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Il questionario di autovalutazione per i corsist

4.2 Gli strumenti di indagine costruit

4.2.3 Il questionario di autovalutazione per i corsist

Questo progetto di ricerca vuole indagare sul processo empatico secondo un modello multidimensionale dell‟empatia in accordo con un modello multifattoriale che si sviluppa a partire dagli anni ‟80 secondo il quale l‟empatia è considerata un‟esperienza primariamente affettiva, in cui i processi cognitivi giocano un ruolo altrettanto importante evidenziando come la persona empatica non solo comprende, ma anche condivide e partecipa allo stato emotivo dell‟altro. Questa partecipazione non si esaurisce nella mera condivisione cognitiva, ma comporta un sentire comune; senza almeno un barlume di risonanza emotiva, non vi è empatia.

Partendo da questo presupposto teorico, il questionario di auto-valutazione somministrato ai corsisti si basa sull‟Interpersonal Reactivity Index elaborato da Davis (1980, 1983). Partendo dall‟analisi delle molteplici definizioni e sfumature che del costrutto empatico sono state date, M. H. Davis (1980, 1983) abbraccia l‟idea di una maggiore adeguatezza dell‟approccio multifattoriale. L‟autore considera l‟empatia un insieme di costrutti di natura complessa, tra loro ben distinti, ma, nel contempo, interrelati, in quanto tutti contribuiscono a definire la responsività interpersonale. Inoltre, tra i molteplici aspetti, ritiene che, almeno da un punto di vista misurativo, quattro definiscano il grado individuale di reattività empatica (Davis, 1983).

1. Empathic Concern (EC): componente affettiva che corrisponde ai sentimenti

di simpatia etero-orientati e al coinvolgimento nei confronti di altri, in particolare di coloro che si trovano in situazioni sfortunate.

2. Perspective Taking (PT): componente cognitiva che si basa sulla tendenza ad

adottare spontaneamente il punto di vista psicologico degli altri, anticipandone comportamenti e reazioni.

3.Fantasy (FS): tendenza a farsi trasportare, con la propria capacità

d‟immaginazione, in sentimenti e azioni di personaggi di libri, film, ecc.

4. Personal Distress (PD): rappresenta il comportamento espresso da un

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(ad esempio ansia) e manifesta difficoltà nel farsi coinvolgere in relazioni interpersonali.

Partendo da queste considerazioni teoriche, e dai risultati di ricerche precedenti, Davis (1980) ha costruito l‟Interpersonal Reactivity Index, (IRI) composto da 4 sottoscale ciascuna costituita da 7 item.

Ogni sottoscala misura una dimensione della responsività empatica e cioè: componente affettiva, cognitiva,fantasia, disagio personale. I 28 item dell‟IRI sono presentati sotto forma di affermazioni rispetto alle quali il soggetto deve dichiarare il proprio grado di accordo su una scala Likert a 5 punti : da “mai vero”/1 a “sempre vero”/5.

