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Riferimenti bibliografic

2. I proclami di Barack Hussein Obama

Quanto siano attuali questi punti nell‟agenda politica del mondo d‟oggi ce lo rivelano i primi passi del neoeletto presidente americano. Sul New

79 A scanso di equivoci va detto che in questo paragrafo non si è voluta disconoscere la ten-

denza alla diminuzione della violenza nel corso dei secoli, né tanto meno la cosiddetta teoria del „processo di civilizzazione‟ – proposta dal sociologo Norbert Elias (1936-39) – che ten- de a darne conto; qui si è desiderato semplicemente richiamare l‟attenzione del lettore sulla persistente presenza della brutalità nella società attuale. Per una concisa presentazione della teoria di cui sopra, v. Bagnasco et al., 2009, pp. 247-248. Per una riflessione sulla dimunu- zione della violenza nel lungo periodo ci si soffermi su questo passo di Senellart (1994, p. 242): «Il despota era il signore il cui potere si basava sulla conquista e sull‟asservimento. Il potere sovrano costituiva dunque l‟antitesi del potere delle signorie, “in quanto non si tratta di un imperium, poiché non è fondato sul potere militare, né di un dominium, poiché non istituisce una relazione di assoggettamento plasmata su quella del padrone con il servo” (Barret-Kriegel, 1989, p. 47). Al dominio violento si sostituisce la trascendenza della legge. Il sovrano, benché assoluto, pure non dispone di un potere illimitato. La sua volontà è legge, ma è tenuto ugualmente a rispettare le leggi divine, operando secondo giustizia, e quelle na- turali, senza nuocere al bene altrui».

York Times – come già visto nel capitolo 2 (par. 2) – Thomas Friedman

chiudeva con queste parole il suo pezzo : “Di tutti i cambiamenti che saran- no apportati dalla presidenza di Obama, rompere con il nostro passato raz- zista potrebbe in definitiva rivelarsi il più piccolo”. Ed infatti, sarà stato pu- re un caso, ma non ancora insediatosi Barack Hussein Obama prende posi- zione su alcune questioni di interesse planetario, nulla dicendo sulla que- stione razziale. Tali questioni sono ricomprese a pieno titolo tra quelle ap- pena sopra evidenziate.

Prima questione di interesse planetario: la guerra

Voglio prendere le mosse dal titolo shock apparso in prima pagina su la

Repubblica del 2 dicembre 2008 – “Bush: sull‟Iraq ho sbagliato” – come

fosse possibile uscire di scena con una simile ammenda pubblica, dopo aver sostenuto per anni le ottime ragioni per scatenare cotanta potenza di fuoco su Baghdad e dintorni. In questi giorni di „cambio della guardia‟ sono in molti – nell‟Amministrazione Bush e nel paese – a prendere le distanze da quella scelta nefasta, ma per anni il verbo ufficiale è stato uno soltanto: il regime di Saddam Hussein ha le armi di distruzione di massa80. Ora, uno dei primi annunci del neopresidente Barack Obama riguarda proprio il ritiro dei soldati americani dall‟Iraq.

Le guerre, tutte, costituiscono per antonomasia la negazione del diritto alla vita e alla sicurezza dei popoli. Data la premessa, qualsiasi azione volta a ristabilire il dialogo e a sotterrare l‟ascia di guerra tra qualsivoglia belli- gerante non potrà che essere salutata come un passo nella giusta direzione: quella del rispetto tangibile dei diritti dell‟uomo, non già, al più, di una loro vuota enunciazione81. Ma le controversie politiche che tentano di essere re- golate con le armi – con la forza bruta, per l‟appunto – vedremo essere an- cora tante, in questo inizio di terzo millennio.

Seconda questione di interesse planetario: l‟ambiente

Osserva Mario Calabresi: “La rivoluzione verde sta diventando la gran- de scommessa di Barack Obama [quella che può] segnare una rottura sim-

80 Solo qualcuno, invero, ha cercato di raccontarci un‟altra guerra, facendo uso di un compu- ter, di un collegamento internet e di un blog personale (Pax, 2003).

