
alcune foto che documentano la presenza di una fondazione realizzata con la stessa tecnica ravvisata negli scavi descritti in precedenza. Si tratta di almeno almeno 4 corsi di una zoccolatura fittile con tegole intere con le alette in paramento, disposte su filari regolari a giunti alterni. Lo spazio tra le alette è accuratamente riempito e livellato da pezzame fittile (tegole) legato con argilla.
Questi saggi documentano dunque una fase strutturale d'età repubblicana e costituiscono uno dei pochi contesti con continuità durante la fase imperiale.
190 Stefanini 1989: 1-9.
191 Nei quali, secondo la Stefanini, si possono riconoscere o i resti della cinta fortificata, di cui i nobili senigalliesi dotarono nel 1106 la città, oppure i resti della “rocchetta debile” edificata nel 1355 dal cardinale Albornoz, cfr. Stefanini 1989: 7.
192 Stefanini 1989: 6. 193 Stefanini 1989: 6.
194 Si ringrazia la dott.ssa Chiara Delpino della Sopritendenza per i Beni Archeologici delle Marche per aver concesso il permesso di visionare tale documentazione. Rif. Arch. ZA, 45, 11.
Ulteriori informazioni sono invece desumibili dagli altri ritrovamenti schedati all'interno della carta archeologica. In particolare diverse sono le attestazioni di ritrovamenti di mosaici (nn. 8, 9, 16, 18, 19, 21) che lasciano pensare alla presenza di domus o edifici di un certo pregio. A questi si aggiungono i ritrovamenti di altri lacerti di pavimentazioni in “laterizio” (n. 4) e in opus spicatum presso la Chiesa di San Martino (n. 5), tuttora visibile e di cui è stato realizzato il rilievo aggiornato. Particolarmente significativo il ritrovamento nel 1952 di un muro con andamento curvilineo, largo più di 2 metri, interpretato erroneamente come parte di un torrione195 e soprattutto di un capitello
corinzio, frammenti e basamenti di colonne (n. 22)196, presso l'attuale Stabilimento Pio, nei pressi
della Chiesa della Maddalena. Nella stessa area, situata ai margini ovest della platea alluvionale, nel 1870 è stato rinvenuto un frammento di architrave decorato, purtroppo rotto e riadoperato nel cantiere edilizio (n. 23)197. Resti di muri in laterizio e tamburi di colonne scanalate sono stati
effettuati nel 1948 (nn. 2-4) sempre in questa zona, sebbene la localizzazione sembra approssimativa. É interessante notare la particolare concentrazione di elementi architettonici, tra i pochi noti per la città di Senigallia, in questo settore, ritenuto marginale rispetto alle ricostruzioni urbanistiche finora proposte.
Dagli scavi condotti tra fine ottocento e inizi novecento in via Mastai (n. 9), proviene invece un'interessante testa di votivo fittile non riportata all'interno della carta archeologica198. Negli scavi
del 1959 di Piazzetta del Comune, attuale Piazza IV Agosto viene indicato il ritrovamento di un pozzo e di un basolato stradale, che tuttavia da una rilettura delle foto storiche non sembrano compatibili con la quota indicata di -3 m dei ritrovamenti, tra cui un frammento di statua muliebre di marmo (n. 10).
Notizie del rinvenimento di basolati stradali si hanno inoltre in via Cavour 14 (n. 14) e in via Pisacane (n. 24). Nel primo caso S. Stefanini non cita la presenza di una pavimentazione stradale, riportata invece in Polverari199, mentre nel secondo entrambi riportano la notizia di un basolato in
via Pisacane 78, citando lo scavo di un pozzo in un cortile. La notizia del rinvenimento tuttavia è stata data da N. Alfieri che chiaramente indica la scoperta in via Pisacane 26, davanti all'Ufficio
195 Si ringrazia il sig. Diambra, a quel tempo un ragazzo ma presente in cantiere, per la notizia che il muro in realtà non era affatto curvilineo.
196 I materiali sono attualmente conservati a Palazzo Mastai. Si tratta in particolare di 4 tamburi di colonna e di un capitello corinzio italico. Da una prima analisi morfologica (sulla base del materiale – arenaria gialla – e dei moduli) sembra che due tamburi di colonna e il capitello siano pertinenti a un medesimo edificio.
197 La notizia viene riportata da Baviera 1941: 49-50, che parla di un architrave in pietra, “su cui erano scolpiti in
rilievo un ibis e un simbolo fallico”.
198 In proposito si veda la menzione di questo reperto in Galeazzi, Giacometti 1982. Il reperto è stato ritrovato, con le indicazioni di provenienza da via Mastai, all'interno del deposito della Biblioteca Comunale ed è attualmente in corso di studio da parte del dott. F. Belfiori.
delle imposte di consumo, alla profondità di circa 5m. La collocazione esatta sembra dunque quella fornita dall'Alfieri.
