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Indagine sulla conformità con i principi eurounitari e nazionali dei rimedi prospettabili contro le clausole abusive Riflessioni sul rapporto tra autonomia

Nel documento Poteri del giudice e nullità di protezione. (pagine 172-179)

Nullità di protezione e tecniche di intervento integrativo e/o correttivo sul contratto privato di una clausola abusiva essenziale.

1. Indagine sulla conformità con i principi eurounitari e nazionali dei rimedi prospettabili contro le clausole abusive Riflessioni sul rapporto tra autonomia

privata e giustizia contrattuale.

L'analisi svolta nelle precedenti sezioni del presente lavoro ha costituito la premessa necessaria per approfondire il contesto in cui studiare i possibili strumenti attraverso i quali risolvere il problema degli effetti della caducazione di una clausola abusiva essenziale.

La disciplina italiana di recepimento della Direttiva e i principi eurounitari in materia consumeristica costituiscono, infatti, la cornice normativa e assiologica di riferimento per individuare la soluzione migliore a favore del contraente debole. Si tratta, ora, di stabilire quali strumenti garantiscano, in concreto, in caso di ablazione di una clausola abusiva, che la nullita di protezione possa operare come sanzione effettiva, proporzionale ed efficace. Il che equivale a chiedersi quale sia l'ampiezza del potere del giudice di rilevazione e di dichiarazione della nullita di protezione.

Alla luce delle considerazioni svolte, si osserva come, non sempre, la mera eliminazione della clausola vessatoria soddisfi efficacemente gli obiettivi sottesi al rimedio della nullita di

protezione e le istanze di matrice europea analizzate. Certamente, il rimedio invalidante gia realizza una modificazione del regolamento contrattuale predisposto dalle parti, ma con il presente lavoro ci si propone di comprendere se, dall'applicazione dello stesso, possano discendere effetti ulteriori, quando la clausola eliminata attenga a un elemento così essenziale per il funzionamento del contratto, che la sua ablazione rischia di metterne al repentaglio la sopravvivenza.

Proprio per evitare che il consumatore subisca un pregiudizio - la perdita dell'intero contratto - peggiore del male subito - la sottoscrizione di una clausola abusiva a suo svantaggio - l'interprete deve interrogarsi sulla configurabilita di effetti modificativi connessi al meccanismo della nullita parziale necessaria282. Il silenzio legislativo sul punto e le, finora,

scarse ipotesi applicative, infatti, non esimono lo studioso dal porsi il problema e dal tentare di dare una soluzione coerente con la disciplina vigente e con i principi eurounitari283. Lo

impongono anche le istanze solidaristiche sottese alla disciplina a tutela del consumatore. La stessa posizione di chiusura patrocinata dalla Corte di Giustizia rispetto a qualsivoglia forma di intervento giudiziale sul contratto non appare sempre soddisfacente e in linea con i valori sottesi al diritto europeo.

Da qui gli sforzi di quella dottrina che ha prospettato taluni strumenti di gestione della lacuna contrattuale sopravvenuta, i quali dovrebbero operare in via successiva e complementare rispetto al rimedio principale, la nullita parziale necessaria, che costituisce il logico antecedente di questi.

D'altra parte, se la nullita di protezione si muove in una dimensione non più propriamente strutturale, ma funzionale, in quanto in stretto rapporto con l'assetto di interessi perseguito dalle parti, la sua finalita di conformazione del regolamento contrattuale si traduce non solo nell'eliminazione della singola clausola, ma anche nella conservazione del contratto complessivamente rimodellato. In questa nuova prospettiva, allora, è ben possibile che l'effetto demolitivo, proprio della nullita di protezione, si accompagni a un effetto ulteriore di

282 Secondo A. D'ADDA, La correzione del “contratto abusivo”, cit., p. 364, «pare evidente che una efficace “neutralizzazione” del patto abusivo non postula la caducazione dell'intera operazione negoziale, che è nell'interesse anche della parte che subisce abuso ed iniquita, bensì la conservazione del regolamento negoziale privato dei contenuti disapprovati. Da qui la necessita di rinvenire gli strumenti più adeguati a garantire l'opera di correzione del negozio».

