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Il digital storytelling nel mondo del terzo settore

2. Lo storytelling come mezzo di comunicazione e di relazione

2.5. Il digital storytelling nel mondo del terzo settore

Finora abbiamo visto che lo storytelling è un potente mezzo per influenzare il pensiero delle persone (aspetto manipolatorio evidenziato da Christian Salmon), per incitare al cambiamento personale (come sottolineano Demetrio e Jedloswki) e, soprattutto, per stimolare la relazione con il diverso (opinione di Rose e di Bruner). Esplorato l’aspetto teorico di questa tecnica narrativa, è ora doveroso porre l’attenzione su un qualcosa di più pratico, che ci riguarda da vicino: lo storytelling digitale. Sebbene l’esplosione di internet ci permetta di essere sempre a contatto con storie e informazioni sempre nuove, il “rumore” e l’ubiquità di questo mondo digitale rende molto difficile navigare senza perdersi per condividere storie personali profonde, di cambiamento e di impatto. In questo mondo infatti, le classiche storie, più o meno lunghe, si trovano sopraffatte dai messaggi di al più 140 caratteri, dai post multimediali che scompaiono dopo pochi secondi; anche se ci sono innumerevoli modi per raggiungere il pubblico, non è mai stato così difficile conquistarlo. Esso si trova circondato da questo mare magnum di informazioni, dei più diversi tipi e, se è vero che deve essere lui a coltivare la propria “integrità interiore” di fronte a questo mondo frammentario (attraverso l’autobiografia, come suggerisce Demetrio), è altrettanto vero che qualcuno nel mondo della comunicazione deve stimolarlo ad una ricerca consapevole e sensata delle informazioni. Questo qualcuno può essere incarnato dalle organizzazioni del terzo

settore , il cui compito è sensibilizzare il pubblico al tema specifico di cui esse si 56

occupano.

I nuovi media sono sempre stati considerati poco rilevanti per le attività delle organizzazioni del terzo settore, soprattutto perché visti nella loro stereotipata accezione di mezzi fruibili in solitudine, che rendono impossibile una relazione stabile, profonda e duratura. Questo pregiudizio, anche se basato su una verità, potrebbe limitare le notevoli potenzialità che questi mezzi possono offrire. Ultimamente, infatti, molte organizzazioni non profit si sono accorte di tali potenzialità e stanno pensando maggiormente ai nuovi media, a come sviluppare una continuità di azione tra reale e virtuale, tra online e offline, e a come integrare in modo efficace i social network nella loro comunicazione organizzativa, in modo da non limitarsi alla semplice pagina (o meglio, vetrina) Facebook (Peruzzi, Volterrani, 2016: 113). Se le persone coinvolte nell’organizzazione (che siano volontari, soci o dipendenti) riuscissero a diventare dei veri “prod-user” (Peruzzi, Volterrani, 2016: 113 - 114), ossia produttori e utenti di contenuti allo stesso tempo, e a condividerli grazie ai nuovi media, si potrebbe apportare un notevole beneficio all’organizzazione stessa.

A tal proposito, i due esperti di comunicazione Jay Geneske e Doug Hattaway (appartenenti rispettivamente alla Rockefeller Foundation e alla Hattaway 57

Communications ), hanno pubblicato un articolo-guida (Geneske, Hattaway, 2014) per i 58

prod-user delle organizzazioni del terzo settore, che mostra come combinare le potenzialità del mondo digitale con lo storytelling. I curatori dell’articolo hanno analizzato diversi ambienti e piattaforme sul web per valutare lo stato corrente dello storytelling digitale e hanno esplorato il potere della narrativa e delle reti di

Il concetto di terzo settore (o settore non profit) “deriva dalla considerazione dell'esistenza nel sistema

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economico e sociale di un primo settore (lo Stato) e di un secondo (il mercato). In tal senso si identifica usualmente il t. s. con quell'insieme di attività produttive che non rientrano né nella sfera dell'impresa capitalistica tradizionale (poiché non ricercano un profitto), né in quella delle ordinarie amministrazioni pubbliche (in quanto si tratta di attività di proprietà privata)” (http://www.treccani.it/enciclopedia/terzo-settore_(Enciclopedia-Italiana)/, consultato l’8

Settembre 2017).

