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3.2.2 | Keiichiro Shibuya e Takashi Ikegami: filmachine (2006)

Il sound artist e compositore giapponese Keiichiro Shibuya è figura eclettica e trasversale del panorama musicale contemporaneo. Accanto ad un'intensa attività di performer e musicista, costellata di collaborazioni sia con nomi storici della musica contemporanea che con alcuni esponenti dell'elettronica di ricerca più recente, è fondatore della ATAK, label discografica e insieme collettivo di artisti afferenti a diverse aree disciplinari, dalle arti visive al design. Il suo lavoro affianca lo studio specifico sulla composizione sonora e sulle proprietà dal suono a numerosi sconfinamenti, non solo in aree diverse della ricerca artistica ma anche in ambiti prettamente scientifici e mediali. Egli ha infatti dato vita negli anni ad una serie di opere, realizzate in collaborazione con scienziati e ricercatori, basate su metodi di sintesi e controllo e spazializzazione del dato sonoro.32

Tra le collaborazioni più continuative e interessanti, quella con Takashi Ikegami, docente presso la facoltà di Arte e Scienza dell'Università di Tokyo, specializzato nel campo dell' Artificial Life e della scienza dei sistemi complessi,

                                                                                                               

32 Keiichiro Shibuya è diplomato in composizione alla Tokyo National University of Fine Arts and Music. Dopo la fondazione della label ATAK, pubblica nel 2004 il suo primo album, ATAK000 Keiichiro Shibuya, apprezzato per le ricche sonorità e per l'elaborazione delle strutture basate su tono e ritmo. Nel 2008 Shibuya, specialista di elettroacustica, ha cominciato a lavorare ad un segnale sonoro per incroci stradali pedonali componendo musica destinata all’urban design e agli spazi pubblici. Porta avanti, inoltre, un'intensa attività performativa, spesso in collaborazione con autori di riferimento quali Yasunao Tone, Ryoji Ikeda e Pansonic. É inoltre professore associato presso la Tokyo National University of Fine Arts and Music.

area di studi interdisciplinare che indaga le proprietà dei sistemi viventi attraverso metodi di simulazione e sintesi di processi di vita artificiale.

Dopo un primo incontro nel 2005 presso i Sony Computer Science Laboratories di Tokyo, iniziano a lavorare insieme con l'intento di applicare processi e strumenti utilizzati in genere nella scienza dei sistemi complessi alla composizione sonora, al fine di elaborare un metodo di composizione basato sul superamento dei due concetti di ritmo e tono musicale, elementi cardine della struttura compositiva della musica occidentale. Da questi presupposti, sviluppano una particolare teoria, di riferimento per tutti i loro successivi lavori, chiamata Third Therm Music, caratterizzata dall'estrema dinamicità e non ripetitività del suono e dall’uso di sistemi software basati su algoritmi evolutivi non lineari, comunemente utilizzati nei sistemi di intelligenza artificiale. Tra questi, in particolare Huron: un generatore di suoni virtuali tridimensionali, basati su una 'mappa logistica,' uno strumento matematico impiegato per produrre comportamenti caotici a partire da un'equazione dinamica lineare. In questo caso la mappa è usata come generatore elementare di strutture microscopiche e caotiche di suoni e, insieme, per amplificare le strutture generate, determinando differenti tipologie di comportamenti e movimenti delle particelle acustiche nello spazio.33

In parallelo Shibuya ritiene indispensabile la creazione di un dispositivo ambientale atto a 'suonare' queste particolari strutture complesse, secondo una maggiore dinamicità sia spaziale che temporale, rispetto a quanto consentito dai sistemi audio più diffusi, e organizzando i suoni e il controllo del movimento non solo in senso orizzontale ma anche verticale. I limiti imposti dai sistemi di spazializzazione inducono spesso gli autori interessati alla dimensione audio ambientale a limitare la dinamicità del suono, fin dalla fase compositiva, presupponendo un movimento nello spazio basato principalmente sulla sua diffusione sul piano orizzontale, intorno all'ascoltatore. Gli effetti concessi dalla maggior parte degli impianti di spazializzazione comunemente in uso, quali ad esempio i sistemi 5.1 surround, si 'limitano', infatti, al movimento di ripetizioni cicliche e omogenee di elementi su un ideale piano orizzontale intorno al pubblico. Coerentemente con il comportamento caotico e multidirezionale del suono, reso

                                                                                                               

dal software nella fase di composizione, Shibuya intende superare questi limiti e mettere a punto un dispositivo di ascolto ambientale in grado di riprodurre la complessità e l’imprevedibilità di comportamento dei suoni sintetizzati dal software tridimensionale.

Nel corso di una residenza presso l'YCAM Yamaguchi Center for Arts and Media in Giappone, Shibuya e Ikegami realizzano filmachine (2006), installazione immersiva basata sulla produzione e il movimento di suoni tridimensionali, associati a luci stroboscopiche.34 L'opera, presentata per la prima volta all'YCAM, è successivamente esposta in importanti festival di media art, quali Ars Electronica (2007) e Transmediale (2008), si basa sulla coincidenza tra il soundscape sonoro e percettivo dell'opera e il dispositivo tecnologico che lo determina.35

Nello spazio totalmente buio di una black box è posizionata la macchina audiovisiva di flimmachine, composta da 24 canali audio, distribuiti in una struttura emisferica di speakers, suddivisa su tre livelli di punti sonori, sospesa su una pedana praticabile dal pubblico e composta da parallelepipedi neri, di diverse altezze e dimensioni. Questa disomogeneità è studiata per accrescere le possibilità di ascolto nello spazio, lasciando libero ciascun partecipante di trovare il proprio punto di osservazione acustica.

