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Ortega y Gasset Sul fascismo

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 142-146)

L’ANALISI DELL’OPPRESSIONE

4.2 L’oppressione statale

4.2.5 Ortega y Gasset Sul fascismo

L’analisi di Simone Weil del fascismo si avvicina sorprendentemente a quella di un realista a lei contemporaneo, Ortega y Gasset.

Quest’ultimo, nel saggio Sul fascismo (1925) raccolto nei suoi Scritti politici sostiene che il fascismo abbia un aspetto enigmatico perché in lui compaiono i contenuti più opposti. Il fascismo sostiene l’autoritarismo e nello stesso tempo organizza la ribellione, combatte la democrazia contemporanea e d’altra parte non crede alla restaurazione di nulla che sia passato. Scrive Gasset:

Da qualunque parte prendiamo il fascismo, troviamo che è una cosa e nello stesso tempo è la contraria: è A e non A. Ma questa non è una condizione

278 Ivi, p. 99-100. 279

straordinaria che sia peculiare del fascismo. Tutte le cose reali sono contradditorie se le analizziamo un po’. […] Perciò tutte le cose sono problemi, sono questioni. Il problema è la contraddizione. Essere A o non essere A. Qui è il problema. […] L’esempio scolastico lo mostra in modo luminoso: il bastone messo nell’acqua agli occhi risulta spezzato ed è dritto al tatto. Siccome i due attributi collidono radicalmente, ne deriva che si annullano, vale a dire che la verità del bastone è oltre le sue manifestazioni opposte. La stessa cosa accade con il fascismo280.

Per Ortega y Gasset, al pari che per Simone Weil, il fascismo è un fenomeno storico e, come il bastone spezzato di cui parla nel passo appena citato, è un fenomeno ottico.

La vera natura del fascismo è oltre l’apparenza. Come i fenomeni, spiega Ortega, sono il vocabolario che il reale adotta per presentarsi, analogamente il fascismo e, soprattutto, quello che dicono e fanno i fascisti, non costituisce la sua vera realtà. C’è da tenere presente, inoltre, che in ogni fenomeno collaborano tutti gli altri e che, quindi, non possiamo ritrovare il senso autentico del fascismo guardando solo al gruppo politico dei fascisti. La parola “fascismo” acquista un significato completo solo quando la si unisce alle parole degli altri gruppi politici e la si situa nel suo contesto storico.

Ortega spiega la natura del fascismo ricorrendo all’esempio del “contorno”: a rigore, ogni figura è doppia e la linea che la traccia è la frontiera fra le due. Se dalla linea guardiamo sin dentro la figura vediamo una forma chiusa in se stessa, che possiamo chiamare profilo. Se dalla linea guardiamo fuori, vediamo un vuoto limitato intorno dallo spazio infinito: ciò che possiamo chiamare contorno.

Ora, senza contorno non c’è profilo e per questa ragione non si può definire chiaramente un fenomeno politico come il fascismo se, dopo avere detto quello che è, non aggiungiamo qual è il suo ambiente storico281.

Analogamente a Weil in Ne reçommencons pas la guerre de Troie, Ortega denuncia come la realtà storica si sia creata un vocabolario di apparenze che esprime in modo adeguato la sua nascosta intimità. Così, cinquant’anni fa, i cosiddetti liberali erano “veri” liberali e i conservatori, “veri” conservatori. Ma nell’epoca attuale a Ortega la realtà storica è cambiata senza essere riuscita ancora a creare un nuovo linguaggio dotato di senso. Allora le apparenze sono necessariamente equivoche e invece di costituire un idioma che esprima direttamente la realtà, finiscono in un

280 Ortega y Gasset, Sul fascismo, in Scritti politici di José Ortega y Gasset, a cura di L. Pellicani e A.

Cavicchia Scalamonti, UTET, 1979 Torino, p. 644.

281

geroglifico che la nasconde.

Il fascismo e simili prodotti di altre fucine storiche sono fenomeni che – spiega Ortega – dimostrano l’urgenza di essere studiati dal contorno282.

Questo bisogno di definire un movimento politico più per il suo contorno che per il suo profilo è un’esperienza che chiunque può fare senza grande difficoltà.

Ortega consiglia di leggere un libro di storia romana. Il lettore si accorgerà che capisce lo sviluppo dei fatti fino ad arrivare all’anno 70 a.C. che è, su per giù, l’epoca in cui appare Giulio Cesare. Nonostante questo sia il periodo della storia romana arrivato a noi con un maggior numero di dati, a questo punto le cose cominciano a diventare oscure. Possiamo ricostruire quasi giorno per giorno la serie dei fatti attraverso le parole dei loro autori ma non riusciamo a capire perché il movimento rappresentato da Cesare passi di trionfo in trionfo.

