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3.2 | Micro-strutture temporali nello spazio

Malgrado i percorsi dell'audiovisivo espanso permettano di rintracciare l'origine delle relazioni tra immagine in movimento, suono e ambiente risalendo la storia delle arti fino almeno alla fine dell'Ottocento, nel corso degli ultimi vent'anni il rapporto tra audiovisivo e ambiente, nelle opere di media art, ha ricevuto uno sviluppo e una proliferazione senza precedenti, grazie anche alla diffusione di nuovi e più complessi apparati tecnologici. Allo stesso tempo, il segno della continuità con le esperienze del passato resta profondo e radicato, per quanto spesso inconsapevole, nelle ricerche contemporanee e nell'ampia proliferazione di ambienti estetici immersivi. In particolare, alcune esperienze degli anni Cinquanta e Sessanta sembrano aver inoculato nei percorsi dell'arte esempi di una poetica ambientale sbocciata solo di recente.

Ricorre, nelle esperienze contemporanee, la tendenza a concepire il flicker come corrispettivo visivo, non necessariamente sincronico, di una materia sonora composta di micro elementi temporali. Una texture frutto di un processo di scomposizione e ricomposizione dell'opera nell'ambiente, inteso non come contenitore di questo processo, spazio architettonico, bensì organismo generato, in modo instabile e affatto definitivo, dal moto di aggregazione e dispersione istantanea delle molecole temporali di luce e suono. Il concetto di spazio e le conseguenti gamme esperienziali e percettive, più o meno immersive, sono riconfigurate a partire da questo processo applicato alla luce e al suono attraverso dispositivi elettronici, più spesso digitali. Nella formulazione di una continuità tra luce e suono stabilita a partire dalla loro natura particellare, le opere immersive realizzano la messa in atto di quelli che abbiamo chiamato, riprendendo la definizione di Fred Forest, sistemi invisibili, campi di forze impalpabili che

permettono l’esperienza di una dimensione celata ma presente in matrice nel reale. Una proprietà delle opere connessa indissolubilmente dalla loro natura elettrificata, in quanto è carattere proprio dei media elettronici il mettere in forma la fisica immateriale ed energetica della materia e porla in contatto con il soggetto sul piano fenomenico dell’esperienza.20

Un riferimento storico per la concezione particellare e invisibile del dato audiovisivo può essere fatta risalire ad una delle opere pionieristiche di audiovisivo espanso, il ben noto Philips Pavillon, frutto della collaborazione tra Le Courbusier, Iannis Xenakis ed Edgar Varése e realizzato in occasione dell'Expo del 1958 a Bruxelles.21 Il design della struttura è concepito come un gigantesco dispositivo audiovisivo finalizzato ad articolare, in termini di spazio e fruizione, il Poème Électronique di Varése e il Bohore di Iannis Xenakis, le due composizioni ideate e scritte per l’occasione dai rispetti autori, pionieri della musica elettroacustica e dei successivi sviluppi della musica elettronica di ricerca. Guardando alla concezione della materia sonora e alla sua relazione con la struttura spaziale del padiglione, emergono tratti comuni a molti ambienti di flicker attuali. Una continuità che parte dagli ambiti della sperimentazione sonora e s’innesta nel più ampio e meticcio panorama della media art audiovisiva che, tratto anche questo più volte ricordato, mutua spesso dal campo musicale modi performativi, prassi esperienziali e approcci al dispositivo tecnologico.

Nel padiglione, Xenakis e Varése anticipano di diverse decine di anni una concezione della materia sonora e della sua espansione nello spazio - accompagnata a luci e immagini - che giunge ad una piena espressione solo con l'affermarsi dei sistemi di sintesi digitale. Nelle loro ricerche visionarie, il suono è, infatti, costituito da micro strutture indipendenti e particellari:

Nei miei lavori il ritmo proviene dall’interazione simultanea di elementi discreti e calcolati matematicamente ma irregolari, accelerati. Questo corrisponde quasi alla

                                                                                                               

20 Forest F., 2006, p. 35.

definizione di ritmo in fisica o in filosofia, come successione di stati alternati e opposti o correlati.22

