ZEE
Alla fine degli anni Novanta, durante la messa a punto del software Vcode9, Kurt Hentschläger fa esperienza diretta del particolare effetto di morfogenesi prodotto dal flicker e di come possa essere potenziato inserendo tra i samples video microframmenti di puro bianco e nero. Per l’artista questa scoperta rappresenta un’epifania: realizza infatti, pur non avendo ancora alcuna nozione sulle radici fisiologiche di tale effetto, che la stroboscopia consente un’ontologia della visibile altra da quella oggettiva, realizzata a partire dai valori temporali della luce. Come visto, anche le ricerche di Granular Synthesis puntano sul potere morfopoietico del ritmo: il loro caratteristico trattamento microtemporale prevede, di fatto, proprio la trasmutazione dell’aspetto visivo dei samples in favore di flussi di nuove forme. Ciò che colpisce Hentschläger è però la possibilità di creare fantasmagorie di forme sottraendo elementi, riducendo la materia visiva a sola luce o non luce, trattamento di rado incluso nei lavori del duo.36
Allo stesso tempo l’effetto pulsante ricorda all’autore alcune tappe della sua formazione artistica, all’epoca in gran parte rimosse, come la visione di rassegne e proiezioni di cinema sperimentale. Allo stesso tempo, un’influenza menzionata più raramente è la frequentazione dei club e della nascente scena della techno music nord europea. Di questo contesto, al di là degli aspetti più strettamente legati al suono e al rituale collettivo, l’autore ricorda come significativa per la sua ricerca artistica, l’onnipresenza delle luci stroboscopiche che lo affascinano per la possibilità di trasfigurare repentinamente uno spazio conosciuto in una dimensione altra e imponderabile.
Un lavoro di Granular Synthesis che può essere considerato antesignano dei successivi due di Hentschlager al centro del case study è N, progetto di danza contemporanea nato dalla collaborazione con il coreografo e danzatore Angelin Preljocaj, nome di riferimento della nouvelle dance francese. Oltre ad ideare con questo autore l’intero impianto della performance, Ulf Langheinrich e Kurt
36 Ad eccezione della prima versione di POL presentata all’edizione 1998 dell’ISEA tenutosti a Liverpool e ad alcune rielaborazioni di AREAL.
Hentschläger realizzano rispettivamente le musiche e lo stage design, nel quale le evoluzioni dei danzatori sono poste in muto dialogo con quelle di avatar 3D.37 Il concept del progetto è la messa in scena del corpo sofferente, umiliato, torturato, che accoglie e denuncia forme di psicosi e autodistruzione. L’apice della violenza è reso nella sezione finale del lavoro, attraverso la presenza invasiva del flicker, il cui ritmo è scenografia immateriale e insieme partitura temporale a scandire il movimento dei danzatori. Il processo di progettazione in solo dei due autori, vera anomalia nella storia del modus operandi dei Granular Synthesis, si riflette nella struttura generale dello spettacolo: ciascun momento audiovisivo si configura come modulo distinto, c’è scarsa integrazione tra architetture sonore e ambiente video, le due componenti restano canali indipendenti ad interagire con i danzatori.38N è però un meme per le fasi successive della ricerca di Hentschläger: attraverso l’uso combinato di forme umane in 3D e stroboscopia, in un unico lavoro vengono anticipati i due principali cardini della sua ricerca degli anni successivi.39
La modulazione temporale della luce pura viene ‘celebrata’ dall’artista nelle due opere ambientali dal titolo FEED (2005) e ZEE (2008), rispettivamente performance e installazione. Dopo lo scioglimento del duo, Hentschläger inizia uno studio sulle proprietà visive della luce stroboscopica e sui meccanismi percettivi legati alla visione e all’orientamento nello spazio, procedendo ad uno sconfinamento disciplinare tra arte, scienza. L’artista scandaglia le radici fisiologiche dell’effetto della luce strobo, alternando momenti di sperimentazione in laboratorio, in cui egli stesso è soggetto dei propri esperimenti e durante i quali elabora e mette a punto anche allestimenti e strumenti, accanto a momenti di documentazione bibliografica e di confronto con ricercatori e neurofisiologi. Non aspira ad assimilare la sua prassi artistica a quella scientifica, quanto piuttosto ad avere una conoscenza di base dei processi che regolano l’esperienza della stroboscopia, sufficiente ad agire in profondità sulla percezione del fruitore,
37 Si tratta del primo e unico progetto per il quale lavorano separatamente, dato sintomatico dello scioglimento di lì a poco del duo.
38 Paci Dalò R., Pitozzi E., 2011. 39 Ibid.
costruire una propria grammatica sensoriale atta all’articolazione di modi dell’esperienza incentrati sulle relazione tra soggetto e spazio.
