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Réflexions sur la barbarie (1939)

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 92-94)

ANALISI E RICOSTRUZIONE DEL REALISMO POLITICO

3.1 La genesi della categoria della forza

3.1.5 Réflexions sur la barbarie (1939)

Prendendo spunto ancora una volta dal conflitto spagnolo del ’36, Weil compone nel ’39 un breve e denso saggio intitolato Réflexions sur la barbarie in cui, ripensando alle barbarie nel corso della storia, riflette sul dispiegamento idolatrico della forza.

Weil inizia le Réflexions sur la barbarie sfatando due credenze sulla barbarie tra loro antitetiche ma, a suo parere, ugualmente erronee: la prima, in base alla quale noi saremmo entrati in un periodo di maggiore inciviltà rispetto ai secoli passati per effetto di una potenza tecnica sempre maggiore accompagnata dalla decadenza morale; la seconda – in voga soprattutto dalla fine del XIX secolo fino al 1914 – che, al contrario, crede alla diminuzione progressiva della barbarie nella cosiddetta “umanità attuale civilizzata”. Entrambe le credenze sono, secondo Simone Weil, fuorvianti, in quanto la barbarie, analogamente alla forza di cui è espressione diretta, costituisce un carattere permanente ed universale della natura umana158.

Il rapporto tra la forza e la barbarie è, per la filosofa, di completa simmetria: comprendere nei giusti termini il ruolo delle barbarie equivale ad afferrare la nozione di forza, di importanza fondativa per l’istituzionalizzazione delle scienze politico- sociali.

Je ne crois pas que l’on puisse former des pensées claires sur les rapports humains tant qu’on n’aura pas mis au centre la notion de force, comme la notion de rapport est au centre des mathématiques. Mais la première a besoin, comme en a eu besoin la seconde, d’être élucidée. Ce n’est pas aisé159

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158

Weil S., Écrits historiques et politiques, II, 3, cit., pp. 222-223. Si noti in particolare: «Je voudrais proposer de considérer la barbarie comme un caractère permanent et universel de la nature hu maine, qui se développe plus ou moins selon que les circonstances lui donnent plus ou moins de jeu» [Weil S., Weil S., Écrits historiques et politiques, II, 3, cit., p. 223].

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Les plus ou moins de barbarie diffuse dans une société dépendrait ainsi de la distribution des forces. Cette vue, si on pouvait l’étudier assez sérieusement pour lui donner un contenu clair, permettrait au moins en principe de situer toute structure sociale, soit stable, soit passagère, dans une échelle de valeurs, à condition que l’on considère la barbarie comme un mal et son absence comme un bien160.

Proseguendo nella sua analisi, nel tentativo di individuare la relazione tra la mappa delle forze e il grado di barbarie in un sistema sociale, Weil dimostra come la forma di barbarie predominante nella modernità sia quella morale, di cui si è servita innanzitutto lo Stato di Roma per asservire le menti dei suoi subordinati.

Si tratta di un tipo di barbarie molto più pericoloso rispetto alla barbarie dei popoli primitivi, che ha arrecato solo danni limitati. Le crudeltà e perfidie dei primitivi, alternate a gesti di lealtà e di generosità, e temperate dall’incostanza e dal capriccio, non hanno messo in pericolo, infatti, niente di vitale nella gente sopravvissuta alle loro armi. La barbarie morale, al contrario, ha rotto in modo definitivo la continuità della vita spirituale.

Les barbares, dans leurs ravages, n’ont jamais fait que des maux limités. Comme les calamités naturelles, en détruisant, ils réveillent l’esprit rappelé à l’insécurité des choses humaines; leurs cruautés, leurs perfidies, mêlées d’actes de loyauté et de générosité, tempérées par l’inconstance et le caprice, ne mettent en péril rien de vital chez ceux qui survivent à leurs armes. Seul un Ètat extrêmement civilisé, mais bassement civilisé, si l’on peut s’exprimer ainsi, comme fut Rome, peut amener chez ceux qu’il menace et chez ceux qu’il soumet cette décomposition morale qui non seulement brise d’avance tout espoir de résistance effective, mais rompt brutalement et définitivement la continuité dans la vie spirituelle, lui substituant une mauvaise imitation de médiocres vainqueurs. Car seul un État parvenu à un mode savant d’organisation peut paralyser chez ses adversaires la faculté même de réagir, par l’empire qu’exerce sur l’imagination un mécanisme impitoyable, que ni les faiblesses humaines ni les vertus humaines ne peuvent arrêter dès qu’il s’agit de saisir un avantage, et qui utilise indifféremment à cette fin le mensonge ou la vérité, le respect simulé ou le mépris avoué des conventions161.

Secondo Simone Weil la vita spirituale è stata sostituita, grazie alla barbarie dei moderni, da una cattiva adorazione dei vincitori. Weil denuncia in quest’operazione la responsabilità degli storici che hanno narrato la storia sulla base di documenti emessi dai vincitori a sostegno del loro punto di vista.

160 Ivi, pp. 223-224.

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L’amore per il passato – intrecciato a quello per le civiltà scomparse – pone alla filosofa il problema di pensare un tipo di storiografia alternativo a quello tramandato dai popoli che hanno dominato la storia.

La filosofa promuove, così, una nuova prospettiva dalla quale leggere e interpretare i documenti del passato. Essa prevede la ricerca delle tracce, l’interpretazio ne dei silenzi degli storici e l’assunzione del punto di vista dei vinti, di tutti quelli che hanno subito barbarie. È necessario, spiega Weil, leggere i documenti tra le righe e considerare attentamente le piccole cose come significative in base ad ipotesi diverse. In definitiva, occorre svincolare il pensiero dalla sudditanza al documento, e muovere dalla convinzione che la cultura dei popoli vinti sia quella più ricca dei valori di libertà162, amore spirituale e non-violenza. È in questi termini che il passato costituisce una fonte privilegiata perché, nella forma definita e compiuta in cui si presenta, rende più facile analizzare la realtà attuale transitoria.

Soltanto un atteggiamento di questo tipo è in grado, secondo Weil, di contrastare la logica della forza che si autocelebra nel documento scritto consegnato dai vincitori ai posteri e, al tempo stesso, garantire la continuità della vita spirituale, rinnovando continuamente il vitale rapporto culturale fra presente e passato.

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 92-94)