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Influenze motivazionali e comportamento contrario alla legge

esclusivamente sulla deterrenza legale

4.1. Influenze motivazionali e comportamento contrario alla legge

Molteplici sono le risposte che è possibile dare al quesito in ordine al motivo per cui il fenomeno del file-sharing ha preso piede così velocemente e ampiamente. Yuval Feldman e Janice Nadler, in particolare, hanno efficacemente illustrato una serie di influenze motivazionali relative a questo comportamento contrario alla legge288.

Tra queste, si consideri innanzitutto la difficoltà nel considerare illecita l’appropriazione di un bene intangibile, smaterializzato. Molte campagne pubblicitarie portate avanti dall’industria dell’intrattenimento tendono ad equiparare lo scambio di opere protette da copyright al furto: celebre lo spot antipirateria che equiparava il download di film da internet al reato di furto289. In realtà non c’è nulla di più sbagliato nel compiere tale accostamento: il furto ha ad oggetto beni materiali e se qualcuno si appropria di un bene fisico nel mondo “reale”, questo comporta necessariamente la privazione del possesso di tale bene ad un altro individuo. I beni intangibili, invece, non sono suscettibili di privazione nel senso di cui sopra, poiché essendo connotati dall’immaterialità, è possibile un loro utilizzo simultaneo senza che questi subiscano alcuna forma di deterioramento e senza che taluno ne venga privato. La natura della c.d. pirateria musicale, considerata come reato, è del tutto differente dalle tipologie tradizionali di illeciti penali. A differenza di

288 FELDMAN,NADLER, ibidem, cit., 8.

289 Lo spot recitava: “non ruberesti mai un auto, non ruberesti mai una borsa, non ruberesti mai

un televisore, non ruberesti mai un film: scaricare da internet film piratati è come rubare. Rubare è contro la legge.

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quest’ultimi, invero, nello scambio di materiale protetto da copyright non è apparentemente identificabile nessuna vittima, né danni cagionati a qualcuno.

Un altro fattore che influenza le decisioni sul rispettare o meno la legge sul copyright è collegato al concetto di internet come enorme calderone dove tutto è alla portata di un click e disponibile gratuitamente. Soprattutto le nuove generazioni, i c.d. nativi digitali, non hanno mai avuto tra le mani un CD o una musicassetta, e quindi scaricare musica da internet rappresenta un’operazione quasi naturale, logica, discendente da una cultura della gratuità e della condivisione proprie del Web.

Le numerose innovazioni tecnologiche, del resto, hanno ridotto il costo delle operazioni di file-sharing. I computer sono diffusi quasi in ogni casa, le connessioni internet sono ormai velocissime e di tipo forfettario, quindi senza costi legati alla quantità di dati inviati e ricevuti, e il livello di alfabetizzazione informatica è in continuo aumento. Per moltissime persone scaricare musica da internet è il modo più semplice e conveniente per accedere a tale forma di arte. Sulle reti P2P è possibile trovare ogni tipo di canzone, sia brani nuovi che canzoni magari nemmeno più disponibili in commercio. Perché comprare un intero CD quando interessano solo un paio di canzoni dell’intero album? Vero è che oggi le alternative legali sono molteplici, e sicuramente iniziative come iTunes Store hanno contribuito a ridurre sensibilmente il fenomeno, per lo meno per coloro che preferiscono scegliere la via legale quando questa sia disponibile e parimenti immediata come quella offerta dai programmi di file- sharing.

In effetti, è bene sottolineare come non tutto il male viene per nuocere. Ci sono moltissime persone che scaricano musica non già per risparmiare il costo dell’acquisto, bensì per rintracciare, appunto, dei brani musicali che non esistono più in commercio o che sono difficilmente acquistabili. Tante altre persone, invece, utilizzano i sistemi di file-sharing come una sorta di sistema di valutazione della qualità dei brani: scaricano una canzone di un album e poi, se è gradita, comprano il CD o lo scaricano attraverso i canali di distribuzione legali.

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A ben vedere, il problema è particolarmente esacerbato per quanto riguarda le opere musicali. Ormai nessuno utilizza i lettori CD, tanto meno le musicassette e tra teen-ager e adulti troneggiano lettori musicali digitali MP3 capaci di contenere anche decine di migliaia di canzoni. Su tali dispositivi vengono caricate canzoni in formato digitale, spesso migliaia di brani. Per questo motivo il dilemma del file-sharing colpisce maggiormente l’industria musicale. Ormai sono poche le persone a cui interessa avere ancora il CD con copertina e quant’altro, non fornisce alcun plus rispetto al corrispettivo digitale, quindi tanto vale scaricare il brano da internet.

