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1.2 H EGEL VS S PINOZA

1.2.3 La «légende» Spinoza

In Feuerbach e in Kojève il sistema spinoziano compare dunque in antitesi a quello hegeliano, ma tale raffronto si articola nella semplicistica versione di una proposta complementare ottenuta per negazione del primo e soggetta agli stessi limiti, perché legata indissolubilmente a presupposti hegeliani: come lo stesso Hegel non ha mancato di esplicitare in diversi luoghi della sua produzione, egli considera il discorso di Spinoza come inizio fondamentale del filosofico e, al contempo, come una postura teorica alla quale opporsi radicalmente. Sebbene, infatti, la filosofia di Spinoza sia indiscutibilmente all’origine della riflessione intorno al «rapporto essenziale tra il pensiero e l’assoluto»67, al punto che per essere filosofi bisogna innanzitutto essere spinoziani («du hast

entweder den Spinozismus oder keine Philosophie»68), Hegel ritiene che tale punto di vista, limitato

alla sostanza, debba essere elevato al soggetto69, pena il permanere nella forma del das Starre. Ciò

che c’è di vero nel sistema di Spinoza si dà in forma compiuta, per Hegel, nel proprio progetto teorico, che non sacrifica il divenire in favore del già da sempre. Feuerbach e Kojève leggono Spinoza come antitesi a Hegel, e lo fanno ancora in modo totalmente hegeliano: Spinoza resta complementare a Hegel perché nel suo sistema manca il principio soggettivo; nell’ambito della religione, il panteismo è ateismo, mentre dal punto di vista della storia del mondo esso non è altro che natura incapace di condurre una riflessione su se stessa. Il fatto che la sintesi ottenuta in seguito, in direzione di una

67 P. Macherey, Hegel o Spinoza, tr. it. di E. Marra, Ombre Corte, Verona 2016, p. 21.

68 Cfr. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, tr. it. di E. Codignola e G. Sanna, La Nuova Italia, Firenze 1964, vol. III/2, p. 137.

69 Cfr. Hegel, Scienza della logica, tr. it. di A. Moni, Laterza, Roma-Bari 2011, p. 656: «L’unica confutazione dello spinozismo può quindi consistere soltanto in ciò che si riconosca anzitutto come essenziale e necessario il suo punto di vista, e che poi in secondo luogo si elevi questo punto di vista da se stesso al punto di vista superiore», e Hegel,

Enciclopedia delle scienza filosofiche in compendio, §151, agg., p. 367: «La sostanza è un grado essenziale nel processo

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antropologia nel primo caso e di una ridefinizione dell’umano nel secondo, non trovi nel pensiero filosofico la propria espressione, ma si affidi ad altri ambiti, suggerisce però che il contemporaneo collasso del modello hegeliano e di quello spinoziano coincida, nei fatti, con la fine della filosofia. Vi è dunque quantomeno una postura filosofica presunta comune tra Hegel e Spinoza, legata a doppio filo con l’idea del sistema come inseparabilità tra concetto ed essere.

A rafforzare il senso di prossimità tra i due sistemi, l’interpretazione offerta nell’Anti-Dühring di Engels, il quale distingue il pensiero metafisico dal pensiero dialettico, annoverando in quest’ultima

direzione teorica proprio Spinoza (e Cartesio) quale suo «splendido rappresentante»70 moderno. Si

riconferma qui l’idea, profondamente hegeliana, che Spinoza sia il precursore di un movimento di pensiero da portare a compimento. La differenza sostanziale tra quelle due visioni del mondo sta nella capacità di cogliere l’intero, di pensare la realtà nella sua totalità: secondo Engels il pensiero classico

è, nella sua visione «primitiva, ingenua, ma sostanzialmente giusta del mondo»71, intrinsecamente

dialettico. Il pensiero metafisico è invece una invenzione della modernità che consiste in una parcellizzazione dei fenomeni la cui origine risiede in uno studio della natura che ha lasciato da parte l’insieme per dedicarsi al particolare. Merito di Hegel è aver pensato «tutto quanto il mondo naturale, storico e spirituale […] come un processo, cioè in un movimento, in un cangiamento, in uno sviluppo

che mai hanno tregua»72; sua colpa, l’aver sacrificato la realtà all’idea, che logicamente precede il

mondo, condannando così il suo sistema a divenire «un colossale aborto»73. Che la si ponga dunque