L‟autore ipotizza che le sottoscale EC, PT e FS siano tra loro correlate positivamente. Inoltre, ciascuna lo sarebbe in senso negativo o nullo rispetto a PD. I dati raccolti da Davis (1983) confermano solo parzialmente le ipotesi, in quanto PD, teoricamente molto importante per la reattività empatica, sembra legarsi agli altri tre non sempre in linea con le attese, ma in modi differenziati a seconda del genere dei rispondenti. In sede di validazione della scala, Davis (1983) considera anche le relazioni tra ciascuna dimensione dell‟IRI e altri costrutti psicologici. In particolare, rileva che un elevato punteggio nella dimensione PT è frequente in persone con buone competenze sociali ed elevata autostima. EC, invece, è una dimensione in stretta relazione con l‟emozionalità, in quanto denota la facilità a farsi coinvolgere emotivamente alla percezione di stati emotivi altrui, indipendentemente dalla messa in atto di comportamenti conseguenti: la responsività, secondo Davis, dipenderebbe dalla natura della situazione stessa. Una bassa soglia di attivazione emozionale è riscontrabile anche in coloro che conseguono alti punteggi nella dimensione FS. Rispetto a PD, invece, non sempre emergono le attese correlazioni negative con la competenza nelle relazioni sociali (chi ha la tendenza ad essere ansioso e a disagio in contesti sociali dovrebbe manifestare maggiori difficoltà nelle relazioni interpersonali). Tuttavia, Davis (1983) ritiene che le prove effettuate, prese nel loro insieme, supportino l‟ipotesi della multidimensionalità dell‟empatia e la possibilità di misurare il costrutto attraverso le quattro sottoscale. Recentemente Siu e Shek (2005), sottoponendo l‟IRI (versione cinese) al test-retest, hanno rilevato buoni coefficienti di correlazione per le quattro sottoscale (minimo .68, massimo .83). Un‟analisi delle principali ricerche, che hanno utilizzato l‟IRI per la misura della reattività empatica, evidenzia come lo strumento, a più di vent‟anni dalla sua costruzione, sia ancor oggi ampiamente utilizzato nella versione originale. Sono, inoltre, riscontrabili parecchi tentativi di traduzione e validazione della scala in lingue diverse dall‟inglese. Alcuni lavori, che indagano la struttura fattoriale dell‟IRI, tuttavia, mettono in luce come la struttura a quattro fattori proposta da Davis non sia sempre riscontrabile nelle versioni tradotte o nelle applicazioni in lingua originale (Siu, Shek, 2005; Alterman, McDermott, Cacciola, Rutherford, 2003; Cliffordson,

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2002). Una seconda considerazione si riferisce alla possibilità che il costrutto di reattività empatica sia misurabile attraverso un numero inferiore di item.

In linea con questo filone di ricerca, il presente lavoro di ricerca utilizza la versione italiana dello strumento riportata da Bonino, Lo Coco e Tani (1998) che suggerisce una selezione degli item, i più rappresentativi delle quattro sottoscale, che ne costituiscono una forma ridotta.

La struttura fattoriale della versione italiana dell‟IRI non conferma pienamente il modello a 4 fattori di Davis; infatti, è possibile osservare che:

1. i due fattori EC e PT sono fortemente intercorrelati, e perciò non si riescono ad isolare nettamente l‟uno dall‟altro. Questo impedisce alle analisi da noi condotte di far emergere un fattore EC separato da un fattore PT; alcuni item relativi a queste scale (versione a 28 item) risultano problematici alla verifica tramite modelli di Rasch;

2. il fattore FS emerge come fattore a sé stante, sia nel caso in cui dai 7 item originari (Alpha =. 70) si elimini soltanto l‟item 1 (Alpha = .71), sia nel caso in cui si proceda con l‟eliminazione anche degli item 7 e 12 (Alpha .79). Come dimostrano i valori di Alpha riportati in parentesi, quest‟ultima versione del fattore risulta maggiormente stabile e coerente; 3. il fattore PD viene ritrovato identico nella versione italiana come in

quella inglese: esso è l‟unico a presentare una struttura unidimensionale e ad emergere nettamente alle analisi condotte.

Da un punto di vista teorico, i risultati confermano la multifattorialità ipotizzata da Davis (1983): la reattività empatica può essere considerata un costrutto complesso, misurabile attraverso più componenti. Tuttavia, due dimensioni, quella affettiva (rappresentata dal fattore EC) e quella cognitiva (rappresentata dal fattore PT) appaiono difficilmente separabili, almeno a livello di misurazione, tanto che Cliffordson (2001, pag. 45), commentando i risultati cui è pervenuta, scrive che l‟empatia non può essere considerata «un insieme di costrutti cognitivi ed emotivi chiaramente discriminabili l‟uno dall‟altro, ma piuttosto un‟unica dimensione che comprende entrambe le componenti [...] un tutto integrato, con l‟enfasi principale sulla reattività emotiva verso gli altri, cui concorrono i processi cognitivi». D‟altra parte, risultati comprovanti questa mescolanza dei due fattori, in un‟unica dimensione, emergono con una certa ricorrenza in lavori di verifica delle proprietà psicometriche dello strumento in lingua non italiana (Siu, Shek, 2005; Alterman, et al., 2003; Cliffordson, 2002). È doveroso notare come una ricerca di Albiero, Ingoglia e Lo Coco (2006) confermi l‟organizzazione a quattro fattori postulata da Davis (1980, 1983), risultato che a parere degli autori suggerisce di non accettare le ipotesi di modello tripartito (Alterman et al., 2003) o gerarchico dell‟IRI (Cliffordson, 2002). La somministrazione della scala, tuttavia, riguardava un

