54 1.9 L’adempimento del dovere.
2. IL TRATTAMENTO MEDICO ARBITRARIO NELLA EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE.
2.1 Individuazione delle sentenze più significative.
Una recente sentenza a sezioni unite della Cassazione263 ha affrontato il tema della responsabilità penale del medico in caso di intervento chirurgico eseguito a regola d’arte e con esito favorevole, ma in assenza del consenso informato del paziente o di chi ne fa le veci (nell’ipotesi che egli non sia in grado di esprimere un valido consenso)264. Prima di esaminare questa importante decisione, con riguardo alla quale al momento non si registrano pronunce di legittimità di segno, anche solo parzialmente, contrario, occorre dar conto del dibattito dottrinario e giurisprudenziale sul cui solco è maturato il decisum in oggetto.
Quanto alla giurisprudenza, i capisaldi sono rappresentati da quattro sentenze, pronunciate da tre diverse sezioni della Cassazione: la sentenza sul caso Massimo del 1993, la sentenza sul caso Barese del 2001, la sentenza sul caso Firenzani dello stesso anno e la sentenza Volterrani del 2002265.
Si tratta di quattro decisioni che, sostanzialmente, riguardano fattispecie tra loro simili, ossia il caso di un paziente che acconsente ad un intervento chirurgico di media portata e di un medico chirurgo che, ad operazione iniziata, resosi conto della presenza di un quadro clinico ben diverso da quello inizialmente preventivato ed illustrato al paziente (e sul quale era stato acquisito il relativo avallo), decide di cambiare piano operatorio, pur in assenza di una situazione configurabile quale stato di necessità ai sensi dell'art. 54 c.p.,
263
Cassazione - Sezioni unite penali - sentenza 18 dicembre 2008 - 21 gennaio 2009, n. 2437, Presidente Gemelli - Relatore Macchia, imputato Giulini, in Cass. Pen., 2009, fasc. 5, p. 1793, con nota di VIGANO’ F., Omessa acquisizione del consenso informato del paziente e responsabilità penale del
chirurgo: l’approdo (provvisorio?) delle Sezioni Unite. 264
Su questo specifico punto si veda Cassazione n. 2437/2008 sul caso Englaro.
265
Le sentenze sono così chiamate in base ai nomi dei chirurghi imputati nei processi. Sull’esame di queste quattro sentenze vedi, tra gli altri, CARUSO G., Il trattamento medico-chirurgico, cit., p. 1013; ARRIGONI F., Riflessioni sul trattamento medico-chirurgico, in Dir. Pen. Proc., 2004, p. 1264; VIGANÒ F., Profili penali del trattamento chirurgico eseguito senza il consenso del paziente, in Riv. it. dir. e proc.
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ed esegue un intervento molto più invasivo rispetto a quello inizialmente concordato con l’interessato, tanto che ne scaturisce, tranne che nel caso Firenzani, la morte dello stesso.
Nei casi Massimo e Barese sono stati riscontrati nelle condotte dei medici dei profili di colpa. Nel caso Massimo, la colpa ha riguardato la decisione stessa (attese le precarie condizioni di salute della paziente) del chirurgo di procedere ad un intervento di più ampia portata ed è stata poi ritenuta dal collegio giudicante assorbita nel dolo dell’agente266. Nel caso Barese, la colpa si è appuntata, principalmente, sul modo in cui l’intervento è stato eseguito (colpa sotto forma di imperizia nella esecuzione dell’operazione). Nel caso Volterrani, invece, non viene evidenziata alcuna colpa in capo al medico con riguardo alla morte del paziente. Nel caso Firenzani, infine, l'operazione previamente non consentita, perfettamente riuscita dal punto di vista clinico ed esente da rimproveri in termini di colpa medica, ha provocato al paziente lesioni personali gravi ma non la morte.