in opposizione diretta o in continuità con la proposta hegeliana, la filosofia di Spinoza sembra non poter essere letta fuori dal confronto con Hegel, che in una certa misura la definisce e che finisce per asservirla, in una forma o nell’altra, al movimento dialettico. Il risultato è un confronto falsato, già viziato in principio da un presupposto non fondato talmente forte da scoraggiare in partenza la lettura dello stesso Spinoza (sebbene «per riconoscere infine Spinoza è necessario tornare ad ascoltare la sua voce»). Eppure, parafrasando una celebre espressione di Althusser, se noi, da spinozisti, siamo

sembrati hegeliani (o quanto meno dialettici), occorrerà spiegarne le ragioni74. Tramite le riflessioni

di Althusser è agile capire per quale motivo Spinoza è interpellato come sfondo a partire dal quale misurare la postura hegeliana; all’interno dell’economia del nostro lavoro, l’ingresso di Spinoza come ulteriore interlocutore apparentemente estraneo al tema delle metanarrazioni, permette di individuare con maggiore chiarezza ciò che c’è in comune tra idealismo e marxismo, lasciando al contempo emergere l’indice del loro differenziarsi. A rafforzare la curiosità verso questo «sentimento di

70 Cfr. F. Engels, AntiDühring, a cura di V. Gerratana, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 22.

71 Ivi, p. 23.

72 Ivi, p. 26.

73 Ivi, p. 27.

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estranea familiarità che prova ogni lettore hegeliano di Spinoza, ogni lettore spinoziano di Hegel»75

contribuisce senz’altro il fatto che, come Gueroult ha instancabilmente avvalorato nel suo

monumentale primo volume su Spinoza76, il concetto di causa sui non è, nell’Etica, la verità prima

della sostanza, come vorrebbe la lettura hegeliana, né il suo cominciamento, sottolineando che il sive posto tra res e causa sui, come Spinoza chiarisce nel De intellectus emendatione, è solo ut vulgo dicitur. Si tratta, per Gueroult, di contrastare quella che definisce la légende dello spinozismo, fenomeno la cui paradossalità è già insita nella contraddizione esistente tra l’etimologia del termine legenda e il significato poi assunto dal suo uso: ciò che doveva essere letto nasconde, al contrario, il senso stesso di un testo, in favore di una narrazione. Per quanto non si tratti più, nella Francia degli anni sessanta, della narrazione sei-settecentesca dello Spinoza ateo, incomprensibile e spesso incoerente, una nuova narrazione, maturata soprattutto in suolo tedesco con esiti altrettanto mistificanti, si è sostituita alla prima. Sebbene tale trasformazione avvenga in Germania, essa è estremamente preziosa per comprendere i termini della ricezione francofona di Spinoza perché, come sottolineerà Jean-Félix Nourrisson, l’interesse francese per Spinoza nasce precisamente sull’onda dei dibattiti e delle interpretazioni tedesche intorno alla sua filosofia.

Prima della ripresa tedesca, infatti, la circolazione delle idee spinoziane era parziale e fuorviante; due esempi particolarmente significativi a tal proposito sono il Dictionnaire historique et critique (1697) di Bayle, spesso unico canale di diffusione dello (anti)spinozismo in Europa, e la Réfutation des erreurs de Benoit de Spinoza (1731), considerato l’evento più significativo per l’interpretazione dello spinozismo in Francia, contenente i saggi di Fénelon (1718), la ripubblicazione del testo di Lamy (1696) e la falsa confutazione del conte di Boulainvilliers (1731). Lamy, cartesiano, ritiene inammissibile la sostanza unica di Spinoza, sostenendo che tale assunto, premessa sine qua non del panteismo, equivalga a una dichiarazione di ateismo. Bayle cerca di mettere in ridicolo le posizioni di Spinoza, affermando che quest’ultimo è contradditorio con se stesso, che dimostra male quello che sostiene di dimostrare e che non prova ciò per cui ci sarebbe bisogno di una prova, per trarre poi da tutto questo conclusioni errate77. A sua volta si scaglia contro l’unicità della sostanza: l’immutabilità

