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2.3.2 | Per un paradigma condiviso tra performance e installazione

Nel campo della media art il concetto di liveness è generalmente fatto coincidere con fattori quali la presenza del performer e la produzione in real time del dato audiovisivo. La presenza del performer e la produzione a/v in tempo reale, sono senza dubbio funzionali a descrivere efficacemente gran parte dei lavori di matrice performativa legati all'estemporaneità e alle relazioni sopra descritte. Ciò che ci interessa discutere in questa sede è il fatto che queste condizioni dell’opera audiovisiva non possano rappresentare le uniche caratteristiche utili all’individuazione del carattere di liveness e che le opere di flicker al centro della ricerca, possano confutare la netta distinzione ricorrente tra pratiche real time e installative. Questa concezione, ampiamente diffusa negli studi attuali sulle pratiche audiovisive effimere, si rivela spesso insufficiente a descrivere la specificità e la complessità delle relazioni tra autore, opera e pubblico.105

Quello della liveness nelle pratiche artistiche contemporanee è un concetto estremamente sfaccettato e complesso, denso di paradossi che si nascondono sotto l'uso più diffuso e metabolizzato che viene fatto ti tale termine nella società medializzata occidentale. Molto del dibattito critico sul concetto di livenss proviene dal teatro e delle arti performative legate al corpo, al quale fanno spesso riferimento anche contributi più recenti interni all'ambito teorico della media art. Come sottolineato da Philip Auslander, in apertura del suo Liveness. Performance in a Mediatized Culture - tra i contributi di riferimento sulle questioni legate alla performatività – il concetto di liveness è spesso utilizzato in senso mistificatorio, associandolo alla 'magia' o 'energia' che si suppone venga ad instaurarsi tra performer e pubblico in un evento dal vivo, un’ipotetica comunanza stabilita tra l’autore e i partecipanti. Questo denota un retaggio del concetto di aura dell’oggetto artistico: l'evento 'reale' nasce in conseguenza, afferma Auslander, dei processi di mediatizzazione determinati dalle tecnologie di registrazione, ne è quasi un diretto prodotto. In tal senso la magia dell'hic et nunc della performance viene socialmente e storicamente prodotta a partire dalla sua antitesi e cioè l'evento

                                                                                                               

105 Cooke G., 2011, p. 9.

mediatizzato.106 L'enfasi posta quindi sulla presenza effettiva e fisica dell'autore, sembrerebbe essere più funzionale alla sua celebrazione che all’identificazione di caratteri e funzioni proprie dell’opera. A partire dagli anni ’50, dagli albori della medializzazione della società occidentale contemporanea, la dicotomia tra la verità della presenza e la sua forma ‘riprodotta’ dal medium ha emanato la propria influenza fino al contemporaneo, non solo internamente al physical theatre ma anche all’interno della media art, messa in crisi solo negli ultimi decenni, da analisi quali quella di Auslander, il cui contributo più rilevante sta proprio nell’aver ricostruito le radici dell’aura della presenza dell’autore in carne e ossa come conseguenza del ‘trauma’ culturale della medializzazione.

L’enfasi posta sull'epifania dell'evento in tempo reale, consumato e generato dall'autore dinnanzi al proprio pubblico, è infatti presente in molte analisi legate all’audiovisivo elettronico.107 Andrebbe, al contrario, posto in discussione il senso comune del concetto di liveness ed indagare la stratificazione di significati e fuorvianti. Si tratta di un termine tutt'altro che neutro e che spesso veicola a priori attribuzioni di valore e di veridicità a svantaggio di pratiche mediate, tacciate di una mancanza, quella dell'autore, e con essa di un senso di veridicità nelle opere.108 Auslander esclude in modo forse troppo radicale il valore della presenza e interazione che viene a crearsi tra artista e pubblico. Pur non condividendo a pieno questo presupposto – come detto, non mancano gli esempi nei quali viene ad instaurarsi una diretta relazione tra artista e pubblico come uno dei cardini imprescindibili dell'opera - si registrano al tempo stesso un gran numero di lavori nei quali questa relazione è di influenza del tutto marginale o nei quali il lavoro stabilisce una dimensione totalmente introflessa nel corpo e nella percezione del singolo fruitore, tanto da rendere la presenza effettiva dell'autore elemento totalmente a margine.

