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La teoria dei vantaggi compensativi.

INTERESSE DI GRUPPO E VANTAGGI COMPENSAT

2.4. La teoria dei vantaggi compensativi.

Tuttavia il beneficio non può essere individuato nel vantaggio conseguito da altra società facente parte del gruppo, poiché in questo modo la posizione dei creditori della prima sarebbe comunque pregiudicata.

Occorre, quindi, tener conto in detta valutazione complessiva di una serie di elementi fattuali. In primo luogo, occorre considerare la situazione economica nella quale le società versano, atteso che la complessiva operazione posta in essere deve essere analizzata con riferimento al complesso dei rapporti di gruppo e/o di cointeressenza economica al fine di verificare la sussistenza della fondata prevedibilità per la società in apparenza sacrificata di ottenere un beneficio conseguente alla realizzazione del medesimo.

In secondo luogo occorre verificare il conseguimento di una contropartita atteso che la giurisprudenza è unanime nel considerare come distrattiva un'operazione priva di adeguata contropartita. Infatti requisito della condotta tipica di distrazione è il distoglimento di denaro dalla generica garanzia creditoria.

Non ci sarà, invece, un depauperamento del patrimonio, qualora il patrimonio societario è, nell'ambito della complessiva operazione, rimasto integro.

La giurisprudenza, quindi, oltre che riconoscere il rilievo del fenomeno del gruppo di società nell'ambito del diritto penale, indica che per valutare la sussistenza della distrazione occorre riferirsi al complesso dei vantaggi che possono compensare, nell'ambito di complesse relazioni tra due imprese, una operazione apparentemente svantaggiosa.

Altresì, aspetto non irrilevante è l'individuazione di un interesse di gruppo all'operazione effettuata, ovvero un interesse che accomuna le società coinvolte.

In tale contesto assume valenza generale in materia di bancarotta il principio in base al quale quando si tratta di gruppi, o comunque di imprese con interessi intrecciati, occorre valutare l'operazione nello specifico contesto in cui si colloca, tenendo conto pertanto di tutte gli effetti che si determinano in capo ai protagonisti, non fermandosi alle apparenze.

Occorre, infine, sottolineare che la Suprema Corte ha sancito una regola di esperienza in materia, secondo cui “il fattore tempo non è per nulla irrilevante dal momento che più è lontana nel tempo

dal fallimento l'operazione considerata poi distrattiva, più difficile sarà individuare nella stessa i caratteri che consentono di qualificare una operazione in sé del tutto lecita, come è quella dell'accensione di un mutuo con una banca, come distrattiva”154.

2.4. La teoria dei vantaggi compensativi.

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La teoria dei vantaggi compensativi rappresenta l'espressione del rapporto pluridirezionale esistente tra il gruppo e le società che lo compongono.

Se da un lato le singole società e il loro rispettivo interesse sono talvolta sacrificati per il raggiungimento di un interesse corrispondente alla politica di gruppo nel suo complesso, dall’altro le stesse società sacrificate possono però ottenere un vantaggio, un ritorno di qualche tipo, che compensa il sacrificio inizialmente patito.

Il punto di partenza di questa teoria è costituito dalla considerazione dello specifico contesto in cui si trova ad operare la società della quale occorre valutare l'operazione. Questa non deve essere considerata come singola e indipendente, ma come inserita in un fitto reticolato di rapporti e legami che, proprio per questa loro caratteristica, devono essere vagliati nel loro insieme.

In questo senso la teoria dei vantaggi compensativi si palesa come un “fondamentale strumento per

l'individuazione del corrispettivo delle operazioni poste in essere da società legate da rapporti di gruppo”155.

Con la condivisione di tale teoria non si perviene a negare la natura depauperatoria di operazioni che causano a prima vista uno svantaggio per la società, ma ad affermare che l’appartenenza della stessa società ad un gruppo impone di verificare in un'ottica diversa la convenienza dell'operazione medesima, e specificatamente di verificare se l'operazione dannosa abbia comunque comportato dei vantaggi per la società.

