L. Perrone1, A. Polino2, R. Romano3, C. Rosina4, A. Zacco5, M. Capovilla6
1D.M. II Livello S.M.R. Veneto, 2D.M. I Livello S.M.R. Veneto, 3D.M. I Livello Sede di Vicenza,
4D.M. I Livello Sede di Rovigo, 5D.M. I Livello sede di Padova, 6Spec.Medicina del Lavoro S.M.R. Veneto.
Introduzione
Le Nazioni Unite stimano che nel mondo vi siano 150 milioni di persone che vivono al di fuori del proprio paese di origine, pari a circa il 2.5% della popolazione mondiale (che ha raggiunto i 6 miliardi alla fine del 1999). Nell’Unione Europea la mobilità dei cittadini non è così diffusa perché, secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, si sposta ‘appena’ un milione e mezzo di persone, poco meno dello 0,4% della popolazione europea.
Mentre nel passato le migrazioni avvenivano in prevalenza fra comunità con legami stori-co-politici, socio-culturali e/o per contiguità geografica, nella fase attuale si è sempre più di-versificato il panorama tra paesi di origine e paesi di approdo, anche all’interno della stessa Unione Europea. Anche noi Italiani abbiamo esperienza quale popolo di emigranti più di ogni altro popolo: non si tratta di memorie lontane, ma di eventi che riguardano le ultime nostre generazioni e che creano un ponte ideale con la nostra recente storia di paese di immigra-zione.
Ciò premesso, è da rilevare come nel nostro paese il fenomeno immigratorio abbia assun-to un ruolo sempre più importante, aumentando i problemi connessi all’accoglienza, all’inserimento lavorativo e sociale, all’accesso ai servizi pubblici territoriali, ad una sana in-tegrazione. Nel contempo sono anche aumentate le opportunità di carattere occupazionale, umano, sociale, culturale.
L’Italia si colloca fra i primi paesi europei per entità dei nuovi ingressi che dagli 85.000 del 1997, sono passati a 120.000 nel 1998, a 131.000 nel 1999 ed a 160.000 circa nel 2000.
Nella seguente tabella sono indicati i nuovi permessi rilasciati ad immigrati e risultati validi a fine 2000.
PAESE TOTALE MASCHI %M FEMMINE %F
Albania 31.185 19.149 53,0% 12.036 47,0%
Marocco 24.700 15.244 71,7% 9.456 38,3%
Romania 20.684 11.130 53,8% 9.554 46,2%
Cina 15.422 8.931 57,9% 6.491 42,1%
Filippine 12.240 4.368 35,7% 7.872 64,3%
India 7.011 4.807 68,6% 2.204 31,4%
Polonia 7.055 2.155 30,5% 4.900 69,5%
Macedonia 3.939 2.453 61,8% 1.504 38,2%
Iugoslavia 5.296 2.931 55,3% 2.365 44,7%
Croazia 2.548 1.533 40,2% 1.015 39,8%
Moldavia 1.852 585 31,6% 1.267 68,4%
Altri … … … … …
Totale 271.517 145.567 53,6% 125.950 46,4%
Vediamo adesso come sono ripartiti per aree geografiche i 271.517 permessi di soggiorno
concessi nel 2000:
Totale nuovi permessi
% area % maschi Di cui nuovi ingressi
Nord Ovest 86.283 31,8% 57,0% 38.594
Nord Est 59.579 21,9% 50,7% 47.637
Centro 86.866 32,0% 51,6% 53.811
Sud 30.496 11,2% 56,2% 16.287
Isole 8.338 3,1% 52,1% 3.823
ITALIA 271.517 100% 53,6% 160.152
Esaminando la distribuzione per sesso, si vede che i maschi sono il 53,6%; tale percentu-ale viene superata in Lombarda, Trentino Alto Adige, Lazio e Puglia (dove si raggiunge il pic-co del 67,4%). Le donne pic-costituispic-cono la maggioranza dei nuovi ingressi in Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Molise (ove si tocca la punta massima del 63,7%).