81 Qui ci si potrebbe aprire ad un filone di studi che anche in Italia sta acquisendo spazio e visibilità: i Peace Studies, definiti come campo interdisciplinare che abbraccia la ricerca si- stematica sulle cause della guerra e le condizioni per la pace.

bolica con gli otto anni dell‟Amministrazione di George Bush e Dick Che- ney e i loro rifiuti di sottoscrivere qualsiasi accordo sul clima. „Ora – ha af- fermato Obama – è il tempo di affrontare questa sfida una volta per tutte. Il ritardo non è più un‟opzione. La negazione non è più accettabile come ri- sposta […]: la mia presidenza segnerà un nuovo capitolo nella leadership americana sul cambiamento climatico. […] Poche sfide sono più urgenti per l‟America e per il mondo che combattere il riscaldamento globale. […] Il livello dei mari cresce, le coste si stanno rimpicciolendo, abbiamo siccità record, carestie e tempeste sempre più forti anche fuori dalla stagione degli uragani‟”.

La medesima preoccupazione sembra crescere anche in Israele, dove i rabbini intonano preghiere alla pioggia contro il global warming. O contro la scempiaggine umana... L‟articolo è di Alberto Stabile: “Nell‟austera e chiusa Mea Sharim, il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme, i rabbini cabalisti, anziché preoccuparsi dell‟elezione di Obama, si stanno preparan- do, con digiuni e orazioni, al grande rito collettivo della Tefilat Geshem, la preghiera della pioggia. […] Il lago di Tiberiade, il maggior serbatoio idri- co di Israele, s‟avvicina pericolosamente al livello minimo, oltre il quale le pompe non potranno funzionare. Effetti del global warming che affligge il pianeta o, come sostengono certi rabbini, inevitabile conseguenza dell‟u- mana ostinazione a peccare?”.

È il sociologo Anthony Giddens (1999, 2000, p. 37) ad offrirci una con- vincente chiave di lettura di simili pratiche tardo-postmoderne: «Tutte le precedenti culture […] vivevano essenzialmente rivolte al passato, si servi- vano delle idee di fato, fortuna o volontà degli dèi nei casi in cui noi oggi introdurremmo l‟idea di rischio. […] Idee, naturalmente, che non scom- paiono del tutto con la modernizzazione: le credenze magiche, i concetti di fato e fortuna, l‟astrologia hanno ancora un seguito, ma spesso diventano superstizioni, a cui si crede solo a metà». Ma il punto che merita di essere sottolineato è espresso poco oltre (ibidem, pp. 40-41): «L‟idea di rischio ha sempre fatto parte della modernità ma […] attualmente assume un‟impor- tanza inedita e peculiare. […] Il modo migliore per spiegare cosa sta succe- dendo è distinguere fra due tipi di rischio: chiamerò il primo „rischio ester- no‟, riferendomi al rischio proveniente […] dagli elementi fissi della natura e della tradizione, e distinguendolo dal „rischio costruito‟, con cui intendo invece il rischio riconducibile all‟impatto della nostra conoscenza manipo- latoria sul mondo. Il rischio costruito si riferisce a situazioni di rischio ri-

spetto alle quali ci manca la possibilità di raffronti storici. […] A un certo punto – molto recentemente in termini storici – abbiamo cominciato a pre- occuparci meno di quello che la natura può farci, e più di quello che noi stiamo facendo alla natura; ciò segna la transizione dal predominio del ri- schio esterno a quello del rischio costruito». Sta tutta qui, in questa disami- na, la questione planetaria legata all‟ambiente.

Continua il proclama di Barack Obama: “Investiremo nell‟energia sola- re, nell‟eolico, nella prossima generazione dei biocarburanti, cercheremo di sviluppare tecnologie per avere carbone pulito e di sfruttare l‟energia nu- cleare lavorando per renderla più sicura”82. Il mondo resta in attesa di sape- re se quell‟investiremo lo si potrà presto declinare al passato, abbiamo in-

vestito.

