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“PRIVILEGIATO” PER L’ASSICURATO INAIL

E.Savino1, L.Aprile2, G.Bianco3, P.Di Palma4, P.G.Iacoviello5, V.Vecchione6

1Dirigente Medico di I Livello Sede Provinciale Lecce

2Dirigente Medico di II Livello Direzione Regionale Molise

3Dirigente Medico di I Livello sede Provinciale Benevento

4Dirigente Medico di I Livello Sede Provinciale Isernia

5Dirigente Medico di II Livello Sede Provinciale Isernia

6Dirigente Medico di I Livello Sede Provinciale Campobasso

RIASSUNTO

Alla luce del D.L.gs. 38/2000, in particolare per quanto attiene l’articolo 24, gli AA. hanno rappresentato il processo di reinserimento lavorativo del disabile da infortunio sul lavoro, rapportandolo all’iter legislativo previsto dalle leggi 295/90 e 104/92, nonché dal successivo D.P.C.M. del 13 gennaio 2000.

Da tale analisi è emersa una tutela “privilegiata” del disabile INAIL sia per quanto attiene il reinserimento sia, e soprattutto, in considerazione del previsto periodo di “formazione professionale”, configurando la <<tutela globale>> post-infortunistica.

Infatti, il legislatore consente di realizzare, in buona sostanza , la completa tutela infortunistica, ponendo in evidenza il fondamentale ruolo dell’INAIL nell’intervento sociale, per affrontare adeguatamente tali complesse problematiche.

Infine, gli AA. concludono proponendo un’ipotesi medico-legale, in riferimento al periodo di inabilità assoluta, che vada oltre la mera e dequalificante assistenzialità previdenziale.

PREMESSA

Il “cammino” riabilitativo-occupazionale del lavoratore disabile ha trovato sostegno in numerose disposizioni legislative che hanno delineato la politica del reinserimento lavorativo nelle sue attuale connotazioni.

Il primo intervento normativo, che ha costituito una vera e propria riforma economico-sociale del Paese in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza alle persone handicappate, è avvenuto con l’emanazione della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 che, in un certo senso, può essere indicata come il primo strumento propulsivo di un intero percorso evolutivo di tale tematica.

L’innovazione che tale normativa ha apportato attiene al recupero delle capacità residue del soggetto, in conformità ai fini dello Stato, rivolti al raggiungimento della massima autonomia possibile e della partecipazione della persona disabile alla vita della collettività.

Questa Legge Quadro ha affermato il principio che il reinserimento nella vita sociale e lavorativa deve preferirsi agli interventi assistenziali e che la valutazione del danno non deve più vedersi solo come indennizzo economico ma bisogna valutare la persona nel suo insieme, per valorizzare e potenziare le sue “abilità”, ovvero le sue “capacità residue”.

A questo primo dettato normativo, ha fatto seguito un Provvedimento emanato il 7 maggio 1998 dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano che, in base all’art.1, comma 7, del D.L.gs. 30 dicembre 1992, n. 502, ha sancito un accordo tra Governo, Regioni e Province autonome, concordando la necessità di porsi l’obiettivo di attivare una rete

di servizi di riabilitazione e di interventi di assistenza riabilitativa, attivabili all’interno di livelli uniformi di assistenza previsti dal Piano Sanitario Nazionale, d’intesa con il Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) per gli indirizzi ed i criteri generali dell’attività di riabilitazione.

Nuovo impulso viene dato dalla Legge n. 68/99, concernente la “Norme per il diritto al lavoro del disabile”, che rivede i principi previsti dalla Legge n. 482/68: il disabile non più visto come un soggetto da imporre ai datori di lavoro, ma una persona di cui vanno valutate le capacità professionali e lavorative. Tale normativa ha voluto valorizzare la formula dell’integrazione attraverso l’inserimento lavorativo, sostenendo il principio del collocamento mirato e dei progetti personalizzati (art.2).

Tale legge, entrata in vigore dal 17 gennaio 2000, è stata integrata dal DPCM del 13 gennaio 2000 con cui si rendono operative le norme per l’accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto ad accedere al sistema per l’inserimento lavorativo dei disabili e, nell’allegato 2 del Decreto, si codificano i criteri per la valutazione “globale” residua. Infatti, nell’allegato 1 del DPCM, si ribadisce il concetto di “capacità globale residua” in alternativa a quello ormai superato di

“capacità lavorativa”.