Da studi di settore è stata verificata la costante crescita nelle attività economiche del no-stro Paese; specificatamente per il Veneto, su una popolazione residente ed in età lavorativa (quindi potenzialmente presente sul mercato del lavoro) pari a circa 120.000 unità, l’incidenza della popolazione straniera su quella totale è passata dallo 0,6% del 1991 al 3,1%
attuale. I dati disponibili evidenziano una forza-lavoro occupata pari a circa 80.000 unità (altri 15.000 risultano iscritti al collocamento).
Il Veneto quindi si pone tra le prime regioni per presenza relativa di stranieri ed extraco-munitari: la graduatoria delle province venete per incidenza della popolazione straniera resi-dente vede al primo posto Vicenza (4,4%), seguita da Verona (4,0%), Treviso (3,9%), Pado-va (2,5%), Belluno (2,0%), Venezia (1,7%) e Rovigo (1,4%).
Le assunzioni di lavoratori extracomunitari sono passate in questi ultimi anni da un volu-me di poco superiore alle 10.000 unità annue nel triennio ‘91-’94 ad oltre 70.000 unità nel 2000, con un significativo incremento nella fase più recente, trainata dagli esiti della regola-rizzazione avviata nel 1998; il trend di crescita tende a coinvolgere tutti i settori: nel 2000 quasi tutto il 50% delle assunzioni di lavoratori extracomunitari è attribuibile al grande fabbi-sogno espresso dall’industria manifatturiera, a cui si aggiunge il 9% del settore delle costru-zioni, seguono poi il comparto dei servizi (30%) e infine l’agricoltura (10%), anch’essa ormai fortemente dipendente, nelle lavorazioni stagionali, dalla disponibilità di manodopera extra-comunitaria.
Nell’ambito delle assunzioni presso il settore industriale, il Veneto si rivolge ormai con una frequenza che tocca il 50% al mercato degli immigrati, per la loro maggiore flessibilità, mobi-lità e disponibimobi-lità a ‘lavori di fatica’ e a retribuzioni ridotte, anziché al mercato locale, sempre più propenso a rifiutare il lavoro manuale ed a cercare invece soluzioni più qualificanti e ad elevata specializzazione.
I comparti dove maggiore è la richiesta di manodopera sono il metallurgico e meccanico, quello tessile e dell’abbigliamento, della chimica e della gomma, degli alimentari e affini, dell’estrazione dei metalli e, infine, del legno e dei mobili; per alcuni settori in particolare, ad esempio piastrelle, concerie, fonderie, edilizia, raccolta stagionale di prodotti agricoli, gli im-migrati costituiscono da anni la struttura portante degli organici aziendali.
Per quanto riguarda la nazionalità, la quota più rilevante è costituita dai marocchini (15,6%), seguiti dai cittadini della ex-Jugoslavia (8,9%), dagli albanesi (8,9%), dai rumeni (6,4%) e dai ghanesi (4,6%).
INCIDENZA INFORTUNISTICA NELLA POPOLAZIONE IMMIGRATA – SPECIFICATAMENTE INFORTUNI IN ITINERE.
Rilevando che gli immigrati costituiscono il 4% delle forze di lavoro del nostro paese e che svolgono nelle economie dei paesi avanzati i lavori più ‘sporchi’ e ‘pericolosi’, l’esame degli eventi infortunistici dà indicazioni - sia pure limitate - del carattere del lavoro immigrato rap-presentando in maniera percentuale il più alto rischio infortunistico (4,8% dei casi indenniz-zati nel 1999 e 6,9% su quelli del 2000).
Da premettere che i dati relativi agli infortuni soffrono di una deformazione sistematica:
non dovuta all’ente raccoglitore, bensì al carattere intrinseco dei dati stessi: gli infortuni sul lavoro tendono ad essere non denunciati se di lieve entità; pertanto la sovraesposizione al ri-schio infortunistico dei lavoratori immigrati sarebbe ancora più elevata se le denunce fossero più fedeli a quanto realmente accade.
