• Non ci sono risultati.

La Francia negli anni di Simone Weil: dalla vittoria del blocco nazionale al governo provvisorio di De Gaulle

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 38-45)

SIMONE WEIL E IL SUO TEMPO

1.2 La Francia negli anni di Simone Weil: dalla vittoria del blocco nazionale al governo provvisorio di De Gaulle

Nello spazio di circa un trentennio, dal 1914 al 1945, la Francia sopporta il peso di due lunghe guerre, che influiscono pesantemente sulla produzione intellettuale di Simone Weil che, in un tempo così drammatico, non è soltanto una filosofa militante, ma anche un’operaia, un’esule e una resistente delusa.

La vita politica francese è contraddistinta, come negli anni precedenti il conflitto del 1914, da una grande instabilità governativa, che porta alla successione di quarantadue ministeri con una durata media di sei mesi nel giro di ventuno anni, e all’alternanza al timone della Francia degli anni ’20 e ’30 del centro-destra e delle sinistre radical-socialiste40.

Prima di procedere ad un’analisi accurata della politica francese di quegli anni, è opportuno sottolineare che l’instabilità politica del paese è dovuta in larga misura all’ambiguità del Partito radicale che nelle elezioni ottiene dal venti al trenta per cento dei voti, ed è perciò determinante per la formazione delle maggioranze parlamentari.

Difensori della democrazia repubblicana contro le destre autoritarie e del laicismo contro le destre clericali, i radicali trovano un facile accordo sul terreno politico con i socialisti, ma altrettanto facilmente entrano in contrasto con l’alleato socialista sulle questioni finanziarie ed economiche, perché sono contrari a misure di perequazione sociale, come l’imposta sui patrimoni, che avrebbero potuto allontanare una parte del loro elettorato. Sono proprio disaccordi di questa natura che portano più volte alla crisi dei governi dei cosiddetti “cartelli delle sinistre”. La precarietà governativa dipende anche dalla stretta dipendenza di un potere esecutivo debole dalla volontà sovrana del Parlamento, e non può essere sanata neppure dalla concessione fatta talora dalle Camere ai ministeri di emanare leggi per mezzo d i decreti approvati dalle Camere solo in un secondo momento.

40 Per la ricostruzione del profilo storico-politico della Francia negli anni in cui vive Simone Weil

vedi: Della Peruta F., Storia del Novecento. Dalla “grande guerra” ai giorni nostri, Le Monnier, Firenze 1991; Galli C., Greblo E., Mezzadra S., Il pensiero politico del Novecento, Il Mulino, Bologna 2005; Mastellone S., Storia del pensiero politico europeo. Dal XIX al XX secolo , UTET Libreria, Torino 1993; Sarubbi A., Manuale di storia delle dottrine politiche, G. Giappichelli editore, Torino 1991.

Il panorama politico viene poi complicato a sinistra dalla fondazione del Partito comunista francese, costituitosi nel congresso socialista di Tours del dicembre 1920, quando, in un clima di speranze rivoluzionarie presto deluse, la maggioranza dei delegati proclama l’adesione alla Terza Internazionale41, mentre la minoranza riformista guidata da Léon Blum rimane fedele al Partito socialista. Quest’ultimo supera presto il trauma della scissione perché i suoi iscritti aumentano rapidamente superando quelli del Partito comunista, attestato su posizioni settarie e indebolito da una serie di crisi interne che gli impediscono nel corso degli anni ’20 di mettere radici profonde nel movimento operaio.

La destra utilizza invece la debolezza e l’instabilità dei ministeri come strumento polemico per reclamare un governo forte e autoritario, antiparlamentare e anticomunista. Si formano così delle leghe di estrema destra appoggiate dall’Action française che, facendo leva su una demagogica esaltazione delle capacità delle classi popolari, inquadrano in formazioni a volte militarizzate42 ex combattenti e giovani intellettuali.

Le elezioni del 1919 portano alla vittoria del “blocco nazionale”, una coalizione di centro-destra guidata dall’ex socialista Millerand, che manda al Parlamento una maggioranza “blu-orizzonte”43. I governi del “blocco”, risolutamente ostili all’URSS e al comunismo, soffocano con il largo impiego della forza pubblica le agitazioni sociali e l’ondata di scioperi della primavera del 1920, determinando così l’indebolimento del movimento operaio, che può realizzare soltanto l’obiettivo delle otto ore. Il “blocco” non riesce, però, a fronteggiare l’inflazione e la difficile situazione finanziaria, nonostante la rigidità con cui Raymond Poincaré (presidente del Consiglio dal 1922 al 1924) pretende dalla Germania il pagamento delle riparazioni, sino a decidere l’occupazione della Ruhr.