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campione, seppur cospicuo, di adolescenti e preadolescenti e le analisi multivariate condotte sui dati mettono in evidenza come la struttura del costrutto empatico si modifichi a seconda dell‟età dei rispondenti. EC e PT sono dimensioni molto importanti quando si parla di reattività empatica nell‟adulto. Esse sono le dimensioni che rendono possibile l‟attuazione del processo, indipendentemente dalla messa in atto di una risposta comportamentale. Potrebbero, quindi, nell‟adulto, essere dimensioni non isolabili in toto. Il fatto che, anche dalle analisi della presente ricerca, la correlazione tra EC e PT sia la più forte, e il fatto che gli item relativi a questi due fattori tendano a “mescolarsi” in un un‟unica componente, supporta le ipotesi della loro rilevanza nel fenomeno empatico, ma anche della difficoltà a distinguerli. D‟altra parte, già Eisenberg, Shea, Carlo e Knight (1991) avevano evidenziato come lo stretto legame tra processi emotivi e cognitivi sottostanti alla reazione empatica non sia un legame semplice e unidirezionale: esso richiama ancora una volta alla ribalta la controversia del primato dell‟emozione sulla cognizione o viceversa (Tiberi, 1996; Galati, 2002). Nella medesima direzione sembrano andare le più recenti ipotesi di definizione e descrizione dell‟empatia: esse sostengono la necessità della mediazione cognitiva che caratterizza l‟empatia matura, distinguendola dal contagio emotivo (Donino, Caprara, 1994), ma anche il ruolo primario dell‟attivazione emozionale. Ricerche in ambito neuropsicologico sull‟empatia del dolore, ricorrendo alle tecniche di imaging, forniscono dati a sostegno di quanto appena esposto (Singer, Seymour, O‟Doherty, Kaube, Dolan, Frith, 2004): in particolare, l‟arousal emotivo passerebbe attraverso il meccanismo di imitazione motoria grazie ai neuroni specchio (cfr. cap.2). Sembra quindi che l‟attivazione emotiva, core del fenomeno empatico, sia l‟elemento o uno degli elementi che spalancano le porte alla possibilità di condivisione. D‟altra parte, come sottolineano gli studi in ambito evolutivo (Draghi-Lorenz, 1995; Bonino, Lo Coco, Tani, 1998), fino a quando nel bambino non subentra una capacità di differenziare il “sé” da “altro sé”, l‟attivazione emotiva sfocia in contagio. Con la crescita, invece, si acquisisce la capacità di condividere l‟emozione vivendo in modo vicario uno stato emotivo altrui. Proprio sulla base di risultati ottenuti dalla somministrazione dell‟IRI (versione portoghese) ad un gruppo di soggetti (età: 14-16 anni), Koller, Camino e Ribeiro (2001) rilevano una connotazione maggiormente affettiva dell‟empatia nei preadolescenti rispetto agli adolescenti (con l‟età aumenterebbe il peso della componente cognitiva). Ecco allora che, negli adulti, i due aspetti (emozionale e cognitivo), a livello di vissuto, si potrebbero fondere, al punto da renderne difficile la distinzione18.

Questa assunzione di unitarietà delle due componenti non esclude il

18 D‟altra parte, un eccessivo coinvolgimento emotivo non mediato da un opportuno intervento

cognitivo porta ad un‟empatia di tipo fusionale (Varriale, 2002), che implica il rischio di un comportamento difensivo, con sentimenti autoorientati, espresso dalla componente di PD.

