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Incidenza percentuale dei non votanti alle elezioni politiche in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti (1970-2018)

Il valore aggiunto dell’approccio bourdieusiano per interpretare l’astensione elettorale nel caso italiano

Grafico 1.7 Incidenza percentuale dei non votanti alle elezioni politiche in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti (1970-2018)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Idea (https://www.idea.int/data-tools/data/voter-turnout) Nota: sia per gli Usa che per la Francia abbiamo riportato i dati relativi alle presidenziali.

Come abbiamo già accennato, l’andamento dell’astensione dalla fondazione della Repubblica (Grafico 2.7), se si fa eccezione per le elezioni dell’Assemblea Costituente in occasione delle quali si registrò un significativo 18% circa di voti inespressi legati principalmente alla mancata consuetudine con l’espressione di un voto democratico dopo il ventennio di dittatura fascista (Nuovoli, Spreafico 1990), mostra una tendenziale stabilità fino alla fine degli anni Settanta, quando, nel 1979, per la

39,1 40,1 43,5 41,6 44,1 39,9 46,6 47,4 42,9 42,5 46,4 44,0 15,8 16,6 15,8 20,3 20,3 16,0 19,7 25,4 27,9 27,1 24,0 27,2 24,6 22,2 28,5 40,6 38,6 34,2 33,9 31,1 8,9 9,3 11,4 10,9 15,7 22,2 21,0 17,8 20,9 23,4 29,2 28,5 23,9 6,8 6,0 9,7 11,0 11,1 12,613,9 17,1 18,6 16,4 19,5 24,8 27,1 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 2020

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prima volta, si osserva un considerevole incremento dei non votanti che sfiora il 10%. In precedenza, si erano registrati valori intorno al 6-7%, più bassi di quelli osservabili negli stessi stati con voto obbligatorio. Ad ogni modo, come ricorda Tuorto (2006: 48), la prima rottura di un equilibrio che si riteneva poter ancora persistere, registratasi nel 1979 (a cui tuttavia occorre aggiungere la decrescita, prima e dopo il 1979, della partecipazione relativa ad elezioni di carattere secondario e, soprattutto, alle consultazioni referendarie su cui torneremo in seguito), venne inizialmente imputata ad una que- stione tecnica dato che nello stesso anno la Legge Moschini-Armella aveva reintrodotto nelle liste elettorali gli emigrati stabilmente residenti all’estero (circa 750.000 elettori), allargando la base di riferimento degli astensionisti nelle regioni a maggior tasso di emigrazione (Agosta 1982). In realtà, in un contesto turbolento come la seconda metà degli anni Settanta, in cui ancora si registrava una mobilità senza movimento (Parisi, Pasquino 1980), iniziava a manifestarsi un’instabilità politica che porterà, successivamente, ad una frammentazione dell’offerta politica con «la presenza di liste mo- notematiche e l’avvento di nuove istanze localistico-particolaristiche» (Tuorto 2006: 48) e una con- seguente maggiore mobilità elettorale e dispersione del voto che avrà un’incidenza anche sul lato del voto inespresso nel suo complesso.

In particolare, si assisterà ad un processo di depolarizzazione del voto, che eroderà consensi verso l’astensione e il voto non valido principalmente ai danni del Partito comunista dopo l’esperienza filo-governativa di solidarietà nazionale (Corbetta, Parisi 1987), accanto al quale, come ha rammen- tato Domenico Fruncillo (2004: 33), si segnalava un movimento verso il non voto, seppure meno repentino, anche dalla Dc. Se negli anni Ottanta il tasso di astensione sarà stabilmente sopra l’11%, nel 1992 raggiungerà quasi il 13% fino a superare il 17% nel 1996, in piena seconda Repubblica (per quanto impropria sia tale definizione, dato che il mutamento dell’offerta politica e della legge eletto- rale non ha alterato la forma di governo). In quel frangente, il passaggio da un sistema elettorale proporzionale ad uno principalmente maggioritario imperniato su collegi uninominali, insieme alla scomparsa dei maggiori partiti storici – Dc, Pci e Psi –, aveva certamente promosso un incremento dell’astensione, anche se è nel corso dell’ultimo decennio142 che si è assistito ad una crescita più

impetuosa della quota dei non votanti. Ciò è avvenuto in un contesto segnato da una crisi economico- finanziaria sistemica, che promuoverà, prima l’avvento di un governo tecnico guidato da Mario Monti (con un sostegno politico trasversale ai partiti di centro-destra e centro-sinistra), poi la seconda de- strutturazione del sistema partitico che porterà alla nascita di nuovi ed inediti soggetti politici come il Movimento 5 Stelle e, successivamente, l’avvicendarsi di governi incentrati sul Partito Democratico

142 Gli ultimi dieci anni sono stati contraddistinti da un sistema elettorale proporzionale con un premio di maggioranza

alla principale coalizione, combinato con soglie di sbarramento diseguali per i due rami del Parlamento e la presenza di liste bloccate che impedivano di esprimere una preferenza Tale legge è stata in seguito ritenuta parzialmente incostituzio- nale e modificata a ridosso delle elezioni del 2018 soprattutto relativamente allo spropositato premio di maggioranza.

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(dunque tendenzialmente di centro-sinistra) con il sostegno variabile di forze di centro-destra in un’ottica di riforma costituzione. Tale proposito riformatore, nondimeno, sarà bocciato dall’esito del referendum abrogativo del 2016 (con una partecipazione elettorale pari al 65%). Inoltre, dopo le ele- zioni del 2018, si assisterà alla nascita del governo di coabitazione, più o meno forzata, tra M5s e Lega, dove quest’ultima, nata alla fine degli anni ’80 come insieme di Leghe localistiche (Diamanti 19952) incentrate su tematiche autonomistiche (che hanno assunto varie gradazioni: dal separatismo al federalismo regionalistico), si è riconvertita sempre più in forza nazionale e nazionalista, senza peraltro perdere mai di vista le ragioni e la prospettiva di un’autonomia vantaggiosa per le regioni settentrionali. Tuttavia, le mire egemoniche del leader ed ex vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini hanno portato a una crisi del governo guidato dal giurista (di area M5s) Giuseppe Conte, sfiduciato dallo stesso Salvini nella speranza di giungere ad elezioni anticipate e costituire, probabil- mente, un governo di destra-destra (con la formazione erede delle trasformazioni dell’estrema destra missina, Fratelli d’Italia, guidata da Giorgia Meloni) dopo l’affermazione leghista alle recenti elezioni europee. L’esito è stato, invece, la costituzione di un secondo governo Conte con la coabitazione (altrettanto) forzata di M5s, Pd e dei (pochi) rappresentanti del cartello elettorale di sinistra Liberi e Uguali. Ciò dimostra, se volessimo seguire la logica bourdieusiana, come le relazioni e i rapporti di forza all’interno del campo politico mutino considerevolmente le disposizioni dei singoli attori in funzione delle posizioni dominanti che si possono venire a ricoprire (giustificate attraverso strategie discorsive che rinviano ad un qualche “bene comune” da preservare), stemperando ed eufemizzando contrapposizioni che prima, retoricamente, si presentavano come radicali.

Grafico 2.7 Percentuale di non votanti alle elezioni politiche (e per l’Assemblea Costituente), regionali ed europee

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