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Veniamo ora alla questione che riguarda la natura giuridica del consenso all'atto medico e, dunque, il piano di esplicazione della sua efficacia.

Si tratta di una questione spesso non adeguatamente affrontata nelle motivazioni delle sentenze che pure grande risalto attribuiscono ed hanno attribuito alla centralità del consenso informato ed al suo fondamento normativo.

Innanzitutto va premesso, in termini generali, che il consenso della persona offesa del reato ha rilevanza nel nostro ordinamento penale sotto varie forme.

In alcuni casi il consenso è previsto dal legislatore esplicitamente (vedi art. 614 c.p.: stato di incapacità procurato mediante violenza) o implicitamente (vedi il reato di violenza sessuale, il reato di violenza privata o di furto) nella fattispecie di parte speciale quale elemento positivo costruito negativamente124, cioè quale dato che non deve ricorrere per

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ZATTI P., Il diritto a scegliersi la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), in Nuova giur.

civ. comm., 2000, II, p. 10. 123

NUVOLONE P., L'omissione nel diritto penale italiano, Considerazioni introduttive, in Ind.pen., 1982, p. 434 s..; DASSANO F., op. cit., p. 12.

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Cfr. GALLO M., Appunti di diritto penale, Vol. II, Il reato, La fattispecie oggettiva, Giappichelli, Torino1999-2005, p. 144.

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la configurabilità stessa della fattispecie penale. Si parla in questi casi di consenso improprio o assenso125.

Altre volte viene attribuita rilevanza al consenso come circostanza attenuante (si pensi al concorso del fatto doloso della vittima del reato di cui all’art. 62, I co., n.5,c.p.126) o come elemento tipico specializzante (es.: artt. 573, co. I, 579).

Al di fuori di queste ipotesi, la volontà della vittima del reato trova riconoscimento nel diritto penale in virtù della previsione di cui all’art. 50 c.p. sul consenso dell’avente diritto (c.d.consenso proprio).

Si tratta, secondo il pensiero della maggioranza degli studiosi, di una vera e propria causa di giustificazione, sia pure diversa dalle altre, in quanto basata non sulla logica del bilanciamento fra interessi tra loro in conflitto, bensì sul principio dell’abbandono, della rinuncia del titolare del bene giuridico alla tutela dello stesso dalle aggressioni provenienti da terzi.

Non mancano, però, opinioni minoritarie che, facendo leva su questo carattere spurio del consenso di cui all’art.50 c.p. e su alcuni dati normativi testuali (il mancato riferimento all’art. 50 da parte dell’art. 55 sull’eccesso colposo nelle scriminanti, ad esempio), qualificano il consenso di cui all’art. 50 c.p. quale causa di esclusione della tipicità del reato o causa di esclusione della colpevolezza (c.d. scusante)127.

Si tratta di opinioni che risentono dell’influenza della dottrina tedesca, la quale, però, deve fare i conti con un sistema normativo nel quale manca una esplicita norma a carattere generale che preveda il consenso quale causa di esclusione della punibilità.

Al di là di queste considerazioni, la distinzione tra il consenso proprio (o scriminante) e quello improprio (o esimente) è che il primo farebbe venire meno l’antigiuridicità della condotta, il secondo sarebbe un limite di fattispecie o, con le parole di Pulitanò, un limite tacito della norma penale128, un pre-requisito di liceità della condotta.

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TORDINI CAGLI S., op. cit. p. 170; NANNINI U.G., Il consenso al trattamento medico, Giuffrè, Milano, 1989; PAPPALARDO G., Considerazioni in tema di consenso al trattamento medico-chirurgico e

colpa del sanitario, in Critica pen., 1979, p. 99. 126

GOBBI C., L’eterogeneità funzionale delle forme giuridiche del consenso, La Sapienza, Roma, 2007, p. 11.