Il malcontento sociale per l’aumento delle imposte voluto da Poincaré porta al successo del “cartello delle sinistre” radical-socialiste nelle elezioni del 1924 e al ministero presieduto dal radicale Edouard Herriot (1924-25) con l’appoggio esterno dei socialisti. Herriot dà un orientamento più conciliante alla politica estera, che si

41 Organizzazione internazionale dei partiti co munisti (Mosca 1919-1943), fondata per iniziativa dei

bolscevichi russi dopo il fallimento della Seconda Internazionale, con lo scopo di sostenere il governo sovietico, favorire la formazione d i partiti co munisti in tutto il mondo e diffondere la rivolu zione a livello internazionale. Co munemente ind icata anche come Comintern o Komintern.

42 Esempi di o rganizzazioni d i questo tipo sono le Croci di fuoco o la So lidarietà francese.

43 Così battezzata per il gran nu mero di deputati ex co mbattenti che hanno indossato divise di quel

concretizza nell’evacuazione della Ruhr, nella riduzione delle riparazioni tedesche e nel riconoscimento dell’URSS. I governi del “cartello” non riescono, però, a risanare la situazione finanziaria, aggravata dal continuo deprezzamento del fra nco: la prospettiva di un’imposta sul capitale provoca, infatti, la fuga dei capitali all’estero e fa mancare l’appoggio delle grandi banche. Il fallimento della politica finanziaria del “cartello” riporta al potere Poincaré (1926-29) con un ministero di centro-destra, cui seguono altri governi conservatori fino al 1936 (con un breve interludio di centro- sinistra nel 1932-34). Poincaré, sostenuto dai potentati economici e dalla fiducia dei risparmiatori, ha successo nel raddrizzare l’andamento della finanza pubblica grazie a una politica di strette economie e di aumento delle imposte, e può stabilizzare il franco a un quarto del suo valore prebellico. I governi moderati cercano anche di favorire la distensione internazionale e lavorano al rafforzamento dell’influenza francese nell’Europa orientale stipulando tra il 1924 e il 1927 una serie di trattati con i paesi di quell’area.

A partire dal 1931 la classe politica deve fare i conti con gli effetti della crisi del ’29, che arriva in Francia più tardi ed ha un carattere meno drammatico rispetto agli altri paesi industrializzati, a causa della larga incidenza di un mondo rurale ancora in gran parte fermo all’autoconsumo. La depressione, però, dura più a lungo e provoca, comunque, una caduta della produzione industriale, con il conseguente aumento della disoccupazione e un nuovo dissesto del sistema monetario.

In effetti, i vari governi si preoccupano più di difendere la moneta e gli equilibri finanziari che di rilanciare l’economia. Essi si limitano a ridurre le spese statali e a prendere misure destinate a proteggere alcune produzioni agricole (come la proibizione di piantare nuovi vigneti) e il piccolo commercio (un esempio è il divieto dei magazzini a prezzo unico). Infine, il governo di Pierre Laval (1935-36) lancia una politica globale di deflazione che suscita un largo malcontento, applicando una riduzione degli interessi del debito pubblico e degli stipendi dei pubblici dipendenti. L’immobilismo dei partiti politici tradizionali, incapaci di affrontare in maniera adeguata la depressione, favorisce il rafforzamento da una parte delle leghe di destra, e dall’altra del Partito comunista, che si avvia a diventare in alcune zone – come nei sobborghi di Parigi – un partito di massa.

Il clima è poi reso incandescente da una serie di scandali finanziari che mettono in cattiva luce parecchie personalità politiche, specie del campo radicale.

Quando all’inizio del 1934 scoppia un nuovo scandalo – l’“affare Stavisky”44le leghe organizzano una manifestazione di trentamila aderenti che il 6 febbraio si riuniscono di fronte al Parlamento gridando: «Abbasso i ladri». I manifestanti sono dispersi dopo violenti scontri con la polizia, che provocano 15 morti e molte centinaia di feriti.

