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La mancata previsione del fenomeno dei gruppi di imprese nel D.Lgs 231/2001: tesi a confronto.

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, nel disciplinare la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche126, non ha fornito una disciplina specifica applicabile quando il

reato presupposto venga commesso nell'ambito di un gruppo di società.

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Cfr. Relazione al d.lgs. n. 6 del 2003 in cui si riconduce la scelta del legislatore delegato di non richiamare, all’art. 2497 c.c., una qualunque nozione di gruppo o di controllo, a due ragioni fondamentali: l’una riscontrabile nel fatto che “che le innumerevoli definizioni di gruppo esistenti nella normativa di ogni livello sono funzionali a problemi specifici”, sicché trovarne una che valga per ogni diverso contesto o situazione in cui il gruppo viene ad operare appare quanto mai disfunzionale e non risolutivo; l’altra, fondata sulla considerazione secondo cui “qualunque nuova nozione si sarebbe

dimostrata inadeguata all’incessante evoluzione della realtà sociale, economica e giuridica”.

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Sul tema della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche si segnalano, tra gli altri, AGNOLI, La

responsabilità amministrativa da reato nei gruppi societari, in Crit. pen., 2007, p. 141 e ss.; ALESSANDRI, Note

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La problematica del criterio di imputazione della responsabilità penale nell'ambito dei gruppi di società risulta di non facile soluzione anche a causa della mancanza di una adeguata riflessione penalistica della responsabilità degli amministratori della società controllante per i reati commessi nell'attività di gestione della società controllata.

La dimensione patologica dei gruppi di impresa è potenzialmente idonea ad arrecare pregiudizi maggiori rispetto a quella delle imprese organizzate in forma tradizionale e, quindi, l’assenza della detta previsione normativa comporta l’incapacità nell’ordinamento giuridico di reprimere in modo efficace le forme di criminalità economica realizzate utilizzando in modo illecito lo schermo della distinta soggettività giuridica del gruppo127.

La mancata disciplina di forme di responsabilizzazione della holding costituisce una significativa lacuna del D.Lgs. 231/2001, atteso che la spersonalizzazione delle condotte del gruppo e la diversificazione dei rischi fungono spesso da fattore criminogeno.

Secondo un primo orientamento, la disciplina del D.Lgs. 231/2001 sarebbe direttamente applicabile ai gruppi di imprese, in quanto, nelle ipotesi in cui più società operino sotto la direzione ed il coordinamento della holding, si sarebbe in presenza di un unico soggetto giuridico cui riferire la responsabilità amministrativa da reato128.

Mito giuridico ed evoluzione della realtà: il crollo del principio societas delinquere non potest, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2003, p. 941 ss; ID, Profili pratici della questione sulla natura giuridica della responsabilità degli enti, in Riv. it.

dir. proc. pen., 2006, p. 151 ss.; AMATO, Finalità, applicazione e prospettive della responsabilità amministrativa degli

enti, in Cass. pen., 2007, p. 346 e ss.; DE FRANCESCO, La responsabilità della societas: un crocevia di problematiche

tra modelli “punitivi” e prospettive di efficienza, in Leg. pen., 2003, p. 363 ss; DE MAGLIE, In difesa della

responsabilità penale delle persone giuridiche, in Leg. pen., 2003, p. 349 ss; ID, La disciplina della responsabilità

amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni. Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità, in Dir. pen. proc., 2001, p. 1348 ss; DE SIMONE, La responsabilità da reato degli enti nel sistema

italiano: alcuni aspetti problematici, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2004, p. 223 ss; DE VERO, Il sistema sanzionatorio di

responsabilità ex crimine degli enti collettivi, in La resp. amm. soc. ed enti, 2006, p. 173 ss; MANNA, La c.d.

responsabilità penale amministrativa delle persone giuridiche: un primo sguardo di insieme, in Riv. trim. dir. pen. ec.,

2002, p. 507 ss.; MARINUCCI, La responsabilità penale delle persone giuridiche. Uno schizzo storico dogmatico, in Riv.

it. dir. proc. pen., 2007, p. 445 ss; PALIERO, La fabbrica del Golem. Progettualità e metodologia per la Parte Generale

di un Codice Penale dell‟Unione Europea, in Riv. it. dir. proc. pen., 2000, p. 475 ss; PIERGALLINI, Societas delinquere et puniri non potest: la fine tardiva di un dogma, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2007, p. 571 ss.; SEMINARA, I nuovi illeciti

penali e amministrativi nella legge sulla tutela del risparmio., in Dir. pen. proc., 2006, p. 549 e ss.

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La inadeguatezza della disciplina normativa del d.lgs. 231 /2001, rispetto alla problematica dei gruppi di imprese è ben evidenziata da DI AMATO, I gruppi di società e la responsabilità amministrativa da reato degli enti, in AA.VV.

