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Intervista a Giuseppina Barsacchi, ex-presidente dell’associazione

d Verifica dei risultat

C. Trascrizioni delle interviste fatte ai membri dell’associazione

C.1. Intervista a Giuseppina Barsacchi, ex-presidente dell’associazione

Trattandosi dell’ex-presidente dell’associazione , questa intervista si è differenziata 155

dalle altre in quanto ho voluto approfondire, oltre alla storia personale dell’intervistata, anche la storia dell’associazione.

• Descrivi chi sei e come sei arrivata all’associazione

“Mi chiamo Giuseppina Barsacchi e quando sono andata in pensione, facevo il professore all’università di Biologia, ho pensato di fare volontariato nella Caritas; era una cosa che desideravo fare da tempo ma che, naturalmente, non ho potuto fare fino a quel momento. Quindi, mi sono avvicinata agli ambienti della Caritas […] ho fatto ascolto alla Caritas diocesana di Pisa per quasi un anno e questa è stata un’ottima scuola […]. A questo punto vari amici hanno pensato che, data la mia professione precedente, potesse valere la pena che mi avvicinassi all’associazione Sante Malatesta, un ramo della Caritas, della Diocesi di Pisa, della Chiesa Universitaria di San Frediano, che sostiene, in effetti, gli studenti universitari stranieri da Paesi in difficoltà dell’Università di Pisa. E così è stato. Sono entrata

nell’associazione e mi hanno eletto presidente. Quindi, me ne sono occupata in questi ultimi cinque anni. Ho appena lasciato la presidenza che ora è nelle ottime mani dell’ingegnere Pietro Barbucci e ne siamo tutti molto contenti. […] L’associazione è stata fondata alla fine del ’99 da un gruppo di persone che si erano rese conto che vi era un bisogno specifico in Università di Pisa degli studenti stranieri provenienti da Paesi poveri, o comunque in guerra, e che si trovavano qua, sradicati dai loro luoghi di origine e lontani dalle loro famiglie spesso per molti anni e che frequentemente cadevano in bisogni ed emergenze di vario genere: problemi di alloggio, di permesso di soggiorno, di cibo, di studi, ecc. … Ambienti della Caritas diocesana di quel tempo, la Chiesa Universitaria e un gruppo di docenti universitari sensibili a questo tipo di problemi si sono resi conto che occorreva istituire un’associazione apposita… e così è stato”.

• Perché l’associazione si chiama “Sante Malatesta”?

“Lo stesso gruppo di persone che ha fondato l’associazione, ha immediatamente pensato di intitolarla a Sante Malatesta, che è stato un illustre professore dell’Università di Pisa: ha insegnato a Ingegneria e anche all’Accademia Navale di Livorno… molto noto e amato, un

Avendo cominciato il mio progetto di tesi a Febbraio 2017, mi sono rivolta principalmente alla

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persona che in quel periodo era presidente dell’associazione. Si trattava di Giuseppina Barsacchi che soltanto recentemente (metà Giugno 2017) ha lasciato il suo incarico.

grande scienziato […] e ancora è ricordato come professore, docente e scienziato… ma non solo: Sante Malatesta era, a detta di tutti (io non l’ho personalmente conosciuto), una persona veramente piena di carità, dedita alla carità… per qualche cosa che gli veniva dal profondo. Ha, infatti, scritto anche un libro il cui titolo è «Ama e fa ciò che vuoi», da una famosa frase di Sant’Agostino. Si occupava in particolare di ragazzi e ragazzini delle periferie disagiate di Pisa e lui stesso faceva lezioni per questi ragazzi in modo che potessero proseguire nella scuola […]. Aveva anche operato nella San Vincenzo, sia a Pisa che in Toscana […]. Siamo molto 156 contenti che l’associazione cerchi di perpetuare il suo spirito”.

• Quali sono le motivazioni principali per cui fai volontariato?

“Naturalmente il «lavoro» di volontariato in un’associazione come questa non è un «lavoro» qualsiasi, come, credo, tutti i «lavori» nel volontariato… personalmente ho un naturale interesse per le persone e… mi capita di percepire i loro problemi e di interessarmene senza, devo dire, fare nessun consapevole sforzo sul momento. Quindi, quando ho scoperto di avere maggior tempo libero ed energie disponibili, una volta terminato il lavoro molto coinvolgente della mia professione, è stato naturale per me rivolgermi alla Caritas e da essa, poi, alla Sante Malatesta… In un certo senso l’associazione Sante Malatesta mi è proprio congeniale perché anche nel lavoro precedente mi sono occupata di studenti universitari e questi, comunque sia, sono studenti universitari, non sono, come dire, poveri qualsiasi… sono studenti universitari e, quindi, il nostro compito è sostenerli nello studio in modo che portino a compimento il loro studio nel nostro Paese e possano ritornare nei loro Paesi di origine contribuendo, così, anche allo sviluppo dei loro Paesi. Forse, un altro aspetto che mi ha reso facile questo approdo nella Sante Malatesta e anche il lavoro in questo tipo di associazione, è che uno si porta dietro una sorta di «etica del lavoro» dalla professione precedente e, come dicevo, qui abbiamo a che fare con una popolazione di studenti universitari e uno può naturalmente trasferire lo stesso approccio lavorativo a questi studenti come ha potuto fare nei decenni precedenti in