Un successivo stimolo ad approfondire gli aspetti fisiologici del fenomeno stroboscopico proviene da particolari conseguenze dell’esperienza di FEED e ZEE sui partecipanti: nel corso degli anni, infatti, alcune decine di persone hanno manifestato reazioni epilettiche durante la fruizione delle opere.40
Questi episodi sono dovuti ad un fenomeno descritto in neurofisiologia come PSE – Photosensitive Epilepsy, una delle forme più comuni di epilessia indotta da stimolo, o epilessia di riflesso. Tali reazioni sono causate da una particolare sensibilità di alcuni individui alle frequenze della luce pulsante e si manifestano in una sorta di cortocircuito elettrico nel cervello, che si propaga nel corpo in scariche nei muscoli, caratteristiche della crisi epilettica.41 Tali eventi hanno colpito profondamente l’autore, entrato spesso in dialogo con il proprio pubblico e influenzato i suoi studi sulla luce, stabilendo un processo di feedback tra momento dell'opera e ricerca artistica.42 Assistere al ripetersi di questi episodi ha modificato, inoltre, il punto di vista di Hentschläger sulla natura del coinvolgimento percettivo del flicker; al fatto cioè che i suoi effetti non siano limitati alla reazione sul piano cerebrale, ma che la carica elettrica e le frequenze che accomunano luce, suono, cervello coinvolgono anche il corpo, attraverso i muscoli, rivelando comune la matrice temporale dei meccanismi che regolano l’essere umano nel suo complesso e i ritmi provenienti dall’ambiente. La natura elettrica e la perdita di controllo cosciente di questa energia che ci attraversa è esperita comunemente anche in momenti di passaggio tra particolari stati mentali o psicofisici, come le scariche che percorrono il corpo nelle fasi del pre-sonno, momenti che precedono cioè la perdita di contatto con la dimensione di volontarietà cosciente. Opinione personale dell’autore è che le crisi manifestate dai
40 Il primo episodio è avvenuto nel 2006 a Parigi durante una performance di FEED, nell’ambito dell’Exit Festival e ha coinvolto una ragazza sedicenne.
41 Harding, G. F. A., Jeavons P. M.,1994.
42 L’autore è rimasto in contatto con alcune delle persone che hanno manifestato le crisi. Inoltre queste esperienze hanno convinto l’autore a modificare alcuni momenti della partitura luminosa: in particolare in FEED è stato ridotto radicalmente l’uso del flicker rosso, più efficace di altre cromie nell’attivazione delle crisi.
soggetti fotosensibili siano paragonabili a stati di trance indotta, fenomeni alla base di tutte le condizioni di estasi mistica delle principali religioni.
4.2.1 | FEED (2005)
La prima realizzazione di questo percorso di ricerca sulla luce è FEED, performance audiovisiva stroboscopica in real time, commissionata dal Festival Internazionale del Teatro di Venezia 2005.43 Accanto ad N, un secondo meme del progetto è rappresentato dell’ambiente video interattivo KARMA, protagonista della prima parte del live. Il dispositivo spaziale prevede uno spazio fedele alla codifica cinematografica ‘tradizionale,’ adattabile ai diversi ambienti che lo ospitano e nel quale il pubblico – in genere costituito da un centinaio di persone – è posto frontalmente ad uno schermo cinematografico. Tutt’intorno si articola la macchina ottico-sonora, composta da un impianto audio ad otto canali, ciascuno da 400 watt di potenza, e da un’architettura di luci, stroboscopiche e non, costituita da due sezioni indipendenti di strobo Atomic 3000, ciascuna formata da 5 lampade e sospese in senso longitudinale sulla platea, 5 unità cromatiche a tonalità variabile e 36 luci da palco a parabola. Il cuore del sistema luminoso è rappresentato da una doppia linea di strobo dal ‘comportamento’ temporale autonomo, variabile nel corso del live.44
La performance ha la durata di circa quaranta minuti e segue una struttura ben definita e articolata in due distinti quadri, con inizio e fine nettamente scanditi. Il primo è una proiezione, ottenuta a partire dall’ambiente generativo KARMA, della durata di venticinque minuti, caratterizzata, come nelle precedenti opere del ciclo, da forme umanoidi 3D e dal sistema di sintesi sonora generato dai corpi, inseriti nel vuoto antigravitazionale e nel movimento a sciame. Il secondo è
43 Commissionato dalla biennale di teatro e prodotto grazie al contributo della Cancelleria Federale del Governo Austriaco e il Dipartimento Cultura. Hanno collaborato alla realizzazione: Michael Ferraro (Scripting in Max e Unreal), Francisco Narago (Modellazione 3D), Claudia Hart e Friedrich Kirschner.
44 Esse determinano, infatti, una doppia struttura ritmica non sincronizzata che determina un primo livello di interferenza interno al dispositivo percettivo luminoso, a sua volta in rapporto di interferenza con i cicli ritmici del cervello di ciascun fruitore.
interamente giocato sulla pulsazione dell’apparato luminoso stroboscopico e da frequenze sonore spazializzate intorno alla platea.