Secondo Ortega, il trionfo di Cesare sugli altri sembra derivare dal fatto che sono gli altri a lasciarlo trionfare. Vedendo il disfarsi, una dopo l’altra, delle istituzioni stabilite, non possiamo fare a meno di chiederci che cosa facessero i repubblicani, o meglio perché non facessero nulla. Perché in nessun momento la situazione di Cesare ci sembra di per sé sufficientemente solida. La difficoltà che troviamo è identica a quella che sentiamo di fronte al problema dell’entità del fascismo.

Fascismo e cesarismo hanno – spiega Ortega – un presupposto comune, un’anteriore mancanza di prestigio quale agente di tutto il lungo processo in cui entrano le nazioni continentali nel periodo dei totalitarismi.

Il fascismo è un partito autoritario come tanti altri: confusamente antidemocratico, come lo sono state le destre e sinistre estreme; nazionalista, come un’altra mezza dozzina di gruppi, e rivoluzionario come i comunisti, i socialisti, i realisti, i carlisti, ecc.

Se guardiamo la sua fisionomia dal di fuori, nel fascismo risaltano due caratteri: la violenza e l’illegittimità. Dei due il primo è la conseguenza del secondo e solo unito a questo acquista un significato speciale. Perché la violenza era predicata da altri partiti e più o meno usata da quasi tutti al momento opportuno, ma il fascismo è illegittimo – dice Ortega – in un senso particolare:

Ogni movimento rivoluzionario si impadronisce del potere illegittimamente; ma la cosa curiosa del fascismo è che non solo si impadronisce del potere illegittimamente, ma una volta che se n’è impadronito, lo usa anche con

282

illegittimità. Ciò lo differenzia radicalmente da tutti gli altri movimenti rivoluzionari283.

Chi non capisce l’importanza di questo sintomo non potrà, a giudizio di Ortega, rendersi conto del significato genuino che il fascismo ha come fenomeno storico e tenderà deplorevolmente a imparentarlo con altri fatti contemporanei. Ortega dichiara che non è possibile avvicinare fascismo e bolscevismo.

Il bolscevismo, come tutti i movimenti propriamente rivoluzionari, tritura illegalmente uno Stato legale per instaurarne un altro. I suoi affiliati credono di esercitare oggi il potere in nome di una legittimità, fondata su ragioni giuridiche, tanto solide come le altre che, a loro volta, si presentano sostenute da tutta un’etica e anche da tutta una concezione dell’universo. Il governo sovietico usa la violenza per stabilire il suo diritto: ma non ne fa il suo diritto.

Invece il fascismo non pretende instaurare un nuovo diritto, non si preoccupa di dare un fondamento giuridico al suo potere, non consacra la sua attuazione con nessun titolo né con una teoria politica. Mussolini ha cercato di conservare l’apparato parlamentare, ma non con l’intenzione di fingere una legittimità per la sua magistratura. Ha fatto sempre osservare che, finché fosse stato docile, il Parlamento sarebbe stato mantenuto. Gli serve, dunque, per ottenere una continuità amministrativa, non un nesso giuridico con principi costituzionali di legalità. La legittimità è la forza consacrata da un principio. Il fascismo governa con la forza delle sue camice – le 300.000 camice di forza – e quando gli si chiede del suo principio di diritto, mostra le sue squadre di combattenti. La camicia nera, o CN, è come l’HP, o cavallo di forza, l’unità dinamica della politica italiana, ma non un principio di diritto politico. il fascismo non pretende di governare con diritto, non aspira neppure a essere legittimo. Questa è, secondo me, la sua grande originalità, almeno la sua peculiarità: aggiungerei, la sua profondità e la sua virtù284.

Adesso si capisce il ruolo singolarissimo che rappresenta la violenza fascista. Nel fascismo la violenza non si usa per affermare o imporre un diritto, ma colma un vuoto, sostituisce l’assenza di ogni legittimità.

Il fatto italiano ci presenta il governo di un potere illegittimo come tale. Tutti gli altri tratti del fascismo si ritrovano nei due secoli passati, ma questo è completamente nuovo. Infatti, persino l’anarchismo del XIX secolo, che negava la legge – principio della costituzione politica – la negava sulla base di principi morali e politici; ossia legittimava teoricamente il suo illegittimismo.

Davanti all’“illegittimità costituita” del fascismo Ortega si chiede come sia stato possibile che le altre forze sociali, fino a quel momento entusiaste della legge, non siano riuscite ad opporsi a questa vittoria del caos giuridico. Riprendendo l’esempio

283 Ivi, p. 647. 284

storico del trionfo di Cesare, secondo Ortega il fascismo si è imposto «per la semplice ragione che oggi non esistono importanti forze sociali che siano animate da tale entusiasmo; o, che è lo stesso, perché oggi non esiste nelle azioni continentali nessuna forma di legittimità che soddisfi e illuda gli spiriti»285.

Per questa ragione esso è un movimento essenzialmente transitorio, che evaporerà automaticamente appena apparirà un nuovo principio politico capace di entusiasmare un gruppo sociale. Nel frattempo, il fascismo amministra abilmente la debolezza dei cittadini infondendo nella massa un senso di sicurezza apparente.

Nel documento Oltre il realismo politico di Simone Weil (pagine 142-146)