Terza questione di interesse planetario: la bio-etica

Dei tre temi questo è con tutta probabilità il più controverso, quello do- ve risulta difficile stabilire – oggi per domani – da che parte stia il politi-

cally correct. È, se vogliamo, la questione del cosiddetto cultural lag, o ri-

tardo culturale, che per definizione ci coglie sempre impreparati al nuovo (Ogburn, 1922)83. Si tratta, in sintesi, della constatazione di un progresso tecnologico che avanza e che sposta di continuo un passo più in là il suo limite, e di un pensiero che viceversa resta ancorato alla tradizione, al pas- sato – timoroso delle nuove frontiere che potenzialmente si dischiudono. È, in ultimo, il solco che separa vecchio e nuovo e, di regresso in regresso, na-

tura e scienza.

82 Anche il sociologo Zygmunt Bauman si auspica un nuovo corso politico, che vada al di là degli Stati-nazione, per risolvere i gravissimi problemi ambientali che ci affliggono: “Inqui- namento atmosferico e mancanza di acqua potabile sono questioni che traggono origine nel- lo spazio globale”. Per un lavoro che si prefigge di smontare le „false credenze‟ che fanno ancora da ostacolo al perseguimento di una seria e decisa svolta ambientalista, v. Goodall, 2008.

83 Molti sono gli esempi in letteratura che illustrano questo fenomeno. Ricordando le tappe fondamentali della storia dei media e del mutamento che ne è derivato, Paccagnella (2004, p. 84 e seguenti) mostra come ogni nuovo mezzo di comunicazione (e per estensione, tecno- logico) che si è affacciato sulla scena sociale – dalla scrittura al computer, passando per stampa, telefono, radio e tv – sia stato in origine guardato con sospetto, piuttosto che saluta- to con entusiasmo. Per uno studio – tra i classici della sociologia – che evidenzia questa di- namica, v. Lynd e Lynd, 1929.

Quale possibile esempio a favore della bio-ingegneria (e quindi, in tema di bio-etica), Edoardo Boncinelli – sul Corriere della Sera – ci racconta la storia del primo trapianto biotech al mondo, effettuato a Barcellona: “Tra- chea creata con le staminali. Ecco il trapianto senza rigetto. […] È sempre più evidente che il futuro ci riserverà molti esempi di trapianti del genere, ottenuti tramite la convergenza di più tecniche: il trapianto stesso, l‟inge- gneria cellulare, l‟ingegneria tissutale e forse la bioingegneria, cioè l‟uti- lizzazione di materiali di derivazione ibrida, in parte biologica, in parte completamente artificiale”. In soldoni: una nuova vita per Claudia Lorena Castello Sànchez – la trentenne colombiana sottopostasi al trapianto – e per i suoi cari.

Per Stefano Rodotà, l‟Amministrazione Obama potrebbe segnare una nettissima discontinuità “dalle politiche „ideologicamente offensive‟ di Bush, che hanno vietato il finanziamento federale delle ricerche sulle cellu- le staminali embrionali […]. Qui infatti hanno pesato in modo determinante i confessionalismi religiosi e, una volta che Obama avesse ripristinato i fi- nanziamenti pubblici, la distanza con la politica ufficiale del Vaticano di- verrebbe clamorosa”. È proprio nella Chiesa romana che oggi il fronte del „No alla bio-etica‟ trova una delle sue più autorevoli espressioni e fonti di influenza. Ma il punto è complesso, come mostra la vicenda di Eluana En- glaro, assoggettata ad una macchina per l‟alimentazione artificiale per di- ciassette anni. Purtroppo sarà ancora necessario parlare di Eluana, dopo che politici e istituzioni se ne sono contesi a lungo corpo e ultime volontà.