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Riferimenti bibliografic

3. Lo scontro sulla libertà di stampa in Italia

Nel capitolo introduttivo ho già preso in considerazione la problematica relativa all‟ideologia sottesa alla selezione (prima) e all‟interpretazione (poi) delle notizie da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Ne ho ar- gomentato cercando di fornire plausibile giustificazione a supporto della mia scelta di monitorare, per la stesura di questo scritto, un solo quotidiano. Ma a seguito della virulenza dello scontro scoppiato nell‟estate del 2009 fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il giornale La Repubblica – da me giudicato in tempi non sospetti, o comunque meno sospetti, un quotidiano „non strumentalmente orientato‟ – tutto cambia. Per il presidente del Consiglio, e per buona parte del suo schieramento politico, nell‟estate

58 La cronaca sembra ripetersi anche in questo caso: “Venezia. Un gruppo di giovani brucia il giaciglio di cartoni di un barbone a due passi dalla chiesa dei Frari a Venezia. Lui si salva e i ragazzi scappano, correndo attraverso il labirinto di calli, facendo perdere le loro tracce. Un altro clochard preso di mira in Italia da una banda di giovanissimi, un‟altra tragedia sfio- rata che provoca l‟indignazione della tranquilla Venezia. „Erano giovanissimi: tre o quattro maschi e anche un paio di ragazze. Li ho visti che spargevano un liquido per terra. Poi ho visto come una stradina di fuoco, e quell‟uomo con le fiamme sul braccio che se le spegne- va. Un orrore‟. Così riferisce una testimone che ha assistito alla scena dalla finestra” (artico- lo del 7 gennaio 2010, a firma Nicola Pellicani).

del 2009 La Repubblica diventa (o si palesa come) un giornale di partito: o peggio, un giornale-partito, addirittura estremista, vera enclave di una op- posizione antidemocratica al governo di centrodestra. Ecco come ci docu- menta l‟accusa Gianluca Luzi: “L‟inchiesta di Repubblica mette a confron- to le dichiarazioni dei giorni scorsi dei vari protagonisti e quindi rivolge al premier dieci domande che avrebbero dovuto fare parte di un‟intervista che attraverso Gianni Letta era stata chiesta al premier, che ha rifiutato. […] Palazzo Chigi sostiene che l‟inchiesta di Repubblica è motivata da „invidia e odio nei confronti di un presidente del Consiglio che ha raggiunto il mas- simo storico della fiducia dei cittadini‟ e quindi „sono palesi i motivi della campagna denigratoria che Repubblica e il suo editore stanno conducendo da giorni contro il presidente Berlusconi‟. Per la presidenza del Consiglio „attacchi di così basso livello confermano non solo l‟assoluta mancanza di argomenti politici concreti di quel giornale e della sua parte politica, ma anche una strategia mediatica diffamatoria tesa a strumentalizzare vicende esclusivamente private a fini di lotta politica‟”59.

Il livello dello scontro è così alto che per avergli rivolto pubblicamente queste dieci domande, giudicate pretestuose, il 28 agosto 2009 il presidente del Consiglio fa causa alla testata (e all‟Unita)60. Una settimana dopo, il

59 Articolo del 15 maggio 2009.

60 A fine settembre sarà il rappresentante dell‟Organizzazione per la sicurezza e la Coopera- zione (OSCE), Haraszti, a chiedere, inascoltato, che il presidente del Consiglio ritiri le sue denunce. Nel comunicato osserva che: “I leader politici devono accettare un più alto livello di critica rispetto ai cittadini ordinari, in ragione delle loro funzioni, secondo la giurispru- denza della Corte europea dei Diritti dell‟Uomo”. Sul punto, è di rilievo anche l‟analisi di Alexander Stille (articolo dell‟11 settembre 2009): “La legge americana riconosce in pieno la differenza tra una figura pubblica – una persona che ha scelto di occupare un posto impor- tante nel mondo – e una persona che fa una vita prevalentemente privata. La legge sulla dif- famazione esiste per proteggere soprattutto le persone più deboli che non hanno in mano il megafono di un incarico pubblico e che possono essere distrutti da una campagna di stampa senza la possibilità di difendersi. Diversi sono invece gli standard per le figure pubbliche. Qui la legge cerca di incoraggiare un dibattito pubblico vivace, di non imbavagliare la stam- pa e tutelare l‟onorabilità di personaggi pubblici entro certi parametri molto ristretti. L‟idea che il primo ministro italiano debba ricorrere alla legge perché non gli è consentito lo spazio per dire la sua è palesemente assurda. […] Negli Stati Uniti un giornalista può anche scrive- re una notizia falsa e non essere condannato. Ma come? Non esiste la legge sulla diffama- zione per proteggere i cittadini contro le falsità? Sì e no. La soglia della prova negli Stati Uniti esige due cose: che la notizia sia falsa; che il giornalista abbia pubblicato la falsità con malizia e reckless disregard of the truth, la noncuranza spericolata della verità. Questo stan-

