LA NEURORIABILITAZIONE VISIVA CON SISTEMI PRISMATICI COME TECNICA INDISPENSABILE NELLA
LA NEURORIABILITAZIONE E LA NEURORIABILITAZIONE VISIVA
Spesso si pensa che le alterazioni visive secondarie a danni cerebrali non richiedano nessun trattamento, perché le disabilità presentate dal paziente non sembrano essere causate da un deficit delle abilità visive (16)
Al contrario, è ritenuto obbligatorio il trattamento di alterazioni del linguaggio, della parola e dei deficit motori, dimenticando le influenze che i disturbi visuo-percettivi possono provocare su queste attività.
Il concetto delle capacità visive e delle conseguenze di un loro deficit, dopo lesioni cerebrali acquisite, sulla vita di ogni giorno (leggere, scrivere, muoversi, utilizzare la sedia a rotelle, ecc) non è a tutt’oggi molto chiaro, dal momento che il senso comune associa l’acuità visiva, il colore e la percezione della profondità con il termine generale di “visione “. Questa scarsa conoscenza fra l’altro, a volte, si riscontra anche tra gli Operatori che si occupano di neuroriabilitazione.
Vari Autori invece hanno ormai dimostrato che i disturbi del sistema visivo ritardano i progressi nella riabilitazione fisiatrica, determinano un esito sfavorevole nella riabilitazione di altri deficit (disturbi del linguaggio, motori, della memoria, ecc) e producono gravi problemi nella vita quotidiana, sociale e lavorativa (25, 16).
Infatti, considerando le quattro fondamentali attività come la lettura, la memoria visiva, la visione binoculare e la motilità, e le relative abilità visuopercettive e oculomotorie richieste per il loro svolgimento (vedi Tab.1 da Kerkhoff G. 2000), è facile intuire che gli insuccessi del trattamento neuroriabilitativo a volte sono provocati da una loro alterazione.
In queste situazioni i deficit delle capacità visive possono determinare conseguenze a livello della motilità del paziente, della visione binoculare e della percezione della profondità, della lettura (con conseguente influenza sul processo del linguaggio) e delle informazioni utili alla memoria (la visione è il più importante canale d’informazione per la memoria specialmente sul posto di lavoro, e in particolare
modo nel momento in cui si adopera il PC), in pratica possono provocare danni a livello dei processi cognitivi, motori, ecc..
Pertanto, questa visione multifattoriale permette di affermare che il trattamento dei disturbi visivi (neuroriabilitazione visiva) non solo è indispensabile di per sé, ma supporta egregiamente il processo di riabilitazione delle lesioni di aree cerebrali non visive (15, 42, 17, 29).
Quanto sopra riportato è da collegare agli studi riguardanti la neurogenesi e la plasticità cerebrale che i neurofisiologi hanno iniziato circa dieci anni fa con ricerche basate dapprima solo su ipotesi, oggi supportate da osservazioni in vitro, sugli animali e sull’uomo. Queste ricerche, infatti, hanno definitivamente ribaltato il dogma delle neuroscienze, riportato ancora da alcuni Autori (32) secondo cui i neuroni morendo, non sono capaci di rigenerazione come tutte le altre cellule (42, 19, 8, 4, 16, 35, 34, 17, 13, 14, 37, 29).
Fino a poco tempo fa si riteneva che nel cervello adulto la neurogenesi non potesse manifestarsi, perché solo le cellule staminali embrionali potevano dare origine a neuroni. Vari studi hanno invece dimostrato che le cellule staminali, progenitrici di tutti gli altri tipi di cellule compresi i neuroni cerebrali, anche nel soggetto adulto hanno la possibilità di rimpiazzare le cellule cerebrali danneggiate con nuovi neuroni.
Pertanto, il cervello ha la possibilità di rinnovarsi, ma con velocità ridotta rispetto alle cellule di altri organi come il fegato, la pelle o la parete gastrica. Infatti, le cellule staminali multipotenti presenti nell’adulto nel cervello e nel sangue sono generalmente in fase di quiescenza, in altre parole sono lente nella riparazione del tessuto cerebrale danneggiato (16, 21, 22, 20, 13, 14).
Ricerche ancora in fase di sviluppo cercano di capire come stimolare la neurogenesi (studiano per esempio le conseguenze delle modificazioni plastiche in caso di danni cerebrali, l’effetto di alcune proteine come Notch1 e Delta1 espresse dai precursori neurali, i risultati determinati dai trasmettitori neuroendocrini, le modificazioni degli amminoacidi plasmatici durante la riabilitazione), e in che modo è possibile riottenere con la rigenerazione neurale una funzione normale o vicino al normale nel soggetto adulto con danni cerebrali e quali conseguenze ciò possa procurare sulla vita quotidiana (21, 22, 3, 2, 31, 14, 20).
