INTERESSE DI GRUPPO E VANTAGGI COMPENSAT
2.3. Interesse del gruppo e bancarotta: impostazione della giurisprudenza penale.
Come già rappresentato nel capito precedente, il fenomeno dei gruppi di società, conosciuto da tempo, si è sviluppato in modo esponenziale nel corso degli ultimi decenni.
Ancora oggi, nonostante il ripetersi negli ultimi anni di interventi normativi in tal senso, manca quasi totalmente un’esplicita previsione della valenza ai fini penali del detto fenomeno.
L’eccezione a quanto appena detto è rappresentata dal dettato dell'art. 2634 c.c., in tema di infedeltà patrimoniale, il cui terzo comma, dopo la riforma intervenuta con il D.Lgs. n. 61/2002, recita “in
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Cass. Pen., 05.06.2013, n. 49787, in CED Cassazione, 2013.
149 Cass. Pen., Sez. V, 24.4.2003, n. 23241, in Fisco, 2003, p. 4127.
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ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo”.
Ferma l'applicabilità di questa norma nelle ipotesi di infedeltà patrimoniale e, in conseguenza, di bancarotta fraudolenta da infedeltà patrimoniale, la giurisprudenza penale si è chiesta a lungo se la norma indicata potesse invocarsi come principio generale nel contesto delle operazioni infragruppo, ma è giunta a concludere che le singole società facenti parte del gruppo dovevano essere considerate entità autonome, fatta eccezione per i casi in cui discipline specifiche (quale l'art. 2634, terzo comma c.c.) attribuiscano rilievo unitario al fenomeno nel suo complesso.
Un’evoluzione giurisprudenziale si è radicata con un nuovo intervento legislativo che ha riformulato, tra le altre norme, l'ultimo periodo dell'art. 2497 c.c. statuendo che “non vi è
responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”.
La giurisprudenza civilistica ha dunque recepito il principio espresso dalla teoria dei vantaggi compensativi, secondo cui non c'è responsabilità se il pregiudizio manca in considerazione della complessiva attività di direzione del gruppo o a seguito di operazioni a ciò dirette.
La stessa giurisprudenza ha dovuto riconoscere che la riforma civilistica e la riforma penalistica, seppur intervenute in tempi successivi, richiamano il concetto di gruppo e introducono il principio dei vantaggi compensativi.
A lungo, tuttavia, detto principio ha assunto valenza generale nel diritto civile, al contrario, in ambito penale, è rimasto relegato alla singola fattispecie di infedeltà patrimoniale nella quale è esplicitamente previsto.
Nel dettaglio, la giurisprudenza penale sottolineava che il momento consumativo del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione coincide con il compimento dei singoli atti distrattivi, e, pertanto, sono irrilevanti i successivi atti di reintegrazione patrimoniale, quali gli eventuali vantaggi compensativi derivanti dall'appartenenza ad un gruppo.
Secondo la giurisprudenza tradizionale la clausola di cui all'art 2634, terzo comma, c.c. sarebbe inapplicabile ai reati fallimentari per la strutturale diversità dei reati societari e fallimentari, sia in relazione agli obiettivi di tutela, che alla ratio. I reati societari sono infatti rivolti a tutelare i soci dalle condotte infedeli degli amministratori, mentre nei reati fallimentari oggetto di tutela sono i creditori meritevoli di tutela dal depauperamento del patrimonio societario.
Solo con una storica pronuncia la Corte di Cassazione ha esplicitamente riconosciuto che la previsione dell'art. 2634, terzo comma, c.c., che esclude la rilevanza penale dell'atto depauperatorio
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in presenza dei cd. "vantaggi compensativi" dei quali la società apparentemente danneggiata abbia fruito o sarebbe stata in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un più ampio gruppo dì società, conferisce valenza normativa a principi, già desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensività, che sono senz'altro applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi151.
In diverse successive pronunce la Corte di Cassazione ha affermato che gli atti di disposizione patrimoniale privi di seria contropartita eseguiti dagli amministratori a favore di società dello stesso gruppo integrano comunque il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto ad escludere la penale rilevanza di tali condotte non è sufficiente la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi, ma occorre la prova che il vantaggio complessivo del gruppo compensi, nella ragionevole previsione dell'agente, gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta.
