L’INQUADRAMENTO DEL DELITTO DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA PER DISTRAZIONE
3.10. Il profilo soggettivo del reato: un intreccio non facilmente districabile.
Tra i diversi problemi interpretativi che hanno determinato spaccature in dottrina ed in giurisprudenza in relazione alla ricostruzione dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta emerge senz’altro quello relativo al ruolo del dolo specifico: mentre, infatti, lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, o di favorirne alcuno a danno degli altri, è espressamente previsto per talune ipotesi di bancarotta documentale e per quella preferenziale, non lo stesso può dirsi per la bancarotta patrimoniale. In quest’ultimo caso, infatti, ad una analisi letterale della norma, può notarsi come il legislatore abbia scelto di richiedere espressamente il fine specifico di recare pregiudizio ai creditori solo in riferimento ai fatti di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti.
Appare utile rappresentare l’orientamento condiviso in dottrina secondo cui per tutte le ipotesi descritte dall’art. 216, primo comma, n. 1, L.F. sia richiesto, anche se in forma implicita, un dolo di frode240, ritenendo l’ipotesi di bancarotta semplice quale fattispecie “residuale” che si aggiunge a quella fraudolenta per completare la repressione dell’insolvenza colpevole; nonché per il fatto che la legge abbia scelto di distinguere i due delitti non già in base al diverso elemento psicologico (dolo per l’una e colpa per l’altra), quanto piuttosto mediante l’utilizzo di una terminologia che inquadri l’aspetto della fraudolenza come requisito differenziale241.
240 ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, vol. II, I reati fallimentari, tributari,
ambientali e dell’urbanistica, Milano, 2008, p. 172 in cui si riprende il pensiero dell’autore, secondo cui la
bancarotta fraudolenta richiede, in tutti i casi che la costituiscono, un dolo specifico, e precisamente l’intenzione di sottrarre propri beni alla esecuzione concorsuale. Sicché nella bancarotta semplice, per logica necessità, debbono rientrare anzitutto i casi in cui il soggetto diminuisca consapevolmente – e quindi, secondo l’autore dolosamente – il proprio patrimonio senza quella intenzione.
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Particolarmente incisivo sul punto NUVOLONE, Il diritto penale del fallimento e delle altre procedure
concorsuali, Milano, 1955, p. 74-75 che afferma che la bancarotta semplice si differenzia da quella fraudolenta
perché, anche in base alle caratteristiche oggettive della condotta, appare evidente l’assenza di ogni intenzionalità nei confronti del danno dei creditori. È la contrapposizione tra dolo di frode e dolo semplice che
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Proprio al particolare nomen iuris indicato alla rubrica dell’art. 216 L.F., infatti, alcuni autori hanno ricondotto la specificità dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta, caratterizzato dall’intento di frode in danno dei creditori e dalla finalità di un profitto personale del fallito; scopo, questo, del tutto assente nella corrispettiva fattispecie semplice242.
A diverse conclusioni, invece, si potrebbe pervenire qualora si scelga di muovere dal dato obiettivo caratterizzante il fatto tipico, ricostruendo così l’elemento soggettivo del reato, e differenziando i fatti di bancarotta fraudolenta da quelli di bancarotta semplice, in base ai principi generali in tema di dolo di cui agli artt. 42 e 43 c.p.
In particolare, considerato il tenore letterale delle norme, e ricostruito il delitto in esame come fattispecie di mero pericolo, in cui l’evento naturalistico della depauperazione patrimoniale effettiva o fittizia si accompagna ad una concreta idoneità lesiva rispetto alla garanzia dei creditori, l’indagine sull’oggetto del dolo non potrebbe portare a concludere per la coincidenza di questo con l’offesa-evento agli interessi dei creditori, nella sua forma del pericolo.