283 Osserva A. FEDERICO, Nuove nullità e integrazione del contratto, cit., p. 353 che il problema dell'integrazione, nel nuovo diritto dei contratti, impone di trovare soluzioni necessariamente diverse da quelle codicistiche poiché diverso è il presupposto dell'operazione integrativa. Nell'ambito del diritto comune, l'integrazione ha come presupposto la validita del contratto, il cui contenuto appare ab origine incompleto. Nel caso delle clausole vessatorie, invece, l'integrazione può giustificarsi in virtù di una nullita che investe il regolamento contrattuale: la lacuna, infatti, non deriva né dalla incompletezza dell'accordo pattuito dalle parti, né dall'accertamento della violazione di una norma imperativa, bensì si tratta di una lacuna sopravvenuta per effetto di una sentenza del giudice. In tal caso, «l'integrazione necessariamente diventa la parte costruens da affiancare alla nullita ed acquista una funzione conformativa del regolamento contrattuale».

contestuale integrazione o sostituzione delle parti eliminate.

Siffatta conseguenza modificativa, nei casi di vessatorieta di una clausola non essenziale, si realizza gia con la mera caducazione della stessa, mentre, nei casi in cui la vessatorieta riguardi un elemento essenziale del contratto, esige uno sforzo di rimodellamento più avanzato, al fine di evitare il venir meno del vincolo contrattuale.

A livello pratico, un problema di integrazione della lacuna contrattuale sopravvenuta in funzione della conservazione del contratto potrebbe porsi in due situazioni diverse.

Da un lato, l'effettiva sopravvivenza del contratto potrebbe essere minacciata in tutte quelle ipotesi in cui il giudizio di vessatorieta colpisca una clausola relativa a un elemento essenziale, come l'oggetto o il prezzo, ove sia formulata in modo poco chiaro e comprensibile, secondo quanto prevede l'art. 34, comma 2, cod. cons.; oppure una clausola in cui si stabilisca che la determinazione del prezzo del bene o del servizio avvenga al momento della consegna o della prestazione, ai sensi dell'art. 34, comma 2, lett. n), cod. cons., trattandosi di clausola presuntivamente vessatoria.

Dall'altro lato, analogo rischio che la nullita parziale necessaria comporti un'oggettiva impossibilita di funzionamento del contratto può manifestarsi quando essa colpisca la gran parte del contenuto di quello. Questa ipotesi può verificarsi o nel caso in cui vengano dichiarate vessatorie numerose clausole contrattuali oppure quando la vessatorieta riguardi una clausola di rinvio ad un documento esterno per la determinazione del contenuto del contratto, secondo quanto previsto dagli artt. 33, comma 2, lett. l) e 36, comma 1, lett. c), cod. cons..

Di fronte al problema di tali lacune sopravvenute, alcuni ordinamenti europei gia ammettono espressamente forme di integrazione del contratto284.

In particolare, nell'ordinamento tedesco il §306 BGB prevede espressamente le conseguenze della inefficacia della clausola abusiva, prospettando la soluzione della integrazione normativa della lacuna285: «(1) Se le condizioni generali di contratto non sono

divenute in tutto o parzialmente parte del contratto o sono inefficaci, il contratto rimane inefficace per il resto. (2) Per quanto le clausole non sono divenute parte del contratto o sono inefficaci, il contenuto del contratto si regola secondo le disposizioni di legge. (3) Il contratto è inefficace se il suo mantenimento, anche tenendo conto della modifica prevista nel comma 2, presenterebbe impretendibili sacrifici per una delle parti».

284 Per un'analisi più compiuta si rinvia a V. RIZZO, Le “clausole abusive” nell'esperienza tedesca, francese,

italiana e nella prospettiva comunitaria, cit..

285 Si osserva in dottrina che, alla luce del dettato della norma tedesca, «l'integrazione del contratto mediante il diritto dispositivo appare una conseguenza ovvia in un ordinamento in cui il legame tra clausole abusive e diritto dispositivo, nella fase del controllo di vessatorieta della clausola, da epoca risalente è stato messo in luce dagli studiosi più autorevoli». Così F.P. PATTI, Clausola vessatoria sugli interessi moratori e

Nel contempo, la giurisprudenza tedesca mostra aperture persino verso forme di integrazione di stampo giudiziale attraverso l'ergänzende Vertragsauslegung286, ossia

attraverso la figura della “interpretazione integrativa”287.

Negli ordinamenti scandinavi, similmente, si ricorda che, in base alla Section 36 del Contracts Act, «se una clausola del contratto è iniqua o suscettibile di condurre ad esiti applicativi iniqui, essa può essere modificata o resa inefficace», mentre «se in seguito alla modificazione fosse iniquo dare inefficacia all'intero contratto, il contratto può essere a sua volta modificato o risolto». A tali disposizioni fa eco la Section 1, Chapter 4 del Consumer Protection Act, in forza del quale «se una clausola è in contrasto con la buona fede, essa può essere modificata o disapplicata»288.