La fondazione, nata negli Stati Uniti nel 1913 e finanziata da enti sia pubblici che privati, si occupa

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di promuovere il benessere dell’umanità in tutto il mondo, focalizzandosi su due obiettivi principali: un’economia inclusiva avanzata, che espanda le opportunità di una prosperità più ampia; la prevenzione di situazioni di emergenza, aiutando persone, comunità e istituzioni. Per raggiungere tali obiettivi, la fondazione lavora su quattro aree: progredimento nella ricerca medica, rivalutazione dell’ecosistema, sicurezza nei mezzi di sussistenza e trasformazione delle città (https:// www.rockefellerfoundation.org, consultato il 31 Marzo 2017).

L’azienda Hattaway Communications ha la seguente missione: aiutare i leader visionari e le

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organizzazioni a raggiungere obiettivi ambiziosi, il cui scopo è aiutare le persone e il pianeta. Interessante è lo slogan dell’azienda che dice: “We’re in the business of communications for impact, not self-

comunicazione. Inoltre, hanno intervistato diversi leader di organizzazioni operanti in vari campi; da queste interviste emergono le seguenti constatazioni: secondo i giornalisti, i nuovi media stanno introducendo nuovi temi che permettono alle storie di avere cicli di vita più lunghi rispetto al passato; l’industria dell’intrattenimento sostiene che, nonostante vi sia una crescente competizione nel voler creare e diffondere storie, sono davvero poche le attenzioni e i finanziamenti per le storie davvero avvincenti che possano avere un impatto sociale; gli esperti di marketing ambiscono a creare una strategia che rivaluti l’importanza delle storie nel loro lavoro; le organizzazioni, sia nel mondo del business che nel terzo settore, parlano dell’importanza delle storie che provengono dalle persone comuni e degli strumenti tecnologici da usare per condividerle e per raggiungere un pubblico numeroso; le istituzioni, infine, sottolineano la mancanza di competenze digitali nelle organizzazioni del terzo settore e il bisogno di servizi di formazione che diano esempio di successi di storytelling . Dalle 59

interviste, inoltre, emergono anche i principali motivi che hanno spinto i leader ad avvicinarsi all’uso di questa tecnica, motivi molto simili a quelli già riscontrati nel paragrafo precedente, secondo cui le storie ben costruite:

• sensibilizzano le persone verso cause sociali, creando connessioni emotive con persone afflitte da problemi;

• facilitano la comprensione di idee astratte e complesse;

• introducono nuovi argomenti, spesso non ordinari, nelle discussioni pubbliche, facilitando la partecipazione attiva delle persone;

• possono essere usate per condividere le “lezioni” apprese dai successi e dai fallimenti con colleghi, donatori o altre persone di interesse per un’organizzazione (Geneske, Hattaway, 2014: 6).

Vale la pena riportare la sintesi di questi punti di vista fatta dagli autori:

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“We heard from journalists how digital media is introducing new topics into the public dialogue and giving stories longer life cycles than before.

We heard from the entertainment industry about both increased competition and decreased funding for the production of compelling stories about social impact.

We heard from brand strategists about creating an organizational strategy and a culture that empowers every staff member to create and value the role of stories in their work.

We heard from nonprofits and business about the importance of stories coming from the people impacted by the work.Technologists also provided ideas on the best digital tools to capture and share stories with a broader audience. We heard from government and academia about the signicant digital skills gap in social impact organizations and the need for training services and metric-driven examples of storytelling success” (Geneske, Hathaway, 2014: 1).

Chiariti i motivi per cui lo storytelling può aiutare organizzazioni di diversi settori a raggiungere più in profondità il loro pubblico e ad utilizzare meglio le risorse a disposizione, l’articolo si propone di esplorare le potenzialità della narrativa e quelle della rete, e cerca di combinarle per aumentare la visibilità e le risorse delle “organizzazioni ad impatto sociale” , identificando i loro bisogni, gli strumenti utili 60

da utilizzare, le tecniche e le tecnologie per lo storytelling digitale. Queste organizzazioni spesso non pensano affatto che lo storytelling possa essere un ottimo mezzo per raggiungere obiettivi significativi e incitare le persone all’azione (che sia donare, diventare soci o semplicemente partecipare ad eventi); mancano, inoltre, figure al loro interno che sappiano creare storie avvincenti e che sappiano quali piattaforme utilizzare per la condivisione. Le organizzazioni hanno bisogno di strumenti accessibili, che le aiutino a sviluppare una strategia, a valutare di quali

competenze hanno bisogno, a capire come strutturare i contenuti e quali piattaforme usare per condividerli, a fare una valutazione dei loro successi. Si

tratta di cinque aree diverse su cui gli autori si basano per rispondere, con delle idee e dei suggerimenti, alle seguenti domande:

• Come può lo storytelling digitale aiutare le organizzazioni ad impatto sociale a raggiungere la loro missione? (domanda relativa all’area della strategia);

• Di quali risorse e competenze hanno bisogno singoli ed organizzazioni per creare e condividere le loro storie? (domanda relativa all’area delle competenze);

• Quali sono gli elementi delle storie avvincenti e motivanti? (domanda relativa all’area del contenuto);

• Quali sono le tecnologie a disposizione per curare, archiviare e condividere storie? (domanda relativa all’area delle piattaforme);

• Con quale “metrica” valutare l’efficacia dello storytelling digitale? (domanda relativa all’area della valutazione).

a. Strategia

Per quanto riguarda la prima area, bisogna che le organizzazioni entrino nel mondo dello storytelling in modo consapevole, organizzato, con un piano premeditato; c’è bisogno di delineare delle guide per la creazione dei contenuti e per la definizione di un piano che sappia attrarre il pubblico e incitarlo all’azione. Gli autori consigliano di adottare una strategia che preveda i seguenti passi:

Per “organizzazioni ad impatto sociale” gli autori intendono tutte quelle associazioni del terzo

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• porre macro-obiettivi chiari; • identificare un pubblico definito; • individuare sotto-obiettivi specifici.

Se l’organizzazione offre dei contenuti, delle opportunità di connessione e delle

opportunità di attivazione, i sostenitori sono più stimolati ad utilizzare tali

contenuti e le connessioni per condividere le proprie conoscenze, parlare della stessa organizzazione e farla conoscere ad altre persone; ne risulta una comunità di supporto che offre idee, energie e risorse all’organizzazione. Dopo aver individuato un macro- obiettivo valido e il pubblico che potrebbe aiutare l’organizzazione a raggiungerlo, bisogna pensare a come sviluppare le storie che possano motivare le persone e generare un processo di cambiamento sociale. Tali storie devono:

• rendere il pubblico consapevole del bisogno di cambiamento sociale; • portare il pubblico a occuparsi della causa, a prenderla a cuore; • far capire alle persone il problema e la sua soluzione;

• trasmettere un senso di urgenza che spinga all’attivazione;

• spiegare concretamente cosa il pubblico può fare per essere di aiuto.

b. Competenze

Una volta definita la strategia, bisogna capire quali sono le capacità e le competenze che uno storyteller deve avere per creare e raccontare storie efficaci; un bravo storyteller ha abilità sia tecniche che creative ed è capace di trasformare semplici storie in contenuti di alta qualità, che sanno catturare l’interesse e l’immaginazione delle persone. In sintesi, un abile storyteller dovrebbe:

• conoscere il funzionamento dei social media;

• conoscere le tecniche di propagazione di un contenuto;

• saper scrivere per il web (e, in aggiunta, saper programmare) (Amenduini, Magliocca, 2016: 20).

Si può facilmente intuire che una figura di questo tipo spesso manca all’interno delle organizzazioni; tuttavia, un discreto storyteller potrebbe celarsi anche in una persona priva di queste competenze. Secondo gli autori, infatti, l’aspetto più importante da

considerare è quello dell’autenticità della storia; le storie più significative sono spesso quelle delle persone che hanno davvero vissuto delle esperienze profonde e che vogliono condividerle. Si potrebbe dire che è “meglio una storia vera raccontata da una persona con scarse capacità di storytelling che una non vera raccontata da uno storyteller” (ibid.: 21). Selezionare storie è un punto cruciale per avere un storytelling di successo e spesso le organizzazioni non hanno le competenze per farlo o, semplicemente, non lo reputano importante. Affinché una strategia di storytelling sia davvero efficace, quindi, è necessario che ciascun membro dell’organizzazione capisca perché è così importante condividere storie e quali sono gli elementi che le rendono appetibili. Soltanto dopo aver acquisito questa consapevolezza si può passare al passo successivo, ovvero quello di ingaggiare uno storyteller o, nel caso in cui quest’ultima figura manchi, cercare di co- creare una storia con il pubblico attraverso l’uso di diversi strumenti . 61

