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1.2.3 | Il movimento di Arte Cinetica e Programmata in Italia: le ricerche stroboscopiche del Gruppo T e MID

Rispetto alle molteplici definizioni date alla corrente che coinvolge gruppi di artisti europei tra la fine degli anni Cinquanta e per tutto il decennio successivo, si è scelto di utilizzare quella di Arte Cinetica e Programmata perché essa riassume alcuni aspetti della poetica, delle prassi e dei riferimenti culturali e storici di particolare interesse per il nostro discorso. Se 'cinetico' suggerisce, infatti, il movimento come carattere fondamentale dell'opera e, insieme, lo stretto legame con le avanguardie storiche d’inizio secolo, 70 l'espressione 'programmata' rappresenta l'anima più innovativa e di rottura di questa tendenza: arte

                                                                                                               

67 Ibid., p. 14.

68 Ibid., p. 6. 69 Ibid., p. 9. 70 Popper F., 1993.

programmabile, che quindi si predetermina, si prefigura, al pari di un processo tecnologico o di un fenomeno scientifico, che sostituisce alla prassi dell'interpretazione la tecnica dell'osservazione e dell'accertamento metodico. Il fare estetico viene riformulato come pratica di ricerca interdisciplinare, mutuando procedure, metodologie e argomenti dalla sfera scientifica e tecnologica. Al protagonismo degli autori si sostituisce il lavoro collettivo in gruppi che aggregano gli operatori di questa nuova arte e sono laboratori di creazione. Anche l’opera muta il suo statuto da artefatto a progetto e processo. Le diverse ramificazioni internazionali si aggregano, sia pure in modo non permanente, nella forma di programma e modello culturale, in occasione di eventi espositivi o rassegne, seminari e momenti di studio.71

L'espressione 'arte programmata' proviene da una definizione, attribuita da Gillo Dorfles a Bruno Munari, usata nel 1962 per titolare una mostra nel negozio Olivetti di Milano.72 Proprio nell'area è utile concentrarsi per rintracciare le sperimentazioni di maggior rilievo legate al flicker. Infatti, nel quadro più ampio dell'attenzione riservata ai fenomeni percettivi, caratteristica di tutta l'Arte Cinetica e Programmata, alcuni autori italiani impiegano in particolare la stroboscopia come modalità di trattamento della materia luminosa all'interno, ma non solo, di opere ambientali. Vengono elaborate sono il ritmo luminoso situazioni percettive, campi entro i quali stabilire modalità altre di esperienza e, insieme, di riformulare concetti quali la dimensione di tempo e spazio nell'opera d'arte. Gli ultimi dieci anni hanno visto sorgere un rinnovato interesse per questo periodo dell'arte italiana,73 grazie anche all'attenzione da parte di alcune istituzioni di rilievo della media art, prima fra tutte lo ZKM di Karlsruhe, che hanno valorizzato alcuni dei principali esponenti, all'interno di eventi retrospettivi dedicati al periodo.

                                                                                                               

71 Vergine L., 1983, p.12

72 Nel maggio del 1962 Bruno Munari e Giorgio Soavi organizzano a Milano, presso il negozio Olivetti una mostra intitolata Arte Programmata, ospitata, in seguito, anche a Roma e Venezia, e introdotta in catalogo da un testo di Umberto Eco. Vengono esposte opere di: Gruppo T, Gruppo N, Enzo Mari, Bruno Munari, Getullio Alviani, Groupe de recherche d'art visuel. Cfr. Munari B., Soavi G. (a cura di), 1962.

73 Per una rassegna di saggi e cataloghi legati al contesto italiano, si rimanda alle bibliografie presenti in contributi recenti quali: Barrese, A., 2007; Meneguzzo M., 2000.

