• Non ci sono risultati.

La sentenza Firenzani: la tesi dell’autolegittimazione e l’errore colposo sulla sussistenza del consenso.

54 1.9 L’adempimento del dovere.

2. IL TRATTAMENTO MEDICO ARBITRARIO NELLA EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE.

2.4 La sentenza Firenzani: la tesi dell’autolegittimazione e l’errore colposo sulla sussistenza del consenso.

Veniamo ora alla sentenza della Cassazione emanata appena quattro mesi dopo il caso Barese da un'altra sezione della Suprema Corte, la quarta, relatore Galbiati, sul caso

-103-

Firenzani (Cass., sezione IV, 11 luglio 2001, n. 35822)289. La fattispecie in questione esibisce profili fattuali diversi da quelli offerti dalle sentenze appena analizzate. Non siamo, infatti, in presenza di un’ipotesi di mutamento del piano operatorio da parte del chirurgo, una volta avviato l’intervento, a seguito del rinvenimento imprevisto di una diversa malattia (caso Barese) o per la riscontrata difficoltà/impossibilità di portare a compimento l'operazione programmata secondo la modalità tecnica previamente concordata con il paziente (caso Massimo). Nel caso di specie il chirurgo, capo della equipe operatoria, effettua un intervento di artroscopia diagnostica su una paziente affetta da gonalgia al ginocchio sinistro, operando per errore il ginocchio destro, al quale viene asportato il menisco. La parte offesa subisce lesioni personali guarite in un tempo superiore a 40 giorni, con postumi consistenti nell'indebolimento permanente dell'organo della deambulazione (lesioni personali gravi).

La vicenda è, quindi, quella di un paziente che presta il consenso all'effettuazione di un intervento sul ginocchio sinistro e di un medico che invece effettua l'operazione sul ginocchio destro, avendo, per ironia della sorte, effettivamente ivi riscontrato una sofferenza al menisco, che viene perciò asportato.

L’operazione praticata, pur essendo diversa da quella concordata con il paziente, risulta medicalmente indicata per l’accertata presenza di una malattia precedentemente non diagnosticata.

Essa, inoltre, viene eseguita nella piena osservanza delle regole dell'arte medica, senza che potesse, dunque, imputarsi al medico alcun elemento di colpa limitatamente alla sua esecuzione.

Il medico viene ritenuto responsabile di lesioni personali gravi colpose e la Cassazione conferma le condanne di merito. La colpa del medico viene identificata nell'avere egli per negligenza sbagliato ad individuare il ginocchio da operare, nonostante la cartella clinica indicasse in termini chiari il tipo di operazione alla quale il paziente aveva prestato consenso e, quindi, anche il ginocchio da curare.

Tale sentenza si colloca nel solco dell'orientamento di legittimità avviato dalla pronuncia della Suprema Corte sul caso Massimo, dei cui principi essa rappresenta una coerente applicazione.

È vero, infatti, che in ipotesi di difetto di congruo interpello del paziente il medico debba rispondere di lesioni personali dolose, però è anche vero che, qualora il medico per

289

In Cass. Pen., 2002, p. 2041, con nota di IADECOLA G., Sugli effetti penali della violazione

-104-

un errore di valutazione si rappresenti la sussistenza di una causa di giustificazione e cioè, nel caso in questione, del consenso dell'avente diritto, se l'errore è imputabile a titolo di colpa al medico e se il reato prevede una responsabilità a titolo colposo, dovrà escludersi la configurabilità del dolo. In applicazione della disciplina in tema di erronea supposizione di una causa di giustificazione prevista dall'articolo 59, quarto comma, c.p., dovrà concludersi per la responsabilità colposa del chirurgo.

Dal punto di vista dogmatico, la sentenza Firenzani si differenzia da quella Massimo per un diverso inquadramento del consenso informato. Esso, infatti, non viene considerato quale causa di giustificazione ex articolo 50 c.p. (consenso dell'avente diritto) in virtù dello sbarramento costituito dall’art. 5 del codice civile sui limiti di disponibilità dell’integrità corporea, ma viene valutato quale uno dei presupposti di liceità, di legittimità dell'attività medica.

Con questa decisione per la prima volta in termini espliciti le sezioni penali della Cassazione sposano la tesi dell'autolegittimazione dell'attività medica, tesi già ampiamente accolta dalle sezioni civili. Secondo tale concezione, l'attività medica viene considerata quale attività di per sé legittima, in quanto prevista e riconosciuta dall'ordinamento, tutelata dalla legislazione e dalla stessa Costituzione. Essa pertanto non necessita, per essere giustificata dal punto di vista penale, di alcuna scriminante, quale ad esempio il consenso dell'avente diritto. Il consenso informato del paziente, allora, non rientrando più tra le cause di giustificazione, viene considerato quale uno dei presupposti imprescindibili per la liceità del trattamento medico/chirurgico. Il fondamento di questo assunto viene individuato nell'articolo 32 Cost. (espressione del principio noli me curare) e, soprattutto, nell'articolo 13 Cost., che, tutelando la libertà personale, tutela anche l'intangibilità corporea da qualsiasi intrusione esterna, quand’anche posta in essere per il "bene" del paziente (principio del noli me tangere)290. Ne deriva che non è riscontrabile in capo al medico alcun diritto di curare, ma è possibile parlare solo di una facoltà o potestà