Considerazioni analoghe valgono, infine, per l'ordinamento spagnolo, in cui l'art. 83, R.d.lgs. n. 1/2007, modificata dalla Ley 3/2014, prevede l'integrazione anche giudiziale del contratto successivamente alla dichiarazione di vessatorieta di una clausola, attribuendo al giudice «poteri di moderazione rispetto ai diritti e agli obblighi delle parti, nel caso di sopravvivenza del contratto», in forza del canone della buona fede oggettiva289.

L'analisi del dato comparato può costituire un importante punto di riferimento, affinché, anche nel nostro ordinamento, si sviluppi una riflessione sul tema, la cui complessita è evidente. Indagare l'ampiezza dei poteri del giudice che rileva e dichiara una nullita di protezione significa, in realta, riflettere sulla più ampia questione dei rapporti tra autonomia privata e potere giudiziale, con particolare riferimento alla realizzazione di obiettivi di giustizia contrattuale.

Il tema dei rapporti tra intervento statale e autonomia privata si è sviluppato soprattutto a partire dalla fine degli anni Sessanta290. Oggi esso è più che mai attuale, anche se

profondamente mutato, soprattutto per effetto delle nuove forme di invalidita di protezione. In particolare, è a partire dalla meta degli anni Novanta che il legislatore concepisce forme di

286 A riguardo, si vedano gli studi di L. VALLE, L'inefficacia delle clausole vessatorie, cit., p. 261 ss..

287 La teorizzazione della figura si deve a E. ZITELMANN, Internationales Privatrecht, II, Duncker & Humbolt, Leipzig, 1912, p. 218 ss.. Si vedano anche: G. OPPO, Profili dell'interpretazione oggettiva del

negozio giuridico, Bologna, 1943, ora in Scritti giuridici, III, Padova, 1992; W. HENCKEL, Die ergänzende Vertragsauslegung, in Archiv. für die civilistische Praxis, 1960-1961, p. 110 ss..

288 Si rinvia a WILHMSSON, A Nordic perspective, in The integration of directive 93/13 into the National

Legal Systems, report della conferenza The Directive on Unfair Terms five years later-evaluation and future persepctives, organizzata dalla Commissione europea nel 1999, reperibile sul sito della Commissione

europea, Justisce, p. 14 ss..

289 Non a caso, è proprio questa la disposizione oggetto di censura da parte della Corte di Giustizia nella sentenza Banco Espanol (Corte Giustizia, 14 giugno 2012, causa C-618/2010, cit.), tanto da dichiarare che l'art. 6 della Direttiva n. 93/13 osta ad una normativa nazionale come l'art. 83 del Real decreto legislativo n. 1/2007 che «consente al giudice nazionale, qualora accerti la nullita di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, di integrare detto contratto rivedendo il contenuto di tale clausola».

290 Si ricordano i contributi di: M. BARCELLONA, Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei

rapporti economici, cit.; F. MACARIO, L'autonomia privata, in L. Nivarra (a cura di), Gli anni settanta del diritto privato, Milano, 2008, p. 119 ss..

controllo sempre maggiori sui contenuti del regolamento contrattuale in tutti quei casi in cui questo sia stato predisposto da parti dotate di diversa forza negoziale. Da qui, l'esigenza, fatta propria dal diritto europeo, di predisporre regolamenti contrattuali equi, cioè improntati a giustizia291. La legislazione protettiva di matrice europea mira, infatti, a garantire l'efficienza

del mercato non solo imponendo, a monte, obblighi precontrattuali di informazione, ma anche sanzionando, a valle, i contratti il cui contenuto appaia iniquo per effetto di un esercizio abusivo dell'autonomia privata da parte del contraente in posizione di forza. D'altronde, lo stesso art. 2, comma 2, lett. e), cod. cons. contempla, fra i diritti fondamentali dei consumatori, anche il diritto “alla correttezza, alla trasparenza e all'equità nei rapporti contrattuali”.

Questa esigenza di equita, evidentemente, rende necessario riconoscere al giudice più ampi margini di intervento sul contratto, coerentemente con il superamento del dogma della intangibilita della volonta privata e in funzione della giustizia contrattuale. Nei rapporti strutturalmente asimmetrici, infatti, è particolarmente forte la necessita di assicurare che il contratto si sia formato in un mercato correttamente funzionante, ma anche che quel mercato sia ispirato a principi di solidarieta e di equita, sì da contemperare l'efficienza degli scambi con la tutela della persona. Anzi, il diritto europeo è ben conscio della centralita della persona e dell'esigenza che un contratto, per essere giusto, non violi i diritti fondamentali dell'individuo. Non a caso, l'art. I.-1:102 del Draft Common Frame of Reference prevede che le disposizioni in materia contrattuale vengano interpretate in modo da garantire «i diritti umani, le libertà fondamentali e le norme costituzionali applicabili»292.