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riconoscimento del carattere multifattoriale della reattività empatica sul piano teorico19. La dimensione PD, in quanto aspetto divergente, opposto, emerge in maniera netta e ben definita. Resta, tuttavia, problematico, come si è visto, il legame tra PD e condivisione empatica: l‟attesa correlazione negativa con PT non si riscontra nei rispondenti italiani; c‟è assenza di correlazione anche con EC20. Sulla stessa linea, Eisenberg (2000) sottolinea il carattere autoregolatorio dell‟empatia quando si tratta di un sentimento etero-orientato (EC), e la presenza di un‟emozione incontrollata quando si tratta di PD, costrutto auto-centrato; in quest‟ottica, quindi, le due scale si riferiscono a sentimenti differenti. L‟assenza di correlazione potrebbe essere letta in termini di possibilità che il disagio personale metta in moto meccanismi di regolazione dell‟attivazione del processo empatico a monte21, un “freno” che il disagio esercita sul coinvolgimento. Tale funzione inibitoria può dipendere da differenze individuali a livello di altre variabili soggettive, che andrebbero opportunamente indagate, o da variabili contestuali: un individuo può fuggire da una situazione di forte tensione emotiva (ansia) non tanto per indifferenza alla sofferenza altrui, ma perché si considera impotente o non in grado di intervenire efficacemente (Koller, et al., 2001).

In sintesi, uno sguardo d‟insieme su quanto emerso ci permette di concludere che, sebbene dal punto di vista strutturale, l‟IRI nella versione in lingua italiana non ricalchi appieno quanto postulato da Davis (1983) in fase di costruzione dello strumento, la scala permette di misurare tre dimensioni che la letteratura riconosce importanti per la messa in atto di comportamenti di risposta empatica:

1. la capacità di assumere la prospettiva altrui facendosi coinvolgere emotivamente;

2. la tendenza all‟immaginazione, come dimensione che contribuisce a definire una propensione al coinvolgimento e all‟assunzione di prospettiva;

3. il disagio personale, quale costrutto che, invece, la inibisce.

D‟altra parte l‟empatia è un costrutto cultural-dependent (Albiero, Matricardi, 2006) in quanto legato a pratiche educative e valori condivisi e spesso gli adattamenti di strumenti costruiti in contesti culturali diversi da quello italiano non si sono mostrati validi per la popolazione del nostro Paese. Nel caso dell‟IRI, invece, le proprietà psicometriche appaiono soddisfacenti, seppur con una piccola variazione

19 Tale posizione non si contrappone neppure al punto di vista di coloro che, sotto l‟aspetto

neurofisiologico, vedono la reazione empatica come conseguenza dell‟attivazione di un insieme di sistemi, parzialmente dissociabili (Blair, 2005).

20 Da notare come ancora una volta gli item delle due sottoscale si comportano in maniera analoga

rispetto a PD.

21 Ad esempio: riduzione del contatto con stimoli coinvolgenti o regolazione del coinvolgimento sia a livello cognitivo (evitando di mettersi nei panni dell‟altro) che affettivo (tendenza a non farsi attivare emotivamente).

167 del modello teorico di partenza.

Questi tre fattori, inoltre, potrebbero essere misurati con una scala, ridotta rispetto alla versione originale dell‟IRI, costituita dai 18 item che sono emersi come meglio rappresentativi delle tre dimensioni:

1. unica dimensione EC e PT: item 2, 8, 9, 11, 21, 22, 28; 2. dimensione FS: item 5, 16, 23, 26;

3. dimensione PD: item 6, 10, 13, 17, 19, 24, 27.

Tale versione dell‟Iri (cfr. Appendice 2) è stata somministrata ad una parte più ristretta del nostro campione costituita dal totale dei partecipanti al Corso di perfezionamento in Modelli speculativi e ricerche educative nell‟interazione

multimediale svoltosi presso l‟Università degli Studi Roma Tre (cfr. § 3.3.2).

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