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Intervista a Maria Elena Consorti, volontaria presso il centro d’ascolto

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C. Trascrizioni delle interviste fatte ai membri dell’associazione

C.3. Intervista a Maria Elena Consorti, volontaria presso il centro d’ascolto

• Descrivi chi sei e come sei arrivata all’associazione

“Sono Maria Elena, ho 21 anni e studio relazioni internazionali presso l’Università di Pisa. Conosco diversi ragazzi che usufruiscono dei servizi dell’associazione… e io ho sempre avuto questa voglia di impegnarmi nel sociale ma, fino all’anno scorso, ho fatto sempre poco. Poi, durante l’estate, ho avuto un problema di salute e quando sono stata meglio ho deciso di impegnarmi, di fare quello che desideravo da tempo e ho cominciato a cercare associazioni che avessero bisogno di volontari per le loro attività. Conoscevo già questa associazione tramite questi ragazzi e, studiando relazioni internazionali, il tema che tratta mi interessava molto […]. Quindi sono venuta qui, ho cominciato facendo accoglienza ai ragazzi, poi ho ascoltato le loro richieste presso lo sportello d’ascolto… mi sono interessata ed ho scelto di continuare a venire”.

• Consiglieresti ad un giovane come te di fare questa esperienza di volontariato?

“Io… personalmente lo faccio perché, nonostante sia un impegno e toglie tempo anche allo studio o a un hobby o qualsiasi altra cosa, è anche vero che quando ti impegni in qualche modo per migliorare la società in cui vivi, o a dare una mano a chi vive nel tuo stesso ambiente, nella tua stessa società, quando torni a casa e senti che hai potuto, anche con una cosa minima, migliorare la vita di chi magari incontreresti per strada quando passeggi, ti senti un po’ migliore… e quindi la consiglio a giovani o a meno giovani proprio per questo”.

• Quindi l’associazione, oltre che di soldi, ha anche bisogno di più volontari?

“Sì, anche perché più cervelli insieme fanno venir fuori più idee. I soldi servono perché nel mondo di oggi senza quelli fai poco… però, per risolvere altri problemi dei nostri studenti, può servire anche un’idea venuta fuori dal pensare e ragionare insieme […]. Quindi più gente c’è, meglio si lavora”.

• Che ruolo hai all’interno dell’associazione?

“Come tutti gli altri volontari, ascolto le richieste dei ragazzi. Quindi ci riuniamo la settimana successiva per trovare una soluzione. Io, in particolare, mi occupo degli alloggi… cerco stanze a prezzo basso, accompagno i ragazzi ad incontrare il padrone di casa o i coinquilini perché comunque una certa mediazione può servire; spesso il padrone di casa può essere diffidente, o

il coinquilino stesso. Quindi, vedere uno straniero che arriva, può essere triste da dire, con una persona italiana, aiuta… quindi provo ad aiutarli a risolvere questo problema

dell’alloggio”.

• C’è una relazione di amicizia con i ragazzi aiutati?

“Sì, probabilmente perché alcuni li conoscevo già prima. Ma una relazione è nata anche con altri che ho conosciuto qui, .probabilmente perché siamo coetanei, o anche perché alcuni li conosco qui ma li seguo e li incontro anche alla scuola di italiano … Bene o male sono 158 persone della tua età, con cui ti incontri, ti relazioni… e per forza una sorta di amicizia nasce. Qualcuno mi ha anche chiesto di aiutarlo ad organizzare eventi al di fuori di questo

contesto”.

• Cosa ricavi da questa esperienza?

“Sicuramente è uno scambio, un arricchimento, anche per quello che è il mio percorso di studi. Per forza un incontro, spesso anche uno scontro nei modi in cui vivere la vita, c’è perché, sentendo le storie di alcuni ragazzi, spesso ci chiediamo «Ma come gli è venuto in mente di affrontare questa situazione in un certo modo?». Ci troviamo spiazzati… ma questo ti obbliga ad entrare nella loro ottica perché, nel momento in cui devi risolvere un loro problema, ti devi mettere nei loro panni e farli uscire da questo problema… ti obbliga a mettere da parte il tuo punto di vista per sposare quello loro […] e magari non te ne accorgi ma, nella tua vita, ti ritrovi a pensare e ad utilizzare i loro punti di vista, i loro modi di affrontare le cose anche per te stesso”.

• Qual è il problema degli studenti che più ti ha colpito?

“Forse il problema del cibo… questo problema dei pasti scaturisce dalla perdita della borsa di studio perché i ragazzi non riescono a raggiungere i crediti necessari a mantenerla, spesso per problemi di lingua o anche altro, e non possono mangiare gratuitamente a mensa. Molti di loro, non avendo soldi per ricaricare la tessera mensa, si ritrovano a non mangiare, a volte anche per una giornata intera. Quindi vengono qua e chiedono aiuto per poter avere da mangiare; alcuni li abbiamo reindirizzati alla Caritas da cui ricevono buoni per andare a mangiare nelle mense della parrocchia […] ma in quei luoghi avevano difficoltà perché erano circondati da persone con cui non si riconoscevano. Questi ragazzi, nel loro paese erano l’élite, quelli che si potevano permettere di viaggiare e venire qui; quando si ritrovano a magiare fianco a fianco con un senza tetto, la loro identità viene in qualche modo scalfita. Per

La “scuola d italiano” è un servizio gratuito offerto dall’associazione “El Comedor Estudiantil -

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Giordano Liva” che, tramite volontari di madre lingua italiana, vuole insegnare le basi della nostra lingua agli immigrati.

fortuna la Caritas ha anche altri servizi a disposizione, come il pacco spesa da ricevere una volta a settimana a casa… comunque non basta ma è già qualcosa… è più dignitoso”.

• Riusciresti a descrivere in poche parole la mission della Sante Malatesta?

“Volendo definire in poche parole lo scopo dell’associazione, io direi che è un sostegno, un aiuto che permette ai ragazzi di vivere con più serenità la vita universitaria che fanno qui”.