• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2: NORMATIVA VIGENTE IL D.LGS 12 APRILE 2006, N

3.7. In house providing

L’in house providing è un argomento molto complesso e dibattuto ormai da lunghi anni; di origine comunitaria, sconosciuto nell’ordinamento nazionale fino agli anni 90’, nel corso del tempo ha subito un’evoluzione normativa e giurisprudenziale tale da aver acquisito un carattere prettamente autonomo e a volte con linee di tendenza fortemente divergenti rispetto a quelle che hanno

252 Si veda S. GALLO, Le nuove direttive europee in materia di appalti e

173 caratterizzato l’Ordinamento europeo253.

Questa è una figura di diritto pretorio elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha definito il tema ponendo l’attenzione sulle condizioni necessarie per escludere l’applicazione delle procedure di appalto/concessioni ad evidenza pubblica254.

La Corte di Giustizia ha espresso il suo favore affinché un’autorità pubblica possa svolgere i compiti che la riguardano e rispondere ad interessi generali con i propri strumenti, anche collaborando con altre autorità pubbliche senza dover ricorrere a soggetti esterni all’amministrazione255. Siamo di fronte ad un modello di organizzazione attraverso il quale l’amministrazione o le amministrazioni aggiudicatrici esercitano i loro compiti erogando servizi pubblici, o anche acquisendo forniture e servizi direttamente dal soggetto affidatario diretto; quindi viene individuato come espressione di un principio di auto- organizzazione della P.A., differentemente dal contratto di appalto o di concessione dove l’aggiudicatario si distingue sia sotto il profilo formale che sostanziale; qui le due soggettività contraenti non possono individuarsi, in quanto l’ente affidatario del contratto altro non è che la stessa struttura organizzatoria dell’ente affidante. I principi di base da cui la Corte ha iniziato ad orientarsi in senso favorevole verso l’istituto li ritroviamo nella sentenza Teckal del 18 novembre 1999 (causa C- 107/98). Il giudice europeo ha ritenuto che non sussiste l’obbligo di espletare la gara pubblica per l’amministrazione, in presenza di due presupposti :

 l’amministrazione aggiudicatrice doveva poter esercitare sul

253 Si veda C. VOLPE, L’affidamento in house: situazione attuale e proposte

per una disciplina specifica, in: www. giustizia-amministrativa.it.

254 Si veda R. DE NICTOLIS, L. CAMERIERO, Le società pubbliche in

house e miste, GIUFFRÈ EDITORE, Milano, 2008, 133.

255 Si vedano Corte di Giust. CE, Grande Sezione, 9 giugno 2009, in causa C-

174 soggetto aggiudicatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

 il soggetto aggiudicatario doveva svolgere la maggior parte della propria attività in favore dell’ente pubblico di appartenenza. Tale orientamento veniva ritenuto valido sia con riferimento all’aggiudicazione di contratti di appalto, sia all’aggiudicazione di contratti di concessione256.

Con le nuove direttive si è invece riusciti a prevedere disposizioni espresse su questo tema; fatto non assolutamente scontato all’avvio del processo normativo in sede europea nel dicembre 2011257. Il modello che ne è derivato è in parte ricognitivo dell’esistente e in parte decisamente innovativo. Infatti, è stato osservato, che le direttive appalti/concessioni del 2014 si sarebbero ingiustificatamente discostate dalle ipotesi eccezionali che la Corte di Lussemburgo aveva individuato in modo tassativo nel corso degli anni; spetterà quindi alla Corte di Giustizia valutare se le disposizioni delle direttive 2014 risultino invalide per aver oltrepassato i limiti normativi legittimamente esercitabili in sede di formazione europea derivata.

Il termine “in house providing” non viene mai utilizzato nell’ambito della direttiva in esame, ma il testo utilizza la nozione di “appalti pubblici/concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico”; con questa espressione si ricomprendono (disciplinati dall’art. 17 della direttiva concessioni):

a) sia il fenomeno dell’in house providing in senso proprio b) sia ipotesi che si possono definire come di “quasi-in house” (c.d. “in house frazionato” o del “controllo analogo congiunto”)

c) sia ulteriori forme di cooperazione fra amministrazioni

256 Si veda Corte di Giust. CE, Sez. III, 10 settembre 2009, in causa C-573/07. 257 Si veda la proposta di cui al documento della Commissione europea COM

175 pubbliche che non comportano l’istituzione di un organismo gestionale ad hoc (c.d. “cooperazione pubblico-pubblico”).

Ma l’art. 17 non si ferma solo alla possibilità di procedere ad affidamenti di concessioni in via diretta nei confronti di soggetti riconducibili al settore pubblico.