L'accezione più comune di presenza nelle performance dal vivo descrive la prossimità temporale e spaziale tra performer e audience, una condizione che Peter

                                                                                                               

106 L'autore riprende il concetto di mediatized da Jean Baudrillard, intendendo con questo termine il processo rispetto al quale ogni specifico oggetto culturale è il prodotto di una tecnologia particolare o di un mass medium specifico, in Auslander P., 2008, p. 5.

107 Ibid., p. 15. 108 Ibid., p. 63.

Lehmann definisce co-presenza.109 I media digitali hanno messo in crisi questo presupposto, subordinando la presenza al grado di partecipazione piuttosto che alla condivisione di uno spazio fisico o temporale, focalizzando quindi l’attenzione sulle condizioni e i meccanismi di interazione tra opera e pubblico piuttosto che tra autore e dato audiovisivo.110 Un cambiamento rispetto al quale un ruolo determinate è giocato della natura medializzata dell’opera.111Le tecnologie elettroniche, infatti, modificando i modi di produzione e spazializzazione rompono l’unità tra corpo dell'autore e sorgente del suono: prima delle tecnologie elettroniche la sorgente sonora coincide con il corpo del musicista che, ‘incorporando’ lo strumento suonato, è emanazione localizzata dell'immaterialità sonora. L'affermarsi delle tecnologie elettroniche scompone questo connubio e de-sogettivizza l'autore dalla funzione di fulcro incarnato della sorgente acustica. Un processo non dissimile si verifica anche nella storia delle pratiche audiovisive di flicker, ad esempio confrontando la centralità del gesto fisico del performer sulla materia filmica del live cinema strutturalista con l'assenza di un corpo/autore negli ambienti digitali.

Sottraendo la presenza fisica dell'artista come punto di emissione del dato audiovisivo, i confini tra performance e installazione tendono a sfumare. In entrambi i casi, la liveness, l'unicità del momento e l'irripetibilità sono rintracciabili, piuttosto, rispetto alle potenziali relazioni tra corpo audiovisivo e corpo del fruitore. D’altro canto, spesso le opere installative in oggetto, aderiscono ad una serie di caratteristiche proprie, individuate da Claire Bishop nel saggio citato nel primo paragrafo, che contribuiscono a delineare una continuità con i progetti performativi: concepite o rielaborate in funzione degli spazi sempre diversi che, di volta in volta, le ospitano, sono rielaborate costantemente, in rapporto sempre dialettico con l'ambiente, inteso come spazio architettonico ma anche come campo nel quale intervengono altre condizioni esogene, fattori variabili che ne condizionano la ri-progettazione site specific di alcune componenti.112

                                                                                                               

109 Lehmann H.T., 2006, 141-142

110 Fewster R., Modes of Experience: Precence, in Bay-Cheng S., Kattenbelt C., Lavender A., Nelson R., 2011, p. 47.

111 Croft J., 2007. 112 Bishop C., 2005, p. 10.

Infine, un aspetto di carattere mediale, accomuna di frequente performance e installazione: in particolare nei lavori digitali, molti sono i casi in cui il dato sonoro e visivo vengono generati in tempo reale grazie all'impiego di software o sistemi generativi che s’interpongono come elemento intermedio tra la progettazione dell'artista e il momento della creazione.

Allo stesso tempo, troviamo progetti performativi nei quali la natura particolare dei dispositivi impiegati non scinde, al contrario rinforza, il legame tra performer e dato audiovisivo, nelle quali l'intervento diretto dell'autore e la sua presenza attivano processi di senso nell'opera: è questo il caso di alcuni lavori performativi anche recenti che includono il mezzo cinematografico, quelli di Bruce McClure nei quali l'azione fisica dell'autore, consumata di fronte al pubblico, attiva processi di costante trasformazione dal sonoro al visivo e vice versa o, in modo simile ma rielaborato dal dispositivo elettronico, il live di sintesi ottica Megatsunami di otolab.

CAPITOLO 3

Il flicker nell’audiovisivo espanso contemporaneo