In considerazione di tutto ciò, in dottrina, è stato autorevolmente osservato che, in questi casi, non si tratta tanto di limitare l'autonomia privata, quanto, piuttosto, di «riequilibrare e disciplinare il mercato per valorizzare la libertà di iniziativa»; anzi, si concorda con chi sostiene che «la nuova esigenza di dettare discipline volte a regolamentare i rapporti economici asimmetrici in nome dei principio di parità ed equità sostanziale giustifica e richiede l'intervento dell'autorità nella sfera dell'autodeterminazione negoziale»293.

In questa prospettiva, il contratto non può più essere considerato, semplicemente, come

291 Gia all'inizio degli anni Settanta, autorevole dottrina (F. SANTORO-PASSARELLI, Variazioni sul contratto, in Riv. trim., 1970, p. 8 ss.) osservava, con riferimento al processo di costituzionalizzazione del diritto civile, che l'ordinamento «intende la funzione del contratto in modo diverso dal passato: non si contenta, cioè, che esso realizzi un qualsiasi assetto di interessi tra le parti, ma pretende che si tratti di un assetto equo. In tale prospettiva gli interventi possono ancora farsi rientrare nella logica dell'autonomia privata, se si ammette che il contratto possa essere indirizzato a un risultato giusto».

292 In tema si vedano: G. VETTORI, L'interpretazione di buona fede codice civile e nel Draft Common Frame of Reference (DCFR), in Riv. dir. priv., 2008, p. 683 ss.; U. BRECCIA, Principles, definitions e model rules nel

“comune quadro di riferimento europeo” (Draft Common Frame of Rreference), in Contr., 2010, p. 95 ss.;

G. ALPA, Le “autonomie contrattuali” tra mercato e persona, in G. Alpa e V. Roppo (a cura di), La

vocazione civile del giurista. Saggi dedicati a Stefano Rodotà, Roma-Bari, 2013, p. 204 ss..

una manifestazione di volonta, bensì va riguardato come un atto certo pur sempre di autoregolamentazione, ma necessariamente sottoposto a limiti e controlli per il perseguimento di finalita ulteriori rispetto a quelle individualistiche proprie delle parti, in nome del principio di solidarieta. Ciò nella convinzione che solo ponendo rimedio agli abusi dell'autonomia privata in ottica solidaristica sia possibile assicurare la concorrenza nel mercato.

L'intervento del giudice, pertanto, lungi dal costituire un'eccezione circoscritta o una forma di rinnovato paternalismo ordinamentale per finalita pubblicistiche, assume i tratti di una regola ordinaria che concorre ad assicurare obiettivi di giustizia contrattuale, rimodulando l'autonomia privata in conformita al principio solidaristico294.

Se le considerazioni sopra svolte entro la cornice dei principi costituzionali ed eurounitari, si tratta di stabilire, ora, quali siano gli strumenti più idonei attraverso i quali il giudice possa intervenire, concretamente, sull'atto per colmare la lacuna sopravvenuta.

Occorre, dunque, chiedersi quale sia l'estensione del potere giudiziale connesso alla declaratoria di nullita parziale necessaria, così da definire quale sia il rimedio o l'eventuale cumulo di rimedi in grado di assicurare, da un lato, una tutela effettiva per il contraente debole, e, dall'altro, la riconduzione del regolamento contrattuale a proporzione e, quindi, a conformita con la buona fede.

Le opzioni astrattamente prospettabili sono due, dovendosi chiarire se sia preferibile accedere alla tesi che ammette rimedi soltanto legali, quanto alla fonte, benché portati a esecuzione dal giudice, oppure alla tesi favorevole a invocare rimedi anche di stampo prettamente giudiziale.

Nel primo caso, il riferimento è, innanzitutto, al meccanismo della sostituzione automatica di clausole secondo l'art. 1339 c.c., con conseguente riespansione della norma imperativa indebitamente derogata. E questo rimedio non pone particolari problemi.