Sempre da quest'area, durante la ristrutturazione nel 1987 della cantina dell'edificio di via Armellini 52, si ha la segnalazione del ritrovamento di quattro strutture in laterizio (altezza 0,75 m, lunghezza 0,95 m, larghezza 0,75 m) disposte ad angolo retto, tre delle quali quasi allineate tra loro, alla quota di -3 m dal piano stradale, 0.4 m s.l.m. (n. 12). Le strutture risultano di problematica interpretazione200. Tuttavia tra il materiale rinvenuto in associazione vi sono un'ansa di anfora rodia
con bollo, diversi frammenti di vernice nera di cui alcuni trovano confronto con le forme delle produzioni alto-repubblicane di Rimini mentre altri con forme di “area etruschizzante” e databili tra III-II sec. a.C., un tegame con confronto nella tomba XXIII di Montefortino di Arcevia, e soprattutto un piede di kylix con iscrizione graffita arcaica “Q. Gavi”, confrontabile con la produzione di Adria di metà III – inizi II sec. a.C.201.
Sempre in una cantina di via Armellini, al numero 60, sono stati rinvenuti una vasca unita tramite una canaletta in mattoni a un pozzo. Tali ritrovamenti sono stati posizionati grazie all'informatizzazione della carta archeologica eseguita da R. Perna202.
Non presente neppure in quest'ultima revisione, il rinvenimento di alcune strutture e di un pozzo nelle cantine di Via Cavour 20203, di cui è stato quindi eseguito il rilievo aggiornato. Si tratta anche
in questo caso di due strutture murarie realizzate con tegole intere con le alette in paramento, disposte su filari regolari a giunti alterni. Lo spazio tra le alette è accuratamente riempito e livellato da pezzame fittile (tegole) legato con argilla e ghiaia. Significativo è anche l'orientamento delle
200 Grazie a una comunicazione personale del proprietario delle cantine si è venuti a conoscenza della presenza di pali di legno infissi nel terreno individuati negli stessi scavi. Questo dato richiama o la presenza di strutture in materiale deperibile da mettere in connessione con le strutture in laterizio o di apprestamenti per il consolidamento del terreno come nell'esempio di via Morigia a Ravenna, dove la messa in opera di pali di legno viene collegata al consolidamento del terreno legato alla ristrutturazione urbana al momento della costruzione delle mura di mattoni dal modulo greco datate alla fine del III a.C., cfr. Gaucci 2013: 100.
201 Le datazioni e i confronti si basano sulla pubblicazione dei materiali edita in Stefanini 1994-1995: 23-51. Attualmente tutto il materiale è in corso di revisione da parte della dott.ssa F. Galazzi. La produzione di Adria è stata attualmente oggetto della tesi di dottorato del dott. Andrea Gaucci, alla quale si rimanda per eventuali aggiornamenti sulle datazioni delle singole forme. Su base paleografica il testo è databile alla seconda metà del III sec. a.C., Sisani 2007: 393.
202 Perna 2012a. Nella stessa carta informatizzata è riportata una muratura non presente nella carta di Alfieri-Stefanini, sebbene collegata ai ritrovamenti descritti al n. 6. La presenza di questa muratura, la quale presenta il medesimo orientamento degli assi viari de “La Fenice”, risulta comunque dubbia data anche la sua descrizione “ Si tratta di un
muro probabilmente romano in corrispondenza del primo gradino di accesso all'altare. Il muro, rispetto ai limiti esterni dell'edificio ecclesiastico rientra di 1,20 metri ed ha orientamento orizzontale rispetto alla navata della chiesa. E' visibile sotto le cantine una fronte della struttura formata da blocchetti a pezzatura naturale e artificiale affogati irregolarmente in malta abbastanza compatta”.
203 Si ringrazia l'Avv. Giombetti per la cortesia dell'accesso ai locali di sua proprietà, e in particolare per la possibilità di visionare il materiale fotografico dello scavo dove è ancora visibile un frammento di pavimento cementizio, cfr. nota 183.
strutture desunto grazie al rilievo topografico, che si configura come il medesimo degli assi viari presenti nell'area archeologica del teatro “La Fenice”.
Di notevole interesse anche il pozzo, realizzato con camicia composta da anelli circolari di terracotta, dello stesso tipo descritto per via Cavallotti, tipico delle prime fasi coloniali204. Sia il
pozzo che le strutture murarie sono ancora visibili. Si potrebbe dunque trattare dei resti di uno spazio funzionale di una abitazione privata.
Si ricorda inoltre sempre in quest'area il ritrovamento nel 1954 di “blocchi di tufo”, credibilmente quindi in arenaria gialla, nella zona di Piazza Doria (n.11). Qui si trovava la chiesa di San Pietro205 e
indicativamente dovevano passare le mura della città malatestiana, poco distante dalla cosiddetta “Porta Vecchia”. Dai documenti medievali sembra dedursi che tale cinta muraria fosse stata parzialmente costruita sui resti delle mura d'età romana206.
Nelle cantine dell'attuale Episcopio, area detta “Orti del Vescovo”, va infine segnalata la presenza di una muratura in blocchi di pietra, associata a ceramica a vernice nera in corso di studio, con lo stesso orientamento delle strutture di via Cavallotti, e posizionata tramite rilievo topografico.