Inoltre, restando in ambito italiano, si riscontra una relazione tra molte delle innovazioni proposte dai gruppi italiani di Arte Cinetica e Programmata rispetto allo statuto di opera e di fruizione estetica e un successivo momento di fermento teorico sui legami tra arte, scienza e tecnologie, significativo per l’affermarsi della scena delle arti mediali contemporanee. Si tratta delle ricerche di estetica della comunicazione, che aggregano, dalla seconda metà degli anni Ottanta, il lavoro comune di una serie di studiosi internazionali sui temi del rinnovamento della cosa artistica, in riferimento ai mutamenti introdotti dalle tecnologie e rispetto a concetti fondanti della relazione tra individuo e mondo, quali la percezione, le modalità relazionali, il rapporto tra informazione e rappresentazione, le dimensioni di spazio, tempo e presenza.74 Pur senza presentare riferimenti espliciti all’Arte Cinetica e Programmata, molte delle linee programmatiche dell’estetica della comunicazione, in particolare quelle proposte da Costa, rappresentano non solo un punto di contatto ma quasi un proseguo del laboratorio di sguardi sull’arte emersi nella seconda metà degli anni Cinquanta, a partire da una diversa considerazione dell’opera, mutata da oggetto ad evento di natura immateriale, e che, in ragione di tale immaterialità, è soprattutto sistema di relazioni, attivazione di circuiti. Lo spostamento dalla dimensione oggettuale a flussi di energie e informazioni è determinato da una permeabilità della ricerca artistica ai mutamenti mediali. Come gli esponenti di Arte Cinetica e Programmata, anche Costa e colleghi affermano la necessità di accogliere e rielaborare nella prassi artistica i cambiamenti di una società i cui barlumi sono preconizzati dagli autori della seconda metà degli anni Cinquanta e celebrati quasi trent’anni dopo, il passaggio cioè dalla società della produzione a quella dell’informazione. Una trasformazione sulla quale gli artisti e i teorici di entrambi i periodi rivolgono uno sguardo acuto che dalla superficie insinua a sondarne le conseguenze più radicali: se, infatti, il dato di superficie della trasformazione è rappresentato dalla presenza sempre più insistente del medium tecnologico, la reale mutazione è nelle

                                                                                                               

74 La definizione di questa tendenza viene fissata per la prima volta il 29 ottobre 1983 ne Il Manifesto dell’estetica della comunicazione. Linee programmatiche del Nucleo di lavoro sull’estetica della comunicazione e dei sistemi, elaborato da Mario Costa, Fred Forest e Horacio Zabala, in occasione di una manifestazione organizzata da Costa a Mercato San Severino, Salerno, e in seguito pubblicato da “Art Press”, Parigi, nel maggio del 1984. Cfr. anche Costa M.,1999.

dimensioni della soggettività, nei modi dell’esperienza e nella transitività dell’evento. Se quindi l’aspetto tecnomorfico delle opere è il portato più evidente, la linea che attraversa, in continuità, i due momenti di riformulazione dei paradigmi estetici è la lucida coscienza di nuovi equilibri sensoriali, della polverizzazione del messaggio a favore di un sistema mediale autosignificante, nel quale cioè, riprendendo Eco, l’opera presenta il proprio discorso a partire dal sistema di funzioni che essa rappresenta e nel quale lo spettatore è reso attante.75

Riavvicinandoci alla ricerca del carattere stroboscopico nelle pratiche, si osserva che tra gli autori di Arte Cinetica e Programmata l’uso dei flash luminosi è metodo ricorrente attraverso il quale innescare nell’opera alcuni tra i modi che inducono la metamorfosi soggettiva nell’evento-opera, metamorfosi che non è presentata né rappresentata ma resa esperibile sul piano fenomenico.

