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Le operazioni infragruppo.

INTERESSE DI GRUPPO E VANTAGGI COMPENSAT

2.10. Le operazioni infragruppo.

Il raggruppamento di società rappresenta sul piano economico la risposta ad esigenze effettive del sistema e consente in molti casi all’attività imprenditoriale di esprimersi in termini di flessibilità ed efficacia assai maggiori, con importanti ripercussioni nel diritto penale fallimentare.

Sotto l’aspetto della lettura di condotte antigiuridiche particolari e sofisticate e sotto l’aspetto della valutazione della natura di operazioni che possono in apparenza presentare un aspetto antigiuridico l’analisi dell’interprete deve essere necessariamente approfondita, atteso che la valutazione dell’effettiva illeicità penale di talune operazioni infragruppo sarà effettuata sulla base di criticità applicative, analisi dottrinali e tentativi di evoluzione giurisprudenziale.

In effetti man mano che il fenomeno dei gruppi di società ha iniziato a diffondersi e ad affermarsi sono divenuti più frequenti i casi, anche giudiziari, in cui è stata affrontata la questione circa la natura distrattiva di operazioni effettuate dalla società poi fallita con altre società del medesimo gruppo.

Nella logica del gruppo di società le operazioni infragruppo costituiscono operazioni da porre in essere per il conseguimento di un interesse di gruppo interagente con l’interesse delle singole società e, quindi, operazioni volte al conseguimento di vantaggi legati alla possibilità di costruire strategie imprenditoriali su un terreno molto flessibile e legati alla possibilità di spalmare su più entità societarie l’impatto di specifiche criticità o di sopravvenienze positive195.

Nella prassi possono costituire casi di operazioni penalmente rilevanti le ipotesi di concessioni a terzi di prestiti o finanziamenti, attività di per sé lecite, allorquando il tasso di interesse risulti incongruo o non venga apprestata una garanzia adeguata, di modo che l’operazione presenti uno squilibrio tra il sacrificio temporaneo del mutuante e l’alea della controprestazione, tale da far desumere, in concreto, ed alla luce del dato economico complessivo, il carattere lesivo dell’atto rispetto all’obbligo di conservazione dell’integrità patrimoniale.

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Il criterio per stabilire l’offensività di un’operazione infragruppo in siffatta ipotesi risiede nella valutazione dello squilibrio tra prestazioni, in cui giocano un ruolo decisivo da un lato, la razionalità economica della scelta, calcolata alla stregua della situazione dell’attivo e del passivo aziendale globale al momento del compimento dell’atto, dall’altro, l’obiettivo specificatamente perseguito con il finanziamento stesso: se questo sia, cioè, unicamente finalizzato alla speculazione in pregiudizio ai creditori o se sia, piuttosto, soggettivamente ed oggettivamente indirizzato a scopi di vantaggio per l’azienda del tutto leciti.

Parimenti penalmente rilevante può qualificarsi la condotta di rilascio di garanzie o fideiussioni a favore di terzi senza alcun corrispettivo, che esponga il garante a rischi abnormi per l’integrità della garanzia patrimoniale, oppure la stipula di un contratto di locazione effettuata con l’intento di

sottrarre l’azienda all’esecuzione fallimentare (qualora questa sia imminente), o comunque allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto.

Anche le erogazioni per motivi di corruzione a favore di partiti politici o di singoli esponenti politici, non ricollegabili ad un beneficio per l’impresa ottenuto con mezzi consentiti dall’ordinamento, ma anzi penalmente perseguibili, che cagionino un ingiustificato depauperamento per i creditori, ai quali è sottratta la possibilità eventualmente di rivalersi su una parte dei beni dell’impresa e di identificare una contropartita su cui rivalersi corrispondente all’erogazione illecita, possono costituire fatti di distrazione.

