46 Paci Dalò R., Pitozzi E., 2011.
47 Comissionata da OK Center di Linz e dalla Wood Street Galleries di Pittsburgh, con il supporto del BMUKK, Ministero per l’Educazione, Arte e Cultura del governo austriaco. Hanno collaborato al progetto: Richard Castelli per Epidemic (management), Shane Mecklenburger (assistente di produzione), Alexander Boehmler (assistenza tecnica), Claudia Hart, Ray Harmon, Lotte Hentschläger, Murray Horne, Martin Sturm e Norbert Schweizer.
configurazione del dispositivo percettivo ed esperienziale giocato, anche in questo caso, sull’uso della triade di elementi formata da luci stroboscopiche, suono e fumo. Inizia a lavorare sul progetto in un laboratorio, allestito appositamente in un ex complesso industriale della periferia di Chicago, nel quale conduce lunghe sessioni di prova empirica con stream di luce e frequenze. Progetta un dispositivo ambientale molto più complesso del precedente che prevede la costruzione di uno ‘spazio nello spazio,’ adattabile alle diverse location:48 il vano d’ingresso è dotato di una doppia porta, per evitare dispersioni di fumo e contiene ai lati, due piccoli locali, non accessibili al pubblico - uno di regia, contenente sistemi di controllo e attrezzature, quali le due macchine del fumo, e uno di primo soccorso - ; un corridoio conduce il pubblico direttamente nell’effettivo spazio di fruizione, un parallelepipedo rettangolare composto da un’unica navata, completamente sigillato e sgombro da elementi architettonici, ad eccezione di due corde che fungono da appiglio e guidano il movimento del pubblico, che può seguire il percorso delineato o abbandonarle e addentrarsi nella zona centrale della sala.49 L’area non percorribile, oltre a costituire un passaggio d’emergenza, contiene le diverse apparecchiature sonore e luminose: al centro della parete diametralmente opposta all’entrata, è posizionata la fonte luminosa, costituita da una matrice di lampade stroboscopiche,50 quattro unità di variazione cromatica,51 dodici lampade da palco, divise in due colonne, che affiancano il set di luci stroboscopiche. Intorno, ciascuno dei quattro angoli contiene un altoparlante. Tale assetto generale rappresenta la struttura di massima dell’installazione, di volta in volta modificata, per adattarsi alle condizioni ambientali dello spazio ospitante e che negli anni ha
48 Inizialmente l’autore intendeva adattare l’installazione agli spazi ospitanti ma si è presto reso conto che le particolari condizioni ambientali prodotte dall’opera richiedono la costruzione di un ambiente apposito. Principalmente, lo spazio di ZEE deve essere perfettamente sigillata per evitare la dispersione del fumo, prodotto in elevate quantità e in grado di diffondersi in tutta l’area intorno alla location. Altri accorgimenti vanno apportati per garantire la sicurezza dei partecipanti: in particolare, la sala deve avere una pavimentazione o copertura in pannelli di Masonite, utili sia per assorbire l’umidità prodotta dal fumo (in questo caso l’autore utilizza una particolare nebbia, non fumo da discoteca, costituita da microparticelle di vapore in sospensione) e quindi la viscosità sia perché garantisce un superficie completamente piana e in grado di attutire eventuali cadute dei fruitori. 49 A seconda delle dimensioni dello spazio ospitante la navata ha lunghezze tra il 15 e i 20 metri. 50 Si tratta nello specifico di quattro MARTIN “Atomic 3000” da 220V. Le lampade sono montate in un box a vetrina dotato di un sistema di raffreddamento ad aria.
subito variazioni significative.52 Il gruppo di partecipanti, composto per ogni sessione da un massimo di cinque, è condotto all’interno da due guide che ne seguono e assistono il percorso e monitorano eventuali situazioni di disagio o malessere, controllando le condizioni di ogni fruitore singolarmente e più volte durante la sua permanenza.53
Varcata la soglia, ci si trova immersi in una spessa nebbia umida, senza alcun tipo di coordinata spaziale, fatta eccezione della corda, unico strumento di orientamento per un percorso del quale non si conoscono lunghezza né direzione. La materia lattea della nebbia è percorsa costantemente dai palpiti di luce e l’umidità del vapore in sospensione ammorbidisce la luminosità e al tempo stesso la riverbera intorno. Si naviga lentamente, al tatto un’architettura, di pura luce nella quale si dispiegano le visioni di consistenza olografica. Repentinamente, appena immerso nella nebbia stroboscopica, il gruppo cessa di esistere e ciascuno trova sé stesso isolato nella propria esperienza solipsistica. Di tanto in tanto, ci s’imbatte a rallentatore in qualche altro ‘compagno di viaggio,’ altre volte sembra d’intravedere visi che emergono nel fumo, ma l’identificazione resta sospesa nell’incapacità di distinguere la visione reale da quell’interna. Il suono, a differenza di FEED, presenta una struttura indipendente, non sincronizzata alla pulsazione luminosa, ma composto da un quieto sovrapporsi di suoni profondi e rarefatti, a formare un tappeto compatto di frequenze dal quale emergono lentissimi interventi di microsuoni riverberati, che non invadono il sensorium, ma guidano il soggetto nell’espansione. Mentre la luce è vibrazione intensa, pura struttura ritmica, il suono è un fluire di particelle atmosferiche. L’esperienza audiovisiva è quindi connaturata dalla netta differenza tra alienità della visione e naturalezza del suono, che
52 L’autore vorrebbe un giorno realizzare una mostra che possa raccogliere la rassegna completa delle diverse versioni.
53 Idealmente il monitoraggio andrebbe effettuato con almeno due videocamere a calore posizionate nella sala in modo da inquadrare il campo percorso dal pubblico. Questo tipo di camere permettono di visualizzare i corpi distintamente eludendo la nebbia. Si tratta però ancora di apparecchiature molto costose, impiegate in genere per scopi militari, e raramente sono state realmente utilizzate nell’allestimento dell’opera.
richiama la molteplicità di eventi di rumore bianco nei domini liquidi della natura.54
Intento di Hentschläger è, infatti, accompagnare con il suono il fluire del publbico, produrre un rallentamento fisico ed emotivo che consenta di meglio adattarsi al forte impatto prodotto dallo stimolo luminoso e dalla sottrazione dello spazio euclideo. Allo stesso tempo, l’assenza di sincronia tra palpitazione visiva e suono produce un maggior livello d’irrealtà durante la navigazione del landscape audiovisivo.