75 P. Macherey, Hegel o Spinoza, cit., p. 16.

76 Martial Gueroult si impegna esplicitamente nel contrastare la “leggenda” dello spinozismo, ossia quel fenomeno di abbagliamento dato dalla presunzione di conoscere già il contenuto dei testi spinoziani prima di averli attraversarti. Contro la maggior parte delle interpretazioni precedenti, egli sostiene inoltre la necessaria lettura sintetica del progetto spinoziano, troppo spesso trascurata in favore di un approccio analitico che vorrebbe portare il lettore dalle definizioni delle parti al tutto. Restituito il suo senso generale al metodo geometrico, Gueroult si concentra in particolare sulle prime undici definizioni dell’Etica, mostrando che l’inizio formale non è Dio, come sembrerebbe suggerire la lettura hegeliana; al contrario, Dio non è oggetto della prima definizione, bensì della sesta, per essere nominato esplicitamente soltanto nella undicesima. Questa scelta va misurata nel suo carattere di necessità, pena il rischio di mancare sin dall’inizio l’ingresso allo spinozismo. Cfr. M. Gueroult, Spinoza. I, Dieu (Éthique I), Paris, Aubier-Montaigne, collection Philosophie, 1968.

77 Cfr. P. Bayle, Dictionnaire historique et critique, Compagnie des libraires, Amsterdam, 1734 (Gallica, ed. online): « Ainsi dans le système de Spinoza, tous ceux qui disent: Les Allemands ont tué 1000 Turcs, parlent mal et faussement, à

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di Dio è incompatibile con la natura composita dell’estensione e con la contraddittorietà dei pensieri dell’uomo. Fénelon, dal canto suo, fa eco a Lamy e Bayle: non sorprende dunque che, dal suo punto di vista, essere spinozisti equivalga a essere atei e contraddittori. Non avendo letto direttamente Spinoza, Fénelon è preda facile del gioco paradossale di un pensiero che si afferma proprio nel momento in cui l’obiettivo dichiarato è quello di disarticolarlo: se già Nourrisson nota la prossimità tra gli argomenti apparentemente anti-spinoziani di Fénelon e lo stesso Spinoza, Brunschvicg (Spinoza et ses contemporains, 1971) afferma che il senso di tale vicinanza è dato soprattutto da un certo modo di pensare l’infinito, ossia dall’infinito intensivo, definito come «un infini simple et indivisible, immuable et sans aucune modification, en un mot un infini qui soit un, et qui soit toujours le même»78. Si tratta, per Fénelon, di affermare una continuità il cui fondamento è l’interiorità spirituale, purificata dal razionalismo cartesiano. Al conte Boulainvilliers va invece attribuita una maggiore comprensione delle tesi spinoziane, che andavano a suo avviso fortificate attraverso una esposizione epurata da quello che Janet definiva il «metodo ipocrita del XVIII secolo»; egli è certo uno dei primi acclamatori dello spinozismo in Francia, ma non riesce in realtà a sostenere Spinoza: eliminando quella che riteneva secchezza matematica ne indebolisce, suo malgrado, gli argomenti. A questo coro occorre aggiungere come minimo altri due autori, fondamentali per quella che Paul Janet

definisce «la storia dello Spinoza metafisico»79: si tratta di Malebranche e di Leibniz. Per il primo,

l’anticreazionismo di Spinoza è semplicemente inaccettabile, nonché la prova del suo essere non solo empio, ma anche illogico. Per Leibniz la questione è molto più complessa: egli dedica parole amare al metodo spinoziano, associandosi a Bayle nel sostenere che ciò che Spinoza indica come “dimostrazione” non ha affatto valore definitorio, salvo esserne privatamente affascinato. Entrambi ingaggiano una battaglia teoretica estremamente interessante contro le conseguenze della causa sui di Spinoza, ossia contro l’ammissibilità dell’infinito in atto, e lo fanno attraverso lo stesso stratagemma, invocando cioè l’ausilio dell’infinito matematico.

Tra Settecento e Ottocento la strada per “correggere” Spinoza si biforca lungo due direzioni: da una parte, sembra delinearsi una sorta di auspicato pseudo-platonismo o di protoidealismo, in cui le tesi di Spinoza si rifarebbero non già alla sostanza unica, ma piuttosto a una sorta di iperuranio matematico che starebbe dietro o davanti la realtà fisica e che sarebbe in grado di sostenerne la struttura geometrica; in alternativa, sembra che il cammino dei mistici sia l’unica strada in grado di

moins qu’ils n’entendent: Dieu modifié en Allemands a tué Dieu modifié en 1000 Turcs; et ainsi toutes les phrases par lesquelles on exprime ce que font les hommes les uns contre les autres n’ont point d’autre sens véritable que celui-ci: Dieu se hait lui-même; il se demande des grâces à lui-même, et il se les refuse: il se persécute, il se tue, il se mange, il s’envoie sur l’échafaud, etc. ».