Da tali operazioni emerge lampante la deviazione del bene dal suo scopo giuridicamente imposto. Nel conteso del gruppo societario, come ricostruito nel precedente capitolo, il discorso si complica atteso che le società che compongono il gruppo costituiscono entità giuridicamente autonome, con uno specifico oggetto sociale, e con un patrimonio indipendente posto a garanzia dei propri creditori. Grava, pertanto, sugli amministratori della singola aggregata (o sugli altri soggetti cui l’art. 223 L.F. collega in astratto la qualifica determinante ai fini della dichiarazione della responsabilità penale per bancarotta impropria), l’obbligo di agire nell’interesse dell’ente gestito, nei limiti del rispetto delle aspettative creditorie.

Tralasciando le operazioni distrattive riconducibili allo schema classico di cui all’art. 223, primo comma, L.F. emergono delle difficoltà di carattere interpretativo allorquando l’operazione depauperativa realizzata dall’amministratore della società controllata (e poi fallita), connotata in apparenza dai caratteri della distrazione, sia stata effettuata a vantaggio di un’altra società del medesimo gruppo.

Occorre, quindi, domandarsi se il trasferimento di beni da una società ad un’altra del gruppo o, più in generale, lo scambio infragruppo di prestazioni di rilevanza patrimoniale senza adeguato

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corrispettivo, sia riconducibile allo schema della bancarotta per distrazione allorquando l’ente impoverito successivamente fallisca.

La giurisprudenza, salvo qualche sporadico episodio196, è orientata, come già detto in precedenza, per la tesi affermativa: in particolare, muovendo dal presupposto che il fenomeno dell’aggregazione societaria abbia natura meramente economica e non scalfisca il principio dell’autonoma personalità giuridica di ciascuna società, riconosce che “gli atti di distrazione patrimoniale privi di seria

contropartita eseguiti dagli amministratori a favore di una società dello stesso gruppo realizzano il delitto di bancarotta per distrazione”197.

Quindi, nel compimento di operazioni infragruppo il perseguimento dell’interesse di gruppo è sempre latente e presente nel compimento delle stesse. Infatti ogni operazione posta in essere da una società del gruppo, anche con terzi, registra l’ingombrante presenza dell’interesse di gruppo.

L’autonomia patrimoniale di ogni singola società del gruppo impone all’amministratore di ogni società di perseguire esclusivamente l’interesse della società cui è preposto e gli vieta di sacrificarlo sull’altare di un interesse di gruppo che trascende la società stessa che di per sé non ha rilievo né per i soci di minoranza né per i creditori della società.

Nelle operazioni finanziarie tra controllante e controllata o tra società sottoposte a comune controllo si coglie, infatti, con particolare risalto la caratteristica qualificante di tale fenomeno, ossia la sua idoneità a conciliare l'unità economica dell'attività d'impresa con la pluralità di centri soggettivi di imputazione in cui essa è giuridicamente articolata: da un lato, l'unità indotta dal collegamento di gruppo permette di attuare la circolazione dei flussi di liquidità tra le entità che ne fanno parte secondo termini e condizioni diversi da quelli normalmente praticati sul mercato; dall'altro, la pluralità di masse patrimoniali originate dalla catena partecipativa rende ipotizzabile la “trasformazione” del titolo giuridico in base al quale le risorse vengono acquisite sul mercato “esterno” dei capitali, potendo la capogruppo utilizzare le somme rivenienti da un aumento di capitale sociale sottoscritto da investitori “terzi” al fine di erogare prestiti alle proprie controllate o, per converso, canalizzare il mutuo che le fosse stato somministrato dal ceto bancario per incrementare la dotazione di mezzi propri delle entità dirette e coordinate198.

2.11.Considerazioni conclusive e ultimi orientamenti giurisprudenziali.

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Cass. Pen., Sez. V, 25.2.1959, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, p. 939.

197

Cass. Pen., Sez. V, 04.12.2007, n. 4410, in Fallimento, 2008, p. 466; Cass. Pen.,V sezione, 01.2.2000, Tonduti, in

Cass. pen., 2001, p. 661; Cass. Pen., Sez. V, 8.1.1996, Cozzi, in Cass. pen., 1997, p. 2234.

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