Detta valutazione dovrà essere eseguita secondo il criterio della prognosi postuma, analizzando l'operazione economica nel suo complesso.

In campo civilistico il principio, quando ancora non codificato, veniva desunto in via interpretativa, e in applicazione di esso si giungeva a considerare come legittime le politiche di gruppo che imponevano un sacrificio ad una società in vista di un beneficio del gruppo o di altra società che ne facesse parte, se proprio l'appartenenza al gruppo assicurava un ristoro alla società inizialmente sacrificata.

Successivamente il principio desumibile dalla teoria dei vantaggi compensativi è stato introdotto normativamente prima in una disposizione penale, specificatamente nell'art. 2634, terzo comma, c.c., e successivamente in una norma civile, nell'art. 2497 del medesimo codice.

Come già accennato in precedenza, però, l'applicazione che è stata fatta di queste norme ha portato a riconoscere valenza generale, e limitatamente all'ambito del diritto civile, al solo precetto dell'art.

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COCCO, I confini tra condotte lecite, bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice nelle relazioni economiche all'interno dei gruppi di società, in Rivista trimestrale di diritto penale dell'economia, Padova, 2003, n. 4, p. 1027.

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2497 c.c., mentre quello dell'art. 2634 c.c. è stato ritenuto operante nello specifico ambito della disposizione in cui è collocato, cioè quella dell'infedeltà patrimoniale156.

Nei primi commenti alla norma di infedeltà patrimoniale si è affermato, in maniera speculare rispetto ai commenti della dottrina civilista, che la codificazione del principio non avrebbe comunque dettato una svolta, in quanto lo stesso era già desumibile in via interpretativa157.

Ha avuto origine un forte dibattito, che si è diramato in due posizioni, quella della giurisprudenza, che esclude che si possa applicare genericamente il principio, e quella della dottrina, pressoché unanime, che sostiene l'opinione diametralmente opposta.

L'orientamento giurisprudenziale si basa sulla considerazione che nel momento in cui si verifica il fallimento e si è in presenza di condotte integranti la bancarotta non può essere data attenzione all'interesse del gruppo, in quanto sono solo i creditori della società fallita a dover essere tutelati. L’appartenenza al gruppo, inoltre, non scalfisce il principio di autonomia soggettiva delle società. Come già accennato nel precedente paragrafo, la giurisprudenza richiama, per fondare l'inesportabilità della clausola ai reati fallimentari, la diversità dei reati societari e fallimentari in relazione alla struttura, agli obiettivi di tutela, alla ratio, in quanto nei primi è necessario tutelare i soci dalle condotte infedeli degli amministratori, mentre nei secondi i creditori dal depauperamento del patrimonio societario.

Con il passar del tempo, tuttavia, anche la giurisprudenza è però giunta al riconoscimento della validità della teoria dei vantaggi compensativi nel campo del diritto penale e segnatamente nell’ambito dell’ipotesi della bancarotta fraudolenta, sebbene ancori il vaglio della sussistenza di sacrifici/vantaggi compensativi a criteri più rigorosi.

Infatti la Corte di Cassazione in una importante sentenza ha affermato che il principio codificato nel terzo comma dell'art. 2634 c.c. è espressione di principi generali già desumibili dal sistema che consentono di punire le azioni dotate di reale offensività nell'alveo dei reati fallimentari158. Peraltro, il vantaggio conseguito dalla società autrice dell'iniziale atto dispositivo deve essere connesso a quest'ultimo e quindi scaturire dal realizzato interesse di gruppo, non deve essere meramente ipotetico, ma effettivo, nonché idoneo a compensare l'iniziale pregiudizio, e che ex ante sia prevedibile in termini di sostanziale certezza.

156

Cass. Pen., Sez. V, 18.03.2005, n. 10688, in Dir. pen. proc., 2005, p. 747.

