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2. IL SISTEMA

2.3 S ISTEMA E SCIENZA

2.3.2 Trattato sui sistemi

Chiarito questo cambio di paradigma, affrontato prima dal punto di vista della storia della cosmologia e in seguito sul piano, più ampio, dell’epistemologia, è possibile inaugurare il confronto diretto con la questione del sistema dal punto di vista filosofico. A questo scopo, il dibattito sul concetto di

sistema che investe il XVII e il XVIII secolo costituisce un momento fondamentale252: dall’era dei

grandi sistemi metafisici, basati saldamente sulle verità eterne garantite dal Dio, si passa, attraverso l’Aufklärung, a un atteggiamento apparentemente più prudente, che vede soprattutto nella fiera applicazione del metodo newtoniano una garanzia di oggettività. Apparentemente, perché dietro alle precauzioni prese dagli illuministi vi è, come vedremo, una fiducia pressoché totale nella ragione

251 Sebbene nei sistemi e nei metodi abbia un valore diverso. Cfr. Ivi, pp. 163-164: «Per i sistematici, la continuità è fatta soltanto dalla giustapposizione compatta delle diverse regioni che i caratteri permettono di distinguere chiaramente; è sufficiente a tale scopo una gradazione ininterrotta dei valori che può assumere, nell’intero campo della specie, la struttura scelta come carattere; a partire da tale principio, risulterà evidente che tutti questi valori saranno occupati da esseri reali, se pur non ancora conosciuti. «Il sistema indica le piante, anche quelle di cui non ha fatto menzione; ciò che non può mai fare l’enumerazione d’un catalogo». E su tale continuità di giustapposizione, le categorie non saranno soltanto convenzioni arbitrarie; potranno corrispondere (se adeguatamente determinate) a regioni che esistono distintamente su questa falda ininterrotta della natura; saranno aree più vaste ma non meno reali degli individui. […] In compenso, nei metodi per i quali le somiglianze, nella loro forma massiccia ed evidente, sono date a priori, la continuità della natura non sarà questo postulato puramente negativo (assenza di spazio bianco fra le categorie distinte), ma un’esigenza positiva: l’intera natura forma una grande trama entro la quale gli esseri via via si somigliano, entro la quale gli individui contigui sono infinitamente simili tra loro; tanto che qualsiasi taglio che non indichi l’intima diversità dell’individuo, ma categorie più ampie, è sempre irreale. Continuità di fusione in cui ogni generalità è sempre irreale».

252 Cfr, G. Garelli, La teleologia secondo Kant. Architettonica, finalità, sistema (1781-1790), Pendragon, Bologna 1999, p. 38: «L’ampio catalogo contenuto in appendice alla ricostruzione storica del concetto di sistema operata da Ritschl [1906, Anhang, I-VII] attesta di una clamorosa esplosione nell’uso di questo termine e della sua straordinaria fortuna nei titoli della trattatistica filosofica, a partire dal XVII secolo. Fra le accezioni che da allora in poi si riscontrano con maggiore frequenza, […] è quella, sempre più ricorrente in ambito naturalistico, già attestata in Descartes, Leibniz e poi sancita per esempio da Voltaire [cfr. Kambartel 1969, 101-104], secondo il cui Dictionnaire philosophique “sistema” significa anzitutto ipotesi o supposizione, e solo nell’abitudine dell’uso passerebbe a indicare un modello di interpretazione della struttura del cosmo: “noi intendiamo per sistema una supposizione (supposition): pertanto, quando questa supposizione è provata, non è più un sistema, è una verità” [OeCV XXII, 193-194]».

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umana e nella sua capacità di ricostruire l’unità della natura – comunque presupposta – attraverso l’analisi.

Luogo privilegiato di tale confronto, il Trattato sui sistemi di Condillac (1749), precursore per eccellenza della definizione che del sistema sarà consacrata nell’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert:

un Sistema altro non è che la disposizione delle differenti parti di un’arte, o di una scienza in un ordine nel quale vicendevolmente tutti si sostengono, e nel quale le ultime si spiegano per le prime. Quelle, che rendono ragione dell’altre, chiamate principi, e il sistema è tanto più perfetto, quanto più picciolo è il numero de’ principi: egli è anzi a desiderare, che riducansi ad un solo253.

