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Le Iniziative di Transizione

2. Fra teoria e prassi: Le Iniziative di Transizione.

2.4. Transition Town, un movimento per il cibo locale?

2.4.2 Un quadro analitico per le IdT.

Al fine di tracciare un quadro cognitivo generale le categorie analitiche da verificare sul movimento delle Transition Towns: richiameremo quelli che della Porta e Diani (1997) nominano i quattro aspetti caratteristici dei movimenti, derivanti da una visione integrata delle differenti teorie; approderemo poi all’approccio cognitivista di Eyerman and Jamison (1991), ne assumeremo il loro framework utile per scardinare la dicotomia tra gli orientamenti e le istanze culturali e politiche delle azioni collettive, che più si avvicina, a nostro modo di vedere, alle esigenze teoriche che posso riferirsi al nostro studio, passando per la nuova composizione sociale dei movimenti (Magnaghi, 2010).

Secondo della Porta e Diani (1997: 29 –30), se è ancora prematuro parlare di una teoria integrata sui movimenti sociali, si possono comunque registrare degli elementi ricorrenti e caratteristici:

1. Reti di relazioni informali: in primo luogo i movimenti sociali possono essere considerati come sistemi di rapporti non formalizzati tra una pluralità di individui, gruppi e/o organizzazioni. Le caratteristiche di questi networks possono variare dai reticoli dispersi e debolmente connessi, descritti da Gerlach e Hine (1970) nel loro pionieristico lavoro sui vari tipi di movimenti controculturali americani, alle reti dense e fortemente integrate che facilitano l’adesione ai gruppi terroristici, analizzate da della Porta (1988). Queste reti permettono sia la circolazione di risorse fondamentali per l’azione (informazioni, competenze, risorse materiali) sia l’elaborazione di interpretazioni condivise della realtà. Forniscono cioè le precondizioni al tempo stesso per lo sviluppo della mobilitazione e la messa in pratica di specifici stili di vita.

2. Credenze condivise e solidarietà: per essere considerata un movimento sociale, una collettività i cui membri sono coinvolti in scambi di vario tipo deve elaborare un sistema di credenze condivise e una specifica solidarietà. I movimenti influenzano, e in parte determinano, sia lo

sviluppo di nuovi modi di interpretare problemi già presenti in una data società, sia il sorgere di nuove tematiche. Contribuiscono infatti «[al] formarsi di un vocabolario e [all’]emergere di idee e di opportunità d’azione che in passato erano sconosciute o persino inconcepibili» (Gusfield, 1981: 325). La ridefinizione simbolica di tutto ciò che è reale e possibile è legata al formarsi di identità collettive. Allo svilupparsi di rappresentazioni collettive e sentimenti condivisi si deve il fatto che, come ha rilevato Hanspeter Kriesi riferendosi al movimento alternativo di Zurigo, «elementi che [sono] tutti già presenti da tempo, senza però essersi in precedenza combinati tra loro, improvvisamente [divengono] parti di un movimento ben integrato» (Kriesi, 1988: 367). Le nuove identità e i nuovi sistemi di valori possono inoltre mantenersi nel tempo anche quando la fase di mobilitazione pubblica di un movimento si è esaurita (Melucci, 1989; Turner, Killian 1987).

3. Azione collettiva di tipo conflittuale: possiamo aggiungere che i movimenti sociali sono attori collettivi impegnati in conflitti di natura politica e/o culturale, volti a promuovere o ad ostacolare il mutamento sociale, ad un livello sia sistemico che non sistemico. Per conflitto, intendiamo una relazione di opposizione tra attori che si riferiscono al controllo di una medesima posta. Perchè vi sia conflitto sociale occorre, in primo luogo, che sia definito un campo condiviso, con attori che si percepiscono come diversi, ma al tempo stesso legati dal riferimento ad interessi e valori cui entrambi attribuiscono importanza; dal riferimento, cioè, a «poste in gioco che sono tenute in gran conto e desiderate da due o più antagonisti» (Touraine, 1987: 102). È necessario inoltre che l’interazione comporti, da parte di ognuno degli attori coinvolti, rivendicazioni negative, vale a dire domande che, se realizzate, danneggiano gli interessi degli attori; nonchè minacce di sanzioni esplicitamente rivolte verso questi ultimi96.

96 Nota degli autori della Porta, Diani (1997: 29) Su questo terreno differiscono ad

esempio conflitto e competizione (Tilly, 1987; cfr. anche Gallino 1978). Mentre è tratto distintivo del primo il fatto di danneggiare l’avversario, nel secondo mancherebbe l’interazione diretta tra gli attori in competizione (Simmel, 1955)

4. Ricorso alla protesta: fino all’inizio degli anni settanta i movimenti erano, concepiti in primo luogo come protagonisti di forme non istituzionalizzate di azione politica (Alberoni, 1981), ancor oggi è largamente diffusa l’idea che i movimenti sociali si distinguano da altri attori politici per il fatto di adottare forme “inusuali” di comportamento politico. Molti studiosi individuano la distinzione fondamentale tra i movimenti e altri attori politici nell’utilizzo da parte dei primi della protesta come forma di pressione politica, piuttosto che strategie più convenzionali come il voto o il lobbying (Rucht, 1990). Mentre è bene ricordare che la protesta pubblica gioca un ruolo marginale nei movimenti orientati alla trasformazione personale (ad esempio quelli neoreligiosi o neocomunitari)97, essa è indubbiamente un elemento qualificante dei movimenti politici. È discutibile caso mai che la presenza sia ancora qualificabile come attività “non convenzionale”, se non esplicitamente violenta, quando in effetti varie forme di protesta politica sono diventate in misura crescente parte del repertorio consolidato di azione collettiva, perlomeno nelle democrazie occidentali. Interessante è invece guardare al differente livello di radicalità delle forme di azione in diversi tipi di movimenti o differenti fasi nella vita di un medesimo movimento.

Il modello Eyerman and Jamison (1991) rielabora la nozione di cultura nella quale, oltre alla dimensione simbolica ed identitaria, fa confluire anche quella cognitiva: il movimento assume il ruolo di propulsore per il cambiamento cognitivo per leggere la società in una nuova visione, attraverso un nuovo stato cognitivo per leggere il proprio futuro. I sostenitori della RMT –concentrandosi sull’organizzazione politica delle azioni collettive – non tengono conto dei processi di innovazione che si

97 Nota degli autori della Porta, Diani (1997: 30) Neidhardt e Rucht ad esempio, mentre

individuano nella protesta un tratto qualificante dei movimenti globalmente intesi, procedono poi a differenziare tra movimenti socio-politici e socio-culturali. Questi ultimi non sarebbero orientati all’azione politica bensì « all’azione espressiva, che si propone di raggiungere il mutamento sociale per via indiretta, attraverso gli effetti aggregati e di lungo periodo delle trasformazioni nei comportamenti individuali» (Neidhardt, Rucht, 1991: 450)

determinano sugli orientamenti culturali che trasformano gli assiomi cognitivi tipici di specifici movimenti, come la partecipazione.