La successiva normativa (Legge 144/99) ripropone il concetto di tutela globale ed integrata, laddove introduce il principio di copertura del “danno biologico”

nell’ambito del “sistema di indennizzo e di sostegno sociale” inteso, quest’ultimo, come l’insieme dei servizi volti alla riabilitazione ed al reinserimento sociale ed occupazionale del soggetto.

Pertanto, tale normativa rivede il ruolo dell’INAIL (art.55, lettera q) e destina allo stesso uno stanziamento economico per promuovere o finanziare progetti formativi di riqualificazione professionale dei disabili da infortunio sul lavoro.

Tale compito di “presa in carico” dell’assicurato inabile è stato ulteriormente legiferato con il Decreto Legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000 (art.24, comma 1).

Per tale motivo, quindi, il nuovo ruolo istituzionale dell’INAIL non si limita più alla mera fornitura dell’ausilio protesico, ma prevede la riabilitazione con la ricostruzione dello “schema corporeo” e, successivamente, la riabilitazione occupazionale del soggetto.

DISCUSSIONE

La normativa 68/99, individua nuovamente le categorie degli aventi diritto al collocamento obbligatorio rappresentate da

• Persone disabili affette da minorazioni - fisiche

- psichiche - sensoriali

- portatori di handicap intellettivo

• Persone disabili con riduzione della capacità lavorativa > 45%

• Persone invalide del lavoro con invalidità INAIL >33%

• Persone non vedenti o sordomute

• Persone ascritte dalla 1^ all’8^ categoria della tabella sulle pensioni di guerra che risultano

- invalide di guerra - invalide civili di guerra - invalide per servizio

• centralinisti ciechi

• massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti

• terapisti della riabilitazione non vedenti

• insegnanti non vedenti

• sordomuti

e non istituisce un’apposita Commissione Medica ma utilizza una struttura già collaudata ed esistente, operante presso le AA.SS.LL., ai sensi dell’art.1, L.295/90 e dell’art.4, L.104/92.

Tale Commissione ha il compito di accertare le condizioni di disabilità del soggetto, formulando una diagnosi funzionale sulla scorta delle direttive del DPCM 13 gennaio 2000, e, soprattutto, “disegnare” un profilo socio-lavorativo del disabile, elemento prezioso per l’inserimento lavorativo.

Successivamente, la Commissione Medica invia una relazione alla Commissione Unica Provinciale e, d’intesa con il Comitato Tecnico, individuato dalla L. 68/99, art.6, comma 2, lettera b, che modifica il D.L.vo 469/97, art.6, comma 3, deve acquisire tutte le possibili informazioni utili per individuare la posizione della persona disabile nel suo ambiente, la sua situazione familiare, di scolarità e di lavoro, allo scopo di definirne, appunto, il profilo socio-lavorativo.

Il predetto Comitato Tecnico è composto da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale e dagli organismi individuati dalle Regioni, ai sensi dell’art.4 del D.L.vo 23 dicembre 1997.

Pertanto, si rileva come nelle intenzioni del Legislatore ci sia la volontà di differenziare nettamente i compiti delle due strutture: la Commissione medica mira all’accertamento della “diagnosi medico-funzionale” ed alla individuazione della

“capacità globale” del soggetto, mentre il Comitato Tecnico ha la funzione di individuare i percorsi formativi, sulla scorta delle informazioni fornite dalle Commissioni sanitarie.

Con l’avvento della predetta Legge 144/99 ed il successivo Decreto Legislativo 38/2000, assistiamo allo “scorporamento”, di fatto, dei disabili da infortunio sul lavoro che, a far data dall’entrata in vigore del citato Decreto, vengono assistiti

<<in toto>> dall’INAIL.

Infatti, all’art.24 del D.L.gs. 38/2000, viene espressamente prevista la “tutela globale post-infortunistica”, con l’obiettivo di riabilitare il disabile “istruendolo” al lavoro, sia mediante una specifica terapia occupazionale, sia mediante la fornitura di qualsiasi presidio e/o ausilio (anche informatico), atto ad esaltarne le “capacità residue”.

Inoltre, sempre nel medesimo dettato normativo, si prevede il diretto intervento dell’Istituto nelle realtà lavorative territoriali, per apportare le opportune modifiche delle barriere architettoniche, mirate alla compatibilità ambientale con il lavoratore disabile.