università; si tratta sempre e comunque di un compito di tipo educativo… per quanto noi non pretendiamo di risolvere i problemi del mondo, né di sanare tutte le difficoltà e le ferite, né di risolvere i problemi individuali… però cerchiamo di rappresentare un luogo di accoglienza e di ristoro per queste persone, una sorta di «casa». L’associazione Sante Malatesta a Pisa vuole essere una «casa» per questa popolazione di studenti, a cui loro si possono rivolgere

liberamente, con libertà e con spontaneità. Abbiamo anche cercato, e questo mi pare importante, di abbattere barriere che facilmente si possono generare in queste situazioni tra categorie di persone che, un può grossolanamente, posso identificare con «beneficiati» e «benefattori». Ecco, questo non va assolutamente bene. Quindi, il tentativo è quello di creare una comunità che includa tutti: i soci dell’associazione, i volontari che sono a contatto con gli

“La Società di San Vincenzo de Paoli è una associazione cattolica ma laica, che opera generalmente nelle parrocchie e

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che ha come scopo principale quello di aiutare le persone più sfortunate: i poveri, gli ammalati, gli stranieri, gli ex carcerati, gli anziani soli, sia dal punto di vista materiale-finanziario che da quello morale-culturale” (http://

studenti […] e gli studenti stessi… e quando questo si genera, allora capiamo che siamo sulla linea buona. Dobbiamo avere delle linee guida mentali… non considerare il volontariato una impresa facile, nel senso che «tutto si può fare, dobbiamo avere solo buona volontà», ma dobbiamo avere dei criteri perché i rapporti siano impostati nel modo giusto e corretto tra tutte le parti; i rapporti tra di noi, tra i volontari che operano, perché ci sia una comunità di intenti, affinché non si prendano decisioni individuali ma congiunte, i rapporti di tutti noi con gli studenti, i rapporti tra gli studenti stessi. E ora abbiamo, in effetti, qualche segno che siamo sulla giusta strada per avere rapporti corretti… e i segni vengono da risposte veramente di grande generosità da parte di alcuni nostri studenti che hanno terminato gli studi o che li stanno terminando. Se posso fare qualche esempio, di uno studente vietnamita, che abbiamo aiutato in modo decisivo l’anno scorso (l’anno accademico 2015/2016), avevamo perso le tracce e ci chiedevamo che fine avesse fatto […]. È arrivata una mail recentemente di questo studente, che ora è in Vietnam […], in cui scrive che è venuto un giorno a laurearsi a Pisa, è venuto alla Chiesa di San Frediano per salutarci ma non ci ha trovato… si è laureato con 108 su 110. Ci ringrazia con parole commoventi a dire la verità; dice «Avete salvato la mia vita, avete salvato il mio futuro» ma non solo… il punto veramente significativo è che ci ha donato il suo primo stipendio; scrive che questo era il primo stipendio ufficiale della sua vita e che con questo voleva fare un gesto significativo e donarlo all’associazione Sante Malatesta perché noi potessimo aiutare altri studenti e lui stesso dice che cercherà in Vietnam […] di fare qualcosa di simile. Questo è uno dei segni ma ne abbiamo avuto anche un altro.

Recentemente, nella nostra ultima cena multietnica , abbiamo dato dieci borse di studio a 157 studenti meritevoli e anche in bisogno, in serio bisogno; uno di questi, peruviano e vicino a laurearsi in medicina, ci restituito integralmente la borsa di studio dicendo che lui non ne aveva, in questo momento, particolare bisogno e, quindi, la donava a sua volta

all’associazione perché fosse utilizzata per altri studenti… e questo anche ci ha colpito moltissimo […]. Ecco, questi ci sembrano segni che indicano, nonostante noi abbiamo moltissimi limiti, facciamo errori e tutto il perfettibile… però ci sembrano questi i segni che indicano che siamo sulla giusta via nella relazione con queste persone in cui i ruoli possono scambiarsi; nessuno di noi deve stare in un ruolo definito […] di «benefattore» e

«beneficiato»”.

• Descrivi le caratteristiche principali di questi studenti (provenienza, bisogni, ecc.)

