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1.3 Crisi agroalimentare.

1.3.1 I regimi alimentari.

Il concetto di regime alimentare viene introdotto nel dibattito della sociologia urbana e rurale da un articolo di Friedmann e McMichael del 1989 per spiegare le crisi agro –alimentari. Secondo questo approccio la ristrutturazione dei processi della produzione e del commercio agricolo è strettamente connessa all’organizzazione dell’economia globale e, dunque, ai regimi dell’accumulazione capitalistica (Friedmann, McMichael, 1989). Tale prospettiva analitica considera la configurazione delle relazioni di produzione, la composizione di classe e le abitudini alimentari; riconnette le dinamiche dell’industria a quelle dell’agricoltura:

The Friedmann –McMichael perspective has been directed at understanding how agrarian structures and state agricultural policies developed over time in both the North/centre and South/periphery. In so doing they have emphasized that although the capitalist world –economy and national economic systems each represent important dimensions of the world political economic context, neither the concepts of capitalist world –economy nor that of capitalism as a mode of production can in and of itself explain either specific international production regimes (e.g. international agri –food policies) across time and space. (Buttel, 2001:24)

Il metodo dei regimi alimentari è una chiave di lettura che, per spiegare le transizioni e le riorganizzazioni dei circuiti internazionali di capitale, mette in relazione i cambiamenti del sistema agro –alimentare con quelli dell'espansione dell’economia globale.

Un regime alimentare si riferisce ad uno specifico periodo di egemonia o di transizione egemonica, ne sono stati identificati tre: quello dell’Impero, dello Stato e del Mercato (Friedmann, 2005; McMichael, 2005, 2009). Il primo regime, di tipo estensivo, si sviluppa nel XIX secolo con l’egemonia coloniale britannica; il secondo, di tipo intensivo, in seguito alla decolonizzazione a partire dalla fine della seconda guerra mondiale riguarda l’egemonia degli Stati Uniti. Il terzo si estende attraverso il progressivo dominio del capitale agro –alimentare transnazionale e genera

un’agricoltura industrializzata sempre più intensiva nella produzione specializzata delle commodities per imprese e regioni (Friedmann, McMichael, 1989, Friedman, 1993).

Il regime coloniale diasporico (1870 –1914):

Egemonia Modello Elementi distintivi

Impero Britannico Imperialismo Libero Mercato; Importazioni a basso costo; Settlers; Aziende agricole; Monoculture industriali.

FONTE: FRIEDMANN (2005), elaborazione propria.

Il primo regime è quello delle colonie britanniche in cui si struttura il mercato del grano a livello mondiale. Il reclutamento di settlers (coloni) genera le cosiddette “diaspore agricole”. Gli insediamenti vengono organizzati in coltivazioni di monocolture su larga scala orientate all’esportazione:

Food regimes have so far been based on implicit rules. The first food regime was framed within a general rhetoric of free trade and the actual workings of the gold standard. The world wheat market that arose in the decades after 1870 was not really anyone’s goal. However, vast international shipments of wheat made possible what actors really wanted to do – capitalists wanted to build railways, states of the European diaspora wanted to push back frontiera against indigenous peoples and build states to rival (and complement) those of Europe, and the poor and politically repressed of Europe wanted to find a better life in the European colonies. Wheat was the substance that gave railways income from freight, expanding states a way to hold territory against the dispossessed, and diasporic Europeans a way to make an income. (Friedmann, 2005:231)

Il declino del regime alimentare coloniale –diasporico inizia con disastro ecologico noto come Dust Bowl47 e la Grande Depressione dell’economia

mondiale degli anni trenta del ventesimo secolo. Il regime mercantile – industriale (1947 –1973):

47 In italiano: Conca di polvere. Tra il 1931 e il 1939 una serie di tempeste di sabbia

colpirono gli Stati Uniti centrali e il Canada. Tale fenomeno viene attribuito a decenni di tecniche agricole inappropriate e alla mancanza di rotazione nelle culture che hanno compromesso l’idratazione dei terreni seccandoli totalmente e riducendoli in polvere (Worster, 1982).

Egemonia Modello Elementi distintivi

Stati Uniti d’America Stato Nazione Aiuto; Prezzi garantiti; Sussidi all’esportazione; Rivoluzione Verde; Progetto Sviluppo.

FONTE: FRIEDMANN (2005), elaborazione propria.

La regione esportatrice creata dal precedente regime, gli Stati Uniti d’America, usufruendo della politica agraria prevista dal New Deal che garantiva prestiti e sussidi per uscire dalla Grande Depressione, inizia a accumulare un insieme di eccedenze affidate alle agenzie governative. Tali stock saranno impiegati in buoni alimentari per la distribuzione interna, ma soprattutto saranno trasferiti nella forma di aiuti prima in Europa e poi nel Sud del mondo. McMichael (2006) spiega come le politiche degli aiuti per lo sviluppo, da un lato, definiranno la cronica dipendenza dalle importazioni da parte dei cosiddetti “paesi sottosviluppati” – così come chiarisce la teoria del sistema –mondo di Wallerstein (1978, 1995) – dall’altro, mettono in crisi l’agricoltura minandone il sistema alimentare, i mercati locali e le condizioni di riproduzione delle popolazioni rurali. Il “progetto sviluppo” universalizzando la visione euro –americana della modernità, definita come civiltà industriale, obbliga alla dipendenza dalla finanza e dalle tecnologie del Primo Mondo gli stati del Sud. Negli anni cinquanta e sessanta, sul modello statunitense, si avviarono politiche statali per l’industrializzazione dell’agricoltura: la Rivoluzione Verde:

Internally, the U.S. modeled and supported major state involvement and industrialization of agriculture. Governments in all parts of the world adopted locally suitable versions of U.S. mercantile agricultural policies. Both were encouraged by international development agencies during the 1950s and 1960s. In the Third World, industrialization of agriculture, called the Green Revolution, increased grain production and – as in the U.S. – also contributed to expulsion of farmers from the countryside. Japan, Britain, and the European Economic Community all adopted farm subsidies that were modified versions of the U.S. model (and eventually had surpluses of their own). The Common Agricultural Policy of 1957 (with specific policies defined in 1958) was the founding policy of European integration in the Treaty of Rome. During the 1950s and 1960s, these mercantile policies allowed for complementary national regulation of domestic farm sectors and agricultural trade. And within these nationally regulated spaces, agriculture and food became reorganized into industries with their own technical dynamics and the source of large profits. (Friedmann, 2005:243)

Il secondo regime vede maturare il potere delle grandi imprese industriali del settore agroalimentare – corporations – che progressivamente controllano il mercato e la filiera produttiva e commerciale globale.

Al declino del regime mercantile –industriale concorrono una serie di fattori: la crisi dei prezzi nei paesi del Sud, in caduta perchè schiacciati tra l’importazione di cibo e l’esportazione dei prodotti coloniali (cost –price squeeze); la riorganizzazione delle filiere da parte delle nuove multinazionali; la sospensione delle politiche degli aiuti e dei contratti commerciali; e infine, i paesi del Sud iniziano a contrarre importanti debiti nei confronti di banche private (Friedmann, 2005).

Il regime ambientale e delle corporations (fine anni Ottanta –…):

Egemonia Modello Elementi distintivi

World Trade Organization (WTO) Settore privato Green Capitalism Mercato Biotecnologie; Salubrità e qualità; Politiche ambientali: Catene transnazionali; Protezionismo verde; Progetto globalizzazione

FONTE: FRIEDMANN (2005), elaborazione propria.

Secondo Friedmann (2005) e McMichael (2005, 2009) l’egemonia del terzo regime è in mano ai meccanismi della governance delle istituzioni internazionali – su tutte il WTO48 – e delle corporations. Esplorando le connessioni tra lo sviluppo dell’industrializzazione agricola ed il processo di riconfigurazione della produzione e del consumo di massa, secondo Friedmann (2005) è in atto una “regolazione privata globale” che determina un processo di concentrazione di potere sia sugli inputs e sulle materie prime, che sulla trasformazione, distribuzione e commercializzazione degli alimenti.

48 Assieme alla Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione

Friedmann (2005) denomina il “regime ambientale” in funzione di ciò che nomina Green Capitalism, ossia la strategia di appropriazione, da parte delle corporations, della crescente domanda da parte delle popolazioni di una maggiore attenzione sociale sulla salubrità e qualità, ambientale e alimentare:

There were national precedents for a new configuration of public and private standards. In the 1980s and 1990s, U.S. national controversies over public certification of ‘‘organics’’ pitted large –scale ‘‘corporate’’ growers against adherents to ‘‘holistic’’ principles from which the term derived in the 1970s. Increasing market opportunities had attracted farmers with little commitment to principles of the social movement, with regard either to ecosystem integrity or even less to labor standards (Guthman, 2004, pp. 51 –53). Moreover, the proliferation of certification bodies created confusion, and in the face of intergovernmental failures to resolve it, corporations began to shift the terrain. Corporate supply chains, more than social movement supply chains they appropriated, depend on some kind of certification. According to Raynolds (2003, p. 737), ‘‘The rising importance of mainstream retailers and food corporation in Northern organic markets is reinforcing the position of big producers in Latin America able to guarantee large continuous supplies of standardized goods.’’ The standards applied by corporate supply chains are an elaborate set of specifications applied to all links in the chain, abstracting from local environmental (and labor) conditions that originally informed organic and fair trade movements. They press against the small producers and trade organizations still adhering to those principles. Campbell (2004, Campbell & Coombe, 1999) calls this a form of ‘‘green protectionism’’ by the North, forcing higher national standards, e.g., in New Zealand, to give way to those dictated by private supply chains ending in rich Northern consumers. (Friedmann, 2005:245)

Le politiche e i regolamenti hanno disposto crescenti certificazioni di standard di qualità caratterizzando la riorganizzazione delle filiere da parte delle corporations, che hanno integrato al proprio interno questi elementi di controllo e composizione della produzione. Il ‘‘green protectionism’’ (Campbell, 2004; Campbell, Colombe, 1999) risponde alla domanda dei consumatori più benestanti, che richiedono prodotti maggiormente sensibili alla tutela della salute dell’ambientale e delle persone che, nei fatti, crea nuove differenze ed esclusioni tra grandi e piccoli produttori. L’accumulazione di capitale, secondo McMichael (2006), è favorita anche da una “nuova divisione del lavoro” che ha generato una contrazione dell’occupazione legata alla tecnologia, al ridimensionamento industriale e

alla stagnazione prodotta dai programmi di aggiustamento strutturale che ha espanso il settore informale49.

La ristrutturazione capitalistica, in forza dei processi di esternalizzazione della produzione, della flessibilità e casualizzazione del lavoro, diventa indifferente alla riproduzione sociale (Harvey, 2005).