In primis, l’INAIL realizza il progetto “Tornare a casa”, che si propone, mediante i suoi Centri Protesi, di offrire alla persone disabile ed alla sua famiglia, punti di riferimento cui affidarsi per superare i problemi legati al momentaneo ritorno nel proprio ambiente: consulenze sulla ristrutturazione dell’abitazione, sul miglioramento della vita nell’ambiente di lavoro, sulla possibilità di muoversi in autonomia, di viaggiare, di fare sport.

Le iniziative nell’ambito del progetto riguardano, tra l’altro, come obiettivi principali, l’accesso alle nuove tecnologie informatiche e telematiche, mediante corsi permanenti di informatica di base ed Internet, nonché la formazione professionale, in collaborazione con associazioni specializzate nel settore, attraverso corsi residenziali presso i Centri Protesi INAIL, nell’ambito dei progetti europei e regionali.

All’uopo, l’INAIL emana la Circolare n. 54 del 18.7.2000 (Regolamento per l’erogazione di prestazioni di assistenza protesica agli invalidi del lavoro) strutturando il suo progetto di “presa in carico” del disabile, istituendo una “Équipe”

con competenze “multidisciplinari” (Dirigente medico, Assistente sociale, Psicologo ed ogni altro specialista, secondo le esigenze del singolo caso) che vada ad intervenire sia nell’<<area sanitaria>>, erogando prestazioni e provvedimenti diretti a minimizzare la disabilità, al fine di consentire al soggetto la massima autonomia possibile, sia nell’<<area sociale>>, garantendo al lavoratore disabile la partecipazione più completa possibile alla vita sociale, familiare e lavorativa,

minimizzando l’handicap, indipendentemente dall’entità delle menomazioni e delle disabilità.

CONCLUSIONI

Da quanto esposto in dettato, appare chiaro come la Legge 144/99 ed il successivo Decreto Legislativo 38/2000 abbiano, de iure e de facto, “estrapolato” il disabile da infortunio sul lavoro dalla Legge Quadro, garantendogli un’assistenza

“globale” e “continuativa” da parte dell’Istituto Assicuratore, che viene così a perdere la funzione di mero Ente previdenziale, assumendo dignità sociale.

Del resto, si evince chiaramente la volontà del Legislatore a mantenere una distinzione tra i vari disabili in base all’etiopatogenesi categoriale, vale a dire la distinzione dell’invalidità, ed un conseguente trattamento diversificato, in base alla causa che ha determinato la condizione di svantaggio. Ciò, evidentemente, allo scopo di mantenere dei vantaggi acquisiti di alcuni nei confronti di altri, evidentemente per mantenere una maggiore attenzione dello stato nei confronti di chi ha perduto parte della sua efficienza psicofisica per una finalità (lavoro, servizio prestato, ecc.) degna di maggior rispetto.

La possibilità della “personalizzazione” del presidio, dell’assistenza riabilitativa, della formazione professionale in relazione alle specifiche esigenze motorie e motivazionali, dell’intervento tecnico e psicologico nell’ambiente di lavoro, restituisce, certamente, dignità umana e sociale al disabile, grazie soprattutto alla possibilità di instaurare un rapporto estremamente diretto ed individualizzato, sicuramente esclusivo per i soli assicurati INAIL.

Un’ultima riflessione non può non andare su un obiettivo che reputiamo possa essere l’ulteriore evoluzione della “tutela globale”.

Infatti, dal punto di vista assicurativo, va rilevato che continua a non essere previsto un periodo di <<inabilità temporanea parziale>> al rientro dal lavoro dopo un infortunio invalidante. Ciò comporta prognosi di temporanea più lunghe per tutelare il lavoratore e, conseguentemente, possibili situazioni di rischio per il lavoratore e l’azienda per la desuetudine al lavoro. Inoltre, va segnalato come non esista legislativamente alcun circuito di riorientamento funzionale e professionale del lavoratore infortunato, da utilizzare durante il periodo di temporanea ed in previsione della ripresa lavorativa. Pertanto, merita certamente attenzione e sostegno l’iniziativa dell’INAIL circa la “presa in carico” del lavoratore, anche alla luce delle positive iniziative portate avanti dall’Istituto Assicuratore in collaborazione con realtà del mondo industriale, sociale e sportivo.

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LOMBALGIA. FENOMENO TRA POSTURE E MOVIMENTI INCONGRUI

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