c. Contenuti

Per far emergere questa storia nel mondo odierno, ricco di informazioni e molto competitivo, c’è bisogno di creare contenuti di alta qualità; le storie “ad impatto sociale” devono parlare di persone volte al cambiamento, che sanno dare soluzioni ai problemi che affrontano; questo preserva la loro dignità, incoraggia il pubblico all’empatia e lo incita a supportare l’organizzazione. Secondo gli autori, le storie che hanno un forte impatto sociale devo inserirsi in una struttura meta-narrativa che prevede persone che devono raggiungere un obiettivo, affrontando dei problemi a cui rispondere con delle soluzioni; il tutto per chiamare all’azione il pubblico. Si tratta di una struttura simile a quella che utilizziamo per attribuire significati e dare giudizi: cerchiamo di capire il mondo creando storie, con protagonisti che devono portare a termine un obiettivo; motivare le persone a lavorare in direzione di un obiettivo richiede di saper dipingere una visione stimolante del futuro e di saper prevedere le sfide che ci potranno essere lungo il cammino. Questa struttura connette il lavoro di un’organizzazione con le speranze e i valori del suo pubblico che, pian piano, diventa sempre più consapevole delle sfide che l’organizzazione stessa deve affrontare e dei suoi scopi. Le organizzazioni possono usare questa struttura per costruire un nucleo narrativo che comunichi le loro idee principali per poi focalizzarsi su storie più esemplari di specifiche persone e situazioni; la combinazione di questa struttura meta-narrativa con le storie di individui costituisce “il pacchetto” più motivante e potente a livello sociale poiché, connettendo le storie personali ad idee più

Si ripensi a tutti i vantaggi della co-creazione di storie esposti nel paragrafo precedente, in cui ho

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grandi, astratte, incoraggia all’empatia da un lato e favorisce la comprensione delle problematiche sociali di cui si occupa l’organizzazione dall’altro.

Da un punto di vista più tecnico, i contenuti possono avere una lunghezza variabile, a seconda del loro livello di multimedialità (se la storia è di solo testo, non deve essere troppo lunga; al contrario, se la storia contiene anche foto, video, grafici o altro, il testo può essere più lungo perché la multimedialità garantisce ritmo). Importante non è tanto la lunghezza quanto l’organizzazione dei contenuti: ci deve essere una trama (di cui abbiamo già discusso, citando il parere di Jedlowski) che abbia un incipit avvincente e che rivolga al publico una sola richiesta specifica, in modo da comunicare un passaggio all’azione fattibile e relativamente semplice (ibid.: 26).

d. Piattaforme

Create le storie, bisogna condividerle sulle giuste piattaforme, in base ai bisogni del pubblico di riferimento dell’organizzazione; non c’è un’unica soluzione e, a causa delle innumerevoli possibilità che ci sono su internet, le organizzazioni fanno fatica a trovare quella migliore per i loro obiettivi. Per questo motivo, gli autori stilano un elenco delle principali piattaforme esistenti, suddivise nelle seguenti categorie:

• CMS/blogging; • email; • social media; • audio/video; • content curation; • monitoring.

Di ciascuna categoria, espongono le caratteristiche principali, in modo da facilitare alle organizzazioni la scelta degli strumenti da utilizzare, e le tendenze degli utenti. Per quanto riguarda le piattaforme di CMS , esse permettono di mostrare contenuti 62

creativi di diversa natura che possono arrivare ad un pubblico molto ampio; possono

Per CMS, acronimo di Content Management System, ossia Sistema di Gestione dei Contenuti in italiano), si

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intende “un’applicazione web che permette di aggiungere, aggiornare, classificare e pubblicare contenuti su un sito

Internet mediante un pannello di amministrazione visuale, attraverso cui è possibile formattare il testo, inserire contributi multimediali e assegnare il contenuto alla sezione del sito appropriata […]. Sul web sono disponibili vari CMS open source gratuiti: i più noti sono Wordpress, Joomla, Drupal e Mambo” (http://www.treccani.it/enciclopedia/

ospitare testo, immagini, video e altro su una singola pagina che può essere collegata ad altre piattaforme (come, ad esempio, ai social network) in modo da raggiungere un numero ancora più ampio di persone. Molte associazioni del terzo settore si stanno muovendo dai blog “classici” (basati solo su testo e immagini statiche) a quelli che integrano anche video e altri formati per offrire al pubblico esperienze più ricche che aumentino l’impatto dello storytelling. Tra le piattaforme più usate e famose troviamo WordPress, dotata di un’interfaccia intuitiva, personalizzabile, corredata da plug-in e supportata da una community (Amenduini, Magliocca, 2016: 29).