Il pubblico attiva il dispositivo infrapercettivo, attraverso un pulsante posto su una delle sommità della pedana. Inizio, fine e durata sono momenti ben definiti e circoscritti del lavoro: dopo l'accensione, ciascuna session dell'installazione ha uno sviluppo di venti minuti, al termine dei quali l’organismo torna silente, fino alla successiva attivazione. Attorno alla pedana sono disposti otto pilastri, ognuno con 14 moduli di lampade LED, modulabili secondo alcuni parametri: la forma tridimensionale della loro composizione, determinata dall'accensione di alcune parti dei moduli LED di ciascuna colonna; l'intensità di ciascuno dei 112 punti luce; i movimenti generativi lineari, sia in senso concentrico/orizzontale che verticale; infine, i pattern ritmici differenti. La totalità di questi parametri può essere determinata dal suono o avere comportamenti e dinamiche indipendenti.

                                                                                                               

34 Il progetto corrisponde anche ad un album su CD per ascolto in cuffia Shibuya ATAK010 filmachine phonics (2007), premiato, insieme all'installazione con una menzione d’onore per la sezione musica digitale ad Ars Electronica 2007.

Il suono millimetrico, generato dal sistema Huron, è messo in circolo e modulato in senso tridimensionale attraverso i 24 canali, secondo pattern di movimento differenti: orbitali - flussi continui e lineari che avvolgono il pubblico in cupole a spirale; verticali - dividono lo spazio in diverse colonne, a loro volta formate da spirali indipendenti di movimento; balistici - singoli suoni con traiettorie indipendenti e ‘randomiche.’

La macchina acustico-visiva di filmachine si costituisce a partire da tre livelli: un piano compositivo, corrispondente alle particolare strutture generative tridimensionali, ottenute via software; un secondo, corrispondente al dispositivo 'visibile' - l'impianto di casse e luci allestito in senso architettonico, ideato e progettato in funzione dell'aspetto compositivo e per massimizzare sia le strutture sintetizzate che i loro comportamenti caotici nello spazio; un terzo, invisibile e infrapercettivo, per il quale l'opera si costituisce come una macchina di osservazione interna al sensorium.36

Tutte le parti del complesso organismo di filmachine hanno una funzione eminentemente sonora: anche gli elementi visivi, come le luci, sono inseriti come interventi temporali in grado di modificare la percezione del suono e del suo movimento, a partire da una relazione non esclusivamente sincronica. Spesso, infatti, la modulazione delle luci, la ritmica e il loro movimento sono indipendenti dal comportamento delle particelle soniche. In accordo con quanto affermato da Kubelka nella sua teoria del cinema metrico, Shibuya e Ikegami non stabiliscono una relazione univoca di stimolo-risposta tra pulsazione luminosa e suono. Sono piuttosto interessati a dimostrare, in antitesi con quanto visto ad esempio nei lavori di sintesi optofonica del paragrafo precedente, che la corrispondenza tra percezione luminosa e strutture sonore complesse si manifesti nella loro installazione soprattutto attraverso forme di percezione caotiche, basate sulla disarmonia e la completa assenza di sincresi.

filmmachine destabilizza in questo modo il pubblico con una totale imponderabilità percettiva, determinando ciò che i due autori definiscono 'espansione dell'esperienza sensoria attraverso una forma di percezione astratta,' cioè la produzione di un soundscape audiovisivo in cui nulla somigli ad elementi

                                                                                                               

36 Ibid., p. 12.

acustici percepibili in natura, quindi costruire una fenomenologia del suono di matrice sintetica e imprescindibile dal processo tecnologico. Quello a cui i due autori aspirano è la creazione di una super-complessità, cioè una forma di progettazione di sistemi complessi che simulino la complessità già presente in natura ma che lo statuto artificiale del processo amplifichi esponenzialmente.37

Vanificando qualsiasi tentativo interpretativo delle strutture compositive particellari, attraverso la stratificazione di elementi, filmachine dovrebbe favorire, secondo Shibuya e Ikegami, l'abbandono di qualsiasi istanza interpretativa da parte del pubblico alla luce proprio della dimensione di ipercomplessità innaturale. In realtà, come nota Andreas Broeckmann, trovarsi nello spazio buio, visivamente indeterminato, di filmachine equivale a sentirsi al centro di uno spazio immaginifico, indipendentemente dalla propria posizione, entro il quale la percezione oscilla tra costituzione e dissoluzione, tra suoni mimetici e il loro superamento in suoni senza alcuna referenza con pregresse esperienze uditive sedimentate.

Mentre le fasi prettamente astratte situano il fruitore nell'immanenza di un sistema percettivo interamente nuovo, altri momenti transitori stimolano la costruzione di scenari mentali, evocando immagini o ricordi, nel tentativo di riconoscere pattern sonori noti, di ricollocarli in un bagaglio sedimentato di soundscape attraversati in precedenza.

Una tensione al riconoscimento evocata e costantemente frustrata dall'irregolarità e imprevedibilità delle strutture caotiche: le particelle soniche assumono costantemente nuove strutture, sembrano assumere una forma conosciuta, ma in poco tempo l'immagine mentale che sembra emergere è sostituita da un'altra conformazione tridimensionale. Ciononostante, il caos delle micro strutture dinamiche viene a tratti ad aggregarsi in una forma che si crede di poter riconoscere e dalla quale si attende di farsi guidare. Il meccanismo mimetico e la sua dissoluzione sono accentuati proprio dall'utilizzo dei flash di luce, che contribuiscono a situare il pubblico in uno spazio altro, senza punti di riferimento, rendendo in questo modo più consapevole la dinamica di costante aggregazione e disgregazione di immagini uditive.

                                                                                                               

37 Ibid., p. 85.