Pertanto, se possiamo dare credito alle cifre di alcune province e regioni con valori supe-riori alla media, viceversa non si può dar credito a province con valori nettamente al di sotto della media:
In provincia di Treviso gli infortuni accaduti ad extracomunitari costituiscono il 30% delle denunce, così come a Vicenza (il 28,7%), a Brescia e Pordenone (il 24%); invece nelle pro-vince di Taranto, Agrigento, Napoli, Cosenza e Palermo le denunce scendono all’1,3%, l’1,2%, allo 0,9%, 0,5% e addirittura allo 0,1% di Cagliari.
Fra tutti gli infortuni, quelli sulla strada rappresentano il 56% degli infortuni in generale.
Capita con estrema frequenza che incidenti stradali coinvolgano lavoratori durante l’orario di lavoro o nel tragitto casa-lavoro-casa.
Per quanto riguarda il Veneto in particolare, basti pensare che la triste classifica delle strade più pericolose, contenuta nel rapporto ‘Localizzazione degli incidenti stradali’, elabora-to dall’ACI e dall’ISTAT, vede primeggiare la strada n°13 Pontebbana (7,29 sinistri a chilo-metro).
Con l’art. 12 del decreto legislativo 38/2000 è stata introdotta, frutto di una vasta casistica giurisprudenziale, una più ampia copertura assicurativa per gli infortuni subiti dai lavoratori assicurati:
- durante il normale percorso di andata e ritorno dall’abitazione al posto di lavoro;
- durante il normale percorso che il lavoratore deve fare per recarsi da un luogo di lavoro ad un altro, nel caso di rapporti di lavoro plurimi;
- durante l’abituale percorso per la consumazione dei pasti qualora non esista una mensa aziendale;
- l’utilizzo del mezzo di trasporto privato viene escluso dalla tutela ‘se non necessitato’;
- l’uso del mezzo di trasporto privato non viene considerato giustificato nel caso in cui il la-voratore per la brevità della distanza da coprire, possa effettuare il percorso a piedi sen-za disagi, o quando il tragitto sia adeguatamente coperto da servizio pubblico di traspor-to.
Un numero considerevole di soggetti stranieri nel corso del 2001 è stato coinvolto in inci-denti stradali, nel percorso dalla propria abitazione al luogo di lavoro e viceversa, ed è giunto alla nostra osservazione sia per il controllo della inabilità temporanea assoluta che per la va-lutazione delle conseguenze di carattere permanente.
Si è ritenuto opportuno studiare tale settore infortunistico poiché evento sempre più pre-sente e con particolari degni di approfondimento.
In Veneto, come già prima accennato, gli stranieri regolari provengono da 150 paesi di-versi dove la più alta incidenza è sicuramente dovuta ai cittadini dell’Europa dell’Est con lar-ga predominanza balcanica. Altra importante presenza è quella dei marocchini e dei cittadini provenienti dall’Africa occidentale (Ghana, Nigeria e Senegal), mentre l’Asia è rappresentata soprattutto da India, Cina, Bangladesh, Sri Lanka e Filippine. Il Sud America rimane area mi-noritaria con predominanza di Brasile, Repubblica Domenicana e Colombia.
Presso il COT di Schio si è proceduto ad uno studio dei casi esaminati nel corso del 2001 ed in relazione ai paesi di origine dei lavoratori vittime di infortuni in itinere si è rilevato che
tra i soggetti più a rischio vi sono quelli provenienti dall’Asia o dai paesi dell’Africa occidenta-le piuttosto che quelli provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est.
In questi casi il sinistro avviene assai spesso alla guida di ciclomotore o di scooter, per caduta, senza coinvolgimento di altri mezzi. L’infortunato spesso non sa darsi spiegazione della perdita di controllo del mezzo.
Le lesioni sono rappresentate nella maggior parte di questi casi dai traumi del cingolo to-racico per caduta sull’arto superiore atteggiato in posizione di difesa (sub-lussazioni dell’articolazione acromion-claveare e fratture di clavicola), da fratture di polso o da traumi dell’arto inferiore (traumi contusivi-distorsivi di ginocchio) produttivi di lesioni meniscali o le-gamentose e da fratture malleolari della caviglia. Non meno frequenti i traumi distorsivi del rachide cervicale.