Nelle opere di flicker contemporanee, questa tradizione di ricerca e il modello di infrapercezione tipico del suono, si contamina con le esperienza sull'uso della luce nel cinema, nelle arti visive o nell'immagine elettronica,23 dando vita ad ambienti visivo-sonori contemporanei nei quali la luce stroboscopica o il flicker della proiezione sono corrispondenti diretti di una texture sonora parcellizzata. La complessità del dato audiovisivo è ottenuta, infatti, a partire da un processo di dissezione della continuità di suono e immagine (o luce) in molecole di tempo infinitesimali. L’invisibilità delle molecole non equivale alla loro smaterializzazione, nel senso di una loro non corrispondenza nell’ordine fisico e fenomenico delle cose: al contrario, il flusso sono-luminoso che si compone, spesso in tempo reale, nel momento dell'opera, corrisponde all'integrazione di una materia dotata di proprietà incarnate e incarnanti, in grado di stimolare una risposta diretta nel corpo e nel sensorim del fruitore, attraversandolo in forma di onde. Allo stesso tempo, la composizione granulare del flusso viene costantemente svelata, attraverso un processo di disgregazione e ricomposizione di strutture ritmiche complesse, che si insinuano nella dimensione ambientale, intesa come ecosistema invisibile in costante oscillare tra aggregazione ed espansione.

Il catalizzatore di questa relazione è ancora una volta il corpo, inteso non solo in senso anatomico, ma come sistema percettivo adattivo. Il corpo immerso stabilisce necessariamente una relazione dinamica con l'opera-ambiente, riconfigurando la morfologia della proprie strutture percettive in relazione al processo di costante divenire dello spazio audiovisivo. Se al suono e alla visione è sottratto lo statuto di forma unitaria a favore di una dimensione diffusa e molecolare, ad essi corrispondono un corpo ed un sistema percettivo parimenti complessi e disseminati che, a partire da questa qualità espansa, determinano il ‘farsi spazio’ dell’opera, come descritto da Enrico Pitozzi:

                                                                                                               

22 “In my own works rhythm derives form the simultaneous interplay of unrelated elements and calculated, but not regular, time-lapses. This corresponds more nearly to the definition of rhythm in physics and philosophy as a succession of alternate and opposite or correlate states.” Inannis Xenakins in Trieb M., 1996, p. 6. (mia traduzione).

Il corpo [...] che ne deriva è allora qualcosa che emerge dal corpo reale, ma non è un doppio del corpo, bensì una sua manifestazione, una nuova organizzazione sensoriale della percezione sviluppata a partire da una integrazione di carattere tecnologico. La tecnologia diventa, in questo lavoro, una modalità per interrogare le potenzialità del corpo, per sviluppare una sorta d’approfondimento percettivo della conoscenza corporea al fine di poter agire su di essa in modo da modificarne costantemente la partitura di movimento (e la sua declinazione sonora). É evidente che, in questo caso, siamo al di là di un utilizzo puramente strumentale della tecnologia. Quest’ultima diventa invece una modalità per indagare il corpo ed espanderne le potenzialità.24

Alla disarticolazione del suono e dell'immagine in strutture indipendenti di tempo diffuse nello spazio, corrispondono una sensorialità e un'esperienza altrettanto discontinue, disseminate. Le due opere portate ad esempio di questa tendenza, rispecchiano due diverse modalità di declinare il concetto di corpo e percezione in relazione ad un'ambiente che è emanazione del corpo stesso e della sua relazione con l'audiovisivo.

Il primo, NoiseGate-M6 (1998), del duo Granular Synthesis, è caratterizzato dalla costante oscillazione tra la traccia del corpo e la sua distruzione in elementi particellari. Questo processo pone il fruitore al centro di una struttura instabile, in bilico tra il tentativo di rispecchiamento con il corpo audiovisivo disgregato e il coinvolgimento nell'opera come puro dispositivo percettivo ed esperienziale, dal quale è sottratta qualsiasi forma o rappresentazione.

Il secondo esempio è costituito dall'opera filmachine (2006), installazione realizzata dal compositore Keiichiro Shibuya, in collaborazione con lo studioso Takashi Ikegami. Monumentale dispositivo sonoro, il lavoro è un ambiente percettivo totalmente astratto e prevalentemente musicale; in realtà, esso rivela un'imprevista capacità evocativa e immaginativa. Quasi all'inverso di quanto accade nel lavoro dei Granular Synthesis, nel quale l'ipercinesi della forma svela la sua natura molecolare, filmachine aggrega caoticamente microstrutture di quanta

                                                                                                               

24 Pitozzi E., 2011.

sono-luminosi senza alcuna tensione alla rappresentazione. Ciononostante il momento dell'esperienza determina la comparsa di memorie, oggetti e situazioni sonore, genera fenomeni immaginifici, rimandi sensoriali e traduzioni dal suono alla forma visiva di natura sinestetica.