Si è ancora statuito che “in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione infragruppo, l'interesse
che può escludere l'effettività della distrazione non può ridursi al fatto stesso della partecipazione al gruppo, né identificarsi nel vantaggio della società controllante, dovendosi escludere l'esistenza di una distrazione solo se la mancanza di corrispettivo sia meramente apparente, in considerazione dei concreti vantaggi compensativi, che l'amministratore ha l'onere di allegare e provare”152. In termini ancora più restrittivi la Suprema Corte ha chiarito che, quando all'interno di un gruppo societario avvengono finanziamenti da parte di una delle società, dichiarata fallita, a favore di altra società impossibilitata alla restituzione del prestito, è ipotizzabile la configurazione della bancarotta fraudolenta indipendentemente dalla valutazione dei vantaggi compensativi della operazione all'intero del gruppo stesso153.
Innanzi ad un contesto giurisprudenziale in continua evoluzione, appare, senza dubbio, interessante verificare nel corso di tale attività di lavoro e ricerca se le operazioni infragruppo possano produrre uno specifico vantaggio, anche indirettamente derivante da quello riferibile al gruppo nel suo complesso, idoneo a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi delle operazioni stesse e, quindi, sufficiente per l’esclusione della rilevanza penale della condotta contestata.
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Cass. Pen., Sez. V, 24.05.2006, n. 36764 in CED, 234607.
152
Cass. Pen., Sez. I, 26.10.2012, n. 48327, in Diritto & Giustizia, 2012.
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Tuttavia il beneficio non può essere individuato nel vantaggio conseguito da altra società facente parte del gruppo, poiché in questo modo la posizione dei creditori della prima sarebbe comunque pregiudicata.
Occorre, quindi, tener conto in detta valutazione complessiva di una serie di elementi fattuali. In primo luogo, occorre considerare la situazione economica nella quale le società versano, atteso che la complessiva operazione posta in essere deve essere analizzata con riferimento al complesso dei rapporti di gruppo e/o di cointeressenza economica al fine di verificare la sussistenza della fondata prevedibilità per la società in apparenza sacrificata di ottenere un beneficio conseguente alla realizzazione del medesimo.
In secondo luogo occorre verificare il conseguimento di una contropartita atteso che la giurisprudenza è unanime nel considerare come distrattiva un'operazione priva di adeguata contropartita. Infatti requisito della condotta tipica di distrazione è il distoglimento di denaro dalla generica garanzia creditoria.
Non ci sarà, invece, un depauperamento del patrimonio, qualora il patrimonio societario è, nell'ambito della complessiva operazione, rimasto integro.
La giurisprudenza, quindi, oltre che riconoscere il rilievo del fenomeno del gruppo di società nell'ambito del diritto penale, indica che per valutare la sussistenza della distrazione occorre riferirsi al complesso dei vantaggi che possono compensare, nell'ambito di complesse relazioni tra due imprese, una operazione apparentemente svantaggiosa.
Altresì, aspetto non irrilevante è l'individuazione di un interesse di gruppo all'operazione effettuata, ovvero un interesse che accomuna le società coinvolte.
In tale contesto assume valenza generale in materia di bancarotta il principio in base al quale quando si tratta di gruppi, o comunque di imprese con interessi intrecciati, occorre valutare l'operazione nello specifico contesto in cui si colloca, tenendo conto pertanto di tutte gli effetti che si determinano in capo ai protagonisti, non fermandosi alle apparenze.
Occorre, infine, sottolineare che la Suprema Corte ha sancito una regola di esperienza in materia, secondo cui “il fattore tempo non è per nulla irrilevante dal momento che più è lontana nel tempo
dal fallimento l'operazione considerata poi distrattiva, più difficile sarà individuare nella stessa i caratteri che consentono di qualificare una operazione in sé del tutto lecita, come è quella dell'accensione di un mutuo con una banca, come distrattiva”154.
2.4. La teoria dei vantaggi compensativi.
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