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L’inclusione finanziaria come fattore di sviluppo

1.3 L’integrazione finanziaria

1.3.2 L’inclusione finanziaria come fattore di sviluppo

L’inclusione finanziaria si definisce come l’insieme delle misure atte a favorire l’integrazione di soggetti generalmente trascurati dal settore finanziario a causa di una situazione di disagio sociale ed economico. Il significato intrinseco di tale espressione va ricercato all’interno del concetto più ampio di inclusione sociale, poiché l’obiettivo finale è rappresentato dall’inserimento di determinati individui che vivono in una situazione di emarginazione. Favorire l’inclusione finanziaria di soggetti economicamente e

 

socialmente svantaggiati risponde all’esigenza avvertita, tanto nei Paesi industrializzati quanto in quelli in via di sviluppo, di consentire l’accesso al credito anche a coloro che non sono in grado di fornire adeguate garanzie patrimoniali.

La concessione di piccoli prestiti ed il finanziamento a favore dell’avvio di microattività produttive consente anche di ridurre drasticamente il campo d’azione dell’usura.

La difficoltà nell’accedere o ad usufruire dei servizi e dei prodotti offerti dal settore finanziario tradizionale si riflette nell’incapacità di sostenere adeguatamente le normali attività di vita quotidiana, favorendo l’ampliamento delle fasce di povertà.

I soggetti esclusi dal circuito finanziario tradizionale generalmente possiedono redditi modesti, molte volte incerti ed irregolari, che non permettono di definire un livello di consumo standard e soprattutto non consentono di far fronte ad eventi inattesi.

La predisposizione e la creazione di adeguati canali di distribuzione dei prodotti finanziari rappresenta uno degli elementi chiave che favoriscono il raggiungimento dell’inclusione finanziaria. Allo scopo di garantire che il perseguimento di una maggiore efficienza non si ripercuota sulla fiducia degli utilizzatori, appare tuttavia fondamentale il raggiungimento di un equilibrio tra le esigenze di accesso e la verifica dell’efficacia per quanto riguarda l’affidabilità del circuito (Adamo, 2013).

La presenza di un mercato finanziario funzionante e ben sviluppato è essenziale per la crescita economica poiché consente di allocare in modo efficace ed efficiente le risorse a disposizione; inoltre, adeguate infrastrutture ed un contesto istituzionale di qualità facilitano lo scambio delle informazioni e concorrono alla riduzione dei costi di transazione. Contribuendo alla diminuzione delle situazioni di indigenza, l’inclusione finanziaria produce effetti benefici anche per quanto riguarda lo sviluppo economico, consentendo ad un numero maggiore di persone di sostenere la domanda aggregata, semplicemente attraverso l’aumento dei consumi.

La predisposizione di un sistema finanziario inclusivo permettere di raggiungere un livello di diseguaglianza più contenuto ed il consolidamento di un ambiente economico caratterizzato da una crescente dinamicità.

Merita di essere affrontato anche il tema riguardante l’accesso ai servizi finanziari da parte delle piccole imprese, a causa della loro importanza nel sostegno allo sviluppo economico. Specialmente nei Paesi poveri ed emergenti, il settore delle piccole e medie imprese sostiene in maniera consistente l’occupazione e fornisce un contributo sensibile

 

alla formazione del prodotto interno lordo. Le attività di modesta dimensione sono spesso quelle più dinamiche e che sviluppano soluzioni innovative, tuttavia presentano molte volte le maggiori difficoltà nell’accedere agevolmente a fonti esterne di finanziamento. Tali problematicità si manifestano indiscriminatamente in tutte le fasi di vita dell’attività, sia nel periodo iniziale di entrata nel mercato sia nella successiva fase di crescita, quando rappresenta un ostacolo allo sviluppo operativo e strutturale.

L’inclusione finanziaria promuove inoltre una maggiore indipendenza da vincoli proprietari di tipo familiare o derivanti dall’appartenenza a gruppi economici, favorendo l’aumento del grado di competitività all’interno dei diversi settori.

Gli aspetti riguardanti l’accesso al sistema finanziario sono stati molto spesso trascurati nelle analisi di settore a causa della mancanza di dati quantitativi e qualitativi omogenei in merito ai servizi offerti (Gomel et al,2011).

Le organizzazioni che rivestono un ruolo attivo nella promozione dell’inclusione finanziaria sono innumerevoli e sono rappresentate da autorità politiche, da determinati soggetti del settore finanziario, da enti non profit ed infine dalle istituzioni di microfinanza. Le autorità politiche promuovono interventi finalizzati al miglioramento delle condizioni economiche e sociali come ad esempio il sostegno dell’innovazione e della concorrenza sul mercato dei servizi finanziari, lo sviluppo di infrastrutture adeguate ed inoltre l’avvio di iniziative volte a diffondere l’educazione finanziaria.

Anche il mondo delle banche sta dimostrando negli ultimi anni una discreta sensibilizzazione nei confronti delle problematiche sociali e dei valori etici. All’interno del settore si possono quindi individuare istituti di credito che dedicano la loro attività all’impiego di risorse a favore di progetti socialmente ed eticamente responsabili.