Sono principalmente il Gruppo T76 e il gruppo MID (Movimento, Immagine, Dimensione),77 entrambi attivi a Milano, a fare della stroboscopia una delle chiavi per l’indagine del percettivo. L'acme di queste ricerche è rappresentato dalle opere che presentano una configurazione spaziale, che coincidono cioè con lo spazio che le contiene',78 in quanto evoluzione di una vocazione al ‘farsi spazio’ già presente negli oggetti e nelle opere plastiche, come sottolinea Lucilla Meloni:

L’ambiente è uno spazio visuale (o ‘campo’) perfettamente progettato in cui lo spettatore, estraniato dal mondo ‘esterno’, si trova coinvolto in se stesso e le sue facoltà psicopercettive vengono sottoposte ad esercizi aventi sempre funzioni estetiche. Costruito con stupefacente artificiosità, l’ambiente ‘contiene’ oggettivazioni spaziali essenzialmente proiettive (complesse immaterialità di ordine cine-visuale quantificate) ottenute con

                                                                                                               

75 Eco U., 1964, p. 6.

76 Fondato a Milano nel 1959 da Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Ganni Colombo e Grazia Varisco. Cfr. Meloni, L., 2004; Meloni L., 2000.

77 Fondato nel 1964 a Milano da Antonio Barrese, Alfonso Grassi, Gianfranco Laminarca, Alberto Marangoni, è presentato pubblicamente nel 1965. Si inserisce quindi nella storia italiana dell'Arte Cinetica e Programmata nel momento in cui questa tendenza segna un progressivo attenuarsi della sua carica propulsiva. Secondo Lucilla Meloni, tale slittamento temporale permette agli autori di MID di porsi di fronte alle esperienze di poco precedenti maturate in questo contesto artistico, di prelevarne alcuni temi di ricerca ed ampliarli in una dimensione più vicina al concetto di multimedialità contemporaneo. Per una ricognizione del lavoro della storia e delle opere MID, cfr. Barrese, A., 2007. 78 Meloni L., 2007, p. 6.

luminosità in movimento o fisse, illusionismi ottici-programmati. Fenomeni che ne motivano la trasformazione e modificazione spazio-visuale.79

Evoluzione quindi che, interpretata come momento più alto di un percorso, ci sembra interessante inquadrare, attraverso una rapida rassegna di opere e tematiche. Queste ricerche rappresentano, inoltre, un importante momento di contaminazione con ambiti extra-artistici, in quanto accolgono tra i propri riferimenti studi sui meccanismi percettivi di matrice scientifica, quali, in particolare, quelli legati all'estetica sperimentale e alla psicologia sperimentale. Da quest'ultima in particolare, mutuano il concetto di transazione80 come modalità di concepire la percezione e la conoscenza all'intero dell'evento estetico, concepiti entrambi come processi aperti, 81 non risolve in una mera osservazione e acquisizione degli stimoli provenienti dalla realtà esterna ma che coinvolgono il fruitore in senso attivo e costitutivo, soggetto partecipe del moto e della trasformazione dell'opera e destinatario di un processo di acquisizione di conoscenza. Come descritto da Frank Popper:

In questo quadro gli artisti utilizzano la luce come forma smaterializzata in movimento, come fenomeno che consente di attivare la percezione dello spettatore, coinvolgendo non solo la sfera del visibile, ma l'intero corpo, e di renderlo cosciente dei suoi meccanismi di visione, conoscenza e percezione dell'ambiente esterno.82

All'interno di tali opere viene a crearsi la relazione tra i due poli fondamentali dello spazio e del tempo: “Ogni aspetto della realtà, colore, forma, luce, spazi geometrici e tempo astronomico, è l'aspetto diverso dello SPAZIO-TEMPO o meglio: modi diversi di percepire il relazionarsi tra SPAZIO e TEMPO.”83 Forte è il rimando a Lucio Fontana e ai manifesti spazialisti, tra i momenti più significativi della poetica ambientale del secondo dopoguerra. In

                                                                                                               