ministro dei Beni culturali Sandro Bondi detta alle agenzie di stampa il se- guente comunicato: “Anche oggi alcuni dei maggiori quotidiani italiani of- frono la testimonianza non di una libera informazione bensì di un potere irresponsabile che si alimenta attraverso l‟uso e la divulgazione pubblica del materiale più oscuro, inattendibile e incontrollabile e che persegue in alcuni casi consapevolmente e in altri inconsapevolmente la destabilizza- zione non dell‟assetto politico attuale ma ancor di più della normale vita democratica”61. Poi è la volta del ministro Renato Brunetta: “Dal 25 aprile è iniziata nei confronti del premier una damnatio personae da parte di un gruppo editoriale, da parte del partito di Repubblica-L‟Espresso, che dura anche ora e che punta a sovvertire il voto popolare”62.

Come far finta di niente? Come continuare a seguire la cronaca del mondo su un giornale così autorevolmente screditato? La durissima con- trapposizione venutasi a creare investe in pieno il mio lavoro: per quanto sia lontana da me l‟idea di „parteggiare‟, sarebbe veramente imperdonabile prendere le mosse da un foglio di giornale sfacciatamente eversivo. Decido quindi di seguire la querelle, a partire dall‟appello in difesa della libertà di stampa sottoscritto ai primi di settembre dai giuristi Franco Cordero, Stefa- no Rodotà e Gustavo Zagrebelsky.

L‟appello dei giuristi Cordero, Rodotà e Zagrebelsky

L‟attacco a Repubblica, di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l‟ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridur- re al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l‟opinione pubblica, di iso- larci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro paese un‟eccezione della democrazia. Le domande poste al presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera „reto-

dard piuttosto alto, che permette anche l‟errore quando il giornalista lavora seriamente e in buona fede, esiste proprio perché la legge riconosce che il dibattito pubblico […] è un bene pubblico prezioso che non va sacrificato per l‟errore occasionale”.

61 Articolo del 1° settembre 2009, a firma Giovanna Casadio.

62 Articolo del 12 ottobre 2009, a firma Silvio Buzzanca, che a onor di cronaca così conti- nua: “Incalzato dalla giornalista che gli chiede di chiarire i nomi dei congiurati, il ministro replica: „Se avessi una notizia di reato l‟avrei riferita a un magistrato, io ho fatto un ragio- namento politico e sociologico‟”. Come dire (almeno con riferimento al „politico‟): „Io ho fatto solo un ragionamento ideologico‟…

riche‟, perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono ri- volte, c‟è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma ri- spondere. Invece, si batte la strada dell‟intimidazione di chi esercita il dirit- to-dovere di “cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espres- sione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee”, come vuole la Dichiarazione Universale dei diritti dell‟uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell‟informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.

A partire da qui seguo, giorno dopo giorno, il dipanarsi della cronaca negli articoli di Vladimiro Polchi.

3 settembre 2009

Non si ferma l‟ondata d‟adesioni all‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato dai giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gustavo Za- grebelsky. Prosegue anche il fiume di lettere ed e-mail contro la decisione del premier Silvio Berlusconi di fare causa a Repubblica per le dieci do- mande che attendono da mesi una risposta.

7 settembre 2009

L‟ultima adesione in ordine di tempo giunge da Anthony Giddens, cele- bre sociologo britannico della London School of Economics. La sua firma va ad aggiungersi alle tante già arrivate dal mondo della cultura e dello spettacolo, da accademici, giornalisti e professionisti. Non solo italiani. Prosegue infatti l‟ondata di adesioni in difesa della libertà di stampa, lan- ciato dai giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Il conto parziale su Repubblica.it si è fermato ieri sera a quota 268.000 citta- dini.