I fatti del 6 febbraio causano le dimissioni dalla presidenza del Consiglio del radicale Edouard Daladier e la formazione di governi più spostati sulla destra. Di fatto, quindi, essi non sono la premessa di un colpo di Stato, ma l’indice di una violenta pressione della destra sul Parlamento per dare il potere a uomini decisi a una riforma dello Stato in senso autoritario.

Tali avvenimenti, insieme all’allarme suscitato dall’ascesa al potere del nazismo in Germania e all’aggravarsi della minaccia fascista, spingono le sinistre francesi all’unione. Questo processo unitario è reso possibile dal mutamento di linea dei comunisti che – in connessione con la svolta del settimo congresso del Comintern45 guidati da Maurice Thorez, passano da una politica di rottura con i socialisti ad una politica della “mano tesa”, rivolta non solo ai socialisti ma anche ai radicali e a tutte le forze “borghesi”, purché antifasciste.

Tra il 1934 e il 1935 si giunge così alla creazione del Fronte popolare, che è cosa ben diversa dai vecchi “cartelli delle sinistre” perché è caratterizzato dalla risoluta impostazione antifascista e dalla partecipazione anche dei comunisti, che escono così dal loro isolamento.

Il Fronte esce vittorioso nelle elezioni dell’aprile-maggio 1936, nelle quali si presenta con la parola d’ordine “pane, pace, libertà”, ottenendo 378 seggi su 598. Del successo beneficiano i socialisti che, con due milioni di voti, diventano il primo partito francese, e soprattutto i comunisti, che passano da ottantamila a un milione e cinquecentomila voti; mentre i radicali, compromessi con gli scandali, perdono una cinquantina di seggi.

Di conseguenza viene nominato presidente del Consiglio Léon Blum (1936-37), discepolo di Jaurès, primo socialista a guidare un governo in Francia. I comunisti sostengono il ministero dall’esterno, per conservarsi le mani libere e per non spaventare le classi medie. La vittoria del Fronte popolare libera le attese del mondo

44 Avventuriero accusato di essersi arricchito con operazioni illecite co mpiacentemente favorite da

uomin i del potere.

45 Co mintern (o Ko mintern, dalle parole tedesche Kommunistische Internationale) è il termine con cui

del lavoro, che stava soffrendo di un sentimento di esclusione sociale: entrano infatti in sciopero, con un movimento in gran parte spontaneo, due milioni di lavoratori, che occupano pacificamente le fabbriche. Blum arbitra i negoziati tra i sindacati e il padronato, che si concludono l’8 giugno con il cosiddetto “accordo Matignon” (dal nome della sede dei presidenti del Consiglio francesi): i lavoratori dell’industria ottengono un aumento dei salari, il riconoscimento dei diritti sindacali e dei contratti collettivi e, poco dopo, la limitazione a 40 ore della durata settimanale del lavoro e quindici giorni di ferie annuali retribuite.

Dopo l’iniziale euforia l’azione del Fronte popolare si fa, però, via via più difficoltosa. Il governo Blum non è in grado di combattere un’inflazione che, alimentata dalla speculazione internazionale e interna contro il franco, costringe nell’autunno 1936 a svalutare la moneta ed erode i recenti aumenti salariali. Le misure proposte dai comunisti, tra le quali l’inasprimento fiscale sui grandi patrimoni, non passano per l’opposizione dei radicali. Inoltre, di fronte all’aggravarsi della minaccia della Germania nazista, all’inizio del 1937 viene varato un programma di riarmo quadriennale che costringe Blum a chiedere una pausa nell’azione sociale. Le divergenze interne si fanno poi sentire anche nella politica estera: pur simpatizzando con i repubblicani spagnoli minacciati dal colpo di Stato reazionario del generale Franco, Blum è infatti costretto dall’atteggiamento dei radicali a proclamare ufficialmente la linea del non intervento nella guerra civile scoppiata in Spagna nel 1936.