Molto più frequentemente, però, si pone la questione se siffatto meccanismo sostitutivo valga anche per la violazione di norme non imperative, ma dispositive. Gia in questo caso, si sarebbe fuori dal campo dei rimedi prettamente legali, per entrare nell'area di rimedi di stampo più propriamente giudiziale, benché pur sempre funzionali a consentire l'integrazione

294 Cfr. G. VILLANACCI, Autonomia privata e buona fede nella complessa relazione evolutiva con la

normativa consumeristica, in Contr. e impr., 2013, 4-5, p. 917 ss., il quale osserva che, storicamente, il

moderno concetto di autonomia negoziale si è sviluppato gia a partire dalle profonde trasformazioni economico-sociali della meta dell'Ottocento quando, con l'avvento delle cc.dd. Societa intermedie tra lo Stato e l'individuo, inizia a prospettarsi una lettura in chiave sociale dell'autonomia negoziale. Davanti al diffondersi di forti disparita economiche e informative, si afferma l'idea che compito dello Stato democratico sia quello di rimuovere i fattori che impediscono l'effettivo esercizio della liberta negoziale attraverso strumenti idonei a limitare l'autonomia privata. In questo mutato assetto sociale, il codice del 1942 e la Costituzione contribuiscono a concepire il contratto come «strumento di collaborazione economica e cooperazione delle attivita individuali per il raggiungimento di fini non esclusivamente egoistici, ma anche sociali. L'ordinamento si insinua con forza in un terreno ritenuto impermeabile nel pensiero ottocentesco, affiancando al concetto di liberta contrattuale quello dell'utilita e solidarieta sociale».

della lacuna sopravvenuta con una norma di legge. Ma è evidente come questa opzione sia molto discussa in dottrina e, soprattutto, come si vedra, non del tutto in linea con gli arresti della Corte di Giustizia, chiusa in una posizione di assoluto sfavore per qualsivoglia forma di intervento giudiziale diverso dalla dichiarazione di abusivita.

I margini di intervento del giudice si ampliano ulteriormente ove si ipotizzi di invocare la clausola generale di buona fede. Quest'ultima può venire in considerazione con due ruoli differenti. Da un lato, essa può essere invocata quale risvolto civilistico della solidarieta sociale di cui all'art. 2 Cost. e, quindi, quale vincolo per le parti a rinegoziare il contenuto della clausola dichiarata nulla, in modo da ripristinare l'equilibrio alterato e consentire la conservazione del contratto. Dall'altro, la buona fede può, addirittura, costituire uno strumento di integrazione della lacuna affidato direttamente al giudice in nome dell'esigenza di garantire una tutela giusta ed effettiva. A riguardo, ci si dovra, inoltre chiedere se, davvero, la buona fede possa assurgere a criterio di integrazione giudiziale o se, in alternativa, sia invocabile un diverso parametro, come l'equita.

Con riferimento a questo secondo ruolo della buona fede, si dovranno affrontare funditus gli aspetti positivi e negativi del riconoscimento al giudice di un potere così ampio e pervasivo, per verificarne la compatibilita con i principi e le regole nazionali ed eurounitari. Riflessione che dovra essere condotta tenuto conto di come, sempre più spesso, il regolamento costituisca il frutto della collaborazione di più fonti.

A tal proposito, la riflessione si arricchisce ulteriormente se si considera che, accanto all'autonomia privata, possono assumere rilievo, ai fini della definizione del regolamento, anche soggetti terzi rispetto al contratto, diversi persino dal giudice, e dotati di funzioni di garanzia e di regolamentazione, come le Autorita amministrative indipendenti, il cui ruolo tende, oggi, ad accrescersi notevolmente.

Come si vedra, l'ipotesi più discussa resta la possibilita di riconoscere al giudice un vero e proprio potere correttivo del contratto in nome della tutela del contraente debole. Vi è chi ritiene che il giudice possa colmare la lacuna contrattuale determinando equitativamente o secondo buona fede, il contenuto del regolamento negoziale. Quindi il giudice, lungi dal colmare il vuoto richiamando la norma, imperativa o dispositiva, derogata, potrebbe correggere il contratto dettando una regola improntata a equita o a buona fede. Quest'ultima posizione, sostenuta da una parte della dottrina, pur essendo molto suggestiva e potenzialmente efficace per la soluzione della singola controversia, è, senz'altro, la più discussa, in quanto pone delicatissimi problemi di relazione tra poteri del giudice e autonomia privata, che meritano di essere attentamente vagliati nel tentativo di prospettare una soluzione coerente e ragionevole per il problema in esame.

Nel documento Poteri del giudice e nullità di protezione. (pagine 172-179)

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