3.2.1| Granular Synthesis: NoiseGate-M6 (1998)

Il lavoro del duo austriaco Granular Synthesis, attivo tra il 1991 e il 2003 e composto da Kurt Hentschläger e Ulf Langheinrich, è considerato un riferimento per molto audiovisivo espanso contemporaneo. La loro pratica artistica si basa su variazioni di tempo visivo e sonoro infinitesimali, all'interno di opere ambientali che, nell'arco della loro carriera, si sono evolute progressivamente in senso sempre più avvolgente e monumentale.25

Le loro creazioni stabiliscono, per la maggior parte, un'oscillazione tra dimensioni macro – l'ambiente - e micro – nel processo di analisi della materia sonora e visiva digitale. Delineano campi percettivi entro i quali il fruitore è coinvolto nel processo di costante frammentazione e ricomposizione, mentre sperimenta in modo diretto, in quanto incarnato, la natura instabile del flusso a/v. La sintesi granulare, cui si riferisce il nome Granular Synthesis, è alla base delle micro strutture caratteristiche della loro pratica audiovisiva. Si tratta di una tecnica di elaborazione digitale utilizzata comunemente per processare samples di suoni preesistenti, in modo da ricavare sequenze di micro campioni (grains) da ricomporre secondo un flusso nuovo:

Il grain è un’unità di energia sonica posseduta da ogni tipologia di forma d’onda e con una durata caratteristica di pochi millisecondi, molto vicina alla soglia dell’udito umano. Il controllo continuo di questi piccoli eventi sonici (che sono percepiti insieme

                                                                                                               

25 Vengono qui fornite delle coordinate generali sul lavoro dei due artisti e sui principali aspetti della loro poetica che verranno affrontati in maniera più estesa nel primo paragrafo del capitolo IV.

come una grande massa sonora) dà alla sintesi granulare potenza e flessibilità. La durata tipica di un grain è all’incirca tra i 5 e 100 millisecondi.26

In tutta la loro produzione i Granular Synthesis estendono questo costante processo di parcellizzazione e ri-aggregazione, oltre che al suono, all'immagine video, lavorando per microstrutture temporali, corrispondenti a granuli di pochi millisecondi d’immagine in movimento. Partono da samples video e ne vivisezionano il contenuto in campioni millimetrici di tempo, per ricomporre le particelle elementari così ottenute in un unico flusso, attraverso un sistema di sequenze di flicker rapido e di precisione chirurgica. Questo processo definito dal duo re-synthesis, viene reiterato dal software nel momento dell'opera, sia nei lavori in real time che nelle installazioni. A questo, scopo il gruppo mette a punto, negli anni, una gamma di strumenti software e hardware tra i quali il più noto è il VARP 9, sviluppato tra il 1997 e il 1999, in collaborazione con Dirk Langheinrich. Il flicker è quindi il metodo temporale attraverso il quale gli artisti svelano quanto avvenuto nel lavorìo sulla materia audiovisiva, rivelatore della metamorfosi attuata attraverso l'uso del software. Il risultato è uno streaming di suoni e immagini in cui la texture del movimento intermittente rivela il pulviscolo di tempo audio e video sottostante. La grana del flicker è infinitesimale, al punto da non presentare cesure: la pulsazione è modulabile in tempo reale e permette una plasmabilità tattile tale da poter parlare di flicker espanso, accelerato, frattalico.27 I loro progetti, quindici tra installazioni e performance, prodotte dal 1991 al 2003, anno dello scioglimento del duo, possono essere idealmente suddivisi in due fasi.28 Una prima, dal 1991 al 1998 circa, caratterizzata dalla centralità della figura del corpo umano e dalle trasformazioni applicate dal dispositivo tecnologico su alcune sue funzioni quali, principalmente, movimento, gesto, voce. Il duo applica la tecnica di re-synthesis alla rielaborazione cinetico-temporale, concentrandosi in particolare su visi ed

                                                                                                               

26 “The grain is a unit of sonic energy possessing any waveform, and with a typical duration of a few milliseconds, near the threshold of human hearing. It is the continuous control of these small sonic events (which are discerned as one large sonic mass) that gives granular synthesis its power and flexibility. The typical duration of a grain is somewhere between 5 and 100 milliseconds.” Kuehnel E., 2003 cit. in Deisl H., 2006.