Trattato di diritto penale dell'impresa. La responsabilità da reato degli enti, a cura di A. D’Avirro, Di Amato, Milano,

2009, p. 233, che evidenzia come «nell'ambito dei gruppi quel fenomeno di spersonalizzazione delle condotte, che costituisce uno degli incentivi più significativi alla criminalità di impresa, si presenta con maggiore accentuazione».

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Il problema è stato affrontato da una recente pronuncia della magistratura milanese che, nell’ambito del giudizio in sede cautelare per un’ipotesi di presunta corruzione, ha ritenuto «impossibile stante la natura della capogruppo limitare l’interdizione a specifici settori». Così G.I.P. presso il Tribunale di Milano, 20 settembre 2004, in Foro ambr., 2004, p. 520 ss. L‟orientamento è stato poi confermato dal Trib. Milano, Sez. XI Penale, ord. 14 dicembre 2004, Pres. Piffer, in

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Il gruppo, quindi, quale ente privo di personalità giuridica, potrebbe ritenersi potenziale soggetto attivo degli illeciti amministrativi dipendenti da reato a cui il D.Lgs. 231/2001 fa riferimento; con la conseguenza che ogniqualvolta venga commesso, da parte di un soggetto apicale o sottoposto, appartenente alla struttura organizzativa di una società del gruppo, un reato presupposto idoneo a fare insorgere la responsabilità amministrativa da reato, il fatto commesso implicherebbe l'autonoma e diretta responsabilità della holding.

Quando il reato presupposto venga commesso nell'ambito di un gruppo, oltre a realizzare un interesse immediato della società controllata, realizzerebbe un interesse mediato della holding giacché rispondente ad una logica imprenditoriale complessiva comune all’impresa conglomerata.

Il profilo dell’unicità economica dell’impresa di gruppo impone di interpretare i concetti di interesse e vantaggio secondo una coloritura particolare, prescindendo cioè dalla autonoma personalità giuridica delle società che lo compongono e, quindi, in una visione unitaria e d’insieme.

Tuttavia tale orientamento presenta alcune problematiche.

In primo luogo, la relazione di accompagnamento al D.Lgs. 231/2001 specifica che gli enti a cui il decreto si applica sono quelli che “se pur sprovvisti di personalità giuridica, possano comunque ottenerla”.

Il gruppo di imprese secondo la disciplina italiana non è un soggetto di diritto, atteso che l’affermazione di una soggettività giuridica autonoma del gruppo non trova riscontro nel diritto positivo e atteso che con la disciplina della direzione e del coordinamento di società non è stato scalfito lo schema della distinta soggettività giuridica delle società che lo compongono.

Infatti nel gruppo di imprese le differenti società che lo compongono continuano a mantenere e a preservare intatta la loro soggettività giuridica129.

Detta tesi, quindi, volta ad individuare nel gruppo il diretto destinatario delle prescrizioni poste dal D.Lgs. 231/2001 comporta una forzatura delle regole civilistiche e presuppone una lettura del fenomeno di gruppo all’interno di un meccanismo d’imputazione che il legislatore non ha considerato e che in base alla disciplina attuale non è in grado di adattarsi ad essa130.

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Anche il diritto societario, nel delineare all‟art. 2497 c.c. la responsabilità della società che esercita l‟attività di direzione e coordinamento, ha sancito la distinta soggettività delle varie società prevedendo che l‟azione diretta a far valere la responsabilità della holding è esperibile soltanto se i soci e i creditori sociali della controllata non siano eventualmente stati risarciti da quest‟ultima. Questo perché il danno subito dai soci e dai creditori è, pur sempre, un riflesso del danno subito dalla controllata, che gode, rispetto alla capogruppo, di una distinta soggettività giuridica.

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Alla luce dell’impossibilità di imputare direttamente al gruppo gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, parte della dottrina ha cercato di recuperare la responsabilità della holding verificando se sia possibile considerarla amministratore di fatto delle società controllate131. Si sostiene che sarebbe possibile l’estensione della soggettività attiva ogniqualvolta alla pluralità dei soggetti giuridici che fanno parte del gruppo non corrisponda una effettiva autonomia gestoria e decisionale e, quindi, secondo la considerazione che la concreta gestione dell’impresa dovrebbe essere ricondotta alla holding in quanto amministratore di fatto della controllata.

Anche sul piano dell’imputazione oggettiva i problemi dell’interesse o del vantaggio potrebbero essere superati ove si consideri che le nozioni a cui fa riferimento l'art. 5 del D.Lgs. 231/2001, non potrebbero prescindere dalla considerazione secondo la quale ogni fatto commesso nell'interesse della controllata genererebbe automaticamente un vantaggio per la holding.

Tuttavia anche detta teoria non sembra meritevole di accoglimento in quanto fondata su una lettura indebitamente estensiva del disposto dell’art. 5, comma primo, del D.Lgs. 231/2001, atteso che riconduce alle nozioni di “gestione e di controllo” a quelle di “direzione e di coordinamento” di cui all’art. 2497 c.c..

Infatti le espressioni di “gestione e controllo” appaiono calibrate su di una dimensione di tipo antropomorfico che non ne rende possibile l’estensione alla persona giuridica.