Tali principi sono di tre tipi, e da quelli derivano tre tipologie di sistema: i primi sono i «sistemi astratti», fondati su «massime generali», presunte evidenti o indiscutibilmente dimostrate. Tra i metafisici appartenenti a questa prima classe, Condillac annovera Cartesio, Malebranche e Leibniz, per concludere poi con Spinoza. La seconda tipologia di principi, le ipotesi, sono supposizioni indimostrabili, le quali però spiegano felicemente i fenomeni. Questa seconda tipologia nasce dall’insufficienza della prima, e sembra che il suo unico merito sia quello di opporvisi; in effetti, per Condillac, le filosofie che riposano su tali supposizioni non sono altro che espressioni dell’immaginazione, e che in più operano sugli interlocutori attraverso gesti violenti di messa in soggezione, per non dover così dare ragione del proprio impianto teorico. Infine, gli unici sistemi che possano in effetti essere definiti tali sono quelli del terzo tipo: quest’ultimi sono fondati su ipotesi, ma non rinunciano allo sforzo della dimostrazione. Procedendo nella confutazione dei sistemi astratti, Condillac attribuisce la scelta dei diversi principi che li sostengono all’ordine delle passioni del filosofo che li propone, sottolineandone così il carattere arbitrario: uno spirito mansueto fonderà il

253 Condillac, Trattato de’ sistemi del Sig. Ab di Condillac, dove se ne mostrano gli inconvenienti e i vantaggi, tr. it. dell’Ab. M. Fassadoni, presso D. Sangiacomo, Napoli 1804, p. 3. Cfr. « Système », in Encyclopédie, vol. XV, p. 778: «SYSTEME, s. m. (Métaphysique.) système n’est autre chose que la disposition des différentes parties d’un art ou d’une science dans un état où elles se soutiennent toutes mutuellement, & où les dernieres s’expliquent par les premieres. Celles qui rendent raison des autres s’appellent principes, & le système est d’autant plus parfait, que les principes sont en plus petit nombre : il est même à souhaiter qu’on les réduise à un seul. Car de même que dans une horloge il y a un principal ressort duquel tous les autres dépendent, il y a aussi dans tous les systèmes un premier principe auquel sont subordonnées les différentes parties qui le composent. On peut remarquer dans les ouvrages des philosophes trois sortes de principes, d’où se forment trois sortes de systèmes. Les uns sont des maximes générales ou abstraites. On exige qu’ils soient si évidens ou si bien démontrés, qu’on ne les puisse révoquer en doute. […]Les vrais systèmes sont ceux qui sont fondés sur des faits. Mais ces systèmes exigent un assez grand nombre d’observations, pour qu’on puisse saisir l’enchaînement des phénomenes. Il y a cette différence entre les hypothèses & les faits qui surviennent des principes, qu’une hypothèse devient plus incertaine à mesure qu’on découvre un plus grand nombre d’effets, dont elle ne rend pas raison, au lieu qu’un fait est toujours également certain, & il ne peut cesser d’être le principe des phénomenes, dont il a une fois rendu raison. S’il y a des effets qu’il n’explique pas, on ne doit pas le rejetter, on doit travailler à découvrir les phénomenes qui le lient avec eux, & qui forment de tous un seul système. Il n’y a point de science ni d’art où l’on ne puisse faire des systèmes : mais dans les uns, on se propose de rendre raison des effets ; dans les autres, de les préparer & de les faire naître. Le premier objet est celui de la physique ; le second est celui de la politique».

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proprio sistema sulla bontà di Dio; un altro, dalla fervida immaginazione, proverà a costruire un ordine sulla base di una catena causale; un terzo, odioso a sé e agli altri, costruirà il suo sistema sul destino, sulla fatalità, sul caso/necessità. Il pensiero filosofico, a differenza della fisica, non ha ancora capito quali sono i pericoli di questa «mania dei sistemi»254. In primo luogo, si rischia di prendere per verità una manciata di pensieri che volteggiano intorno a parole il cui significato non è ben determinato; l’ambiguità a tal proposito è resa possibile dal fatto che i supposti principi non vengono mai messi in discussione. Così procedendo ci si trova innanzi ad aporie intollerabili, quale il partire dagli stessi principi e giungere a conclusioni divergenti (per mostrarlo, Condillac utilizza esempi tratti da Locke). Inoltre, uno degli abusi peggiori del sistema è l’idea comune secondo la quale la grandezza di un filosofo debba essere valutata in base alla grandezza dell’oggetto di cui si occupa, e non rispetto alla maniera in cui se ne occupa. Per smentire questo pregiudizio, Condillac mostra che le ragioni degli errori dei filosofi non sono diverse da quelle che portano gli uomini comuni ad ingannarsi, annoverando numerosi esempi (il caso del cieco che si convince che ad ogni suono corrisponda un colore, la presunta analogia che porta a determinare le caratteristiche degli abitanti di Giove a partire da quelle degli esseri umani ma tenendo in conto la maggiore distanza dal Sole, la divinazione, le idee innate); presumendo di radicalizzare Locke, Condillac tuona:

Chiedete a un filosofo quello, ch’egli s’intenda per un tale, o tal principio; se lo stringete, e incalzate, scoprirete ben tosto la parte debole; vedrete che il suo sistema non si aggira, che sopra metafore, e comparazioni prese di lontano, ed allora non avrete maggior difficoltà ad atterrarlo, e distruggerlo, che ad attaccarlo255.

Così, ai cartesiani che pretendono di essere nel vero perché partono da idee chiare e distinte, si chiederà di definire l’idea, a Malebranche di spiegare come faccia a formare l’idea di una cosa dall’idea di un’altra, a Leibniz cosa siano la forza e le percezioni delle monadi. Anche lo spinozismo incorre negli errori dei sistemi astratti, e sebbene risponda perfettamente all’esigenza di ridurre i principi al minor numero possibile, o forse proprio per questo, è il più ingannevole:

Una sostanza unica, indivisibile, necessaria, dalla cui natura necessariamente derivano tutte le cose, come modificazioni, che n’esprimono l’essenza, ciascuna alla sua maniera; ecco secondo Spinoza l’universo. […] Il mio disegno nel fare delle censure, ch’eluder non si possano, si è, di dare un manifesto esempio della maniera, con cui si fanno i sistemi astratti, e degli abusi, in cui essi traggono. Si conoscerà, che non v’ha opera più atta e valevole a far questo quanto quello di Spinoza256.

254 Ivi, pp. 16-17.

255 Ivi, p. 63.

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La prima critica, di stampo metodologico, si rivolge alla scelta, già espressa nel titolo dell’Etica, di avvalersi di dimostrazioni geometriche, sebbene la chiarezza delle idee e la precisione dei segni, caratteristiche fondamentali della geometria, non siano rispettate. La causa di sé è infatti, per Condillac, una espressione incorretta, perché il concetto di causa presuppone, a suo avviso, una relazione con qualcosa di distinto da sé, a un effetto che non può prodursi da sé. Inoltre sostanza, attributo, essenza ed esistenza sembrano i diversi nomi immaginari con i quali Spinoza gioca a rivolgersi a Dio; quest’ultimi infatti coincidono, e soltanto l’intelletto sarebbe in misura di distinguerli. Ma non si vede perché la fantasia di un filosofo dovrebbe interessare i suoi lettori257.

Andando avanti nella confutazione dell’Etica, Condillac si imbatte nell’«assolutamente infinito» della sostanza e nell’«infinito nel suo genere» degli attributi. Le sue perplessità si moltiplicano:

Spinoza è assai fortunato, maneggiando con tanta facilità l’idee dell’infinito. Confesso, ch’io duro fatica a seguirlo; e che quando egli parla di un attributo, ch’esprime un’essenza eterna, ed infinita, non ritrovo nella parola esprime, che un termine figurato, che nulla presenta di esatto. In quanto all’idea ch’egli pretende di avere dell’infinito, è questo un errore comune a molti altri filosofi258.