78 L. Brunschvicg, Spinoza et ses contemporains, PUF, Paris 1971, p. 254.

79 Cfr. P. Janet, Le spinozisme en France, «Revue philosophique de la France et de l’Etranger», Paris 1882, Janvier-Juin, pp. 109-132.

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accogliere a braccia aperte Spinoza. Questo bivio interpretativo è stato confermato dall’analisi delle opere di una serie di autori minori che si sono occupati dei problemi dello spinozismo, individuati soprattutto grazie all’ausilio dei manuali francesi di metà Ottocento. Il compte rendu di Jean-Félix Nourrisson (Spinoza et le naturalisme contemporain, 1866) e quello di Paul Janet (Le spinozisme en France, 1882) si sono rivelati uno strumento particolarmente prezioso a tale scopo: attraverso un confronto incrociato è possibile infatti individuare gli autori che hanno cercato di spingere Spinoza in una direzione (quella di una anticipazione dell’idealismo: cfr. l’abate Sabatier de Castres, Beaussire nella sua analisi del testo di Deschamps, il conte di Gobineau) o nell’altra (misticismo: Abate di Lignac, Saint-Simon, Leroux). Tralasciando le specificità di questi testi, interessanti per una visione d’insieme della questione ma filosoficamente poco rilevanti, ci limiteremo a notare il risultato complessivo della prima di queste due tendenze, ossia il progressivo emergere dell’immagine di uno Spinoza precursore di Hegel. Sul versante francese occorre inoltre segnalare il ruolo della scuola di

Victor Cousin80, il quale, dopo una fase di approfondimento degli idealisti scozzesi, promossa anche

dal suo allievo Jouffroy, presta il proprio orecchio a Fichte, Schelling e Hegel, concentrandosi sul problema della sintesi dell’identità a partire dalle antinomie soggettivo-oggettivo, io-non io, finito-infinito81. Egli entra in contatto con i testi di Spinoza attraverso le lenti di Herder, Goethe, Novalis e Schleiermacher, le energie dei quali si sono concentrate nello scindere il nesso apparentemente ormai consolidato tra panteismo e ateismo. Analizzando meglio le basi teoriche della scuola di Cousin si colgono con relativa agilità le ragioni per le quali la fascinazione per lo spinozismo è destinata a restare tale a causa di un assunto di partenza inconciliabile con quella dottrina: l’importanza

80 Così Moreau riassume le posizioni di Cousin: «Victor Cousin, maître de l’école éclectique puis de l’institution universitaire, mène un combat sur deux fronts, contre le sensualisme et le traditionalisme. Il s’est d’abord réclamé de Hegel et de Spinoza; critiqué alors comme panthéiste par la droite, il abandonne ces références encombrantes pour s’instituer successeur de Descartes, consacré comme “premier psychologue français”; il peut ainsi fonder la métaphysique sur l’analyse de la conscience. Dans une telle configuration, Cousin et les siens accusent Spinoza d’avoir outré le cartésianisme en méprisant les enseignements de la conscience et de l’expérience et en se laissant pousser par le démon des mathématiques jusqu’à l’affirmation de la nécessité absolue; il a donc versé dans le panthéisme ou, plutôt, dans l’une des deux formes du panthéisme: celle qui absorbe le monde en Dieu et non l’inverse (la leçon de Hegel a été entendue); il est donc assimilable non pas au matérialisme, mais plutôt à une sorte de déviation mystique du cartésianisme. L’école de Cousin fabrique ainsi quelques stéréotypes, qui auront cours longtemps dans l’Université française et chez ceux qui s’en inspireront. Cette construction est critiquée par un spiritualisme plus radical que celui de Cousin, qui attaque Descartes en le compromettant par Spinoza (on reconnait la tactique de Leibniz, et d’ailleurs le principal tenant de cette thèse est Foucher de Careil, éditeur des œuvres inédites de Leibniz). Cousin se défend dans ses dernières années en essayant de détacher plus encore Descartes de Spinoza. Il énonce alors que le panthéisme vient à Spinoza de la tradition juive, et notamment de la Cabbale – la doctrine désormais ne doit plus rien à la science cartésienne, même par exagération. Une autre critique est celle des positivistes qui reprochent aux cousiniens leur rhétorique incapable d’expliquer les lois réelles du développement de l’humanité. Taine en est un bon exemple, lui qui se réclame de Spinoza précisément parce qu’il y lit ce déterminisme jusqu’ici tellement abhorré. Toutes nos actions sont déterminées par des lois explicables comme celles qui gouvernent les objets de la nature. On peut expliquer La Fontaine et Tite-Live, ou encore des passions d’un homme et le tempérament d’un peuple, sur le modèle que nous ont donné la troisième et la quatrième partie de l’Ethique. Sous la plume de Taine, Spinoza apparait ainsi comme le précurseur de la version la plus objectiviste des sciences sociales», in P.-F. Moreau, Spinoza et le spinozisme, MD Impressions, Vendôme 2009, pp. 117-118.