8 settembre 2009

Anche Daniel Cohn-Bendit, storico leader del movimento ambientalista, ha lasciato nome e cognome. Con lui, oltre 280.000 cittadini hanno firmato l‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato dai giuristi Franco Corde- ro, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Molte le adesioni dall‟estero. Dalla Francia: lo storico Jacques Le Goff, lo scrittore e filosofo Marek Hal- ter e lo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun. E continua a cresce-

re il numero di lettere ed e-mail che criticano Silvio Berlusconi e la sua de- cisione di denunciare Repubblica per le dieci domande. […] Ieri hanno ade- rito all‟appello dei giuristi su Repubblica.it anche lo scrittore Bruno Arpaia, il filosofo Remo Bodei e l‟attore e scrittore Moni Ovadia. E ancora: Alberto Asor Rosa, Inge Feltrinelli, […]. Firme che vanno ad aggiungersi a quelle di Martin Schulz, John Turturro, Ulrich Beck, Tilda Swinton, Helen Mir- ren, Roberto Benigni, Umberto Eco, Roberto Saviano, Gino Strada, Ber- nardo Bertolucci, Nanni Moretti, Dario Fo, Alessandro Baricco, Mario Monicelli, Claudio Abbado, Salvatore Accardo, Paolo Villaggio.

9 settembre 2009

Timothy Garton Ash e Fausto Bertinotti. Anche loro aderiscono all‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato dai giuristi Franco Cor- dero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Un fiume di adesioni e di let- tere: il conto su Repubblica.it ha sfiorato ieri sera quota 300.000. “Include- temi nell‟appello contro questa oltraggiosa denuncia di Berlusconi – chiede Thimoty Garton Ash, docente a Oxford e columnist del Guardian – sono interamente con voi e ammiro la posizione che avete preso”. […] Firma an- che Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga e ora presidente del gruppo

Liberali e democratici europei a Strasburgo. Aderiscono pure i giornalisti

russi Dmitri Muratov, direttore di Novaja Gazeta (quattro suoi giornalisti sono stati uccisi, tra loro Anna Politkovskaja) e Viktor Loshak, direttore del settimanale Ogoniok. E poi tanti scrittori: gli spagnoli Javier Cercas e Paco Ignacio Taibo II, l‟inglese Christopher Duggan, il russo Viktor Erofeev. Con loro lo storico Donald Sassoon, il sociologo Zygmunt Bauman, il regi- sta Goran Paskalievic.

10 settembre 2009

“La libertà di stampa è la base della democrazia. Firmo perché non pos- so sopportare un paese in cui si possa applicare una censura sulla stampa e dove i giornalisti possano subire pressioni”. Con queste parole la scrittrice sudafricana Nadine Gordimer, premio Nobel per la letteratura, aderisce all‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato dai giuristi Franco Cor- dero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Le firme hanno raggiunto quota 300.000. Sempre più numerose le adesioni dall‟estero: a firmare lo scrittore israeliano David Grossman e l‟attore Benicio Del Toro. […]

“L‟Italia è un mondo di telespettatori e non di cittadini” dice aderendo all‟appello lo scrittore Luis Sepulveda.

11 settembre 2009

Gerard Depardieu e Francesco Guccini. Lo scrittore Tiziano Scarpa e gli editori Elvira e Antonio Sellerio. Le loro firme vanno ad aggiungersi a quelle di oltre 310.000 cittadini: tante sono le adesioni all‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato da Franco Cordero, Stefano Rodotà e Gu- stavo Zagrebelsky. […] Il premio Nobel per la letteratura, Nadine Gordi- mer, dopo aver firmato nei giorni scorsi, ieri è tornata sul tema: “È una si- tuazione strana e sfortunata – ha detto – che in Italia ci sia un premier pro- prietario di tante catene tv e media”. […] Firma l‟appello anche il neuropsi- chiatra infantile Giovanni Bollea e Walter Tega, presidente della Fondazio- ne Alma Mater di Bologna: “La constatazione dello stato di dittatura media- tica in cui si trova il nostro paese – sostiene – mi spinge con forza a espri- mere piena solidarietà all‟appello e un sincero ringraziamento per la vostra battaglia in difesa della libertà di stampa”.