127

Cfr DOLCE, Lineamenti di una teoria generale delle scusanti nel diritto penale, Milano, 1957; ROMANO M., Cause di giustificazione, cause scusanti e cause di non punibilità in senso stretto, in Riv. It

diritto. proc. penale,, 1990, p. 55; PADOVANI T., Teoria della colpevolezza e scopi della pena, in Riv. it dir. proc. pen., 1987, p. 814; DONINI M., Illecito e colpevolezza, Giuffrè, 1991, p. 510. Recentemente, sul

tema, VENAFRO E., Scusanti, Giappichelli, 2002.

128

Cfr. PULITANÒ D., in COLOMBO C., op. cit., p. 17; nonché NUVOLONE P., I limiti taciti della

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La mancanza del consenso, in questi ultimi casi, è un elemento esplicito o implicito della norma incriminatrice penale.

Nel primo caso saremo di fronte ad un fatto offensivo giustificato (ad un sacrificio di interessi penali giustificato dalla tutela di altri, prevalenti, interessi); nel secondo ad un fatto inoffensivo o penalmente irrilevante (a nessun sacrificio di interessi penalmente protetti).

Ebbene, con riguardo specifico al consenso informato e al suo inquadramento giuridico, è dato riscontrare un’estrema varietà di posizioni, sussumibili in due orientamenti.

Secondo il primo, il consenso informato sarebbe una vera e propria causa di giustificazione che consisterebbe, per alcuni, nel consenso dell’avente diritto (lecito consentito), per altri nell’esercizio del diritto (lecito autorizzato), per altri ancora nell’adempimento del dovere (lecito comandato) o in una scriminante atipica, non codificata129.

Secondo questa impostazione l’attività medica sarebbe di per sé suscettibile di integrare ipotesi di reato e necessiterebbe, pertanto, al fine del riconoscimento della sua legittimità dal punto di vista penale, di una causa di esclusione di antigiuridicità, variamente individuata, come visto, dalla dottrina.

Ovviamente è necessario precisare che per i sostenitori della concezione bipartita della teoria del reato il consenso, pur essendo una scriminante, è pur sempre causa di esclusione della tipicità, posto che, a differenza della spiegazione tripartita del reato, anche le cause di giustificazione sono elementi, sia pure a contenuto negativo, del fatto tipico130.

Secondo l’altro orientamento, il trattamento medico-chirurgico basato sul consenso del malato non avrebbe necessità di alcuna scriminante per essere considerato lecito dal momento che esso, per così dire, nasce lecito, non rientrando nel perimetro applicativo di alcuna fattispecie normativa.

Il consenso informato sarebbe espressione di diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dalla Costituzione, quali il diritto alla salute, il diritto all’autodeterminazione terapeutica, il diritto all’integrità ed intangibilità fisica. Avrebbe poco senso allora affermare che le condotte terapeutiche (la violenza o le lesioni terapeutiche) integrino fattispecie tipiche di reato essendo, proprio perché diretta emanazione di valori

129

Per i riferimenti bibliografici si veda oltre, a proposito delle singole teorie.

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costituzionali (condotte a copertura costituzionale), comportamenti del tutto estranei al modello legale di alcuna fattispecie penale incriminatrice131.

Le condotte terapeutiche dei sanitari non sarebbero, pertanto, fatti offensivi (dal punto di vista penale) ma giustificati, bensì fatti in radice inoffensivi, irrilevanti per il diritto penale.

Non vi sarebbe alcun sacrificio di beni giuridici protetti da norme incriminatrici da dovere giustificare sulla base di esigenze contrastanti di carattere superiore, secondo un meccanismo di bilanciamento fra interessi antagonisti tipico delle cause di giustificazione (ad eccezione forse, come abbiamo visto sopra, del consenso dell’avente diritto)132.

E’ stato rilevato, soprattutto nella dottrina tedesca, come ci sia uno stretto legame tra la concezione del bene giuridico che viene accolta e la rilevanza del consenso come causa di giustificazione o causa di esclusione della tipicità133.