La direttiva in esame ammette infatti l’aggiudicazione in via diretta:

 in favore delle imprese collegate all’ente aggiudicatore (alle imprese i cui conti annuali siano consolidati con quelli dell’Ente medesimo ai sensi della direttiva 2013/34/CE258, secondo le previsioni di cui all’articolo 13 della direttiva);

 in favore di un ente aggiudicatore operante nell’ambito dei cc.dd. settori esclusi, laddove l’affidamento sia disposto da una joint venture di cui tale ente faccia parte (art. 14);

 in favore di una joint venture di cui l’ente aggiudicatore faccia a sua volta parte.

Analizzando brevemente il quadro generale dell’istituto, (vi è sovrapposizione tra l’art. 17, rubricato “Concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico” della direttiva 2014/23/UE, l’art. 12, della direttiva 2014/24/UE, ed l’art. 28, della direttiva 2014/25/UE) vediamo nei 5 par. che compongono le norme in esame che:

 il par. 1 disciplina i presupposti e le condizioni in presenza dei quali si può ritenere che una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato (organismo in house) sia in un rapporto di delegazione interorganica con l’amministrazione aggiudicatrice,

258 Si tratta della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio europeo,

del 26 giugno 2013, relativo ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati ed alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, ed abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio. In attesa del recepimento della direttiva in parola (termine fissato per il 20 luglio 2015), la materia è disciplinata nell’ordinamento nazionale dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, di attuazione della direttiva 2006/43/CE, cit.

176 tale da consentire la legittima assegnazione in favore di tale organismo di un appalto o concessione anche in assenza di una procedura di gara. Si tratta dei requisiti Teckal (c.d. controllo analogo e attività prevalente), ridefiniti nel 2014. Le principali novità sono una maggiore definizione dei presupposti del controllo analogo, la possibilità di ammettere il rapporto interorganico anche in presenza di una società partecipata da soggetti privati, la fissazione di una soglia quantitativa in relazione al requisito della prevalenza (l’ordinamento nazionale aveva fatto coincidere il requisito della prevalenza con quello della esclusività, e ciò viene superato);

 il par. 2 ha ammesso una particolare figura che può essere definita come di “in house inverso”, consentendo l’aggiudicazione in via diretta (e senza gara) di un appalto o concessione possa avvenire:

- da parte di un organismo controllato;

- in favore della sua amministrazione controllante (a condizione che quest’ultima non sia partecipata da capitali privati, se non in misura trascurabile), ovvero in favore di altro soggetto dalla stessa controllato259;

 il par. 3 disciplina la prima forma di affidamento diretto che non costituisce il tipico in house providing, (in quanto non viene svolto in favore di un distinto organismo istituito ad hoc) ma costituisce comunque una legittima forma di cooperazione di tipo verticale fra amministrazioni aggiudicatrici. È l’ipotesi del c.d. “in house frazionato” o “pluripartecipato” (o “controllo analogo congiunto”), dove l’organismo che conferisce

259 Si tratta di un’ipotesi speculare ma rovesciata dello schema tipico dell’in

house providing, nel cui ambito l’affidamento diretto viene operato nella direzione soggetto controllante/organismo controllato.

177 l’affidamento dell’appalto o della concessione risulta partecipato e controllato congiuntamente non da una ma da più amministrazioni aggiudicatrici;

 il par. 4 disciplina una seconda forma di affidamento diretto che non costituisce in house providing: è il caso della cooperazione di tipo orizzontale fra amministrazioni aggiudicatrici che decidono di intrattenere rapporti contrattuali di comune interesse, ma senza costituire un organismo ad hoc; non essendo prevista la costituzione di organismi distinti rispetto alle amministrazioni interessate dalla prestazione della concessione, la questione della sussistenza del rapporto analogo non si pone. Questo paragrafo prevede che un contratto concluso tra due amministrazioni aggiudicatrici non rientra nel campo di applicazione della direttiva quando ricorrono tre condizioni: a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, la quale garantisce che i servizi pubblici che queste devono svolgere siano prestati con la finalità di conseguire obiettivi che esse hanno in comune; b) la cooperazione viene posta in essere solo da considerazioni di interesse pubblico; c) le amministrazioni interessate svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

Questa disposizione costituisce un ulteriore corollario del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche (art. 2 della direttiva in esame), il quale prevede la piena libertà per le amministrazioni aggiudicatrici di determinare il proprio modello di svolgimento dei servizi pubblici. La P.A. può quindi liberamente adempiere ai propri compiti di interesse pubblico in regime di autoproduzione, in collaborazione con le altre autorità pubbliche, in quanto il diritto comunitario non impone alle

178 autorità di ricorrere ad una determinata forma giuridica per assicurare lo svolgimento attraverso forme di cooperazione delle rispettive funzioni di servizio pubblico, a condizione che tale cooperazione sia rivolta al perseguimento di obiettivi di interesse pubblico260;

 il par. 5 indica in che modo possono essere determinate le soglie di fatturato rilevanti per verificare il requisito dell’attività prevalente (c.d. secondo requisito Teckal).

