54 1.9 L’adempimento del dovere.
2. IL TRATTAMENTO MEDICO ARBITRARIO NELLA EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE.
2.8 Considerazioni sulla pronuncia delle Sezioni Unite: contrasto tra la rilevanza costituzionale del consenso informato e la soluzione della sostanziale
2.8.1 I reati contro la libertà morale: la violenza privata e lo stato di incapacità procurato mediante violenza.
Venendo al merito della decisione della Suprema Corte, paiono pienamente condivisibili le considerazioni relative all’atipicità del trattamento medico arbitrario rispetto al delitto di violenza privata.
Nessun dubbio che il suddetto reato possa essere integrato nelle ipotesi (che assai difficilmente si verificano nella prassi) caratterizzate da vera e propria violenza fisica da parte del medico, violenza, cioè, consistente nel ricorso a strumenti fisici di contenzione volti a costringere il paziente a subire una data pratica sanitaria che abbia espressamente rifiutato in precedenza.
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Equiparabile alla contenzione fisica è certamente quella farmacologica, contraddistinta dalla somministrazione di sedativi o narcotici per indurre nel soggetto ammalato una condizione più o meno profonda di incoscienza necessaria per effettuare l'atto medico rispetto al quale egli sia dissenziente348.
Al di fuori di queste ipotesi limite (violenza fisica o farmacologica volta al superamento del dissenso terapeutico del malato), nella stragrande maggioranza dei casi, pure in presenza di sicura mancanza del consenso, è dubbio che si realizzino gli elementi costitutivi del reato di violenza privata: la coazione esercitata mediante violenza o minaccia.
In particolare tali elementi pare non si configurino nelle situazioni in cui, pur non individuandosi una vera e propria coazione violenta, sono ravvisabili forme di pressione che esercitano influenza psicologica sull’ammalato e lo inducono a subire l’intervento349. Qualora, viceversa, si dia ingresso, anche con riguardo alla condotta medica, alla figura della cosiddetta violenza impropria, largamente accolta dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalente, in tali casi il reato sarà ammissibile350.
In tali situazioni il giudice sarà chiamato ad un'attenta analisi sull'atteggiamento psichico del paziente, valutando in concreto se vi è stata una coartazione della volontà tale da compromettere la libertà di autodeterminazione dello stesso351. Si potrebbe pensare, ad es., ai casi di consenso coartato nei confronti di detenuti o internati in campi di concentramento o condannati a morte che si mostrino disponibili ad assoggettarsi a sperimentazione medica.
Alla stessa maniera, in ossequio al principio di tipicità, dovremmo escludere la configurabilità del reato quando l’avallo del paziente a ricevere la pratica sanitaria non sia dovuto a coazione, bensì ad un comportamento ingannevole, fraudolento, come potrebbe verificarsi, ad esempio, nel caso in cui un medico inducesse un paziente testimone di
348
Cfr Cassazione, Sezione IV, 27 marzo 2001, Cicarelli, in Riv. it. med. leg., 2002, p. 574, con nota di DE MATTEIS R.. Sottolinea come, nell’ipotesi di narcotizzazione, la figura criminosa più appropriata sia quella di cui all’art. 613 c.p., piuttosto che quella dell’art. 610 c.p. Arrigoni (ARRIGONI F., Riflessioni sul
trattamento medico-chirurgico, in Dir. Pen. Proc., 2004,p. 1267). 349
Non è un caso, ad es., a sottolineare la differenza tra le due ipotesi, che nella omologa fattispecie della violenza sessuale, accanto al caso del costringimento, sia previsto quello dell’induzione al compimento di atti sessuali.
350
Per una netta critica di tale posizione v., però, MANTOVANI F., (voce) Violenza privata, cit., p. 935.
351
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Geova ad accettare la somministrazione di emoderivati dietro garanzia che essi non sono presenti nella soluzione enodovenosa iniettatagli352.
Non mancano posizioni che, in base al principio che la violenza è connaturata alla violazione stessa della contraria volontà, tendono ad ammettere con larghezza la fattispecie normativa di cui all’art. 610 c.p.353.
Anche nei casi di interventi chirurgici diversi da quello oggetto del consenso la fattispecie di violenza privata non può trovare applicazione. Il paziente, in effetti, si trova in uno stato di incoscienza dovuto all’anestizzazione operatoria, ma indotto per esigenze chirurgiche e, normalmente, non finalizzato al compimento dell'atto contro la volontà. È solo in un secondo momento, nel corso dell’operazione chirurgica, che emerge la necessità, o solo l'utilità, di un intervento diverso da quello programmato col paziente. In tale momento non è ravvisabile un'autentica costrizione giacché il paziente, essendo in stato di incoscienza, non è in grado di manifestare alcun consenso o dissenso in ordine al diverso atto operatorio che viene posto in essere354.
Né sembrano doversi accogliere quelle dottrine che, sempre nell’ambito dei reati a tutela della libertà morale di autodeterminazione del paziente, ritengono configurabile, quanto meno in capo al medico responsabile dell’anestesia preoperatoria355, il reato di stato di incapacità procurato mediante violenza356 (art. 613 c.p.), allorquando l'induzione dello stato di incoscienza sia preordinato all’esecuzione non tanto dell’intervento consentito, quanto di quello rispetto al quale il paziente è dissenziente.