Un altro elemento comune alle fattispecie sopra indicate è che in esse ci troviamo al di fuori del perimetro applicativo della causa di giustificazione dello stato di necessità. In tutti questi casi il medico - pur avendo avuto la possibilità di chiudere la breccia operatoria e di interpellare il paziente, una volta risvegliatosi dall’anestesia, al fine di acquisire il suo eventuale assenso informato in merito alla operazione chirurgica diversa da quella prospettata e pur in assenza di un concreto ed attuale grave pericolo per la vita o per la salute del paziente, ciò che lo avrebbe legittimato ad operare in assenza di consenso - decide di propria iniziativa di cambiare piano operatorio (viraggio terapeutico), nella convinzione che questo risponda al miglior interesse del paziente, consentendogli di evitare i disagi ed i rischi di una seconda operazione e, quindi, di una seconda anestesia (c.d. interventi di elezione).
Va sottolineato come il caso tipo che si va esponendo corrisponde di gran lunga alla fattispecie che più di frequente si presenta nelle aule dei tribunali. La realtà, tuttavia, esibisce una quantità di fattispecie molto più variegate, dalle quali scaturiscono conseguenze penali di tipo diverso.
266
Gli elementi di colpa individuati nella condotta del chirurgo si incentravano sul fatto che l'asportazione della massa tumorale benigna, oggetto dell’intervento, poteva avvenire con modalità diverse e meno rischiose rispetto a quelle praticate, che portavano all’asportazione totale del retto, modalità ritenute ancora più pericolose in considerazione dell’età avanzata (83 anni) e delle precarie condizioni generali di salute della paziente. La Corte, tuttavia, riterrà gli elementi dolosi prevalenti su quelli colposi, valutando pertanto la colpa assorbita nel dolo. Contro questa ricostruzione si veda MARRA G., Sebbene non siano stati
risolti tutti i problemi la traccia ermeneutica è delineata con chiarezza, in Guida al diritto, 2009, fasc.7, p.
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Vi può essere, ad esempio, un dissenso espresso e totale per il trattamento suggerito dal medico; se questo dissenso è consapevole ed informato, il medico non potrà sottoporre il paziente al trattamento sanitario ritenuto necessario, a meno che esso non sia previsto come obbligatorio dalla legge, in linea con la riserva (assoluta) di legge (statale) prevista dall’articolo 32 della Costituzione. Si pensi al caso di una persona affetta da malattia psichiatrica o da malattia infettiva, ove, prima ancora della salute dell’individuo, è in gioco la tutela della sicurezza e della salute della collettività.
Vi può essere, poi, un dissenso espresso e totale legato però ad un presupposto che, nel corso dell'intervento chirurgico, si mostra sbagliato. Per esempio, si può pensare al dissenso ad un intervento demolitivo sul presupposto di una malattia non mortale: il chirurgo, una volta aperta la breccia operatoria, si rende conto, che quell’intervento espressamente rifiutato dal paziente è indispensabile per salvargli la vita.
L’ipotesi più ricorrente è, come detto sopra, quella del consenso parziale: il paziente esprime il consenso all’intervento che gli viene consigliato, ma si oppone ad eventuali trattamenti maggiormente invasivi (come sembra che sia avvenuto, a leggere le pronunce di merito, nel caso Massimo). Tuttavia può accadere che non lo faccia esplicitamente, perché non gli è stato detto che la necessità di un intervento maggiormente invasivo si poteva presentare nel corso dell’intervento concordato.
Le decisoni sopra citate seguono due orientamenti tra loro contrapposti. Le sentenze Massimo e Firenzani adottano un'interpretazione rigorosa della responsabilità penale del medico in caso di trattamento abusivo, giungendo (la prima) a riconoscere persino la responsabilità per omicidio preterintenzionale. Le sentenze Barese e Volterrani accedono ad una linea interpretativa meno rigida, escludendo la configurazione dell’omicidio preterintenzionale e svalutando l'importanza primaria fino a quel momento assegnata dalla comunità degli osservatori all'istituto del consenso informato del malato.
Proprio il contrasto fra questi due opposti indirizzi ha comportato la necessità di una pronuncia delle sezioni unite della Suprema Corte, per approfondire la quale è essenziale analizzare più compiutamente l'evoluzione giurisprudenziale sin qui esaminata.
2.2 Il caso Massimo e la tesi delle lesioni dolose e dell’omicidio