157

PERDONO’, La teoria dei vantaggi compensativi alla conquista del territorio dei reati fallimentari, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2006, I, p. 373 ss.; CHIARAVIGLIO, Operazioni infragruppo e bancarotta per distrazione: una recente pronuncia della Suprema Corte, in Riv. dott. comm., 2006, p. 621 ss.

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Sottolinea inoltre la Corte che il beneficio non può essere individuato nel vantaggio conseguito da altra società facente parte del gruppo, poiché in questo modo la posizione dei creditori della prima sarebbe comunque pregiudicata, e che il vantaggio compensativo di cui occorre tenere conto può essere ravvisato solamente in quello che ristora l'atto dispositivo iniziale. Inoltre, l'esistenza di vantaggi compensativi non può essere desunta dalla mera appartenenza al gruppo159.

La dottrina maggioritaria, come anticipato, riteneva il principio già desumibile in via interpretativa dal sistema, e pertanto considerava l'avvenuta codificazione dello stesso come un'operazione corretta, ma non con effetti dirompenti. Si è affermato che l'effettuare un'operazione in vista del conseguimento di un vantaggio porta ad escludere la volontà del compimento dell'atto di distrazione, e pertanto l'elemento soggettivo160; ma ancora prima, già sul piano del fatto non si potrebbe considerare distrattiva una condotta che non distoglie dalla società dei patrimoni ma è tesa a ottenere dei vantaggi, che incrementino il patrimonio stesso.

Innanzi ad un orientamento unanime in merito all'operatività del principio in maniera generale nell'ambito penale, diverse sono le opinioni in riferimento al modo di operare della teoria richiamata.

In base alla concezione rigida, seguita da una parte della giurisprudenza, affinché possa essere considerata lecita l'operazione infragruppo occorre che la società, il cui patrimonio è stato leso dall'atto dispositivo, consegua un vantaggio che in questo modo ristori in maniera totale il suo sacrificio iniziale: in questo senso, si richiede in termini di sostanziale certezza il verificarsi del vantaggio161. Nel caso in cui il vantaggio non si realizzi in concreto, dovrà affermarsi la natura distrattiva o infedele dell'operazione societaria.

La concezione elastica, invece, ben consapevole del contesto aleatorio in cui le società devono operare, ritiene che debba essere considerato compensativo non solo il vantaggio certo ma anche quello solo fondatamente atteso, anche se poi non materialmente conseguito, sia nel breve che nel lungo periodo, e bensì anche quello che non ristora in termini di aritmetico pareggio il sacrificio

159

Cass. Civ., 24.08.2004, n. 16707, che richiama nel suo excursus anche i reati fallimentari; Cass. Pen., Sez. V,

17.12.2008, n. 1137, che specifica come l'individuazione dell'appartenenza al gruppo è solo il punto di partenza per determinare se la società che ha effettuato l'operazione ha ottenuto dei vantaggi; Cass. Pen., Sez. V, 02.02.2012, n. 4458, in Società, 2012, p. 841 ss., con commento di SCOLETTA, Bancarotta fraudolenta e rilevanza dei vantaggi

compensativi infragruppo, che conferma l'applicabilità dei vantaggi compensativi anche alla bancarotta fraudolenta, con

la precisazione che l'accertamento dell'esistenza del gruppo è solo il presupposto per poter verificare l'esistenza di vantaggi compensativi che, ancorché indirettamente, devono essere idonei a compensare gli effetti negativi dell'operazione compiuta dalla danneggiata.

160

BENUSSI, La Cassazione ad una svolta: la clausola dei vantaggi compensativi è esportabile nella bancarotta per distrazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 424 ss.

161

NAPOLEONI, Geometrie parallele e bagliori corruschi del diritto penale dei gruppi (bancarotta infragruppo, infedeltà patrimoniale e « vantaggi compensativi »), in Cass. Pen., 2005, 3794.

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inizialmente subito. Secondo questa teoria, il giudizio sulla liceità o meno dell'operazione deve essere effettuato ex ante, sulla base della considerazione degli elementi conosciuti e conoscibili al momento in cui la stessa è stata posta in essere, in conformità al “disegno economico o piano imprenditoriale di gruppo”, senza che eventi successivi che impediscono il conseguimento del vantaggio possano essere considerati.