79 Mussa I., in Meloni L., 2004, p. 6.

80 Bonaiuto P., Il transazionalismo. Contributi e ricerche, in Bonaiuto P., (a cura di),1992, pp. 203-218.

81 Eco U., 1962.

82 Popper F., 1993, p. 133.

questo legame spazio-tempo, la luce pulsante è utilizzata come elemento visivo mutevole in una sequenza temporale ritmata, stimolo in transizione che scardina l'idea di visibile come segno chiuso in favore di una materia effimera e mutevole, che richiede l'esperienza attiva dello spettatore per completarsi, sia pure momentaneamente. Opere, quindi, effimere, basate su una irriproducibile coincidenza tra evento visivo e processo percettivo dello spettatore, che determinano un'esperienza irripetibile e sempre nuova. Il progetto estetico, come ricordato ancora da Lucilla Meloni, ha un carattere d’immanenza, esiste in una forma relativamente compiuta solo nel momento unico dell'esperienza, divenendo prassi che permette al fruitore di scoprirne i comportamenti e ‘vivere un inatteso momento introspettivo.’84

Aspetti fondanti dell’opera, quali irripetibilità, carattere effimero, performatività, esperienza, chiamano in causa la questione della documentazione e della sua impossibilità. Aspetto talvolta considerato dagli artisti stessi, che alla ricerca di forme di valutazione e verificabilità scientifica dell'esperienza estetica, elaborano metodi sperimentali di documentazione quali test e questionari proposti allo spettatore, anticipando pressi caratteristiche, come vedremo, di alcune esperienze recenti di media art basata sul flicker.85

Il primo lavoro ambientale stroboscopico è Ambiente a shock luminosi, progettato da Giovanni Anceschi e presentato nel 1963 al Pavillon de Marsan del Palais du Louvre di Parigi. L'opera mette in atto, attraverso la successione di corridoi percorribili, un’esperienza percettiva e temporale totalizzante, dove il tempo è determinato dal variare di flash luminosi a ritmo sfalsato e dal tempo di percorrenza dello spettatore attraverso il corridoio. Di poco successiva la Strutturazione cinevisuale abitabile di Gianni Colombo, presentata nel 1964 alla mostra Nouvelle Tendence di Parigi, una tra le sue prime topoestesie, ambienti che smuovono il comportamento dello spettatore, i suoi parametri più basilari di presenza del corpo nell'ambiente (equilibrio, bilanciamento del peso, simmetrie e movimento). In questo caso, le pulsazioni luminose descrivono lo spazio, attraverso una suddivisione ritmica e incessante di linee ortogonali e orizzontali.

                                                                                                               

84 Ibid., p. 90

Tra il 1966 e il 1968 Boriani, talvolta con Anceschi o Colombo, progetta una serie di ambienti immersivi e stranianti, nei quali la luce stroboscopica è inserita in allestimenti site specific fatti interamente di specchi, a determinare la totale e spesso traumatica ‘dispercezione’ del reale. Lo spettatore trova la sua immagine riflessa all'infinito e in movimento pulsante. Tra questi, Ambiente stroboscopico multidimensionale a programmazione aperta (1966), di Boriani e Anceschi, prodotto per lo Stedelijk Van Abbe Museum di Eindhoven: uno spazio interattivo di medie dimensioni, ricoperto internamente di specchi e attivato da sensori posti su 16 pedane che, percorse dal pubblico, attivano altrettanti proiettori a 12 diverse gradazioni di colore. Nel luglio dello stesso anno, la mostra Lo spazio dell'immagine, tenutasi a Palazzo Trinci di Foligno, ospita Camera stroboscopica multidimensionale (chiamata anche Ambiente stroboscopico 2), sempre di Boriani, presentata in anteprima poco tempo prima nella mostra La luce, alla galleria L'Obelisco di Roma. Anche in questo caso si tratta di un ambiente cubico con le facce interne ricoperte di specchi ma, rispetto al precedente, la dinamica spaziale è resa più complessa e spaesante dall'inserimento al centro della 'stanza' di una parete verticale, che suddivide il quadrato in diagonale, creando due spazi, a pianta triangolare, corrispondenti a due colori complementari, rosso e verde.