I sinistri con coinvolgimento di altri mezzi esitano sempre con lesioni più gravi, che talora hanno come conseguenze drammatiche la perdita della vita o la gravissima invalidità del soggetto e sono quasi sempre riconducibili alla inosservanza delle regole del codice della strada.
I ‘fattori critici’ sono riconducibili dunque a tre ordini di fenomeni: a) inadeguatezza delle infrastrutture, b) comportamento del conducente, c) condizioni del veicolo.
Tali fattori incidono in eguale misura su tutta l’utenza stradale a prescindere della nazio-nalità dei soggetti, ma ovviamente il rischio appare più elevato per quelle categorie che per scelta ‘necessitata’ sono costretti a spostarsi alla guida di veicoli a due ruote in condizioni climatiche sfavorevoli e comunque non usuali nei paesi di provenienza, spesso in orari in cui il manto stradale è reso viscido dalle gelate notturne e la visibilità è scarsa per la presenza di nebbia e/o insufficiente illuminazione delle strade nelle ore crepuscolari.
Per quanto riguarda i soggetti di provenienza marocchina o dai paesi dell’Europa dell’Est la modalità di accadimento del sinistro è più spesso dovuta ad incidenti stradali avvenuti alla guida o a bordo di autovetture e le lesioni statisticamente più frequenti sono rappresentate dalle distorsioni del rachide cervicale e dai traumi cranici minori.
L’aspetto rilevante dal punto di vista indennitario è costituito dalla inabilità temporanea as-soluta, in quanto le valutazioni del danno permanente rientrano, nella maggior parte dei casi, nell’ambito della franchigia basandosi su menomazioni funzionali di modesta rilevanza.
Le conseguenze di carattere temporaneo sono variabili in relazione alla tipologia delle le-sioni, ma in maniera sovrapponibile nei soggetti di nazionalità italiana e straniera, salvo qual-che caso particolare di rifiuto di ripresa dell’attività lavorativa da parte dell’infortunato extra-comunitario, che male accetta il controllo del medico di Istituto, spesso interpretandolo come atteggiamento antirazziale.
Vista l’elevata incidenza del fenomeno infortunistico della strada (che coinvolge tutti i lavo-ratori costretti a spostarsi talvolta di decine di chilometri per raggiungere il posto di lavoro) e in particolare considerando che i lavoratori extracomunitari che giungono nella nostra regio-ne sono ‘regio-necessitati’ ad usufruire di mezzi inadeguati alle condizioni climatiche ed alle infra-strutture, appare auspicabile un intervento su più fronti:
programma di educazione stradale rivolto anche ai lavoratori stranieri e dunque plurilin-gue;
istituzione di un servizio di trasporto consociativo interaziendale ad integrazione del ser-vizio pubblico in relazione alle esigenze territoriali e mirato alle esigenze territoriali dei la-voratori extra-comunitari.
MALATTIA PROFESSIONALE – FENOMENO EMERGENTE – NELL’IMMIGRATO STABILE
Attraverso un prospetto del Servizio Banca Dati dell’Istituto, nel Veneto le Malattie Profes-sionali, tabellate e non, denunciate all’INAIL dal 1996 al 2001 per lavoratori extracomunitari nell’industria, commercio e servizi (i cui dati sono da ritenersi provvisori per la trasformazione in atto delle procedure informatiche) sono una media di 66 all’anno con 12,5 casi indennizza-ti. Mentre per l’agricoltu-ra le Malattie Professionali denunciate sono in media 2 per gli anni
1997, 1999 e 2001 con nessun caso indennizzato.
Dall’esame delle singole realtà delle Sedi Provinciali del Veneto si è evidenziato che le patologie denunciate sono in ordine di frequenza: ipoacusia tecnopatica, patologie dell’apparato respiratorio, dermatiti e malattie muscolo-scheletriche dell’arto superiore e del rachide.