Purtroppo però, Condillac rinuncia alla confutazione di questo errore, perché «sarebbe troppo lungo

il distruggerlo»259, e ci sarà nella Francia del Novecento chi darà rilievo decisamente maggiore alla

“parola esprime”. Egli non si sottrae però allo sforzo di criticare, passo dopo passo, l’intero primo libro dell’Etica, proponendolo come modello per l’abbattimento degli altri, che su questo si basano; anzi, egli si rivolge polemicamente alla presunta confutazione proposta da Bayle, sostenendo che quest’ultimo ha di fatto accettato i principi dello spinozismo per criticarne le conseguenze, sebbene

questo metodo equivalga ad attaccare degli spettri e non l’incantatore che li produce260. Il giudizio di

Condillac sullo spinozismo è dunque il seguente:

[Spinoza] non dubitava, che il nostro spirito non fosse capace di discoprire l’essenza delle cose, e di risalire a loro primi principi. Senza giustezza, non si formava che nozioni vaghe, di cui sempre si appagava; e se conosceva l’arte di ordinare e disporre delle parole, e delle proposizioni alla maniera de’ geometri, non conosceva quella di formarsi dell’idee come loro. Una cosa mi persuade, che ha

257 Ivi, pp. 151-152: «Nulla fa meglio conoscere la debolezza dello spirito, quanto gli sforzi, che fa per oltrepassare i limiti, che gli sono prescritti. Benché non abbiasi alcuna idea di quello, che chiamasi sostanza, si ha tuttavia inventata la parola essenza per significar quello, che costituisce la sostanza, e perché non si sospetti, che questo termine medesimo sia vuoto di senso, si ha ancora inventato quello di attributo per significare quello, che costituisce l’essenza. Finalmente quando si può fare a meno di queste distinzioni, si accorda, che la sostanza, l’essenza e l’attributo non sono che una medesima cosa. In questa guisa un laberinto di parole serve a nascondere la profonda ignoranza de’ metafisici. Se, come credo di averlo provato, non conosciamo la sostanza, e se, come ne conviene Spinoza, la sostanza, e l’essenza, e l’attributo non sono realmente che una medesima cosa, questo filosofo non ha niente più idea dell’attributo, e dell’essenza, che della sostanza medesima».

258 Ivi, p. 154.

259 Ibid.

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potuto egli medesimo essere stato ingannato da’ suoi raziocini; è questa l’arte, con cui gli ha insieme tessuti ed ordinati261.

Si conclude in questo modo la distruzione dei sistemi astratti, e Condillac può quindi passare alla valutazione delle ipotesi. Quest’ultime non sono da criticare in blocco, come accadeva per i principi astratti, ma occorre distinguere le buone dalle cattive; la storia della cosmologia continua a essere un riferimento privilegiato in tal senso. Condillac ripropone infatti il metodo virtuoso attraverso il quale gli astronomi riuscirono progressivamente a costruire sistemi più semplici e al contempo più adatti a descrivere la realtà: questo movimento consiste nell’elaborare ipotesi a partire da osservazioni sempre più accurate e, sempre sulla base di quest’ultime, criticare le ipotesi precedenti. Resteranno, comunque, ipotesi, data l’impossibilità di osservare l’insieme dell’universo. Nel regno della fisica l’esperienza sembra essere ancora più complessa: è infatti impossibile elaborare un numero di osservazioni tale da impostare un sistema generale, poiché sembra che sempre qualcosa sfugga, che qualche fenomeno manchi all’appello. Se l’astronomia può partire dalla certezza che i pianeti girano, presupponendo quindi moto ed estensione, la fisica che cerchi di partire dagli elementi primi dei composti o dalle essenze si troverebbe inevitabilmente priva di principi saldi, data l’impossibilità di impossessarsi una volta per tutte di tali concetti. Per innalzare una ipotesi a principio, occorre corroborare le spiegazioni che essa porge dei fenomeni con l’osservazione dei fenomeni stessi, che li spieghi tutti senza eccezione alcuna, e che non vi siano altre osservazioni che non tendano a confermarla. Le fondamenta del sistema quindi, in fisica come in politica, saranno costituite da fatti. Nel caso della politica, il sistema si rivolge alla produzione di effetti, mentre nel regno della fisica il sistema mantiene il ruolo di spiegazione dei fenomeni:

Avvi parimenti una gran differenza tra i principi di fisica, e quelli di politica. I primi sono fatti, di cui l’esperienza non permette di dubitare, gli altri non hanno sempre questo vantaggio. Sovente la moltitudine delle circostanze e la necessità di prontamente determinarli, costringono l’uomo di stato a regolarsi sopra quello, che non è che probabile. Obbligato a prevedere, o ad apparecchiar l’avvenire, non può avere i medesimi lumi, che il fisico, il quale non raziocina, se non sopra quello, che vede. La fisica non può fabbricare sistemi, se non in alcuni casi particolari; la politica aver deve delle viste generali, ed abbracciare tutte le parti del governo. Nell’una non si possono atterrare, e distruggere di soverchio i cattivi principi; non v’ha precauzione da prendere, e si debbono sempre cogliere ed afferrar senza indugio quelli, che somministra l’esperienza: nell’altra conviene uniformarsi alle circostanze; non si può sempre rigettare tutto ad un tratto un sistema difettoso, che ritrovasi stabilito; si prendono delle misure, e non si tende, che con lentezza ad un sistema più perfetto262.