Chiude questo ciclo di lavori di Boriani Ambiente stroboscopico 3, firmato insieme a Colombo, che segna la partecipazione dei due autori alla V Biennale internazionale dei giovani artisti del 1968 al Musée d'Art Moderne di Parigi. Rispetto ai due precedenti, l’ambiente amplifica la frammentazione dello spazio e, alla luce pulsante, si aggiunge il movimento creato dalla rotazione sull'asse verticale di quattro pareti, poste a dividere il padiglione cubico. Il movimento circolare dei quattro divisori è azionata dal gesto dello spettatore e può raggiungere una delle sedici strutturazioni (posizioni reciproche programmate), che corrispondono ad altrettante configurazioni possibili dello spazio.

La stroboscopia è un tratto caratteristico anche di gran parte della produzione del collettivo MID, declinata in sistemi visivi basati su una iper-programmazione, sia del funzionamento dell’opera che del momento di fruizione.

Mentre nel Gruppo T la 'programmabilità' dell'opera è generalmente risolta in un equilibrio costante tra previsione e caso, MID mira all’esclusione del secondo

termine, elabora e campiona una serie di fenomeni percettivi isolati, studiati nel dettaglio, trasformati in fenomeno e quindi verificati attraverso le opere. Rafforzano il rapporto tra arte, scienza e tecnologia e, in questa prospettiva, indagano fin dall’inizio della loro produzione le possibilità offerte dalla luce stroboscopica, assunta nella pratica estetica come modalità di comporre e analizzare la luce, fenomeno complesso e protagonista assoluto dei loro lavori. Il fenomeno e i suoi effetti vengono scoperti lavorando su oggetti a movimento circolare e osservando che la percezione di tale movimento è condizionata dalle qualità della luce:

Immaginiamo di guardare un cilindro sul quale è stato impresso un segno nero. Il cilindro ruota alla velocità di un giro al secondo ed è illuminato da una fonte luminosa che emette un lampo al secondo. In questa condizione il cilindro appare fermo, in quanto, il segno nero si presenta davanti ai nostri occhi sincronicamente al lampo luminoso. Se la velocità di rotazione è superiore, in concomitanza del lampo di luce, il segno si troverà un po' più avanti e il cilindro sembrerà muoversi in avanti.86

A differenza di quanto avviene per il Gruppo T, nelle ricerche MID il riferimento all’estetica sperimentale non si limita ad un'influenza: essi intessono, infatti, uno stretto dialogo, spesso declinato in collaborazione con Paolo Bonaiuto, uno dei principali esponenti in Italia di questa corrente della psicologia sperimentale. La misurazione del gradimento dei contenuti e delle informazioni create e veicolate dall'opera, fulcro di molta parte dell'estetica sperimentale, accompagna come costante tutta la produzione del gruppo. Secondo MID l'esperienza stabilita all'interno del complesso sistema fenomenologico dell'opera, permette allo spettatore di assumere consapevolezza dei propri processi percettivi e cognitivi. Il film stroboscopico Battimenti,87 una delle loro Opere Schermiche,88 è utilizzato ad esempio da Bonaiuto come stimolo all'interno di test in laboratorio,

                                                                                                               

86 Barrese A., 2007, p. 37.

87 MID, Battimenti, 1966, 16 mm, b/n, 3’.

88 Si tratta di film astratti di breve durata, inizialmente realizzati come documentazione dei lavori cinetici del gruppo, divenuti in seguito film stroboscopici in sé.

dedicati alla percezione visiva.89 Internamente al gruppo tali lavori audiovisivi non sono considerati film sperimentali,90 quanto piuttosto pratiche di destrutturazione del linguaggio cinematografico.91 La stroboscopia è protagonista anche dei Generatori Stroboscopici (1966-67),92 oggetti meccanici manipolabili dal pubblico, che molto devono sia alla lezione di Munari nell'ambito del design, che creano differenti tipi di interazione tra pattern visivi e luce, finalizzati alla creazione dell'effetto stroboscopico. Un momento intermedio, non in senso cronologico ma concettuale, tra la dimensione di oggetto a quella di ambiente è rappresentato dalle Strutture, grandi impianti cinetici, a metà tra opera plastica e meccanica, illuminati da luce stroboscopica, realizzati dal 1964 al 1967.