Analizzando i casi di Malattie Professionali dei soggetti immigrati per singole patologie, si sono evidenziate le seguenti particolarità:
Ipoacusia. Fra tutti i casi denunciati alcuni sono stati respinti per evidenziati problemi di pre-esistenza extra-lavorativa, in genere dedotta dalla provenienza dell’assicurato da zone di guerra. Quelli indennizzati, invece, pervengono da soggetti con mansioni di operai edili e me-talmeccanici.
Patologie dell’apparato respiratorio. Fra tutti i casi denunciati alcuni non sono stati accolti per motivi di preesistenza extralavorativa a causa delle precedenti condizioni disagevoli di vi-ta nei Paesi d’origine. La casistica comprende sintomi respiratori mal definiti, asma e pneu-mopatie di carattere bronco-irritativo, in saldatori e verniciatori.
Per le patologie dell’apparato respiratorio i dati riferiti dalle prove di funzionalità respiratoria eseguiti ai fini della valutazione del caso, non possono considerarsi attendibili per le popola-zioni ad origine diversa dalla Caucasica poiché tarati per tale razza.
Malattie muscolo-scheletriche dell’arto superiore e del rachide. Tali patologie sono state evidenziate in alcune aree del Veneto, quali provincia di Belluno e di Verona e per lavorazio-ni particolari (lavoraziolavorazio-ni carlavorazio-ni, occhialerie e per presenza di numerose Cooperative di fac-chini), senza particolare diversità dal paese di origine.
Seguire l’incidenza del fenomeno delle Malattie Professionali nei soggetti immigrati risulta difficile poiché un primo filtro viene effettuato presso gli ambulatori dei Servizi di Medicina del Lavoro delle ASL competenti per territorio o presso gli ambulatori degli Istituti di Medicina del Lavoro delle Università.
I lavoratori vengono inviati all’INAIL dal Medico Curante, meno dal Medico Competente dell’Azienda in cui sono inseriti. La maggior parte degli immigrati non ha una situazione di particolare stabilità (permessi di soggiorno, domicilio, ecc.) per cui, spesso, non esegue gli accertamenti richiesti per completare il caso; quindi persone e dati si perdono.
Spesso le diagnosi delle Malattie da lavoro sono mal formulate con sintomatologia diffi-cilmente definibile che spazia dall’apparato respiratorio all’apparato digerente e spesso e-strinsecazione di ‘disagio’ legato alla difficoltà di ambientamento sul luogo di lavoro, all’accettazione di turni, procedure ed organizzazione.
Il problema del lavoro ‘in nero’ e della breve stanzialità del lavoratore straniero presso una determinata Azienda, crea problemi per un monitoraggio a lungo termine.
I casi quindi che giungono all’attenzione dell’INAIL risultano essere quelli dei soggetti che più a lungo risultano stanziali nello stesso luogo di lavoro.
Le patologie denunciate per soggetti extra-comunitari rispecchiano le patologie che più frequentemente vengono denunciate attualmente anche per la popolazione italiana. E già adesso si può ipotizzare una futura variabilità di patologie in quanto la popolazione immigrata andrà a coprire sempre più le attività lavorative, svolte sempre meno dalla forza lavoro italia-na. Quanto detto è confermato dal fatto che attualmente le segnalazioni di patologie extra-tabellate nella popolazione italiana risultano in aumento, per cui nel tempo aumenterà il diva-rio e gli immigrati si ammaleranno di Malattie Professionali tabellate.
Inoltre, poiché il manifestarsi della patologia è caratterizzato da un lungo tempo di latenza, dovremo attendere un certo periodo temporale per poter esprimere un motivato parere sull’andamento del fenomeno.
Sicuramente la prevenzione nei luoghi di lavoro gioca un ruolo fondamentale per tutti i la-voratori, ma in particolare per le persone che devono integrarsi a sistemi e metodi poco o per nulla usuali alla loro formazione e cultura originaria.
