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Sezione 2, Le società di gestione collettiva e il loro funzionamento

2.2 Funzioni e classificazione delle collecting societies

Le società di gestione collettiva possono essere definite come enti intermediari per conto degli autori, per i quali gestiscono in modo collettivo i diritti d’autore e i diritti connessi relativi alle loro opere diffuse e riprodotte a livello globale. Monitorando l’utilizzo delle opere e concedendo licenze amministrano i diritti degli autori, acquisendo e redistribuendo gli importi relativi alle licenze di utilizzazione concesse.

Generalmente sono enti pubblici o privati no-profit poiché non effettuano la distribuzione degli utili. Le più recenti analisi hanno inoltre evidenziato come le società di gestione collettiva operanti negli Stati dell’Unione Europea siano maggiormente accostabili alle associazioni o alle società di mutuo soccorso più che a società commerciali. Per finanziarsi le società trattengono, oltre alle quote associative, una percentuale dalla ridistribuzione dei proventi riscossi.

La classificazione delle collecting societies parte dunque dalla macro-distinzione di società private e pubbliche. Nel panorama europeo la maggior parte delle società sono di natura privata, soggette al controllo dell’autorità governativa o di organismi pubblici di sorveglianza. Inoltre un’altra grande distinzione può essere data dalla struttura associativa o organizzativa delle società, con conseguente ripartizione o meno degli utili anche in base a imposizioni nazionali. Infine una suddivisione, sicuramente più forte nel contesto europeo prima dell’approvazione della Direttiva Barnier, è la bipartizione tra società monopoliste e società operanti nel libero mercato. Ci sono inoltre delle realtà ibride come quella scandinava, in cui le società di gestione collettiva sono legittimate da associazioni di categoria anche se non totalmente monopolistiche. 232

È per questioni pratiche di controllo che autori, artisti interpreti o esecutori e i produttori cedono la gestione dei loro diritti di remunerazione a società di gestione collettiva, che agiscono da fiduciarie dei titolari dei diritti. Con gestione dei diritti sono intese tutte quelle attività rivolte all’amministrazione e alla concessione di licenze per l’utilizzazione delle opere.

Ivi, pp. 12-17.

Un autore che volesse gestire autonomamente i propri diritti incontrerebbe serie difficoltà nel farlo poiché le società hanno una capacità operativa capillare, attiva nel territorio, grazie alla quale amministrano, monitorano, riscuotono e ripartiscono i proventi in base allo statuto interno e alle normative dello stato in cui operano.

Le società di gestione collettiva possono amministrare diversi diritti inerenti alla proprietà intellettuale. Gestiscono diritti di opere musicali, letterarie e drammaturgie, del settore audiovisivo, dell’attività di comunicazione al pubblico, della trasmissione via cavo, di riproduzioni meccaniche, della reprografia, del prestito e noleggio, del diritto di seguito, della copia privata e degli usi a fine educativo. Inoltre accordi incrociati tra le collecting autorizzano la concessione dei rispettivi repertori.

Le società di gestione collettiva sono nate spesso, come visto in precedenza e anche nel caso italiano di SIAE, sotto forma associativa per poter garantire anche ad autori “minori”, che lavorano in circuiti del mercato culturale di nicchia, una gestione efficiente dei loro diritti. Hanno dunque la responsabilità sociale di assicurare a tutti la possibilità di accedere ai loro servizi a prezzi equi. Spesso agiscono come una sorta di enti di sussidio, grazie alle normative di legge degli Stati di cui fanno parte o per statuto interno. Tendono a destinare parte dei proventi ricavati dalla raccolta dei diritti a fondi di sussidio per determinate tipologie di autori o a ridistribuire le royalties tenendo in considerazione solo parzialmente il reale successo economico delle opere, favorendo il valore intellettuale e artistico.

Le collecting sono state da sempre viste come una sorta di “sindacati” o “corporazioni” atti alla riscossione delle royalties e alla successiva distribuzione agli aventi diritto, per conto dei quali difendono i loro interessi nei confronti degli utilizzatori, che non devono accedere abusivamente alle opere protette. Le società non concedono dunque trattamenti individuali ma operano in modo da avvantaggiare tutta una categoria di associati. La gestione collettiva è dunque ottimale nei casi in cui le opere artistiche e le loro utilizzazioni siano diffuse su tutto il territorio comportando così la necessaria capillarità del controllo sulle utilizzazioni. Le

collecting hanno molto spesso rilevanza pubblica poiché soggette alle leggi sul diritto

d’autore dello Stato d’appartenenza, il quale spesso ha avuto facoltà di definire delle esclusive legali di gestione sul proprio territorio.