I due lavori si pongono come due momenti di un’unica ricerca di Kurt Hentschlager sulla stroboscopia e di sperimentazione sui temi individuati nel corso della ricerca, rispetto ai quali, come già sottolineato, FEED e ZEE si ritiene possano offrire una summa. Allo stesso modo presentano delle differenze che è necessario osservare perché rilevanti non solo sul piano oggettivo e strutturale dell’opera. Vedremo, infatti, come tali variazioni – nella struttura sia compositiva che nel setting dell’esperienza e quindi nei modi operativi dell’opera – offrano in forma di prassi estetica una riflessione propria dell’autore sulle questioni legate allo statuto di opera e di fruizione affrontate nel corso della ricerca.
Per quanto riguarda FEED, la struttura compositiva ha una durata definita e una netta divisione tra prima e seconda parte. Al proprio interno, ciascuno dei due moduli è generato dal vivo, con ampio margine d’improvvisazione, sia in termini luminosi che sonori, mantenendo inoltre come costante la stretta rispondenza tra le due componenti. Diversamente, la struttura di ZEE è una partitura sono-luminosa fissa e priva di evoluzione, nella quale luce e soundscape sonoro sono due poli non sincronici.55 Un secondo punto di eterogeneità riguarda l’allestimento: nel caso di FEED si tratta di un comune spazio di proiezione frontale adattato alle varie location e trasfigurato nel corso della performance,
54 Non si tratta di campioni né di field recording bensì di suono di sintesi in grado di evocare qualità naturale del suono, in particolare del white noise o rimore bianco, un suono denso di tutte le frequenze udibili, paragonabile a ciò che il colore bianco rappresenta dal punto di vista ottico. 55 Anche se, per quanto riguarda la frequenza del flicker, il surriscaldamento durante la giornata porta a delle variazioni temporali della pulsazione non prevedibili e non ovviabili, quindi la partitura luminosa subisce degli scarti nel ritmo stroboscopico.
mentre ZEE è uno spazio deputato, un dispositivo originale di per sé e molto più articolato del precedente. Differiscono anche i setting dell’esperienza di fruizione.
In FEED il pubblico entra in uno spazio ri-conoscibile in termini di protocolli di fruzione e conoscibile, dato che all’ingresso del pubblico la sala è vuota, sgombra di fumo e pienamente illuminata. Questa consapevolezza resta presente nel fruitore anche nel momento di maggiore profondità immersiva nella pulsazione di nebbia e luce, determinando, come vedremo, un minor livello di ‘emergenza’ percettiva e una maggiore stabilità. In ZEE, al contrario, il fruitore entra in un ambiente che è già spazio imploso, immediatamente catapultato nell’azzeramento di qualsiasi coscienza spaziale.
Inoltre, in questo secondo lavoro, è più forte la perdita di contatto con l’altro, lo smarrimento solipsistico nell’opera: per quanto in entrambi i casi si tratti di una dimensione introiettiva, il minor livello di indeterminatezza di FEED non riguarda unicamente la dimensione e la qualità dello spazio ma anche la posizione degli altri partecipanti intorno al singolo fruitore, in quanto durante tutta la durata della performance si resta consapevoli di essere parte di una platea. In ZEE, al contrario, non è possibile collocarsi idealmente e quindi commensurare il luogo nel quale si fa ingresso o, dopo pochi minuti, la posizione del resto del gruppo.56
La modulazione dell’esperienza differisce anche per quanto riguarda la posizione del fruitore e il suo movimento: nel primo lavoro il pubblico è seduto e immobile, mentre in ZEE può circolare nello spazio, sia seguendo il percorso della corda che lasciandosi andare al centro della navata. Anche in questo caso, con effetti dissimili in termini di equilibrio e stabilità, e quindi con dirette conseguenze di ordine emotivo. Una condizione comune per entrambi i setting è la presenza della guida da parte di personale incaricato. Non si tratta dell’artista né di addetti alla sicurezza ma di persone appositamente preparate per intervenire in caso di crisi epilettiche o malori. Questo introduce nella prassi di fruizione un elemento anomalo, rappresentato dal prendersi cura dei partecipanti, restituendo in parte identità soggettiva all’indistinzione del pubblico. Il fruitore viene posto in una condizione di disagio ma al tempo stesso è presente una rete relazionale diretta tra
56 Ad accrescere tale effetto c’è da aggiungere che in FEED il pubblico è composto da circa un centinaio di persone, mentre l’ingresso in ZEE è consentito a gruppi di 5 persone al massimo.
artista - o la sua emanazione rappresentata dalle guide - e ogni singolo partecipante: un’individualizzazione non programmata ma dettata da una risposta potenziale all’opera, espressa violentemente nel corpo di chi ne fa esperienza. Un prendersi cura che oltrepassa le condizioni di messa in sicurezza ma si fonda su quelle che potremmo definire forme di intuizione sensoriale tra guide e pubblico. 57