Il rischio di un pregiudizio all’integrità della garanzia, innescato dalle condotte descritte all’art. 216, primo comma, L.F., costituirebbe, dunque, l’evento del reato; e la copertura psicologica richiesta in base ai principi generali sull’imputazione soggettiva, sarebbe ravvisabile, secondo questa impostazione, nel dolo generico di pericolo sulla base dell’equazione: “a evento di pericolo, dolo di pericolo”243.
In quest’ordine di idee basterebbe, invero, che l’irrealizzabilità delle ragioni creditorie sia prevista e voluta come conseguenza della propria condotta, anche come risultato solo probabile di questa.
Il dolo di bancarotta fraudolenta, quindi, potrà manifestarsi anche nella sua forma più attenuata di dolo eventuale allorquando l’imprenditore agisca nella consapevolezza della possibilità di un danno per i creditori e ciò nondimeno ne accetti il rischio244.
costituirebbe, secondo l’autore, l’elemento fondamentale di discriminazione, sul piano soggettivo, tra le due fattispecie.
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BATTAGLINI, Osservazioni sul dolo nella bancarotta fraudolenta, in Giut. pen., 1954, II, p. 113; CASAROLI,
Il dolo della bancarotta fraudolenta fra dubbi interpretativi e rigore giurisprudenziale, in Studi in memoria di Pietro Nuvolone, vol. II, Milano, 1991, p. 304.
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Cass. Pen., Sez. V, 13.05.2009, n. 38529; Cass. Pen., Sez. II, 15.10.2008, n. 43171 ; Cass. Pen., Sez. V, 04.07.2006,
n. 1359.
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In giurisprudenza siffatta impostazione è stata fatta propria dai giudici nella famosissima vicenda del crack del Banco Ambrosiano, cfr. Cass., sez. V, 22.4.1998, n. 8327, in Cass. pen., 1999, p. 652.
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Quindi, la lesione ai creditori, ancorché nella forma più lieve del pericolo, si presenta come elemento costitutivo di fattispecie, rappresentando, invero, il fulcro stesso dell’incriminazione.
Occorre considerare un ulteriore aspetto problematico che caratterizza il dolo della bancarotta fraudolenta ed il ruolo di “delimitazione” che esso gioca nelle diverse fattispecie di cui all’art. 216, primo comma, n. 1 L.F., soprattutto in riferimento alle condotte distrattive. Ci si è domandati, infatti, se sia sufficiente, ai fini della sussistenza dell’elemento psicologico del reato, la consapevolezza e la volontà di sottrarre le proprie attività alla generica garanzia dei creditori di cui all’art. 2740 c.c., o se sia piuttosto e più specificamente necessario che l’agente si rappresenti che con la sua condotta stia in qualche modo eludendo la corretta esecuzione concorsuale, considerata nel suo aspetto formale e pubblicistico. In questa seconda ipotesi, non solo dovrebbe ammettersi che l’intralcio alla procedura fallimentare sia elemento costitutivo del reato, che contribuisca in qualche modo a delinearne l’offesa; ma si sarebbe altresì portati a concludere, già sul piano oggettivo, per la penale rilevanza solo di quelle condotte realizzate in prossimità dell’insolvenza: solo quelle operazioni dispositive, cioè, poste in essere in previsione di una attuale o immediatamente futura decozione dell’impresa, che porti ad una sicura o probabile dichiarazione di fallimento.
In questi casi la consapevolezza dell’insolvenza (certa o probabile) assurgerebbe a condizione necessaria (anche se non sufficiente) del dolo di distrazione o di dissipazione, dissimulazione, distruzione o occultamento. L’oggetto del dolo, in tal senso, risulterebbe allargato, mentre ridotta apparirebbe, sul piano materiale, la rilevanza penale delle condotte depauperative, rimanendo fuori dall’orbita dell’art. 216 L.F. tutte quelle disposizioni patrimoniali presumibilmente pericolose per la garanzia dei creditori, ma realizzate quando l’impresa si trovava a tutti gli effetti in bonis.