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1.4 A POLOGIA DEL SISTEMA

1.4.3 Foucault

Una ulteriore indicazione a sostegno dell’idea che la riflessione intorno al sistema resta uno snodo fondamentale della filosofia contemporanea, viene da una famosa intervista rilasciata da Foucault un mese dopo la pubblicazione di Le parole e le cose, per la rivista «La Quinzaine Litteraire»: in quell’occasione, Foucault individuerà la distanza marcata dalla sua generazione, ossia di chi «non

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aveva ancora vent’anni durante la guerra»189, dalla generazione precedente, quella dei «Temps

modernes», in «una diversa passione» filosofica, alla quale darà un nome preciso:

Abbiamo sentito la generazione di Sartre come una generazione sicuramente coraggiosa e generosa, che aveva la passione della vita, della politica, dell’esistenza… Ma abbiamo scoperto in noi stessi qualcosa di diverso, una passione diversa: la passione del concetto e di quello che chiamerò il “sistema” […] Il punto di rottura risale al giorno in cui Lévi-Strauss per le società e Lacan per l’inconscio ci hanno dimostrato che probabilmente il senso era solo un effetto di superficie, un luccichio, una schiuma, e che quello che ci attraversava nel profondo, quello che era prima di noi, quello che ci sosteneva nel tempo e nello spazio, era il sistema190.

Prendendo distanza dagli studi sartriani sul senso191, Foucault afferma dunque l’esigenza condivisa

di rivolgersi al sistema, ossia alla trama che preesiste all’uomo, a un sapere senza soggetto che emerge in ogni ambito d’indagine, dalla biologia alla linguistica, dalla paleontologia alla mitologia, e che svela che il nostro pensare è condizionato proprio da questo pensiero impersonale legato a una epoca e a un linguaggio. In questo senso, ogni sistema è preceduto da un sistema, ogni linguaggio da un linguaggio, e il compito del filosofo è quello di individuare quello sfondo sul quale una controcondotta diventa possibile. In altre parole, a una indagine intorno al senso che valorizza l’aspetto razionale dell’esistenza, Foucault preferisce la questione della sua genesi a partire da una analisi di quello che Bataille aveva già definito il non-senso, inteso però non come semplice negazione del primo, ma come ricerca «di un oggetto libero di senso», affinché la ricerca possa vertere

sulla vita nel suo insieme, su «tutta la vita»192. Altrove, Foucault riafferma questa separazione e ne

specifica meglio le parti; nel suo ultimo testo pubblicato, dal titolo La vita: l’esperienza e la scienza, egli avanza una proposta interpretativa del movimento complessivo che ha animato in sordina le macro-opposizioni che hanno caratterizzato il panorama filosofico francese dalla fine della guerra ai primi anni ’80: restio a costruire la griglia in base a schieramenti pro e contro (Marx, Freud, la settorializzazione del sapere, l’università, la teoria pura), egli separa «una filosofia dell’esperienza, del senso e del soggetto, da una filosofia del sapere, della razionalità e del concetto»193. Lungo il primo asse annovera Sartre, Merleau-Ponty e i loro seguaci, dall’altro Cavaillès, Bachelard, Koyré e

189 M. Foucault, «Intervista con Madeleine Chapsal», in M. Foucault, Antologia. L’impazienza della libertà, a cura di V. Sorrentino, Feltrinelli, Milano 2005, p. 35.

190 Ivi, p. 36.

191 Quando Deleuze, in Logica del senso, descrive il tratto caratteristico dello strutturalismo, conferma un diverso approccio alla questione del senso rispetto al modello dell’esistenzialismo: «Gli autori che una recente moda ha definito strutturalisti hanno forse soltanto questo punto in comune, ma questo punto è l’essenziale: il senso, non come apparenza, ma come effetto di superficie o come effetto di posizione prodotto dalla circolazione della casella vuota nella serie della struttura (posto del morto, del re, macchia cieca, significante fluttuante, valore zero, cantonata, causa assente…)» cfr. G. Deleuze, Logica del senso, tr. it. di M. De Stefanis, Feltrinelli, Torino 1997, p. 69.

192 Cfr., G. Bataille, Su Nietzsche, tr. it. di A. Zanzotto, Saggi Cappelli, Bologna 1980, pp. 40-41.

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Canguilhem, noti per il proprio impegno nella storia delle scienze. Si delinea quindi un apparente paradosso: la generazione di Foucault, quella che si dedica al sistema, distanziandosi così dai maestri di una certa ricezione della fenomenologia in Francia, lo fa sulla scia di autori che si sono occupati prevalentemente di storia di singoli aspetti del pensiero in archi spazio-temporali ben determinati. Ne segue che la prima domanda che la rinnovata attenzione per il concetto di sistema in Francia si pone ha a che fare con il suo rapporto con la storia. Con le parole di Foucault:

La questione del «momento presente» è diventata un’interrogazione da cui la filosofia non ha più potuto separarsi: in che misura questo «momento» dipende da un processo storico generale e in che misura la filosofia è il punto in cui la storia stessa deve decifrarsi nelle sue condizioni? La storia è diventata allora uno dei problemi principali della filosofia194.

La questione comune che si ritrova nei testi di Koyré, Bachelard, Cavaillès e Canguilhem è, nella lettura di Foucault, una forma tutta francese di rilanciare la domanda illuministica sui limiti e sul

fondamento della razionalità umana a partire dalla sua storia e dalla sua geografia195, domande da

rivolgere a una razionalità che aspiri all’universale pur prendendo le proprie mosse dalla contingenza, e che è la sfida della filosofia contemporanea:

Sia la storia delle scienze in Francia, sia la teoria critica tedesca si propongono di esaminare in profondità una ragione la cui autonomia di struttura comprende la storia dei dogmatismi e dei dispotismi – una ragione, quindi, che produce degli effetti di affrancamento soltanto alla condizione di riuscire a liberarsi di se stessa196.

In altre parole, affinché una interrogazione sul sistema sia possibile occorre ripartire dalla storia, intesa come il non-identico concreto, sostituendo alla violenza dell’analisi, che presuppone ancora l’identità a sé di un soggetto conoscente e una certa idea di verità, lo strumento dell’interpretazione (lezione, quest’ultima, sulla quale non ha mancato di insistere, oltre allo stesso Adorno, anche Heidegger). L’esito speculativo della scuola di Francoforte è noto: tale movimento di liberazione della ragione da se stessa, che è esplicitamente movimento dialettico, porta inevitabilmente al tramonto, o meglio all’eutanasia, della filosofia stessa. Compito del post-strutturalismo sarà quello di scrivere un altro finale possibile; nostra ipotesi, che lo faccia rilanciando la riflessione intorno al concetto di sistema.

194 Ivi, pp. 319-320.

195 Cfr. ivi, p. 319: «la storia delle scienze deve la sua dignità filosofica al fatto di trattate un tema che è stato introdotto forse un po’ surrettiziamente, e quasi per caso, nella filosofia del secolo XVIII. Per la prima volta, a quell’epoca, il pensiero razionale è stato posto di fronte al problema, non solo della sua natura e del suo fondamento, dei suoi poteri e dei suoi diritti, ma a quello della sua storia e della sua geografia, a quello del suo passato immediato e delle sue condizioni di esercizio, a quello del suo momento, del suo luogo e della sua attualità».

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