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La rivoluzione culturale del microcredito

1.2 Etica e microcredito

1.2.4 La rivoluzione culturale del microcredito

L’efficacia delle metodologie operative proposte dalle organizzazioni di microfinanza emergono quando vengono analizzate le modalità di erogazione dei prestiti che, attraverso la predisposizione di una lunga fase istruttoria e di numerose regole di comportamento,

 

esclude a priori atteggiamenti opportunistici da parte dei beneficiari. L’utilizzo di un approccio demand-based, unitamente al ricorso ad un processo di selezione basato su elevati costi di transazione, permette di escludere i progetti che presentano costi opportunità elevati. Il soggetto che richiede un prestito esprime dunque in maniera diretta un proprio bisogno, la necessità è palesata dal contraente e non imposta dall’alto.

Il microcredito si distingue ulteriormente rispetto alla donazione in denaro o all’aiuto in natura, la determinazione dei bisogni e le modalità attraverso le quali soddisfarli vengono scelti direttamente dal beneficiario solamente dopo aver dimostrato un forte coinvolgimento nel progetto ed in seguito alla manifestazione delle proprie necessità. E’ doveroso chiedersi tuttavia quali sono i motivi del successo e della grande diffusione di questo strumento nell’ultimo trentennio, sebbene siano presenti numerosi studi che descrivono esperienze fallimentari di microcredito al di fuori del Bangladesh.

Solo negli ultimi anni hanno iniziato a trovare posto in letteratura le prime critiche al riguardo, le quali non intaccavano gli aspetti politici e morali del fenomeno né tantomeno mettevano in discussione le conseguenze sulle persone e sul tessuto relazionale.

Le valutazioni negative riguardavano in particolare le metodologie operative delle nuove istituzioni commerciali che contrapponevano la logica del profitto agli ideali etici e sociali tipici del movimento.

Il microcredito è stato supportato per molti anni da una narrativa estremamente ottimistica, che non prevedeva tuttavia il ricorso a verifiche empiriche dettagliate a sostegno delle considerazioni effettuate. Numerose pubblicazioni, nelle quali prevaleva generalmente la prospettiva filosofica rispetto a quella scientifica, presentavano al loro interno carenti valutazioni riguardo all’efficacia e all’efficienza nel raggiungimento dello sviluppo e dell’inclusione sociale.

Appare opportuno chiedersi se, nonostante le scarse evidenze scientifiche a favore e a prescindere delle originarie intenzioni dei sui ideatori, alla base dell’enorme successo mediatico e del consenso unanime di cui ha da sempre goduto il microcredito non vi siano degli elementi che sostengono la sua accettazione incondizionata da parte delle più importanti istituzioni a livello mondiale e la conseguente diffusione su scala planetaria. Il crescente consenso dal punto di vista etico-metodologico, unitamente al forte appoggio ideologico manifestato, non rappresenterebbero dunque la dimostrazione concreta di una sua maggiore efficacia od efficienza rispetto ad altri strumenti di inclusione ma

 

esprimerebbero una evidente sovrapponibilità con i principi di politica economica promossi dalle principali organizzazioni mondiali.

Partendo dall’analisi delle prime opere divulgative effettuate dallo stesso Yunus, il microcredito non sembrava concettualmente ancorato ad alcun tipo particolare di pensiero economico, ma veniva presentato come uno strumento libero e distante da qualsiasi ideologia, semplicemente a servizio dei poveri e degli emarginati.

Tuttavia un’analisi approfondita delle sue implicazioni e dei sui tratti essenziali evidenziano al suo interno caratteristiche tipiche della dottrina neoliberista, in cui l’attività economica è sorretta da iniziative individuali e basata sulla figura chiave dell’imprenditore. Secondo questa impostazione, lo sviluppo deve partire necessariamente dal basso, seguendo un ordine casuale assicurato dal mercato, il quale è chiamato a raccogliere l’insieme delle azioni promosse dalla collettività senza alcun tipo di sostegno e tentativo di pianificazione proveniente dall’alto.

E’ inoltre auspicabile che le istituzioni di microfinanza chiamate ad intervenire provengano dal settore privato e siano in grado di competere nel mercato, garantendosi un’adeguata sostenibilità finanziaria ed eventualmente facendo riferimento solamente a dei contributi caritatevoli volontari.

Ritenere che la concessione di un prestito sia sufficiente per far uscire una persona da uno stato di miseria e privazione evidenzia la volontà crescente da parte delle istituzioni pubbliche di abbandonare le tradizionali politiche di sviluppo fino ad oggi sostenute, concentrando la propria attenzione su opere di privatizzazione e ridimensionamento nelle forniture di servizi e beni pubblici essenziali. Attraverso l’erogazione del credito si ritiene che i cittadini siano in grado autonomamente di costruirsi e gestire il proprio futuro, sollevando così i governi da qualsiasi responsabilità e riducendo il welfare ad un’opzione di scelta individuale.

Un altro elemento peculiare che caratterizza la corrente di pensiero neoliberista è rappresentato dalla progressiva perdita di potere da parte delle organizzazioni sindacali e dalla riduzione della forza contrattuale. L’attenzione che il microcredito pone sulla microimprenditorialità e la sua importante presenza all’interno del settore informale dei servizi, porta alla creazione di situazioni particolarmente sfavorevoli per i lavoratori, indotti a competere tra loro in ambienti dove l’organizzazione sindacale e politica sono pressoché assenti. L’esaltazione della riuscita individuale comporta la progressiva perdita

 

di interesse da parte delle istituzioni pubbliche e statali in merito alle problematiche dei soggetti svantaggiati e la contemporanea manifestazione di comportamenti individualisti, causati dalla necessità di ottenere adeguati profitti dall’attività svolta.

Lo scarso interesse verso le dinamiche socioeconomiche promosso dal pensiero neoliberista si esprime inoltre nella delegittimazione dell’intervento pubblico anche rispetto alle attività del terzo settore. La quasi totale assenza di sussidi statali spinge le istituzioni di microfinanza a rivolgersi alle fasce di clientela ritenute più profittevoli, trascurando la finalità principale che consiste nell’essere a servizio dei più poveri tra i poveri.

Nella maggior parte dei casi la sostenibilità finanziaria delle istituzioni di microcredito è stata promossa senza prestare particolare attenzione alle evidenze empiriche; in assenza di sussidi esterni e di apporti di capitale a tassi agevolati probabilmente nessuna iniziativa avrebbe superato la fase iniziale di avviamento. Tuttavia, anche in assenza di una totale sostenibilità economica, l’elevato leverage tra contributi iniziali e ricadute socioeconomiche dell’istituzione, ha fornito delle ottime motivazioni in merito alla modifica dei piani di sviluppo e degli assetti dello stato sociale in diversi Paesi.

Per fare in modo che il microcredito sia in grado di espandere in maniera duratura ed efficace le capacità economiche degli individui è necessario guardare oltre la visione pro mercato e neoliberista che ha caratterizzato la sua nascita e la sua successiva diffusione. Esso deve essere utilizzato assieme alla altre alternative di sviluppo disponibili costruendo attorno ad esso un sistema coordinato ed organico, in grado di superare quell’impostazione basata sull’ordine spontaneo del mercato che negli anni ha causato notevoli danni e sofferenze (Orsini, 2011).

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