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La natura sociale delle interazioni nell’analisi linguistica

1.5 Strumenti e metodi di analisi della dimensione sociale in rete

1.5.1 La natura sociale delle interazioni nell’analisi linguistica

Delfino e Manca (2005a; 2005b) indagano il ricorso da parte delle comunità di apprendimento al linguaggio figurato, inteso come modalità creativa con cui si esprime la presenza sociale in modo tale da migliorare il processo collaborativo dal punto di vista sociale e didattico. In questo caso, il linguaggio riesce il mezzo più utile con cui ogni individuo, grazie ad invenzioni, proietta se stesso ed il proprio gruppo di appartenenza nel contesto virtuale di cui è parte. Metodologicamente si coniugano l‟analisi quantitativa delle occorrenze in cui compare questa forma di linguaggio e l‟analisi qualitativa del contenuto testuale dei messaggi.

In un lavoro sul “parlato emotivo” Poggi e Magno Caldognetto (2004) hanno indagato l‟esistenza e le caratteristiche di segnali linguistici veicolanti emozioni, concludendo che ve ne sono di lessicali (aggettivi come pauroso, verbi come arrabbiarsi), morfologici (suffissi vezzeggiativi o dispregiativi) e sintattici (frasi esclamative). Nondimeno, non è raro che una frase sembri indicare animosità o contentezza pur in mancando di indizi linguistici a cui ciò si debba. È dunque necessario andare oltre la comunicazione diretta ed esplicita di emozioni (quella che traspare da parole o parti di parole), e saper individuare anche come le emozioni possono essere comunicate in maniera non esplicita. Questa procedura è tra l‟altro

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l‟unica che consenta un‟etichettatura esaustiva dei testi emotivi, per esempio ricorrendo all‟APML (cfr. De Carolis et al, 2003), per operare successivamente la corretta sintesi vocale o bimodale (cfr. Cosi et al, 2008; Tisato et al, 2005).

Un‟analisi semantica della comunicazione emotiva con particolare attenzione a segnali, come i saluti o le emoticon, che suppliscono alle carenze comunicative delle interazioni scritte in ambienti dello web, è stata poi condotta da Magno Caldognetto, Poggi, Cosi e Cavicchio (2005), i quali hanno inoltre il merito della messa a punto di un interfaccia uomo-macchina, che sintetizza emozioni e atteggiamenti per rendere più immediata la comprensione reciproca. Gli Autori presentano inoltre i risultati di un test sulla valutazione della motivazione all‟apprendimento con 3 diversi tipi di interfaccia per le piattaforme di e-learning: i testi scritti, la sintesi vocale e la sintesi bimodale uditivo-visiva di una faccia parlante in grado di riprodurre i messaggi vocali ed espressivi; essi propongono inoltre un‟analisi delle modalità di comunicazione e induzione degli stati emotivi in testi di

chat e forum didattici indagando le strategie di trasmissione della social presence del tutor quale elemento decisivo per il successo dell‟insegnamento a distanza. Se è vero

che si sono individuati segnali linguistici (lessicali, morfologici e sintattici) comunicanti stati emotivi in particolare nei saluti, nei segnali ortografici di punteggiatura come le emoticon, nell‟intensificazione grafica e nella combinazione di segnali12, non va dimenticato, d‟altra parte che gli utenti di chat e forum veicolano i loro bisogni espressivi attraverso l‟uso di diversi segni grafici, spesso di difficile disambiguazione.

In tal modo si evidenzia una prima importante criticità, poiché, se certamente quest‟ultimo approccio si basa sull‟assunto che le distanze fra la realtà virtuale e quella di un contesto faccia a faccia vadano in qualche modo colmate, quello di

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II materiale raccolto in base a quelle che sono state le interazioni in rete è stato catalogato avendo presente il tipo di CMC, tanto dal punto di vista temporale (comunicazione sincrona o asincrona), quanto dal punto di vista sociolinguistico (comunicazione simmetrica o asimmetrica). In particolar modo si sono indagati le forme di saluto e le emoticon. Nel primo caso, si sono individuate le tipologie espressive (saluto semplice, con emoticon o con uno o più punti esclamativi), l‟intensità (in base al fatto che il saluto fosse accompagnato o meno da punti esclamativi, emoticon, forme di superlativi, uso del maiuscoletto), la fase dell‟interazione nella quale lo si utilizzava (apertura o commiato), la prevedibilità o meno di future interazioni sulla base del saluto stesso (es. arrivederci); si è poi esaminato se esso si riferisse o meno a un determinato segmento temporale (giorno, pomeriggio o notte), se rimandasse, eventualmente, ai rapporti sociali tra gli interagenti (formalità, familiarità, intimità/confidenza), e si è vista la presenza o meno di emozioni, si è indagata la tipologia delle emozioni (individuali, sociali, cognitive o di immagine) e ci si è infine interrogati, in base a tutto ciò, sull‟intenzionalità comunicativa di chi rivolgeva il saluto, ovvero sul fatto se l‟interagente volesse comunicare, indurre o trasmettere emozioni.

Per quanto riguarda le emoticon, queste sono state classificate sulla base del loro ruolo, se, appunto, come sinonimi dei loro equivalenti verbali o dotate in sé di significato (pimario), e in tal senso "autonome" (es. ridere, sorridere, ammiccare, essere arrabbiato ecc.) e delle emozioni trasmesse (sociali, cognitive, di immagine).