“Attualmente abbiamo studenti provenienti da trentasei nazioni diverse dei quattro continenti, manca l’Oceania. Gli studenti più numerosi provengono dall’Africa… Camerun, in primis, ma anche da diversi stati africani; poi Medio Oriente, Oriente, Sud America, Centro America… la distribuzione è molto variegata. Vengono da noi centinaia di studenti attualmente […]. Gli studenti che si affacciano alla porta della Sante Malatesta hanno, in

La cena multietnica si è svolta il 24 Giugno 2017 presso i locali della Chiesa Universitaria di San

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genere, qualche necessità urgente… e sanno della nostra esistenza normalmente da amici che già ci conoscono o che fanno parte dell’associazione. Abbiamo, quindi, un primo incontro con loro: i volontari si riuniscono per l’ascolto di questi studenti una volta a settimana, il Mercoledì. In questo primo incontro recepiamo le loro esigenze, acquisiamo i loro dati, li conosciamo… e gli incontri poi si susseguono e il gruppo di volontari si riunisce per elaborare la risposta da dare a ciascuno studente; questa è una risposta collegiale, decisa insieme, sulla base di diversi criteri […]. I bisogno sono di vario genere; nella maggioranza dei casi gli studenti stranieri di Paesi in difficoltà arrivano a Pisa con una borsa di studio che hanno per il primo anno […] però, frequentemente perdono questa borsa di studio perché non riescono ad ottenere tutti i crediti universitari necessari per il mantenimento della borsa. Poi, magari, la riprendono dopo un anno o due, ma hanno bisogno, in questo periodo in cui non sono sostenuti dalla borsa, di essere aiutati […]. Perdendo la borsa di studio, perdono anche l’alloggio nelle residenze universitarie; perdono, poi, la possibilità di usufruire gratuitamente della mensa, devono pagare tutte le tasse… e così via. Perciò si ritrovano, perdendo la borsa, improvvisamente sul lastrico e questo è il momento in cui approdano all’associazione. Noi cerchiamo di conoscerli, non limitandoci solo a recepire e ad analizzare soltanto i loro bisogni, ma anche abbiamo piacere e ci interessa conoscere la loro situazione complessiva: la loro famiglia, gli amici, gli ambienti che frequentano a Pisa, come vanno i loro studi, ecc. E un punto su cui lavoriamo sono proprio i loro studi. Spesso ci dicono che hanno difficoltà ad affrontare qualche esame specifico e allora cerchiamo docenti o tutori che li possano

accompagnare per questi esami… in questo modo, riescono loro stessi a sbloccare momenti difficili.

• Alla luce di tutto ciò che hai detto, qual è, secondo te, l’elemento che contraddistingue quest’associazione? Qual è la sua unicità?

“Occupandomi dell’associazione Sante Malatesta, ho scoperto che questa è abbastanza unica nel panorama italiano… ed è un peccato. Infatti, ora stiamo seriamente pensando di cercare di contattare altre sedi universitarie per vedere se vi sia la possibilità fondare in altre sedi un’associazione simile a questa. L’unicità consiste nella sua specifica dedizione agli studenti universitari stranieri di Paesi in difficoltà; qui si tratta di persone lontane dalle famiglie per anni […]; persone spesso provenienti da famiglie povere, che non riescono a mantenerli agli studi, ma persone che hanno una forza e una determinazione nel voler completare il loro curriculum di studi e che perciò meritano di essere aiutate, come possibile e quanto possibile. Quest’associazione, dicevo, è abbastanza unica nel suo genere, in questa sua specifica

funzione di occuparsi di studenti universitari per accompagnarli alla laurea in modo che possano poi, ritornando, contribuire allo sviluppo dei loro Paesi. E questo è quello che loro per primi desiderano in gran parte. Recentemente, uno studente che si è laureato in Agraria (laurea magistrale) mi diceva che vuole tornare in Africa, nel suo paese, e mettere su una piccola azienda agricola e insegnare come si può coltivare nel suo paese […]. Quindi, questo scopo dell’associazione è così specifico che abbiamo scoperto che non è diffuso in Italia […].

• Riusciresti a descrivere in poche parole la mission della Sante Malatesta?

“Quando ho cominciato ad occuparmi di quest’associazione ho pensato che essa dovesse rappresentare una sorta di «casa» per questa popolazione di studenti stranieri che transitano per Pisa… forse però la metafora migliore è quella di un «luogo di ristoro» perché sono di passaggio, come tutti noi tra l’altro… un luogo di ristoro in cui ci si ferma, ci si ristora, si prende fiato e poi si riparte […]. Le metafore che si possono utilizzare sono tante: parte del ristoro è respirare aria pura, bere acqua di sorgente, tutto quello che gira intorno al ristoro, risposarsi, liberarsi la mente dal problema «dove dormo stasera?»; noi abbiamo trovato studenti che dormivano alla stazione o dormivano per strada […]. Quindi questo cerchiamo di essere: un luogo di ristoro, una stazione di posta dove ci si ferma, come un tempo erano le stazioni di posta con i carri e i cavalli… ci si ferma e ci si ristora e poi si riparte”.