17 settembre 2009

I direttori dei più prestigiosi giornali europei firmano l‟appello per la li- bertà di stampa lanciato dai giuristi Rodotà, Zagrebelsky e Cordero (che ha raggiunto le 375.000 firme). Dopo il sì del direttore del Guardian, aderisce John Witherow, direttore del britannico The Times e Roger Alton dell‟Indipendent. Si uniscono all‟appello dalla Germania il direttore della

Sueddeutsche Zeitung e quello di Die Zeit. E dalla Francia arrivano le firme

del direttore di Liberation, Laurent Joffrin, e di Denis Olivennes, direttore del settimanale Le Nouvel Observateur. Dalla Spagna aderiscono il diretto- re del Pais e quello del Periodico de Catalunya Rafael Nadal. Firma anche la caporedattrice del quotidiano di Bruxelles Le Soir. Da Parigi si unisce all‟appello Jean Francois Julliard, segretario di Reporters Sans Frontières. Nei giorni scorsi firme prestigiose anche dall‟Est europeo: Dmitri Muratov, direttore di Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja, Viktor Lo- shak, direttore del settimanale russo Ogoniok e Adam Michnik, direttore del polacco Gazeta Wyborrcza. Da Parigi, firma l‟ex ministro socialista Jack Lang.

18 settembre 2009

Continuano a correre le adesioni all‟appello in difesa della libertà di stampa lanciato su Repubblica: superate le 390.000 firme. Dopo i direttori dei maggiori giornali europei, si allunga la lista delle adesioni illustri: firma la poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, il settimo Nobel dopo le adesioni di Dario Fo, Nadine Gordimer, Gunter Grass, Edmund Phelps, José Saramago e Betty Williams. […] Fir- ma Edgar Morin filosofo e sociologo francese e Orlando Figes, storico bri- tannico. Aderiscono anche Graham Watson, eurodeputato britannico dell‟Alde, Louis Mitchel, commissario europeo per lo sviluppo e gli aiuti umanitari, …

L‟elenco è sempre più lungo: ai primi di ottobre i sottoscrittori arrivano alla considerevole cifra di 500.000 e passa firme63. Ma più in generale, sul- la questione „libertà di stampa in Italia‟, altri tre temi si impongono all‟attenzione nel 2009: a) il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche (che in giugno vede l‟Ordine professionale dei giornalisti e de- gli editori fare fronte comune contro il provvedimento); b) la manifestazio- ne indetta dalla Federazione nazionale della Stampa italiana (FNSI) per me- tà settembre a Roma (poi slittata ai primi di ottobre); c) il dibattito al Par- lamento europeo, in ottobre, in accoglimento di una proposta del gruppo liberaldemocratico. Vediamoli in estrema sintesi, con i resoconti degli arti- colisti.

Il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche

Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) e Federazione nazionale della Stampa Italiana (FNSI) chiedono al Parlamento di non introdurre nel

63 Fuori dalla sottoscrizione hanno ancora modo di esprimersi positivamente sulla correttez- za del giornale la Repubblica nel modo di fare informazione (o, che è lo stesso, di criticare senza mezzi termini l‟attacco del presidente del Consiglio alla libera stampa): Bill Emmott, direttore dell‟Economist dal 1993 al 2006 (articolo di Enrico Franceschini, 15 maggio 2009); il Financial Times (articolo di Silvio Buzzanca, 28 maggio 2009); don Antonio Sciortino, direttore del settimanale Famiglia Cristiana (articolo di Orazio La Rocca, 24 giu- gno 2009); David Grossman (articolo del 2 luglio 2009); Javier Moreno, direttore del Paìs (articolo di Roberto Ciuti, 11 settembre 2009); Le Monde (articolo di Curzio Maltese, 15 settembre 2009); Juan Louis Cebriàn, fondatore di El Paìs (articolo di Francesca Caferri, 17 settembre 2009); Newsweek, settimanale-simbolo del mondo globalizzato, con 12 edizioni nazionali (articolo di Angelo Aquaro, 12 ottobre 2009).

nostro ordinamento limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca e sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori. Le previsioni del ddl Alfa- no violano il fondamentale diritto della libertà d‟informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell‟uomo. Gli editori e i giornalisti concordano sulla necessità che sia tutelata la riserva- tezza delle persone, soprattutto se estranee alle indagini, ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative64.