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Delfino e Manca valorizza invece le potenzialità degli ambienti in rete, partendo dal presupposto che in un contesto online le relazioni interpersonali si intreccino in maniera simile a quella dei contesti in presenza, e che siano anche più marcatamente orientate in senso sociale. Il linguaggio figurato contribuisce infatti alla creazione di una “nuova realtà collaborativa”. Ma d‟altra parte le autrici, consapevoli del fatto che nell‟analisi di questo tipo di linguaggio la sfera sociale è profondamente intrecciata con quella cognitiva, intendono condurla in ricerche future dove indagheranno anche i processi mentali coinvolti.

Il modello sviluppato da Ligorio insieme a Cesareni e Pontecorvo nel 2001, è stato ricuperato, nel corso recenti studi, dalla prima autrice (cfr. Ligorio, 2005), ovviando ai limiti in quello riscontrati e dando maggiore risalto alla dimensione sociale attraverso l‟osservazione partecipata. La ricercatrice tenta di dipanare i processi di costruzione della conoscenza coniugando la funzione cognitiva con quella relazionale di creazione dell‟intersoggettività: è questo, infatti, il risultato di rilievo della sua ricerca etnografica sull‟analisi delle sequenze dialogiche, strutturate in “alberi e fili”. Rilevare nel contenuto di ciascun messaggio la presenza di nuovi elementi teorici rispetto ad altri messaggi, come l‟introduzione di problematiche di discussione e l‟esistenza di risposte complesse consente la valutazione della prima funzione; indicatori quali l‟autoreferenzialità e i riferimenti agli altri partecipanti vengono utilizzati nell‟indagare invece la seconda funzione, per rilevare la costruzione dell‟intersoggettività collettiva, che è una condizione essenziale per la condivisione degli stessi significati. Onde spiegare le modalità d‟interrelazione tra ambo le dimensioni, la Ligorio assume come riferimenti teorici la psicologia del Sé dialogico di Hermans (1996) e il modello partecipativo delle comunità di pratica di Wenger (1998). Tale intreccio coglie il processo di costruzione dell‟identità individuale come elemento continuamente rinnovantesi con i dialoghi e al variare dei contesti, ed individua nel processo di costituzione di un‟identità collettiva un fattore necessario per il superamento dei conflitti e lo svolgimento di un‟attività condivisa.

In conclusione, nell‟attesa di un più solido assestamento degli approcci proposti, gli studi che attualmente si rivelano più interessanti esaminano i diversi frame di analisi sui piani quantitativo e qualitativo, verso una possibile integrazione degli strumenti adottati, gli unici che evidenzino la natura insieme semantica, pragmatica e relazionale, della comunicazione in rete.

Una precisa contestualizzazione e riconduzione all‟orientamento filosofico di riferimento è ciò che consente la comprensione e la valutazione dei modelli illustrati nei termini di adeguatezza rispetto allo scopo, poiché, se certamente l‟approccio classico codifica la presenza come esperienza primariamente individuale e solitaria, una visione di tipo fenomenologico potrà tendere ad indagare la dimensione

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collettiva e comunitaria della socialità in rete, predisponendo quindi opportuni strumenti di rilevazione basati su questo modello.

Tuttavia, un‟indagine che debba limitarsi al detto o all‟esplicito per individuare ogni traccia o forma di presenza rischia di trascurare un‟altra dimensione fondamentale della comunicazione, quella del silenzio e del non-detto, poiché i comportamenti silenziosi sono di fatto oggetto di interpretazione e attribuzione di significati diversi ed è pertanto evidente come il lasciar emergere la presenza silenziosa sia una sfida particolarmente impegnativa, anche perché essa comporta l‟adozione di strumenti alternativi a quelli, comunemente usati da parte del tutor- ricercatore, imperniati sulla traccia scritta. È infatti possibile rilevare tracce di comportamento silente registrate dai log delle piattaforme informatiche a ciò predisposte, il che consente la rilevazione di comportamenti utili ad esperire l‟essere- in-connessione con altri senza dover necessariamente attivare un‟interazione. Ma d‟altro canto, è invece possibile mantenere un senso di connessione all‟altro avvalendosi di strumenti di instant messaging che consentono di attuare conversazioni intermittenti, quindi di natura diversa dalla chat. Pertanto, s‟individua tra le pieghe del sistema un fare silenzioso, che contribuisce alla creazione della dimensione sociale, e che andrebbe, di conseguenza, opportunamente indagato.

Non è, infine, possibile trascurare un‟ulteriore problematica legata ai limiti intrinseci di una comunicazione che costringesse all‟esplicitazione verbale perché si venisse percepiti come visibili. Quale può essere l‟apporto di accrescimento cognitivo derivante dalla resa verbale esplicita delle emozioni ben oltre, quindi, l‟uso delle sole emoticon o di altri artifici ortografici? E infine: volendo accettare il cambiamento di prospettiva da una visione del linguaggio come scaturigine e luogo di rappresentazioni a quella del linguaggio come azione sociale, a quale agire le emozioni verbalmente espresse danno corso?

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