Secondo alcuni Autori (8, 16, 29) inoltre, sia la neurogenesi che la rappresentazione corticale sono dipendenti e rimodellate dall’esperienza e dal comportamento in maniera dinamica, quindi la corteccia cerebrale stimolata da inputs a partenza da aree lese a livello periferico o centrale potrebbe essere indotta a riorganizzare le sue connessioni (neuroplasticità cerebrale).
Questa potenzialità dei neuroni e della mappa corticale durerebbe tutta la vita, quindi sarebbe possibile, secondo questi Autori, avere una riorganizzazione corticale/sottocorticale dopo lesioni cerebrali, utilizzando anche tecniche riabilitative in uso o nuove.
Mutuando questi concetti nell’ambito della neuroriabilitazione visiva e adoperando le strategie riabilitative di più comune uso, in pratica le procedure di tipo restitutivo, compensativo e sostitutivo (vedi dopo “STRATEGIE RIABILITATIVE”da KERKHOFF G. 2000), si può dire che attualmente le tecniche restitutive (rieducazione diretta delle funzioni sane) sono sottoutilizzate, anche perché fino a pochi anni fa la neurogenesi era considerata impossibile e la mappa cerebrale statica (in atto come tecnica restituiva ci si avvale dell’educazione diretta delle funzioni sane come le abilità visive di base: rieducazione del campo visivo, della sensibilità al contrasto, della fusione, dei movimenti saccadici d’inseguimento, ecc.).
Più impiegate sono le tecniche di compenso (compensazione dei deficit con le funzioni risparmiate) e di sostituzione (uso di ausili ottici, protesici o l’adattamento dell’ambiente ai deficit del paziente).
Naturalmente il tipo di plasticità cerebrale deve cambiare a secondo della sede della lesione e di conseguenza deve differenziarsi seguendo le scelte riabilitative fatte.
Quando il danno è focalizzato, infatti, il processo di restituzione richiederà un grado di plasticità più complesso, rispetto ai processi di riorganizzazione richiesti impiegando strategie di compenso o di sostituzione. Pertanto, probabilmente, se la lesione interessa le regioni cerebrali alte (parietale, temporale) più imponente sarà la plasticità corticale, che in caso di danno dell’area visiva primaria. Di conseguenza, in caso di lesioni a livello della corteccia visiva primaria (area 17 o V1) i processi di restituzione saranno più difficili, rispetto ai processi di restituzione di lesioni a livello delle aree visive più alte aree parietali, temporali dove sono situati i centri dell’elaborazione visiva (8, 16)
E’ importante però rilevare che per raggiungere un buon risultato nella riabilitazione di un paziente con lesioni visive centrali acquisite è sostanziale far guadagnare al soggetto la consapevolezza del danno (in caso di alterazioni del campo visivo, come l’emianopsia, la consapevolezza dell’emicampo leso), delle conseguenze e di come è possibile superare le disabilità. In altre parole è necessaria, da parte del paziente acquisire la “meta-visione”, vale a dire deve capire ciò che vede e come lo vede (16). In questo processo decisivo è il lavoro interdisciplinare sulla meta-conoscenza svolta dall’equipe neuroriabilitativa.
E’ evidente, alla luce di tutte queste considerazioni, che la neuroriabilitazione visiva è un campo di studio molto aperto e in sviluppo continuo a cui contribuiscono scoperte di neurofisiologia, di neuroplasticità cerebrale e di neuroftalmologia. La combinazione di tutte queste ricerche ha come obiettivo finale quello di sviluppare nuove tecniche riabilitative o affinare le tecniche già in uso per migliorare la riabilitazione delle disabilità dei pazienti con danni visivi centrali acquisiti (10, 16, 40, 41, 7, 30)
VISIONE
ACUITA’ VISIVA
RICONOSCIMENTO DEI VISI
RICONOSCIMENTO DEGLI OGGETTI
RICONOSCIMENTO DELL?AMBIENTE SENSIBILITA’ AL CONTRASTO
CAMPO VISIVO RICERCA VISIVA PERCEZIONE DELLO SPAZIO
CONVERGENZA STEREOPSI FUSIONE PERCEZIONE DELLA PROFONDITA’
ACUITA’ VISIVA
SENSIBILITA’ AL CONTRASTO
CAMPO VISIVO
MOTILITA’ OCULARE
VISIONE BINOCULARE MOVIMENTO
LETTURA MEMORIA VISIVA
Tabella 1 : da KERKHOFF G. 2000