Ci interessa molto la dimensione ambientale, il fatto che un’opera coinvolga l’intero spazio di una sala – la monumentalità, si potrebbe quasi dire. Vogliamo che il rapporto dello spettatore con le opere non sia puntuale ma spaziale, che non rimanga episodico e percettivamente limitato a una serie di oggetti con i quali in successione rapportarsi. Vogliamo che tra spettatore e opera il rapporto diventi complessivo, avvolgente, polisensoriale. Siamo attratti dall’idea di uno spazio vuoto e buio animato, dal suo centro, con un’opera straordinaria, stupefacente, tale da destare meraviglia per le sue dimensioni e per i suoi effetti… Insomma, delle vere e proprie installazioni ambientali.93

Pur non trattandosi di ambienti, i Generatori Stroboscopici, le Strutture e le Opere Schermiche, sono considerati da MID opere con ‘attitudine’ ambientale,

                                                                                                               

89 Bonaiuto P., Gruppo Mid Film 1,2,3/1966, in Gruppo MID, catalogo della mostra, Centro di filmologia e cinema sperimentale, Napoli, dicembre 1966.

90 Nel cinema sperimentale e undergound Barrese riscontra eccessiva artigianalità, bassa qualità formale e tecnologica. I film di MID mirano invece all'alta qualità, girando solo con apparecchiature professionali e con costi di produzione talvolta elevati. Anche per queste ragioni i film sono spesso realizzati in copia unica.

91 In occasione di un convegno di neuroscienze a Zurigo viene anche presentato in versione ambientale, proiettando sincronicamente due copie della pellicola su due pareti contrapposte, Barrese A., 2007, p. 85.

92 Generatori Stroboscopici a luce interna (Birullo, Cilindrone, Led e Generatore Stronoscopico da terra): Oggetti illuminati da una fonte stroboscopica posta all'interno. Le immagini generate possono essere modificate dal fruitore tramite interruttori, e si può intervenire anche sulla velocità di rotazione. Luce Ambientale (Monorullo, Girondella, trottola): oggetto la cui attivazione dipende dalla presenza di luce dall'ambiente e della velocità di rotazione scelta dal fruitore. Luce Monitor TV (Scacciapensieri): disco ottico controllato dal fruitore da apporre allo schermo televisivo. Il pattern visivo del disco interferisce con la pulsazione del monitor.

in quanto presuppongono una dimensione spaziale da manipolare, fungono da punto di emanazione di una serie di effetti e reazioni che agiscono riconfigurando l'intero spazio circostante. Ciononostante, il loro lavoro segna un’effettiva coincidenza tra opera e spazio è Ambiente Stroboscopico programmato e

sonorizzato94, ospitato nel 1966 nella Sala Espressioni95 della Ideal Standard a

Milano e progettato in collaborazione con il compositore Pietro Grossi,96 tra i pionieri in Italia della musica elettronica di ricerca. Rispetto alle opere del Gruppo T, di poco precedenti o contemporanee, MID agisce sull'attivazione dell'ambiente non solo dal punto di vista visivo ma in senso sinestetico, cioè facendo interagire la luce stroboscopica con le composizioni sonore realizzate da Grossi. Il progetto si collega alle esperienze dell’Expanded Cinema e, allo stesso tempo, anticipa di diverse decine di anni, alcune delle applicazioni più recenti del flicker in opere audiovisive ambientali.