Il Fronte popolare, indebolito dalle discordie interne e soprattutto dallo spostamento a destra dei radicali, preoccupati di perdere consensi elettorali tra le classi medie, entra così in una lenta agonia che suggella il fallimento di una stagione politica di grandi speranze che sarebbe rimasta a lungo nella memoria collettiva dei francesi. Nel gennaio del 1937 Blum si dimette, aprendo così la strada, dopo una fase di transizione, al governo diretto dal radicale Edouard Daladier (aprile 1938), di fronte al quale socialisti e comunisti passano all’opposizione. Il governo Daladier, dopo aver stroncato lo sciopero generale proclamato dai sindacati il 30 novembre 1938, porta avanti la politica finanziaria voluta dal ministro delle finanze Paul Reynaud, fautore del liberismo economico, che riesce a stimolare la ripresa produttiva. Tuttavia, conclusa l’esperienza del Fronte popolare (1935-1938), ormai le preoccupazioni di politica interna cedono il posto a quelle destate dall’aggravarsi

della situazione internazionale, che si sta evolvendo verso lo scoppio della seconda guerra mondiale46.

Dopo l’attacco tedesco alla Polonia (1° settembre 1939) e la dichiarazione di guerra di Gran Bretagna e Francia alla Germania (3 settembre 1939), le truppe francesi e inglesi si mantengono inattive, forse in previsione di una guerra di usura. Questa fase termina con l’invasione tedesca del Belgio e dei Paesi bassi ed è nota con l’espressione drôle de guerre, indicante la stagione di questa “guerra farsa” che si protende dal 3 settembre 1939 al 10 maggio 1940.

La drôle de guerre e la disfatta del 1940 mostrano appieno la depressione economica e politica in cui versa la Francia, che ha come conseguenza i quattro lunghi anni di occupazione tedesca, la divisione del paese e l’esperienza della “rivoluzione nazionale” del regime fascista di Vichy.

Nel 1940 Daladier rassegna infatti le sue dimissioni e si forma il governo Reynaud. I tedeschi invadono la Francia e Dunkerque viene evacuata. Il generale Philippe Pétain firma un armistizio con Italia e Germania dando vita a un governo collaborazionista47, noto come “governo di Vichy” (1940-1944), che si instaura nella Francia centromeridionale non direttamente occupata dai tedeschi. A Londra, intanto, il generale De Gaulle costituisce il movimento “France libre” (18 giugno 1940), per combattere contro il regime di Vichy e contro l’occupazione italiana e tedesca della Francia.

Nel 1941, quando le forze giapponesi invadono l’Indocina, le formazioni di “France libre” occupano Libano e Siria. L’anno dopo le Forze italiane invadono Nizza e la Corsica, mentre le truppe tedesche il sud della Francia.

Nel 1944 i movimenti di resistenza costituiscono un Comitato di liberazione nazionale. Nonostante lo sbarco degli alleati in Normandia (6 giugno 1944), a Parigi la resistenza popolare ha organizzato da sé la liberazione della città.

Il 18 agosto ’44, in seguito ai sommovimenti iniziati dagli agenti della metropolitana, dai gendarmi, dai poliziotti e dagli impiegati delle poste, scoppia uno sciopero generale. Gli operai attraversano la città incitando tutti i parigini all’insurrezione

46 Cfr. Della Peruta F., Storia del Novecento, cit., pp.66-71.

47 Vicino, cioè, al governo nazista tedesco ed improntato ai criteri del corporativis mo economico, del

tradizionalismo culturale e dell’antiparlamentaris mo. Fondato anche su un accentuato nazionalismo, il governo di Vichy è in realtà sottomesso alla volontà della Germania nazista e, pur rimanendo formalmente in carica, cessa virtualmente di esistere nel novembre 1942 – quando i tedeschi, dopo lo sbarco angloamericano nell’Africa del nord, occupano anche la Francia meridionale – per poi scomparire defin itivamente con la sconfitta del Reich di Hitler.

contro le forze naziste e collaborazioniste. La Resistenza interna si batte contro i ventimila tedeschi presenti nella capitale. Il 25 agosto la seconda Divisione blindata del Generale francese Leclerc e le truppe alleate entrano in città. Il Generale von Choltitz firma la resa degli occupanti mentre il Generale de Gaulle arriva a Parigi e forma un governo provvisorio (3 giugno 1944 - 20 gennaio 1946).

Uscita, dunque, dal secondo conflitto mondiale con gli onori della vittoria, grazie alla resistenza e all’opera di De Gaulle, la Francia in oltre un quarto di secolo risulta profondamente mutata: le istituzioni di sicurezza sociale, le nazionalizzazioni, la ricostruzione industriale pianificata, l’integrazione nelle comunità europee, l’industrializzazione accelerata e la riconversione dell’agricoltura sono gli aspetti di una trasformazione senza precedenti.

CAPITOLO II

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 38-45)