Il pubblico entra in quella che appare come una sala di proiezione, perfettamente illuminata e con al centro file di posti a sedere. Il live ha inizio con lo spegnimento delle luci e con la lenta animazione dello schermo, che si popola di avatar. La danza inconsapevole dei corpi celebra ad un tempo la spersonalizzazione della loro forma umana e la preponderanza del vuoto, elemento non connaturato da alcuna altra caratteristica se non l’inversione delle consuetudini gravitazionali. Il suono, generato direttamente dal fluttuare di ogni singolo arto, tronco e testa senza volto, crea un effetto di perfetta sincronia audiovisiva. Il movimento procedurale del magma di corpi, dapprima lento e placido galleggiare, assume progressivamente la forma di pulsazione violenta che li disarticola e li percuote in convulsioni. Questa scarica elettrica rappresenta il climax della prima parte e l’introduzione a quella successiva.45 La soglia tra le due è segnata da qualche secondo di buio e silenzio, un black out, al termine del quale, la nebbia satura la sala nel suo complesso; lo spazio, visibile fino a poco prima, implode e si riassetta rapidamente come campitura assoluta di materia bianca, sottraendo di colpo qualsiasi spiraglio di visione prospettica o profondità. Si è consapevoli di trovarsi ancora in una sala, si conoscono i confini del proprio corpo, la vicinanza agli altri spettatori ma al tempo stesso una sottile inquietudine s’insinua, lentamente emerge il disagio di un paradossale scollamento tra ciò che sappiamo essere il luogo dato e l’esperienza che i nostri sensi e il nostro corpo ne rimandano. Questo gap è sufficiente a condurre in un altro livello attentivo, in un’attesa che è limpido e cristallino ascolto sensorio. Di lì a poco il bianco della materia prende ad essere percosso dalla luce stroboscopica, il cui effetto è amplificato dalla densità e la bianchezza del fumo. Sono azzerati i confini tra esterno e interno e la vista diventa un processo involontario: l’emersione delle
45 Al tempo stesso richiama Epilectic seizure comparizon (1976) di Paul Sharits,
film nel quale il filmmaker utilizza immagin da un film medico che documentano una crisi epilettica, per creare uno dei suoi più violenti film stroboscopici, rinunciando alla caratteristica presenza del colore per accrescere l’impatto ad un tempo emotivo e percettivo del film. L’intro di FEED richiama il film di Sharits per il comune impianto di rispecchiamento tra ciò che l’immagine presenta e la condizione percettiva vissuta dal fruitore, nel caso di Epilectic seizure comparizon o nel quale il fruitore sta per entrare, nel caso di FEED.
forme quasi allucinatorie è inevitabile e la chiusura delle palpebre non sottrae ma anzi amplifica la visione. Ciascun individuo coinvolto produce un proprio scenario, da forme geometriche a strutture più complesse, immagini realistiche, panorami o volti di persone conosciute. L’intensità delle visioni è direttamente connessa alla potenza delle luci e al costante riconfigurarsi di un duplice e simultaneo meccanismo di interferenza: tra le diverse frequenze delle linee di strobo, e, insieme, tra queste e le onde cerebrali di ciascun fruitore. Tratti ricorrenti sembrano rimandare ad una sorta di fenomenologia dell’iper-visione, quali ad esempio la mancanza di prospettiva e, quindi, l’impossibilità di definire in termini di distanza il confine tra il proprio occhio e l’’oggetto’ percepito, la potente vividezza dei colori, la limpidezza e la definizione dei contorni.
Gran parte della sequenza stroboscopica è improvvisata, variabile da un live all’altro, in un range di frequenze tra gli 8 e i 24 Hz circa.
Il suono, come nel primo blocco, è ottenuto attraverso un processo di sintesi ottica, in perfetta simbiosi con il ritmo palpitante della luce, e si sviluppa in strati di liquide particelle di droni che accompagnano l’epifania delle forme, processati in real time dall’autore. Questa rielaborazione, pur mantenendo la diretta discendenza del suono dal ritmo del flicker, consente ad Hentschläger di ampliare la gamma acustica dalla pura percussione, corrispondente al suono non filtrato, a strati acustici più atmosferici e diffusi.46
4.2.2 | ZEE (2008)
Il percorso di ricerca dell’autore sulla fenomenologia del flicker procede, qualche anno dopo, con l’installazione ZEE, progettata nel 2008 e presentata per la prima volta presso il Tiefenrausch, spazio sotterraneo dell’OK-Center di Linz.47
Partendo da elementi comuni al lavoro precedente e innestando, come vedremo, alcune significative variazioni, Hentschläger elabora una nuova