261 Ivi, p. 221.

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Dopo aver analizzato i sistemi della meccanica, che seguono le regolarità della natura, e quelli delle arti, che se ne discostano, Condillac conclude il trattato sostenendo che i soli sistemi non ingannevoli sono quelli che si impegnano nella doppia operazione imposta dall’analisi, ossia scomposizione e composizione. Quanto più minuziosa sarà la prima, tanto migliore risulterà la seconda. Al contrario, il metodo noto come sintesi produce una descrizione dei fenomeni scissa da quest’ultimi, perché si ostina a fondarsi su idee astratte che rimandano le une alle altre. Metodo assolutamente non scientifico, tentare di stabilire delle verità per sintesi porta soltanto a una moltiplicazione dei principi la cui vaghezza perdura e persiste inevitabilmente. L’analisi metafisica invece, sebbene impraticabile in alcune occasioni, è l’unico modo per «dare il vero sistema di ciascun’arte». E Condillac precisa infine che

è raro, che abbracciar si possano con un istesso colpo d’occhio tutte le parti di un’arte, legarle insieme, e formarne un sistema. Questo è quello, che caratterizza e distingue l’uomo di genio. Coloro, che non veggono mai le cose, che sa un lato, e non ne comprendono i differenti rapporti, aver possono de’ grandi talenti, ma non sono che uomini del secondo ordine263.

Appena qualche anno dopo sarà redatta la voce «sistema» nel grande progetto illuminista dell’Enciclopedia. Nel definire il sistema in ambito metafisico, l’autore (ignoto) si rifà esattamente a

quanto proposto da Condillac nel Trattato sui sistemi, limitandosi a copiarne frasi scelte264. E, a ben

guardare, anche la sottosezione «sistema» in senso filosofico riprende testualmente le posizioni espresse da Condillac:

Les expériences & les observations sont les matériaux des systèmes. Aussi rien n’est-il plus dangereux en Physique, & plus capable de conduire à l’erreur, que de se hâter de faire des systèmes, sans avoir auparavant le nombre de matériaux nécessaires pour les construire. Ce n’est souvent qu’après un très grand nombre d’expériences qu’on parvient à entrevoir la cause d’un effet, & il y en a même plusieurs,

263 Ivi, p. 278.

264 Cfr. «Système», in Encyclopédie, vol. XV, p. 778 : «SYSTEME, s. m. (Métaphysique.) système n’est autre chose que la disposition des différentes parties d’un art ou d’une science dans un état où elles se soutiennent toutes mutuellement, & où les dernieres s’expliquent par les premieres. Celles qui rendent raison des autres s’appellent principes, & le système est d’autant plus parfait, que les principes sont en plus petit nombre : il est même à souhaiter qu’on les réduise à un seul. Car de même que dans une horloge il y a un principal ressort duquel tous les autres dépendent, il y a aussi dans tous les systèmes un premier principe auquel sont subordonnées les différentes parties qui le composent. On peut remarquer dans les ouvrages des philosophes trois sortes de principes, d’où se forment trois sortes de systèmes. Les uns sont des maximes générales ou abstraites. On exige qu’ils soient si évidens ou si bien démontrés, qu’on ne les puisse révoquer en doute. […]Les vrais systèmes sont ceux qui sont fondés sur des faits. Mais ces systèmes exigent un assez grand nombre d’observations, pour qu’on puisse saisir l’enchaînement des phénomenes. Il y a cette différence entre les hypothèses & les faits qui surviennent des principes, qu’une hypothèse devient plus incertaine à mesure qu’on découvre un plus grand nombre d’effets, dont elle ne rend pas raison, au lieu qu’un fait est toujours également certain, & il ne peut cesser d’être