290

Sui profili di tipo costituzionale riguardanti la necessità del consenso informato in tema di trattamenti medico-chirurgici, v. di recente PASSACANTANDO G., Problematiche in tema di consenso

informato e responsabilità penale, in Riv. it. med. leg., 2005, p. 233, nonché GIUNTA F., op.cit., p. 379;

MANTOVANI F., I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Padova, 1974, p. 37 ss.; PALAZZO F., Persona, (delitti contro), in Enc. dir., vol. XXXIII, Milano, 1983, p. 298; VALLINI A., Rifiuto di cure salvavita e responsabilità del medico: suggestioni e conferme della più recente

giurisprudenza, in Dir. pen. proc., 2008, p. 59 ss. Particolarmente significativa, tra le varie pronuncie della

Corte costituzionale sul punto, Corte cost., 22 ottobre 1990, in Foro it., 1991, I. 14 ss., con nota di ROMBOLI R., I limiti alla libertà di disporre del proprio corpo nel suo aspetto "attivo" ed in quello

-105-

di curare, che non può prescindere dal consenso informato del paziente, requisito indispensabile per la piena esplicazione dell'attività medica.

Le uniche eccezioni a questo schema interpretativo, cioè gli unici casi in cui non occorre il consenso del paziente, sono le situazioni di necessità e urgenza terapeutica inquadrabili nell'ambito della scriminante di cui allo stato di necessità e le ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio previste espressamente per legge, conformemente al disposto di cui all'articolo 32, secondo comma, della carta costituzionale.

Dal punto di vista della responsabilità penale del medico, atteso che il consenso informato viene considerato quale presidio e della libertà morale del soggetto e della sua libertà/intangibilità fisica ex art. 13 della Costituzione, si ritiene che le fattispecie penali configurabili siano quelle di cui agli articoli 610, 613 e 605 c.p. nel caso di trattamento terapeutico non chirurgico e quella delle lesioni personali dolose, articolo 582 c.p., in ipotesi di trattamento chirurgico.

Concordemente alla sentenza Massimo, si afferma che qualunque intervento chirurgico, nonostante la finalità e funzione terapeutica, integra l'elemento oggettivo del reato di lesioni dal momento che lede l'integrità corporea del soggetto. Il risultato non cambia anche nell'ipotesi di esito fausto, perché anche in questo caso viene pregiudicato il diritto del malato a privilegiare il proprio stato attuale di salute, il proprio stato di integrità fisica e corporea così come esso si presenta prima dell'intervento chirurgico, il diritto, in altre parole, a scegliere le condizioni del proprio stato di salute291.

A differenza, quindi, di quanto accaduto nel caso Massimo, viene qui espressamente seguita una concezione estensiva dell’evento naturale costitutivo del reato di lesioni: la malattia. Essa viene intesa come qualsiasi alterazione anatomica o funzionale del corpo del paziente, alterazione che è possibile riscontrare praticamente in qualunque atto chirurgico, anche laddove, lo si ripete, l'intervento sia stato effettuato nella più scrupolosa osservanza delle leges artis e sia stato coronato da successo per il paziente (esito fausto).

Anche se la motivazione non è esplicita sul punto, il principio applicato per giungere all’affermazione di responsabilità per colpa è quello in tema di erronea supposizione di una causa di giustificazione, per errore determinato da colpa (all'articolo 59, quarto comma c.p.)292.

291

«Il reato di lesioni sussiste anche quando il trattamento arbitrario eseguito a scopo terapeutico

abbia esito favorevole, e la condotta del chirurgo nell'intervento sia di per sé immune da ogni addebito di colpa».

292

Concorda con questa analisi TORDINI CAGLI S., Profili penali del trattamento medico-

-106-

La disposizione in questione, a rigore, non potrebbe trovare applicazione nel caso in questione, posto che la stessa Corte aveva in precedenza escluso la riconducibilità del consenso informato al campo delle cause di giustificazioni. E’ stato fatto però notare in dottrina293 che il suddetto articolo è espressione di un principio generale in tema di responsabilità e di colpevolezza, che può a buon diritto essere applicato anche a casi analoghi a quello dell’errore sulle cause di giustificazione, quali appunto quelli dell'errore di valutazione circa la sussistenza di un semplice presupposto della condotta dell'agente. Si tratta dello stesso argomento secondo il quale quello dell'inquadramento del consenso informato tra le cause di esclusione dell'antigiuridicità del fatto o tra i requisiti/limiti di liceità della condotta del medico è un falso problema, privo di conseguenze dal punto di vista pratico, atteso che le norme di cui all'errore sulle cause di giustificazione e all'eccesso colposo di cui agli articoli 59 e 55 c.p., essendo espressione di principi generali in tema di colpa, possono benissimo estendersi anche a casi analoghi quali, appunto, i presupposti di legittimità o pre-requisiti di liceità della condotta.

2.5 La svolta del caso Volterrani: il principio della rilevanza del mero dissenso

Outline

Documenti correlati