L’importante novità è data dal fatto, come dicevo prima, che fino ad oggi l’istituto in esame, non era mai stato codificato ma risultava essere il frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, così come gli accordi tra amministrazioni in materia di contratti pubblici, anch’essi mai disciplinati a livello legislativo.

L’art. 17, non fa altro che codificare i principi esposti nel Considerando 46. Quest’ultimo afferma l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva nel caso di concessione aggiudicata da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad una persona giuridica di diritto pubblico o privato qualora: a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercitino sulla persona giuridica pubblica o privata un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata siano effettuate per lo svolgimento dei compiti affidati dal soggetto controllante o da altre persone giuridiche da quest’ultimo controllate; c) nel soggetto controllato non vi sia alcuna partecipazione di capitale privato che non comporti controllo o potere di veto, ovvero non influenzi in maniera determinante il soggetto controllato.

Per il controllo analogo ed attività prevalente (lett. a) e b), la

260 Si veda C. CONTESSA, D. CROCCO, Appalti e concessioni. Le nuove

Direttive Europee, DEI s.r.l. TIPOGRAFIA DEL GENIO CIVILE, Roma, 2015, 164 ss.

179 giurisprudenza italiana261, ricordando quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ha ricordato “che rientra nel potere organizzativo delle autorità pubbliche degli Stati membri “autoprodurre” beni, servizi o lavori, mediante il ricorso a soggetti che, ancorché giuridicamente distinti dall’ente conferente, siano legati a quest’ultimo da una “relazione organica” (c.d. affidamento in house). Allo scopo di evitare che l’affidamento diretto a soggetti in house si risolva in una violazione dei principi del libero mercato e quindi delle regole concorrenziali, che impongono sia garantito il pari trattamento tra imprese pubbliche e private… è possibile non osservare le regole della concorrenza a due condizioni. La prima è che l’ente pubblico svolga sulla società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la seconda è che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente pubblico262”.

La Corte Costituzionale italiana per quanto riguarda il controllo analogo ha ripreso la nota sentenza Stadt Halle dell’11 gennaio 2005, nella quale la Corte di Giustizia ha ritenuto che esso non sussiste quando la società sia partecipata da privati, fermo restando che “qualunque investimento di capitale privato in un’impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati, rifuggendo da considerazioni ed esigenze proprie del perseguimento di obiettivi di interesse pubblico che devono caratterizzare il rapporto tra un’autorità pubblica… ed i suoi servizi263”.

Inoltre, nelle sentenze Carbotermo dell’11 maggio 2006, in causa C- 340/04 e Parking Brixen del 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, il giudice europeo ha precisato che, affinché sussista il controllo analogo, non solo deve esservi una “dipendenza finanziaria”, risultante dalla

261 Si veda Corte Cost., 25 marzo 2013, n. 50.

262 Si veda Corte di Giust., Sez. V, 18 novembre 1999, in causa C-107/98,

Teckal.

180 detenzione pubblica dell’intero capitale della società affidataria, ma sono necessari anche profili di natura prettamente gestionale. La Corte di Giustizia ha ritenuto che l’ente pubblico debba esercitare poteri di controllo sull’attività del consiglio di amministrazione più ampi e forti di quelli che normalmente il diritto societario riconosce alla maggioranza dei soci. In aggiunta, non sussiste il controllo analogo tutte le volte che l’impresa abbia “acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo” e “che risulterebbe dalla presenza di elementi, quali, a titolo esemplificativo: l’ampliamento dell’oggetto sociale; l’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; l’espansione territoriale dell’attività della società (sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005264).

Quanto, invece, al requisito del prevalente svolgimento dell’attività a favore dell’ente pubblico conferente, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che è necessario che il soggetto affidatario rivolga la sua attività “principalmente” a favore dell’ente. Di conseguenza, effettuare prestazioni non del tutto marginali a favore di altri soggetti, che non siano l’ente pubblico, porterebbe a ritenere quella determinata impresa “attiva sul mercato”, con un’ovvia alterazione delle regole della concorrenza e violazione dei principi che regolano le gare pubbliche e la legittima competizione. Una consistente attività rivolta al mercato, e quindi esterna all’ente pubblico, comporterebbe un allontanamento dal modello prospettato dai giudici europei, con due conseguenze. La prima, già detta, è che sarebbe falsata la concorrenza con le imprese che non usufruiscono dei vantaggi connessi all’affidamento diretto e, comunque più in generale, dei vantaggi derivanti dall’essere l’affidatario parte della struttura organizzativa dell’amministrazione locale. La seconda, è che non sarebbero rispettate nel modo più

181 assoluto le procedure competitive di scelta del contraente, le quali vanno osservate in presenza di un soggetto “terzo” (in questo caso colui che esplica una rilevante attività esterna) rispetto all’amministrazione conferente.