A vantaggio della gestione collettiva dei diritti c’è il notevole abbattimento dei costi di transazione e una più efficiente modalità di rilascio delle concessioni di utilizzazione, e dei 233

relativi controlli. Ciò a beneficio sia dei titolari dei diritti, che acquistano così un potere contrattuale nei confronti delle società di gestione, sia degli utenti che devono interfacciarsi con un limitato numero di società dalle quali possono acquisire le licenze e i permessi di utilizzazione delle opere presenti nei loro vasti cataloghi.

Uno degli interrogativi sorti in Italia con la recente liberalizzazione del mercato della gestione collettiva dei diritti d’autore è proprio dovuto alla paura da parte degli utilizzatori, e in particolar modo dei gestori di locali o eventi in cui viene eseguita musica dal vivo, che con la presenza di più società si possa venire a creare confusione sulle modalità di richiesta, emissione e controllo dei permessi. 234

Visto che nel corso del ’900 la diffusione delle società di gestione collettiva è stata legata ai territori d’appartenenza linguistica e culturale, si è spesso venuto a creare un monopolio naturale di fatto. In Europa questo approccio monopolistico è stato definitivamente messo in discussione dalla Direttiva Barnier, e anche il monopolio legale concesso a SIAE dall’Italia può essere considerato decaduto. 235

L’intermediario unico, il monopolista, ha spesso facilitato le operazioni amministrative dei diritti creando una rete capillare di controllo che dovrebbe permettere efficienza ed efficacia del sistema collettivo. Si sono dunque affermati dei monopoli territoriali, dimostratisi però carenti soprattutto nella gestione delle licenze e dei permessi per i nuovi canali telematici di diffusione ed utilizzo delle opere.

Lo scopo primo delle società di gestione collettiva senza scopo di lucro rimane comunque quello di offrire ad autori ed editori servizi che siano economicamente convenienti, trattenendo dai ricavi dei corrispettivi sufficienti a coprire i costi di produzione di tali servizi.

I costi di transazione nel caso della gestione collettiva del diritto d’autore riguardano le attività che una

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collecting deve sostenere per amministrare i diritti relativi al proprio catalogo.

Per capire quali siano gli scenari attuali in Italia si veda il capitolo 3 sezione 4.3.

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Per approfondire la Direttiva Barnier e le sue implicazioni sul sistema italiano si veda il capitolo 3 sezione 1.

L’avvocato Andrea Marco Ricci ha individuato 5 punti che costituiscono le caratteristiche strutturali e gli obiettivi perseguiti dal sistema di gestione collettiva, di cui fa parte anche l’italiana SIAE:

• dando agli autori i ricavi raccolti la società di gestione collettiva permette agli stessi di vivere del proprio lavoro, e quindi scrivere e produrre opere nuove;

• gli autori che fanno parte di una collecting hanno maggior peso nella “contrattazione” con gli utilizzatori poiché se dovessero controllare da soli le loro opere sarebbero schiacciati dalle regole del mercato;

• le società, senza scopo di lucro, sono di proprietà della categoria e quindi non trattengono gli utili ridistribuendo i proventi agli aventi diritto;

• la gestione collettiva, sostituendo quella autonoma, non permette agli utilizzatori di chiedere deleghe o rinunce al versamento dei diritti, evitando dunque vessazioni nei confronti degli aventi diritto;

• le collecting, nate territoriali, hanno stipulato con le società attive in altri territori degli accordi di reciproca rappresentanza nel corso del ’900.

Quest’ultimo punto consente agli utilizzatori di doversi rapportare solo con la collecting del proprio Paese che può così, a livello teorico, emettere le licenze relative al repertorio di tutti gli artisti del Mondo. Altresì gli autori si iscrivono ad un’unica collecting dalla quale incassano royalties per l’utilizzo delle loro opere effettuato in qualsiasi parete del globo. 236

Questo sistema, denominato one-stop-shop, è il più efficiente possibile. Per garantirne 237

l’efficienza ci vuole un attento monitoraggio degli usi non autorizzati. Ciò consiste in una verifica delle inadempienze online e offline che richiede la presenza di una rete di controllo che sia attiva sia sul territorio che sul web. Il principio che muove l’operato delle società di gestione collettiva è di tipo solidaristico e il singolo avente diritto ne ricava un’agevolazione economica. Il sistema descritto equivale alle caratteristiche comuni presenti nelle collecting di tutto il mondo ma è però gestito a livello giuridico in diversi modi. 238

Una società estera incassa i proventi derivanti dall’utilizzazione di un’opera e li gira alla collecting

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dell’avente diritto che trasferisce il compenso dovuto.

Il concetto di one-stop-shop è più volte presente nella tesi e ci si riferisce alla possibilità di avere un unico

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soggetto a cui gli utilizzatori devono far riferimento per l’ottenimento delle licenze.

Intervento dell’avvocato Andrea Marco Ricci al convegno Nimpe Music Factory in Italy, del 25 maggio 2018

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