Le email restano uno strumento essenziale per lo storytelling e per incitare le persone all’azione; è un modo efficace per catturare l’attenzione di quelle persone che non frequentano assiduamente il sito web dell’organizzazione, per pubblicizzare attività ed eventi o mobilitazioni dei volontari. Inoltre, è anche lo strumento più efficace per le donazioni dirette. Se affiancato da una piattaforma CMS, che permetta agli utenti di accedere facilmente ai contatti dell’organizzazione e di iscriversi alla newsletter, lo strumento amplifica la sua efficacia. Ultimamente c’è la tendenza ad usare le “meta- piattaforme”, ossia un unico spazio web dove l’utente può accede a diversi servizi (social, email, ecc.); le organizzazioni devono, quindi, aggiornarsi continuamente, monitorare i cambiamenti di comportamento degli utenti e sperimentare nuovi espedienti per continuare a fare leva sulle email come mezzo principale per mantenere il contatto con il pubblico. Le caratteristiche generali e le funzioni sono molto simili tra le diverse piattaforme email, ma scegliere la piattaforma migliore che vada incontro ai bisogni dell’organizzazione può essere una decisione davvero complessa.

I social permettono alle organizzazioni di stabilire connessioni con innumerevoli persone, di condividere storie, di costruire comunità di individui che condividono interessi comuni; sono un medium dinamico, nel senso che si basa sulle reazioni del pubblico in tempo reale, facendo leva sul potere della rete di disseminare contenuti. Secondo ricerche recenti, sempre più persone fanno riferimenti ai loro “amici” sui social per accedere ad idee ed informazioni piuttosto che a siti di notizie tradizionali (Geneske, Hattaway, 2014: 21). La natura istantanea e interattiva dei social sta cambiando il modo in cui le persone interagiscono con le organizzazioni; gli utenti si aspettano di essere chiamati al dialogo, piuttosto che essere trattati come destinatari passivi di messaggi. Di conseguenza, autenticità, trasparenza e ascolto sono fondamentali per le organizzazioni che vogliono stabilire un rapporto di fiducia con il pubblico attraverso questo medium. I social, inoltre, stanno adottando sempre di più lo storytelling per dare voce a persone o situazione problematiche. Per quanto riguarda le tendenze, i social si stanno evolvendo su nuove piattaforme e anche il pubblico tende a migrare (oltre alle rinomate Facebook, Instagram e Twitter, nuove piattaforme stanno acquisendo visibilità, come Tumblr e LinkedIn); le organizzazioni devono adattarsi a

questa migrazione ed investire tempo ed energie per individuare il medium più adatto ai loro obiettivi.

Per quanto riguarda la categoria video, è noto che questo medium, mettendo insieme immagini, suoni e testo, può essere quello più travolgente per lo storytelling. Sicuramente è il medium più popolare , dato che le persone preferiscono cliccare su un 63

video piuttosto che su altri contenuti; questo perché il video permette di esperire emotivamente le storie, soprattutto quelle relative a vite particolari, di aumentare la sensibilità empatica fino ad incitare all’azione. I video possono diventare anche virali se sanno intrattenere, fino a raggiungere anche i media tradizionali. Anche le tecnologie audio (come i Podcast) stanno acquisendo visibilità nel mondo dello storytelling. Il vantaggio principale di questo tipo di media sta nel basso costo di produzione; tuttavia, si tratta di una medaglia con due facce poiché, per non passare inosservati tra i moltissimi contenuti presenti sulle diverse piattaforme, le organizzazioni sono costrette a creare contenuti di alta qualità che facciano la differenza. Tra le piattaforme video più usate troviamo sicuramente YouTube e Vimeo; anche Facebook, pur essendo una piattaforma di altra natura, viene usato spesso per condividere questo tipo di contenuti, poiché permette un’interazione molto più alta (Amenduini, Magliocca, 2016: 32).

Altri strumenti fondamentali per lo storytelling sono le piattaforme di content curation che permettono di raccogliere contenuti, filtrarli in base a un tema e a condividerli. Tali piattaforme aiutano gli utenti a raccogliere e a riproporre contenuti già esistenti per creare la propria storia; questo permette alle organizzazioni di rendere attivo il pubblico e di trasformare il dialogo con loro in una storia. Con questi strumenti, infatti, le organizzazioni possono ascoltare gli input del pubblico, entrare nelle community e mostrare, a seguito di una consapevole selezione dei contenuti, i messaggi e i valori