352
Un riferimento esplicito al consenso carpito con l’inganno è possibile trovare, invece, nell’art. 18, comma 1, della l. n. 194/78 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza), che sanziona la mancanza di consenso considerandolo come non prestato se «estorto con
violenza o con minaccia ovvero carpito con l'inganno»; nonché nel reato di violenza sessuale ex art. 609-
bis.c.p.: “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o
subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.”.
353
Una posizione in tal senso noteremo, più avanti, negli ordinamenti anglosassoni.
354
Il discorso cambia, ovviamente, qualora il paziente esprima il consenso ad uno specifico intervento chirurgico e contemporaneamente un esplicito dissenso ad ulteriori operazioni che gli vengano prospettate come possibili sviluppi dell’intervento programmato. In questo caso (di non frequente verificazione, per la verità, nella prassi), la violazione dell’inequivoco rifuto terapeutico del malato comporterà una responsabilità del chirurgo per violenza privata.
355
Limita l’applicazione dell’art. 613 c.p. al solo anestesista VERGALLO G. M., op. cit., p. 187.
356
MANNA A., (voce) Trattamento, cit., p. 1291; CARUSO G., Il trattamento medico-chirurgico
arbitrario tra lettera della legge e dimensione ermeneutica del fatto tipico, in Ind. pen., 2003, p. 1047;
BARBUTO, Alcune considerazioni, op. cit., p. 329; VIGANÒ F., Profili penali, op. cit., p. 165.
Fa notare che non risultano sentenza di condanna a titolo di art.613 c.p. DASSANO F., op. cit., nota 174.
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A parte l’inadeguatezza della misura sanzionatoria, se è vero che, dal punto di vista naturalistico, il medico che prima dell’intervento sottopone il paziente ad anestesia causa lo stato di incapacità proprio dell’art. 613 c.p., è anche vero che difetta il requisito dell’assenza del consenso alla narcotizzazione da parte della vittima357.
Nelle ipotesi maggiormente ricorrenti di cosiddetto viraggio terapeutico, il paziente esprime il proprio consenso all’anestizzazione farmacologica, sia pure per l’effettuazione di un tipo di operazione diverso da quello poi concretamente realizzato dal chirurgo.
Né si può sostenere che il suddetto errore possa valere ad invalidare il consenso prestato.
L’art. 613 c.p., attraverso il rinvio all’ultimo capoverso dell’art. 579 c.p., tra i vari vizi della volontà in grado di inficiare la validità del consenso, in un elenco che deve ritenersi esaustivo e vincolante in virtù del principio di tassatività delle fattispecie incriminatrici, non include quello dell’errore del paziente che non sia riconducibile ad un’attività ingannatoria del medico.
Rimane, inoltre, aperta la questione di quale rilevanza assegnare alle ipotesi di dissenso terapeutico espresso in via anticipata rispetto al momento della esecuzione dell’intervento, ad es., ma non solo, nell’ambito delle c.d. dichiarazioni anticipate di trattamento.
Ci si chiede, cioè, come comportarsi allorquando, difettando il dissenso terapeutico del requisito della attualità, il paziente non ha avuto la possibilità di confermare la volontà contraria espressa in via anticipata rispetto al momento della effettuazione dell’intervento, a causa del sopraggiungere di uno stato di incoscienza o di incapacità358.
357
Art. 613 c.p.: Stato di incapacità procurato mediante violenza:“Chiunque, mediante suggestione
ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato d'incapacità d'intendere o di volere è punito con la reclusione fino a un anno. Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 579 non esclude la punibilità. La pena è della reclusione fino a cinque anni: 1. se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato; 2. se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto”.
L’art. 579 c.p. sull’omicidio del consenziente a sua volta dispone: “Chiunque cagiona la morte di un
uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso: 1. contro una persona minore degli anni diciotto;
2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno”.
358
Si tratta probabilmente della questione che più difficilmente possa trovare soluzione nell’attuale quadro normativo. Anche la Convenzione di Oviedo sul punto si dimostra meno “decisa” che altrove. E come se dicesse: il dissenso espresso preventivamente è importante, ma non si rivela sempre e comunque
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Infine, sul piano della tutela della libertà personale, non può essere del tutto esclusa la configurabilità del reato di sequestro di persona di cui all'art. 605 c.p., sebbene, come è stato da più parti evidenziato359, è improbabile che si concretizzi nella realtà una situazione in cui la sottrazione della libertà di movimento si prolunghi per un significativo lasso di tempo superiore a quello necessario per eseguire l'intervento chirurgico. L’ipotesi di scuola sarebbe quella del paziente rinchiuso e trattenuto a forza all’interno della struttura ospedaliera (senza alcun previo provvedimento di T.S.O.) al fine di essere sottoposto ad accertamenti clinici e successivamente all'intervento.
La Corte Suprema recentemente (sentenza Firenzani) ha incidentalmente ammesso la configurabilità di ambedue gli illeciti qui indicati (artt. 612 e 605 c.p.)360.