27 E. Schweeger, 2001. 28 Deisl H., 2006.

espressioni facciali o su altre parti isolate di anatomie in movimento. La seconda, tra la fine degli anni Novanta e lo scioglimento del gruppo, segnata da una progressiva perdita iconica: l'occhio è privato di forme a favore di un predominio di ritmi luminosi astratti e spazializzati. Si tratta di ambienti stroboscopici sonori e visivi, resi puri momenti esperienziali, privi di qualsiasi appiglio significante. Anche in questa fase, lo streaming audiovisivo conserva la sua natura granulare e la composizione in sequenze millimetriche.

Per quanto riguarda la progettazione spaziale e gli allestimenti, per la maggior parte site specific, nella prima fase troviamo la prevalenza di schermi multipli posti frontalmente, che moltiplicano la stessa fonte a/v in più proiezioni disposta in polittici. Nella seconda, la proiezione multipla assume una scala sempre più architettonica o di video wall avvolgenti intorno al pubblico e la fonte visiva viene a sua volta parcellizzata in senso immersivo.

Le due fasi non sono segnate da alcuna netta cesura, ma il passaggio può essere identificato con alcuni lavori liminali, quali NoiseGate-M6 e POL, entrambi datati 1998, due momenti dell'opera di Granular Synthesis di particolare interesse, proprio in virtù del loro carattere transitorio. In essi trovano espressione le trasformazioni in atto nella pratica dell'opera e dei suoi elementi, evidenziando una continuità concettuale, processuale e metodologica, in particolare rispetto al tema del corpo, tra la prima e la seconda fase della loro carriera. Il corpo è il campo entro il quale si gioca la mutazione dal trattamento audiovisivo, nel senso della sola manipolazione temporale, verso un sistema-opera che, alla compressione del tempo, fa corrispondere una dilatazione dello spazio e dell'esperienza.

NoiseGate-M6 (1998) rappresenta l'incipit di questa nuova direzione, ma anche l'occasione per riconnettere e dare nuova forma ad alcuni progetti precedenti, rispetto ai quali il progetto marca una discendenza diretta. Il suffisso 'M6' sta, infatti, per 'Modell 6', ad esplicitare, fin dal titolo, la filiazione da altre opere identificate come 'modelli', a momenti precedenti della ricerca di Granular Synthesis caratterizzati dal corpo, quali: Modell 3 (1992-93), Modell 5 (1994-96) e Modell X/Sweet Heart (1996), realizzati in collaborazione con performer e danzatori.

NoiseGate-M6 è un'installazione immersiva mutischemo, più volte progettata e allestita in differenti versioni site specific, a partire dal 1998 e per i successivi tre anni,29 costituita da sei canali video, corrispondenti ad altrettanti schermi e 24 canali audio spazializzati, distribuiti su entrambi i lati di un ampio spazio buio, percorribile liberamente dal pubblico. Entrambe le tipologie di fonti sono controllate via software, quindi il flusso di suoni e immagini e la loro processazione avviene in real time.

Ciascuno schermo rappresenta un atomo audiovisivo, contenente una diversa elaborazione, in termini di tempo e delle sue conseguenze spaziali, dello stesso sample video. La moltiplicazione seriale nello spazio, porta la dimensione del corpo oltre lo schermo, a formare un ambiente dotato di ritmi frattalici, rispetto ai quali il fruitore è invitato, tramite il libero navigare nello spazio installativo, a cercare di costruire percettivamente più relazioni dinamiche.

La continuità ideale del 'modello 6' con i precedenti lavori è leggibile anche a partire dal materiale utilizzato: il video mostra infatti alcune riprese in primo piano del performer Michael Krammer, già protagonista del live Modell 3, uno dei primi lavori del duo. A partire da questo riferimento NoiseGate-M6 si costituisce come una struttura temporale e spaziale molto più complessa: mentre in Modell 3 l’inquadratura rispetta la frontalità bidimensionale della proiezione su 4 schermi e la frammentazione del movimento si manifesta in una millimetrica scansione delle espressioni facciali di Krammer, nel caso di NoiseGate la testa del performer assume la solidità di una presenza scultorea e il movimento è modulato, con maggiore tridimensionalità, in uno spazio di ripresa che è già ambiente.30

                                                                                                               

29 Originariamenre prodotta dal MAK – Österreichisches Museum für angewandte Kunst di Vienna, in collaborazione con altre sei istituzioni culturali europee: Marstall - Bayerisches Staatsschauspiel di Monaco, Germania; Créteil Maison des Arts / Le Manège Scène Nationale de Maubeuge, Francia; Hull Time Based Arts di Hull, Inghilterra; Muziekcentrum De Ijsbreker di Amsterdam, Olanda; Kunstverein di Hannover, Germania.