Con l’art. 5, comma primo, lett. b), del D.Lgs. 231/2001 il legislatore ha inserito una disposizione che può dirsi vicina nella ratio a quella dell’art. 2639 c.c., la cui funzione è quella di estendere la soggettività attiva a coloro che pur non essendo stati investiti, in seno alla società, della qualifica formale richiesta dalla legge perché sia integrata la dimensione di tipicità del reato proprio, esercitino in modo significativo e continuativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.

In termini differenti l’estensione della responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse o vantaggio da soggetti “che esercitino anche di fatto poteri di gestione e controllo” ha la funzione di risolvere la problematica delle ipotesi in cui il soggetto che commette in seno all’ente un reato di cui agli artt. 24 ss., D.Lgs. 231/2001, sia privo della qualifica soggettiva richiesta dalla legge penale per far insorgere la responsabilità dell’ente.

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Propendono per un‟estensione della responsabilità della holding quale soggetto di fatto della controllata MONTALENTI, Corporate govenance, consiglio di amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti per una

riflessione, in Riv. Soc., 2002, p. 836; FRIGNANI, GROSSO, ROSSI, I modelli di organizzazione previsti dal d.lgs n.

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In virtù di tale premessa perde, dunque, di significato e rilievo giuridico l’indiscriminata equiparazione tra la holding soggetto di fatto ed il soggetto di fatto della società controllata. Ad ulteriore conferma dell’impraticabilità del riferito orientamento si rappresenta che si renderebbe, infatti, punibile la holding presupponendosi l’abuso della sua posizione di controllo, ma si lascerebbero comunque sprovviste di appropriata sanzione le ipotesi in cui gli illeciti siano stati commessi a vantaggio esclusivo di altre controllate, non potendosi ravvisare in questo caso nessun rapporto di controllo né di gestione ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 231/2001.

La lacuna legislativa ha consentito l’intervento frequente della Corte di Cassazione, la quale con la sentenza n. 9/2011 ha stabilito che la holding e le altre società del gruppo possono rispondere ai sensi della disciplina dettata dal d.Lgs. 231/2001, ma è necessario che vi sia un concorso tra il soggetto che commette il reato e il soggetto che agisce per conto di esse ed è necessario che l’interesse e il vantaggio siano conseguiti in concreto, nel senso che la società riceva una potenziale o effettiva utilità dalla commissione del reato.

Pertanto, la responsabilità di una società del gruppo per il reato commesso dal suo apicale o sottoposto non comporta necessariamente l’estensione della responsabilità ad altra società del medesimo gruppo, salvo il caso in cui gli apicali o i sottoposti di quest’ultima abbiano concorso nel reato.

In definitiva, si può affermare che l’altruità soggettiva dell’ente che esercita attività di direzione e di coordinamento rispetto alle società controllate preclude la possibilità di estendere la responsabilità amministrativa da reato dalla controllata alla holding.

Infatti, la possibilità di estendere la previsione dell’art. 5, comma primo, lett. a) del D.Lgs 231/2001, che include tra i soggetti idonei a fare insorgere la responsabilità amministrativa da reato dell’ente le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo alle ipotesi in cui il soggetto di fatto sia la società, costituisce ancora una volta espressione dell’analogia, preclusa in materia penale.

La conclusione a cui pare doversi pervenire all’esito dell’indagine sin qui condotta è che l’affermazione della responsabilità di una delle società del gruppo per reati commessi a suo vantaggio o interesse da altra società (holding o controllata) non possa essere conseguita ricorrendo alle previsioni del D.Lgs. 231/2001.

Nella disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche manca, infatti, una disposizione che consenta, senza operare forzature interpretative, di ritenere responsabile la holding per i reati perpetrati in seno ad una delle società del gruppo.

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In mancanza di previsioni normative esplicite volte ad estendere la responsabilità amministrativa da reato della controllata alla holding o ad altre società del gruppo, queste possano essere coinvolte soltanto ove la partecipazione concorsuale dei loro dipendenti al reato presupposto perpetrato in seno alla controllata, integri i presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dal D.Lgs. 231/2001 per l’insorgere della responsabilità.

Invero, la mancanza di qualsivoglia previsione relativa ai gruppi, tanto in relazione all’organismo di vigilanza quanto al contenuto dei modelli di organizzazione e gestione, dimostra che “il fattore gruppo” costituisce un fenomeno ignoto e non regolato dal D.Lgs. 231/2001.

Quindi, i presupposti oggettivi e soggettivi per l’ascrizione della responsabilità alla capogruppo dovranno essere verificati separatamente e non in via concorsuale, in seno cioè alla società controllata.

Il medesimo fatto reato darà luogo a due separati e differenti regimi di responsabilità: una responsabilità penale delle persone fisiche di tipo concorsuale che seguirà le regole del concorso di persone nel reato; una responsabilità amministrativa da reato che, invece, non potrà seguire le regole del concorso ed i cui presupposti dovranno essere verificati per la persona giuridica in forma monosoggettiva.

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