INVALIDITÀ CIVILE E COPERTURA ASSICURATIVA INPS:
RICHIESTE IN ASCESA, PRESA DI COSCIENZA DEL POPOLO IMMIGRATO PER LE DIVERSE POSSIBILI-TÀ DI PRESTAZIONI
La normativa sugli immigrati prevede che le provvidenze e le prestazioni, anche econo-miche, di assistenza sociale previste per i cittadini indigenti, per gli invalidi civili, per i sordo-muti e i ciechi civili, per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, siano ri-conosciute anche agli stranieri. I benefici possono essere richiesti solo dagli stranieri e dai minori a carico in possesso di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non in-feriore ad un anno.
La legge n°40 del 06.03.98 (‘Disciplina dell’immigrazione’) all’art. 39 recita: ‘Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigeni’.
La Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto dei cittadini extracomu-nitari inva-lidi civili all’iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio.
Con sentenza n°454 dd. 30 dicembre 1998, pubblicata sulla G.U. dd. 13/1/99, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili (ad es. sor-domuti, ciechi, o perché già affetti da tubercolosi o in conseguenza di infortunio sul lavoro) di iscriversi alle liste del collocamento obbligatorio disciplinate dalla legge n°482/1968, in con-dizioni di parità con i cittadini italiani.
Come è noto, tale legge prevede forme di assunzioni speciali per determinate categorie svantaggiate di lavoratori, comunemente chiamate ‘categorie protette’, di cui fanno parte, ol-tre agli invalidi, anche i portatori di handicap fisico e mentale, i profughi di cittadinanza italia-na, i familiari delle vittime del terrorismo.
In pratica, ogni azienda privata con più di 50 dipendenti, nonché le amministrazioni dello Stato con più di 35 dipendenti, sono tenute ad assumere lavoratori appartenenti alle soprari-chiamate categorie nella misura del 15% del personale di servizio. Finora, i lavoratori extra-comunitari portatori di invalidità civile o per infortunio sul lavoro, ciechi, sordomuti o già affetti da tubercolosi erano esclusi da detta misura di agevolazione all’ingresso nel mercato del la-voro in base ad una circolare emanata dall’allora sottosegretario al Ministero del Lala-voro Ma-stella nel luglio del 1994 e poi tacitamente confermata dai suoi successori, secondo cui la normativa doveva essere riservata ai cittadini italiani, mancando nella legislazione sull’immigrazione una nota esplicita che la estendesse anche agli stranieri extracomunitari.
Contro tale decisione, gli avvocati aderenti all’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) avevano proposto diversi ricorsi dinanzi ai Pretori del Lavoro in tutta Italia.
Uno di essi, quello di Trieste, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1997, promosse il giudizio di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte, la quale ora si è pronunciata risolvendo definiti-vamente la problematica.
La Corte infatti ha innanzitutto rilevato che nemmeno la recente normativa sulla immigra-zione, varata dal governo Prodi, si era esplicitamente espressa a favore della estensione ai cittadini extracomunitari invalidi delle norme sul collocamento obbligatorio, per cui la situa-zione di status quo continuava a sussistere, con il Ministero del Lavoro fermo sulle sue posi-zioni di rifiuto. La Corte, tuttavia, ha ritenuto illegittima la posizione del Ministero del Lavoro, rilevandone il contrasto con il principio di eguaglianza di diritti e parità di trattamento dei lavo-ratori extracomunitari regolarmente soggiornanti rispetto ai cittadini, stabilito già con l’adesione e la ratifica dell’Italia alla Convenzione n°143 dell’Organizzazio-ne Internazionale del Lavoro, avvenuta nel 1981; principi poi solennemente sanciti anche nella prima normati-va italiana sull’immigrazione, risalente al 1986 e in quelle successive, fino alla recente legge Prodi del marzo 1998, che è andata ancora più in là, stabilendo per i lavoratori
extracomuni-tari la garanzia del godimento dei diritti in materia civile in condizioni di piena uguaglianza
extracomuni-tari la garanzia del godimento dei diritti in materia civile in condizioni di piena uguaglianza