30 Questo effetto è ottenuto tramite un particolare dispositivo di ripresa messo a punto dai due artisti per filmare Krammer: è costituito da una struttura con una seduta, inclinata all'indietro, posta di fronte alla macchina da presa e posizionata su un carrello. Seduto sulla struttura Krammer governa l'intero movimento a partire dalla testa, lasciando il resto del corpo immobile, imprigionato in una imbragatura ancorata alla sedia, fatta eccezione dei piedi che, spingendo sul carrello determinano lo scorrimento della sedia orizzontalmente o in profondità rispetto alla camera. Lo spazio di ripresa è delimitato da un box fotografico attorno alla sua testa: è questo lo spazio tridimensionale nel quale K. sviluppa una serie di movimenti, grazie all'inclinazione della sedia, molto più ampi di quelli concessi

Inoltre, la fonte viene ulteriormente processata con l'aggiunta di un secondo livello ritmico: infatti, a differenza dei lavori precedenti di Granular Synthesis, nei quali il processo attuato dal software si concentra principalmente sul movimento del corpo, in questo caso viene sovrapposto all'immagine un secondo strato pulsante bidimensionale, che anticipa le caratteristiche dei successivi lavori astratti. Questa seconda membrana di flicker è una superficie di proiezione vibrante, di diverse tonalità monocrome, modulata con intensità luminosa e frequenza diverse. In questo modo, ciascun modulo di proiezione assume una sua consistenza materica e un proprio tempo indipendente dalla parte iconica. Viene orchestrato un complesso sistema di relazioni. Un primo livello è interno alla singola proiezione, tra micro-ritmiche motorie del corpo e pulsazione dello schermo, con conseguenze spaziali, sempre interne al frame, oltre che temporali, rappresentate da oscillazioni costanti tra profondità dell'immagine iconica e bidimensionalità, a seconda anche della potenza luminosa del flicker di superficie; un secondo ha luogo fuori dalla proiezione, tra la superficie pulsante di ciascuno schermo e il fruitore che si muove nell'ambiente, invaso dalla materia astratta di sola luce degli schermi stessi. Ciò genera un forte impatto immersivo grazie alla dinamica di contrappunto tra evoluzioni ritmiche diverse. In modo simile a quanto sperimentato da Paul Sharits nelle sue installazioni multischermo, i Granualar Synthesis progettano una relazione potenziale tra monadi di tempo indipendenti che il pubblico è chiamato a costruire percettivamente esperendo l'opera. A differenza di Sharits però, in questo caso la composizione va attuata in uno spazio che non è linearità bidimensionale della multiproiezione, bensì tridimensionalità di un ambiente su scala architettonica.

L'esperienza dell’installazione è quindi modulata cercando un proprio percorso percettivo in questo sistema di relazioni potenziali, giocato sul doppio livello di micro elementi temporali ridistribuiti in uno spazio monumentale. A questo, si aggiunge un secondo livello di esperienza, determinato dal contenuto del video. L'ambiente di NoiseGate-M6 non è, infatti, unicamente un dispositivo percettivo audiovisivo astratto, come saranno le opere successive del duo, ma

                                                                                                                                                                                                                                                                                         

da una posizione perfettamente verticale. Cfr making of NoiseGate-M6 in Granular Synthesis, ZKM, DVD, 2004.

conserva la presenza del corpo espresso nella sua fisionomia e il processo di disgregazione e riaggregazione che caratterizza tutta l'opera precedente del duo.

Mettendo in scena quella che Tod Sherman definisce una 'zona astratta di percezione', i Granular Synthesis instillano in essa un livello figurale legato all'anatomia e al corpo, in bilico tra la sua natura umana di carne e movimento e la traccia del suo processo di astrazione attuato ricorsivamente dal software.

L'immersione nell'ambiente è guidata dalla costante oscillazione tra astrazione e riconoscimento del corpo nella sua integrità, un limbo nel quale il sistema percettivo organico cerca invano di attuare un processo di rispecchiamento, di ri-trovarsi in una forma umana che è in balìa di un loop di incessante trasformazione.31

Ciascun fruitore è lasciato a sé stesso, dentro un ambiente audiovisivo verso il quale è impossibile non attivare un'identificazione: il viso moltiplicato e scosso da costante convulsione interroga il fruitore, lo scruta attraverso la sua residua parvenza di individuo. Si rintraccia l'apparenza di un volto ma non c'è espressione, non c'è empatia, si riconosce un'aura di corpo ma al tempo stesso si