Per le altre opere dell’ingegno, che hanno pure subito processi di smaterializzazione, il discorso muta leggermente290. I film in formato digitale, ad esempio, non hanno la stessa qualità dei DVD o dei blu-ray ad alta definizione. A meno di non acquistare dispositivi specifici, inoltre, i film scaricati dalla rete possono vedersi quasi esclusivamente sullo schermo del computer. L’industria cinematografica può contare, pertanto, sul fatto che la qualità non ha ancora raggiunto gli stessi standard che hanno gran parte degli MP3 caricati sulla rete, e questo rende meno appetibile, quanto meno per i cinefili, lo scambio non autorizzato di questo tipo di contenuti digitali.

Lo stesso discorso può compiersi, almeno per ora, per gli e-book (libri digitali). Ancorché negli ultimi anni si stiano diffondendo, anche in Italia, appositi dispositivi che rendono la lettura dei libri digitali parificabile all’esperienza che solo la carta stampata può dare (vedi ad esempio l’Amazon Kindle), molte persone sono ancora legate ai libri cartacei.

Tornando alle motivazioni che spingono gli individui ad optare per l’aderenza ad una copynorm anti-copyright anziché pro-copyright, diverse ricerche hanno mostrato come tra gli utenti delle reti P2P si registri una scarsa propensione a considerare la loro attività come illegale, ritenendola un semplice atto di condivisione di risorse291. Questa convinzione è ancora maggiore in quei soggetti che magari hanno acquistato legalmente delle opere musicali, ad

290 Cfr. P.K. YU, P2P and the Future of Private Copying, 76 U.COLO. L.REV. 653, 695 (2005),

disponibile all’URL: http://ssrn.com/abstract=578568.

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esempio dei CD, e scelgono in seguito di “rippare” tali CD, cioè estrarne il contenuto e trasformarlo in file digitali da condividere sulla rete con gli altri: trattandosi di un’opera che ho regolarmente acquistato, perché non potrei utilizzarla come meglio credo?

Un ultimo fattore d’influenza motivazionale è dato dalla scarsa percezione di legittimità della legge sul copyright in generale e dalla diffusa convinzione che quest’ultima, più che fungere da incentivo alla creatività e come sostegno per gli autori e musicisti, non sia altro che uno strumento per rimpinguare le casse delle majors discografiche. Uno degli argomenti chiamati spesso a giustificazione dell’attività di file-sharing, per esempio, è l’elevato costo dei Compact Disc ed in generale delle opere musical, nonché della diffusa convinzione che le etichette discografiche sfruttino commercialmente i musicisti, poiché questi ultimi spesso non ricevono nulla dei proventi relativi alla vendita dei CD musicali, nel migliore dei casi una quota insignificante. Frasi ricorrenti nelle interviste sono quelle del tipo: “se i soldi pagati per acquistare un CD o degli MP3 andassero nelle tasche dell’artista, mi farei più scrupoli nello scaricare illegalmente le sue canzoni. Ma così non è, le case discografiche hanno sfruttato abbastanza gli artisti e hanno soldi a sufficienza”292.

Ancora oggi, dopo quasi quindici anni, appaiono sempre attuali le parole di Lord Templeman pronunciate nel caso giudiziario “Amstrad”. La sua saggezza riecheggia da un’epoca pre-digitale, dove tuttavia i problemi erano simili a quelli che si devono fronteggiare oggi e le conclusioni a cui si giunse, in maniera sorprendentemente lungimirante, erano le seguenti:

“Dal punto di vista della società l’attuale situazione è deplorevole. Milioni di riproduzioni non autorizzate di contenuti protetti da

copyright sono compiute ogni anno nelle mura domestiche. Alcuni

trasgressori violano la legge semplicemente perché la ignorano, nonostante le massicce campagne pubblicitarie e gli avvisi posti su

292 FELDMAN, NADLER, ibidem, cit., 11. Una reazione, quindi, al comportamento spesso

scorretto attribuito all’industria musicale che le azioni giudiziarie portate avanti dalla RIAA nell’ultimo decennio non hanno contribuito a migliorare. Quanto meno non hanno incrementato lo standard di vita degli artisti e contribuito ad incoraggiarne la creatività.

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ogni disco, nastro o film. Alcuni di loro, invece, violano la legge perché ritengono che le probabilità di essere scoperti siano pressoché inesistenti. Altri perché ritengono che le industrie discografiche e dell’intrattenimento mostrino tutte le caratteristiche di un monopolio indesiderabile – spese sontuose, guadagni stravaganti e profitti esorbitanti – e che la copia domestica su nastro (blank tape) sia l’ultima risorsa contro ulteriori aumenti dei prezzi dei dischi”. Qualunque sia la ragione della copia domestica, il ritmo di Sergeant Pepper e i crescendo del Miserere provenienti da copie illegali sono molto più potenti di ogni istinto di rispetto per la legge e di ogni rimorso di coscienza. Quando una legge viene trattata con tale disprezzo dovrebbe essere modificata o abrogata”293.