In questo senso, l'inapplicabilità della clausola può essere affermata solo in presenza di operazioni manifestamente azzardate, o compiute da società che si trovano in stato di dissesto, per le quali il compimento di un'operazione a favore di altra società non fa che aggravare il loro stato e che pertanto sono da considerare sicuramente depauperatorie162. Peraltro, sarà compito dell'accusa provare la natura irrazionale e depauperatoria dell'operazione, e della difesa fornire elementi idonei a provarne la conformità alla politica del gruppo, senza che il giudice possa contestare nel merito l'operazione in oggetto.

Dall’analisi degli orientamenti appena accennati, si potrebbe ritenere che la concezione elastica, sposata dalla dottrina, sia la più idonea per attribuire giusto significato sia al dato della norma, sia alla realtà nella quale le norme devono operare.

In relazione a quest'ultimo aspetto bisogna tener conto del contesto in cui si trovano ad operare le società, ovvero un contesto economico caratterizzato dall’alea che è insita in qualsiasi operazione. In un contesto economico non sempre un'operazione, che comporta un sacrificio per la società a favore dell'interesse di gruppo, comporta un vantaggio compensativo, che ristori interamente e direttamente il sacrificio. Diversamente si tratterebbe di richiedere che l'imprenditore e/o gli altri soggetti attivi previsti dai reati societari pongano in essere, in genere, operazioni, solo quando certi che esse possano produrre profitto.

Detto ragionamento, tuttavia, non incita a confondere le operazioni di pura sorte o manifestamente infondate, che giustamente assumono rilevanza penalistica in relazione al reato di bancarotta semplice, con le operazioni qui in esame, le quali danno cittadinanza al normale rischio delle operazioni societarie, intraprese sulla base di decisioni che prendono in considerazione gli elementi presenti e conoscibili in quel determinato momento.

Ne deriva anche l’importanza dell’inciso utilizzato nel terzo comma dell'art. 2634 c.c. del conseguimento dei vantaggi fondatamente prevedibili.

L'utilizzo di una formula di questo tipo induce a ritenere che il vantaggio, come conseguenza dell'operazione, possa essere concretamente realizzato o prevedibile, in base agli elementi valutabili

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COCCO, I confini tra condotte lecite, bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice nelle relazioni economiche all'interno dei gruppi di società, in Rivista trimestrale di diritto penale dell'economia, Padova, 2003, n. 4, p. 1043.

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al momento in cui l'operazione è posta in essere. Diversamente si richiederebbe “sempre” una realizzazione concreta del vantaggio e si annienterebbe il rischio tipico dell'agire imprenditoriale, poiché si potrebbe operare solo se completamente certi del risultato finale.

Pertanto, salvi i casi in cui sia possibile ravvisare i caratteri di una operazione di pura sorte, di un azzardo e in cui si è agito nella certezza dell'impossibilità del conseguimento di un vantaggio e della conseguente lesione dei creditori, se l'analisi dei dati e degli elementi è stata razionale e poteva condurre alla fondata e seria previsione di un ritorno economico può ritenersi applicabile il concetto espresso dalla teoria dei vantaggi compensativi.

La rilevanza dei vantaggi compensativi, espressamente prevista dall’art. 2634, terzo comma, c.c., non rende inoperante il principio dell’autonomia soggettiva delle singole società del gruppo ai fini della configurabilità dei reati di bancarotta.

Di recente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 34030 del 6 agosto 2013 ha affermato che affinché la penale rilevanza della condotta risulti esclusa occorre, quindi, provare l’esistenza di uno specifico vantaggio anche indiretto concretamente idoneo a compensare per la fallita gli effetti immediatamente negativi dell’operazione contestata.

2.5. L’operatività dei vantaggi compensativi in materia penale: le iniziali difficoltà e le

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