Si tratta di un dibattito derivante, come già ricordato, dalla mancanza nel diritto positivo penale tedesco, tra le disposizioni sulle cause di giustificazione, di un’apposita norma sul consenso dell’avente diritto.

Questa lacuna viene colmata da alcuni facendo rientrare tale scriminante nell’ambito dell’esercizio del diritto. Il consenso, si dice, fonderebbe un diritto non di fonte legislativa o normativa statuale, bensì un diritto derivante, appunto, da una fonte privatistica.

Per altri, l’ostacolo costituito dalla mancanza di una previsione espressa può essere agevolmente superato se si adotta una concezione dell’interesse giuridico di tipo

131

Sul difetto di tipicità di condotte a copertura costituzionale, vedi TORDINI CAGLI S., op. cit., p. 64. I riflessi della mancanza di consenso informato sulla tipicità del fatto sono esaminati in modo approfondito da CARUSO G., Il trattamento medico-chirurgico arbitrario tra «lettera» della legge e

«dimensione ermeneutica» del fatto tipico, in Ind. pen., 2003, p. 1013. 132

Contesta questa ricostruzione BLAIOTTA R. (Profili penali della relazione terapeutica, in Cass.

Pen., 2005, p. 3521), secondo il quale la valutazione in termini di tipicità ingloba certamente un primo

giudizio di disvalore, ma questo primo livello può essere integralmente neutralizzato dal valore positivo di cui lo stesso fatto risulti eventualmente portatore allorché sia compiuto in presenza di una causa di giustificazione. Il fatto tipico ma giustificato non è un po' meno lecito del fatto in radice atipico: è un fatto lecito tout court perché conforme alle pretese e agli interessi dell'ordinamento. Contro queste considerazioni è possibile obiettare, come meglio diremo in seguito, che l’inquadramento del consenso informato tra le cause di giustificazione o tra le cause di esclusione di tipicità del reato non è del tutto indifferente dal punto di vista pratico, portando con sé delle conseguenze concrete in punto, ad es., di onere della prova (quanto meno in ambito civilistico), formula assolutoria etc.

133

Per una ricostruzione delle varie concezioni del bene giuridico individuale ed, in particolare, della incidenza della concezione soggettiva del bene giuridico sulla interpretazione del consenso come causa di esclusione della tipicità per carenza di lesione del bene giuridico, vedi TORDINI CAGLI S., Principio di

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soggettivo, liberale, una concezione tutta orientata sull’individuo, in cui il bene giuridico viene visto come mezzo di realizzazione, di soddisfazione della persona umana134.

Se la cultura giuridica contemporanea pone sempre di più al centro degli interessi la persona umana, il bene giuridico deve intendersi, più che mai, quale realtà dotata di significato, non in sé ma in quanto mezzo necessario alla autorealizzazione del soggetto che ne è titolare.

L’idea di fondo di tale costruzione teorica è che l’interesse giuridico è un’entità dinamica, una relazione di valore tra un elemento materiale ed il suo titolare, uno strumento di autorealizzazione dell'individuo e della sua personalità.

In questo quadro, il consenso del titolare del bene giuridico varrà ad escludere, ab imis, il disvalore stesso della condotta apparentemente lesiva dell’interesse giuridico e ad impedire il sorgere stesso di una fattispecie astrattamente sussumibile nel modello legale.

Se, per converso, si ritenga di accogliere la classica teoria oggettiva e pubblicistica dei beni giuridici quali valori indisponibili di pertinenza dello Stato, valori protetti dal diritto penale indipendentemente dalle scelte del loro titolare mediato, ne deriva, per un verso, l’insufficienza del consenso a scriminare condotte oggettivamente lesive dell’interesse giuridico protetto dalle norme penali incriminatrici e, per altro verso, la necessità di far ricorso, nella fattispecie del consenso all’atto medico, ad altre più appropriate cause di giustificazione.

1.7 Riflessi processuali dell’inquadramento del consenso tra le scriminanti o tra

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