Le organizzazioni non profit sostengono una serie di attività finalizzate all’integrazione di soggetti che, a causa delle loro condizioni sociali ed economiche, non sono in grado di accedere ai servizi finanziari di base. Le strutture organizzative di questi enti possono basarsi esclusivamente sull’impegno di soggetti volontari oppure configurarsi come imprese reali quali cooperative e fondazioni, allo scopo di fornire un valido supporto per l’inserimento nel mondo del lavoro o per promuovere l’educazione finanziaria.

Le istituzioni di microfinanza invece erogano prodotti e servizi di base ai soggetti che vengono esclusi dal settore formale con l’intenzione di migliorare le loro condizioni di vita e di favorire la creazione di imprese ed attività sostenibili; esse possono essere

 

costituite sotto forma di enti non profit, società cooperative, banche o intermediari finanziari non bancari.

Gli istituti di credito tradizionali si stanno muovendo nell’ottica di svolgere analisi dettagliate per quanto riguarda la comprensione delle caratteristiche sociali, economiche e finanziarie dei soggetti più deboli. Queste ricerche vengono effettuate al fine di determinare le variabili chiave che influenzano il lato della domanda per individuare le specifiche esigenze, ed il lato dell’offerta, per predisporre soluzioni che siano in grado di rispondere ai bisogni dei potenziali nuovi clienti.

La soluzione più semplice è rappresentata dalla creazione di servizi e prodotti semplificati, finalizzati al soddisfacimento delle esigenze finanziarie di base tenendo anche conto delle relative componenti di costo.

Il fenomeno dell’inclusione finanziaria, sebbene sia sempre stato trascurato, negli ultimi anni ha attirato l’attenzione di numerose istituzioni internazionali; degne di nota sono sicuramente le iniziative promosse dal G20. Il Gruppo dei 20 è un forum composto dai ministri delle finanze e dai governatori delle banche centrali, volto a favorire la crescita economica globale tenendo conto dei Paesi in via di sviluppo. Gli obiettivi che il Gruppo si è prefissato sono rappresentati dalla diffusione a livello globale della conoscenza nel campo dell’inclusione finanziaria, la produzione di standard e principi condivisi a livello mondiale ed il sostegno tecnico, politico e finanziario alle organizzazioni attive nella lotta all’esclusione. Il comunicato redatto durante il vertice organizzato a Pittsburgh nel 2009, ha affermato l’assoluto impegno da parte di tutti i membri nel potenziare l’accesso ai servizi finanziari da parte dei poveri, attraverso la creazione di prodotti innovativi in grado migliorare le condizioni finanziarie dei soggetti svantaggiati ed incrementare l’accesso al credito delle piccole imprese.

Allo scopo di dare seguito a questa iniziativa è stato creato nel dicembre del 2009 il Financial Inclusion Experts Group (FIEG), composto da un insieme di esperti delle banche mondiali e coadiuvato dai ministeri delle finanze dei Paesi del G20, i quali a loro volta si avvalgono di due sottogruppi tecnici: l’Access Through Innovation Sub-Group (ATISG) e lo SME Finance Sub-Group (SMEFSG).

L’Access Through Innovation Sub-Group ha effettuato la raccolta e l’analisi delle metodologie più innovative per la riduzione dei costi di transazione e la costruzione di reti di distribuzione capillari, studiando le modalità di accesso ai servizi finanziari e di

 

pagamento al dettaglio. I risultati della ricerca sono stati inseriti all’interno di un rapporto (Innovative Financial Inclusion) e successivamente riportati nei Principles for Innovative Financial Inclusion, un documento contenente un insieme di principi generali per l’inclusione dei soggetti più poveri attraverso la creazione di strumenti di accesso innovativi e sostenibili. La redazione di questo elaborato è avvenuta in seguito ad un ampio processo di consultazione e costituisce una sorta di modello generale, modificabile a seconda dei diversi contesti nazionali in cui può essere applicato.

Lo SME Finance Sub-Group ha invece elaborato un modello efficiente per promuovere l’accesso al credito delle piccole imprese. Il rapporto finale ha riunito un insieme di 164 esperienze di successo a livello internazionale riguardanti iniziative del settore pubblico, diversi contesti giuridici e regolamentari, soluzioni per la trasmissione delle informazioni finanziarie rilevanti ed alcune modalità di intervento di organizzazioni private. Lo scopo principale è rappresentato dalla diffusione in determinati Paesi di modelli di finanziamento capaci di garantire servizi efficienti e sostenibili agli individui e alle piccole imprese estromesse dai sistemi finanziari formali.

Gli obiettivi perseguiti, sia per quanto riguarda i singoli individui che per le imprese, non possono essere raggiunti aumentando il rischio di instabilità, bensì predisponendo adeguate misure prudenziali per scongiurare potenziali situazioni di sovra-indebitamento (Adamo, 2013).

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