Anche per questo requisito, la Corte di Giustizia, con la già ricordata sentenza Carbotermo dell’11 maggio 2006, ha dichiarato che il giudice competente deve considerare tutte le circostanze del caso, sia qualitative che quantitative. Sul piano quantitativo, la sentenza richiama espressamente l’elemento del fatturato, osservando che il fatturato determinante è quello che l’impresa realizza in virtù di decisioni di affidamento adottate dall’ente locale controllante. Per il profilo qualitativo esso incide o può incidere sulla natura dei servizi resi e, quindi, sul criterio per ritenere che l’attività dell’impresa sia svolta principalmente per l’ente conferente e solo marginalmente per il mercato perché, a prescindere dal dato quantitativo del fatturato, tale profilo potrebbe, in astratto, proiettare i suoi effetti sulla rilevanza dell’attività svolta dal soggetto in questione, al fine di considerare prevalente o solo marginale l’attività “libera” in una prospettiva di futura espansione della stessa nel mercato o in zone del territorio diverse da quelle di competenza del soggetto pubblico conferente. Quanto affermato, risulta essere da tempo recepito nella prassi italiana ed europea; ora si trova all’interno della direttiva 2014/23/UE, la quale, all’art. 17, par. 1, comma 2, precisa che per controllo analogo deve intendersi l’esercizio di “un’influenza decisiva sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata” ma in più viene prevista un’importante novità: “tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore”.

182 analogo (ed il ricorso al modello in house) anche in via indiretta. Prima, tale possibilità sembrava essere per l’amministrazione un’opzione residuale; rientra in questa casistica anche la fattispecie relativa alle società holding che per il diritto comunitario è idonea a configurare un controllo analogo265.

Per quanto riguarda l’attività prevalente la norma prevede che deve essere pari all’80%.

L’art. 17, par. 5 chiarisce che occorre prendere in considerazione il fatturato totale medio o una misura idonea alternativa basata sull’attività, quale a titolo esemplificativo, i costi sostenuti dall’amministrazione nei tre anni precedenti all’aggiudicazione. Nell’ipotesi in cui non sia disponibile il dato sul fatturato o sulla misura alternativa nell’ultimo triennio, basta dimostrare che la misura dell’attività è credibile (art. 17, par. 5, comma 2).

Quest’ultima disposizione non convince in quanto lascia ampi margini di discrezionalità sulla “credibilità” della misurazione dell’attività in questione.

Schematizzando in modo estremo le considerazioni svolte, la nuova direttiva concessioni consente alle amministrazioni di espletare i compiti di interesse pubblico attraverso una delle seguenti modalità:

 ricorso al modello dell’internalizzazione/ autoproduzione. Ciò sarà possibile o ricorrendo al modello della gestione in autonomia (che nell’ordinamento italiano assume valenza sussidiaria); o attraverso il modello dell’in house providing (il quale, nella sua formulazione originaria, rappresenta una modalità di organizzazione interna alla stessa P.A. conferente);

 ricorso a forme di cooperazione con altre amministrazioni (si

265 Si veda F. MORETTI, Le aggiudicazioni in house nella nuova direttiva in

materia di concessioni. Prime annotazioni, in appalti e contratti, GIUFFRÈ EDITORE, Milano, 2014, 79 ss.

183 tratta di una modalità che presenta aspetti di similitudine con il modello dell’autoproduzione). Ciò sarà possibile o attraverso forme di cooperazione verticale di cui all’art. 17, par. 3, della direttiva (mediante l’istituzione di un organismo ad hoc in regime di controllo analogo congiunto); o attraverso forme di cooperazione orizzontale di cui al successivo paragrafo 4 (in questo caso non si procederà all’istituzione di un organismo ad hoc e la cooperazione si manterrà su un piano puramente contrattuale);

 ricorso all’esternalizzazione (mediante il conferimento ad operatori economici esterni). Ciò sarà possibile o attraverso un affidamento con gara (conformemente al quadro europeo oggetto del ravvicinamento delle legislazioni); o attraverso la costituzione di una forma di partenariato pubblico-privato istituzionalizzato/PPPi, che preveda la costituzione di una società mista, previa selezione del socio privato operativo con procedura ad evidenza pubblica266.