d Verifica dei risultat
C. Trascrizioni delle interviste fatte ai membri dell’associazione
C.4. Intervista a Giuseppe Bavaro, volontario presso il centro d’ascolto
• Descrivi chi sei e come sei arrivato all’associazione
“Sono Giuseppe, ho 30 anni… mi sono laureato da due anni e da quando mi sono laureato ho cominciato a fare volontariato […]. Ho sempre voluto farlo ma durante gli studi non ne avevo il tempo… una volta laureato ho detto «Approfitto dell’occasione per fare volontariato mentre cerco lavoro». Ho cercato di entrare, attraverso il servizio civile, all’interno della Caritas però non sono entrato… sono entrato nel discorso delle conoscenze delle associazioni e a quel punto sono venuto a conoscenza dell’associazione Sante Malatesta… e ho cominciato nel Settembre di due anni fa, nel 2015 ormai. Ora ho trovato lavoro ma ho continuato a venire qui all’associazione perché comunque il mio impegno me lo permetteva in termini di tempo… all’associazione abbiamo un pomeriggio, un Mercoledì, più una serie di impegni extra che però possiamo gestire in base al nostro tempo… quindi non trovo difficoltà a gestire il tempo per questo servizio insieme a quello per il lavoro insomma.
• Consiglieresti ad altri di fare volontariato?
“La mia scelta di volontariato è molto personale… ognuno lo fa per motivi differenti. Per cui non sono sicuro se i mie motivi siano validi anche per altri. Io comunque consiglio di farlo, per il semplice fatto di fare esperienza, che poi può piacere o non piacere[…]. Però io penso che le scelte per cui si fa volontariato siano sono molto differenti da persona a persona […] ma ritengo che l’esperienza sia valida per tutti, al di là delle motivazioni personali”.
• Di cosa ti occupi all’interno dell’associazione?
“Come tutti i volontari mi occupo dell’ascolto; noi il Mercoledì pomeriggio facciamo una sessione di ascolto di tutti i ragazzi che vengono qui e che ci raccontano i loro problemi e… penso che […] questi vengono qui, non hanno nessuno, lasciano tutti a casa a una distanza significativa… per cui avere una persona anche solo con cui parlare li aiuti molto, anche mentalmente […]. Oltre all’ascolto, io mi occupo principalmente della gestione informatica; tutti gli ascolti che noi facciamo, io li rielaboro e li inserisco nel database […] a cui ci si può riferire per vedere tutti gli ascolti che abbiamo fatto, gli incontri, le problematiche che abbiamo riscontrato nel corso del tempo, ecc.”.
• Qual è il problema dei ragazzi che più ti ha colpito finora?
“Il problema che mi ha colpito più di tutti è quello della lingua, nel senso che io, nella mia mentalità, mi aspetto che, se uno che va in un altro paese […] si interessi alla lingua, alla storia, alla vita di un altro paese; invece ho avuto esperienze di tanti ragazzi, specialmente indiani, bengalesi, pakistani […] che parlano solo inglese, studiano solo inglese e poi hanno
molta difficoltà per qualsiasi questione che non sia relativa allo studio; per esempio, anche per fare qualsiasi tipo di documento, non sempre si trova un interlocutore bravo con l’inglese che faccia capire tutte le sottigliezze burocratiche […]. E quindi tanti problemi son capitati di persone che facevano male il permesso di soggiorno, ma non perché non avessero i documenti, ma perché avevano capito male cosa dovevano fare. Quindi per loro ho
consigliato di fare un corso di italiano perché serve per qualsiasi cosa […]; è vero che si viene a studiare ma ci lascia poco se non si impara un minimo della lingua, della cultura e della vita di un territorio… vivere solo l’università, secondo me, è anche brutto”.
• Tu sei interessato ad imparare qualcosa delle loro culture?
“Sì… anche se ho fatto fisica e consulenza del lavoro, per mia esperienza personale mi piacciono molto i libri di storia, per cui leggo della storia medio-orientale e anche di quella indiana, dopo tutti gli indiani che ho conosciuto qui […]. Sono argomenti molto belli, secondo me, che vale sempre la pena imparare perché siamo un mondo sempre più connesso e queste culture che non conosciamo, non dico che le sottovalutiamo… ma le prendiamo come secondarie perché per noi lo studio della storia è focalizzato sulla nostra, ovviamente, perché non si può studiare tutto. Però si scoprono tante cose […]”.
• Secondo te, conoscendo un po’ di più della cultura e della storia di uno straniero, sarebbe più facile comunicare con lui ed integrarlo nel contesto sociale?
“Io penso che lo studio della cultura altrui sia sempre una cosa molto interessante. Ho notato, per esempio, con i ragazzi indiani che, parlando con loro del Rajasthan […] loro si sono interessati, si sono messi a chiacchierare e mi hanno raccontato un sacco di cose. Io penso che lo stesso valga al contrario: se uno è in visita in un altro paese e qualcuno mostra interesse per la sua cultura, inevitabilmente l’interlocutore si appassiona, magari cerca di aiutarlo di più… nasce un’interconnessione che aiuta entrambi”.
• Riusciresti a descrivere in poche parole la mission della Sante Malatesta?
“L’associazione, secondo me, è un punto di riferimento per questi ragazzi che si ritrovano, dopo aver lasciato il loro paese e tutte le loro conoscenze… si trovano in altro paese straniero, con un’altra lingua e una cultura molto differente e penso che anche avere la possibilità di raccontare di questi disagi che loro hanno, di queste difficoltà non solo economiche, li aiuti molto […]. Non avere un punto di riferimento spesso porta a smarrimento, difficoltà anche per un problema semplice… penso che il punto dell’ascolto, spesso sottovalutato, sia molto importante… l’ascolto, il dialogo con gli studenti”.
D. Trascrizioni delle interviste fatte agli studenti aiutati