Per Stefano Rodotà: “Siamo di fronte ad una nuova manifestazione di una linea ben nota, ad una accelerazione della irresistibile volontà di libe- rarsi proprio di quei contrappesi, di quegli strumenti di garanzia che, in un sistema democratico, possono impedire la degenerazione del potere, il suo esercizio incontrollato, la creazione di sacche di impunità. Per realizzare questo risultato si è insistito molto sulla necessità di tutelare la privacy del- le persone, troppe volte violata. Ma questo argomento, in sé legittimo, è stato trasformato in pretesto per una disciplina punitiva, che con la tutela della privacy non ha niente a che vedere. […] Il diritto costituzionale all‟informazione, ricordiamolo, non è privilegio del giornalista, ma elemen- to storicamente essenziale per il passaggio da sudditi a cittadini”65.

La manifestazione della FNSI (del 3 ottobre 2009)

In attesa dell‟evento, così lo scrittore Roberto Saviano: “Vorrei che tutti coloro che scendono in piazza lo facessero anche in nome di chi in Italia e nel mondo ha pagato con la vita stessa per ogni cosa che ha scritto e fatto a servizio di un‟informazione libera. In nome di Christian Poveda, ucciso di recente in El Salvador per aver diretto un reportage sulle maras, le ferocis- sime gang centroamericane che fanno da cerniera del grande narcotraffico fra il sud e il nord del continente. In nome di Anna Politkovskaja e di Nata- lia Estemirova, ammazzate in Russia per le loro battaglie di verità sulla Ce- cenia, e di tutti i giornalisti che rischiano la vita in mondi meno liberi. Loro guardano alla libertà di stampa dell‟Occidente come a un faro, un esempio,

64 Articolo del 12 giugno 2009. 65 Articolo del 12 giugno 2009.

un sogno da conquistare. Facciamo in modo che in Italia quel sogno non sia sporcato”66.

Poi, a evento trascorso, così il corrispondente anonimo: “Le foto della folla colorata che ha manifestato a Roma rimbalzano sui mezzi di informa- zione di tutto il mondo. In Francia Le Nouvel Observateur parla di „una grande manifestazione per difendere la libertà di stampa‟. Spazio anche sul

New York Times e sul londinese Times: „Manifestazione a Roma, dopo che

per mesi Berlusconi ha rifiutato di rispondere alle domande pubblicate ogni giorno da Repubblica‟. Lo spagnolo Nueva Tribuna racconta „la prima vol- ta in cui, in Europa e nel XXI secolo, un paese democratico ha dovuto ma- nifestare per proteggere la libertà di espressione‟”67. Ma sulla televisione pubblica italiana l‟evento passa pressoché inosservato.

Il dibattito al Parlamento europeo

Andrea Bonanni: “Con due voti in seduta plenaria il Parlamento europeo ha giudicato che la questione della libertà di informazione in Italia è un te- ma che riguarda tutta l‟Europa e ha deciso di presentare una risoluzione in cui si chiederà una legislazione comune per regolare le concentrazioni dei media nelle mani di una sola persona e garantire il pluralismo dell‟infor- mazione. […] Il capogruppo del Ppe e quello della delegazione del Pdl a- vevano chiesto di cancellare dall‟ordine del giorno dei lavori la discussione sulla libertà di informazione in Italia, in calendario per questa mattina. Do- po un breve dibattito, la plenaria ha confermato l‟appuntamento respingen- do la richiesta. […] Gli occhi ora si puntano sulla risoluzione, che sarà di- scussa tra quindici giorni a Strasburgo”68.

Alberto d‟Argenio: “La legge sulle intercettazioni messa in cantiere da Berlusconi all‟Europa non piace. Stoppare cronaca giudiziaria e giornali- smo d‟inchiesta vietando la pubblicazione dei tabulati, a Bruxelles viene giudicato come un „grave attentato alla libertà di stampa‟ e un atto contrario ai principi fondamentali dell‟Unione. Il giudizio è contenuto in una lettera firmata dalla commissaria Ue ai media – la conservatrice lussemburghese Viviane Reding – in risposta ad una interrogazione dell‟europarlamentare