81 Fondamentale notare che anche il primo traduttore francese dell’opera di Spinoza, E. Saisset, appartiene a sua volta alla scuola di Cousin.

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fondamentale data, in quel contesto, al principio della personalità, umana e divina. Tra Descartes, Maine de Biran (per Cousin il più grande filosofo francese del XIX secolo), Leibniz, una certa tradizione legata alla dottrina dei diritti dell’uomo (es. Tocqueville) e l’interpretazione della filosofia di Spinoza da parte dello stesso Hegel, lo spinozismo non poteva effettivamente attecchire in Francia se non come panteismo naturalista, che sfociava però facilmente in un misticismo (ne è un esempio la scuola di Saint-Simon). La conclusione del testo di Janet sembra confermare questa linea interpretativa: egli afferma infatti che, sebbene Vacherot, Renan e Taine abbiano testimoniato come dal 1850 in poi il punto di vista dell’unità della sostanza cominci ad essere accettato in Francia, in realtà

le génie de Spinoza n’est pas très adapté à la nature de l’esprit français. La France n’est pas mystique. Elle aime les idées nettes et bien délimitées82.

Si noti che gli argomenti pro e contro Spinoza scivolano velocemente sul piano nazionalistico, con il risultato paradossale che quest’ultimo sarà considerato di fatto alla stregua di un prodotto degli spiriti tedeschi, allo scopo di squalificarlo:

mais, en réservant à Spinoza la place qui lui appartient dans l’histoire, reléguons le Spinozisme parmi les lointaines et capitales erreurs des siècles écoulés. En philosophie aussi bien qu’en tout le reste, la France n’a qu’à se souvenir d’elle-même. Qu’elle renonce décidément aux traditions allemandes de Spinoza, pour reprendre et ne plus abandonner les traditions toutes françaises de Descartes. Ou si elle éprouve le besoin d’emprunter à d’autres peuples des modèles, qu’au génie poétique de Descartes elle associe le génie pratique d’un Franklin83.

Un elemento particolarmente interessante è l’effetto retroattivo che tali giudizi hanno avuto sulle premesse teoriche dello spinozismo. Brunschvicg per esempio, confrontando la filosofia di Malebranche con quella di Spinoza nel suo Spinoza et ses contemporains, si lancia in una tesi anti-intuitiva: dal punto di vista metafisico sarebbe a suo avviso scorretto annoverare lo spinozismo tra i realismi e l’occasionalismo tra gli idealismi. Egli ritiene infatti che i punti di vista dei due filosofi debbano essere invertiti, pena l’impossibilità di comprendere l’esigenza fondamentale che muove il loro pensiero: Malebranche è il realista, perché pone tra essenza ed esistenza una barriera che impedisce a ciò che è di essere ridotto alla deduzione idealista, stabilendo così un principio di eterogeneità che permette di salvare il creazionismo e la volontà divina; al contrario, la perentoria

82 P. Janet, Le spinozisme en France, cit., p. 131.

83 F. Nourrisson, Spinoza et le naturalisme contemporain, Librairie académique Didier et C., Libraires-éditeurs, Paris (Gallica), p. 305.

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definizione I del libro primo dell’Etica («Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica esistenza,

ossia ciò la cui natura non può essere concepita se non come esistente»84) è sinonimo di idealismo

assoluto, ossia di hegelismo85. Parimenti Moreau conclude il suo Spinoza et le spinozisme avanzando

quella che potrebbe persino sembrare una provocazione:

en fin de compte, l’adjectif qui convient le mieux pour qualifier le spinozisme est sans doute celui de «rationaliste». Et comme il convient encore à d’autres philosophies, il faut le préciser lui-même. Un rationalisme absolu. L’expression, empruntée à Gueroult et Matheron, ne doit pas tromper : il s’agit de dire non pas que la Raison est partout, d’emblée ; mais que le réel est totalement intelligible ; que